To grab, in Inglese, significa prendere, afferrare, strappare. Da qui la nota espressione “domain grabbing”, per indicare la prassi di registrare nomi di dominio che sono in realtà corrispondenti a marchi registrati o a nomi di società, ovvero comunque a segni distintivi che spettano in esclusivo utilizzo ad altri soggetti. Il “grabbing” può avvenire sia in buona fede che in completa malafede se non addirittura su vasta scala, allo scopo di tentare successivamente di rivendere o di affittare il dominio a chi ha interesse ad utilizzarlo, che poi in realtà ne avrebbe anche diritto.
Nel nostro Paese, al momento, non esiste una vera e propria legislazione che regoli in modo diretto l’assegnazione dei nomi di dominio, ma solo un disegno di legge, formulato dal Governo D’Alema, ancora in attesa di approvazione. Per questi motivi, sono ricorrenti gli episodi del genere, che spesse volte finiscono in Tribunale, dove chi ritiene di aver diritto all’utilizzo esclusivo di un determinato nome cerca di far valere i propri diritti, solitamente facendo leva sulla legislazione in materia di tutela dei marchi, delle testate, dei segni distintitivi nonché in tema di concorrenza sleale tra imprenditori.
Un caso piuttosto interessante ha coinvolto, ultimamente, la Maurizio Vecchi Editore e il Touring Club Italiano. La prima società aveva registrato il nome touring.it. Contro tale fatto era insorta l’associazione Touring Club Italiano, proprietaria del marchio, registrato da tempo, “touring club”, che peraltro già operava tramite il sito touringclub.it, sostenendo inoltre che l’utilizzo del nome touring concretava un atto di concorrenza sleale, idoneo a ingenerare confusione nel pubblico degli utenti di Internet, anche per il fatto che sul sito della MaurizioVecchi Editore erano riportate informazioni ed iniziative in campo turistico.
Il giudice ha dato ragione al Touring Club, vietando alla Maurizio Vecchi Editore di utilizzare il nome di dominio touring.it e ordinando la pubblicazione del relativo provvedimento nei siti Internet delle due parti, oltre che sul Corriere della Sera.
Il Magistrato del Tribunale di Viterbo ha ritenuto che il nome “touring”, nonostante fosse una abbreviazione del marchio registrato “touring club” e non corrispondesse integralmente allo stesso fosse ugualmente meritevole di tutela. Alle obiezioni dei difensori della società titolare del dominio, secondo cui il termine “touring” altro non è che un termine comune della lingua Inglese, peraltro il cui significato è ben chiaro anche agli Italiani, e che pertanto nessuno potrebbe accamparne l’uso esclusivo, il giudice ha risposto ritenendo che “la parola inglese touring non può dirsi sicuramente parola di ordine ed uso naturale e comune nel lessico attuale della lingua italiana”. L’ordinanza emessa nel caso in questione, inoltre, si sofferma ad analizzare il funzionamento dei motori di ricerca e, più in generale, il modo in cui viene utilizzata genericamente la rete per il reperimento delle informazioni, sostenendo poi che, siccome da una prova di ricerca con la parola touring l’output generato includeva anche il sito touring.it, sarebbe stata comprovata la possibilità di confusione tra il Touring Club Italiano e la Maurizio Vecchi Editore.
Infine, il Giudice ha ritenuto applicabile anche la legislazione in materia di concorrenza tra imprenditori, nonostante che il Touring Club sia formalmente una associazione senza scopo di lucro, e quindi non un imprenditore, sostendo che il modo in cui i due soggetti operano sul mercato sarebbe, da questo punto di vista, assimilabile.
Per tutti questi motivi, in via d’urgenza, è stata vietata la utilizzazione del nome di dominio touring.it alla Maurizio Vecchi Editore.
