Con la legge 248 del 18 agosto 2000 sono state approvate diverse modifiche alla legge fondamentale sul diritto d’autore, la “vecchia” 22 aprile 1941, n. 633. Le nuove regole hanno subito suscitato l’interesse generale e in qualche caso sollevato vivaci proteste, come quelle dell’associazione Alcei, secondo la cui newsletter, leggibile all’indirizzo www.alcei.it/news/cs000725.html, la legislazione italiana in materia addirittura “va di male in peggio”.
Ma quali sono le principali novità del provvedimento?
1) In primo luogo, viene limitata la facoltà di fotocopiare le opere letterarie che si trovano nelle biblioteche o strutture pubbliche. Chi intende copiare un libro intanto può farlo solo per “uso personale”; inoltre la porzione fotocopiabile non può essere superiore al 15% del numero di pagine complessivo dell’opera, escluse le pagine di pubblicità. Infine, in tutti questi casi, oltre al costo della fotocopiatura, bisognerà pagare un compenso forfettario alla Siae, con modalità che devono ancora essere specificate.
2) E’ previsto per coloro che esercitano “attività di produzione, di duplicazione, di riproduzione, di vendita, di noleggio o di cessione a qualsiasi titolo di nastri, dischi, videocassette, musicassete o altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audivisive o sequenze di immagini in movimento” l’obbligo di darne notizia al Questore, rinnovando tale denuncia ogni anno.
3) Viene esteso il sistema del “bollino” Siae. Questo, con la nuova legge, dovrà essere apposto a “ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere… destinati ad essere posti … in commercio” Le modalità, i costi, le caratteristiche del nuovo contrassegno sono ancora quasi tutte da definire, anche se ovviamente l’apposizione materiale del contrassegno potrà essere affidata, materialmente, al richiedente, cioè a chi produce, di fatto, i supporti, sotto il controllo della Siae. Inoltre è prevista la possibilità che i programmi per elaboratore siano esentati da questo obbligo: bisognerà attendere le convenzioni che, secondo la nuova legge, dovranno sul punto stipularsi tra la Siae e le categorie interessate.
4) Le sanzioni penali previste per le violazioni del diritto d’autore sono state inasprite. Alla dicitura “scopo di lucro” il legislatore ha sostituito quella di “scopo di profitto” con riguardo alle ipotesi di copie fatte per uso personale. In questo modo è stato eliminato ogni dubbio sulla perseguibilità come reato dei fatti di coloro che copiano un software per uso personale.
5) La nuova legge prevede e regolamenta in modo preciso la possibilità per i titolari dei diritti di autore su opere di ottenere il sequestro dei supporti tramite i quali sono state riprodotte le opere oppure degli strumenti tecnici tramite i quali è avvenuta la riproduzione.
Dunque, è vero che con queste novità si va “di male in peggio” come alcuni hanno sostenuto? Sicuramente la riforma non contiene grandi novità, ma si presenta piuttosto come un rafforzamento del “vecchio” impianto. Questo non fa molto onore alla nuova legge: tante e tali sono le novità introdotte da Internet (supporti MP3, banner, finanziamenti tramite introiti pubblicitari, formule shareware e simili) che forse era meglio in qualche modo tenerne conto, cercando di fare in modo che la nuova disciplina in qualche modo li prevedesse. Ci sono poi anche altre “mancanze”: la legge di riforma, ad esempio, disciplina in modo minuzioso i sequestri, ma non si è preoccupata di tutelare le vittime di provvedimenti eventualmente ingiusti. Perché non introdurre, ad esempio, l’obbligo degli inquirenti di fare una copia dei contenuti dell’hard disk, e sottoporre solo le copie a sequestro, senza giungere a vincolare l’intero computer, come invece accade attualmente, con la conseguenza che persone magari del tutto oneste si vedono private per mesi di un fondamentale strumento di lavoro e della propria corrispondenza elettronica. Lascia molto perplessi anche l’obbligo di denuncia, peraltro da rinnovarsi ogni anno (le Bassanini evidentemente al riguardo non hanno insegnato molto…), al Questore: un adempimento burocratico che non