In realtà, tuttavia, l’ordinanza del Tribunale di Viterbo non sembra condivisibile fino in fondo. Se così fosse, semplici parole di uso comune come “touring” sarebbero impossibili da adottare come nomi di dominio per il solo motivo di far parte, insieme ad altre parole, di marchi registrati, con la conseguenza che diventerebbe davvero difficile capire cosa è lecito o illecito fare, perché bisognerebbe guardare prima non solo i marchi registrati ma anche le singole parole che li compongono ovvero le abbreviazioni degli stessi. Inoltre, non convince molto il riferimento, ripetuto in varie parti della motivazione della sentenza, all’ambito “nazionale”, dal momento che Internet è per sua stessa natura uno strumento sovranazionale. La potenzialità lesiva del dominio touring.it deve essere valutata con riferimento a tutto il potenziale pubblico dei frequentatori del sito, cioè alle persone di tutte le nazionalità e di tutti gli Stati, dal momento che il sito è raggiungibile da tutto il mondo. Ci si chiede cosa sarebbe successo se un americano avesse registrato touring.com e il Touring locale gli avesse intentato causa… Infine, sembra esserci una confusione, a livello tecnico, circa l’efficacia del nome di dominio sui motori di ricerca: il provvedimento impugnato sembra credere che i motori di ricerca estraggano le informazioni esaminando esclusivamente o soprattutto i nomi di dominio, mentre invece, come noto, questi strumenti ricercano tutti i contenuti di tutte le pagine di ogni sito esistente sulla rete, all’interno della quale l’utilizzo della parola “touring” non può certo essere vietata solo perché fa semplicemente parte di un marchio registrato…
3 risposte su “grabbato anche il touring club…”
Per poter dare un giudizio su una sentenza bisognerebbe leggerla per esteso e sopratutto conoscere dettagliatamente i termini della vicenda, che, specialmente nel caso della proprietà intellettuale, deve essere apprezzata nel suo minimo dettaglio.
Certamente la parola "touring" in sè è una parola del linguaggio comune, sia nella lingua Inglese che oramai in quella italiana, però bisogna vedere in che contesto e con quali modalità è stata utilizzata, quali sono i diritti di privativa esistenti in relazione a diciture simili o composte e così via.
Scandaloso una sentenza del genere,
se cerco touring su google esce per 52 milioni di volte
a chi devo pagare le spese ?
chi e' il vero titolare del termine touring
la bmw
gli hotel sparsi nel mondo con la parola touring
i scarponi da sci
il club svizzero-tedesco
i ciclisti norvegiesi
chi e' il titolare della parola touring
Infine va ritenuta del tutto infondata e va respinta anche la domanda riconvenzionale proposta da Sagima per lite temeraria. In ragione dell'esito complessivo del giudizio (anche della fase cautelare), le spese di lite sono compensate per metà e sono poste a carico dì Sagima per la restante metà. Vanno dichiarate invece integralmente compensate nei confrontì di Get Net s.r.l. in ragione dei comportamento processuale tenutodaJla convenuta contumace.
P.Q.M.
l'I Tribunale in composizione monocratiea, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Touring Club Italiano e Touring Editore s,r.l, nei confronti di Sagima srl. e Get Nel srl nella contumacia di Get Net s.r.l. così provvede:
– Dichiara l'illiceità dell'uso dei segni distintivi Touring e
Touring Club nel sito internet di Sagima s.r.L;
– inibisce alle convenute l'uso in quaisiasi forma e modo dei
segni distintivi predetti;
– ordina la pubblicazione dei presente dispositivo a cura e
spese di Sagima, entro trenta giorni dalla notifica, per una
volta sulla rivista Qui Touring su due colonne a caratteri
doppi del normale, e per trenta giorni sui siti del TCT e dì
Sagima s.r.l.» con facoltà per le attrici di provvedervi
direttamente, decorso il predetto termine , con il diritto a
ripetere le relative spese dall'obbligata;
– respinge la domanda di risarcimento danni;
respinge la domanda riconvcnzionale;
– condanna Sagima alla rifusione per metà delle spese di lite in
favore delle attrici, liquidandole per l'intero in euro 1527,91
per spese e euro 15.000 per diritti e onorar!, oltre accessori di
legge.
Dichiara interamente compensate 1* spese di lite nei confronti
di Get Nel s.r.1.
Velletri, 10/1/05 TI Giudice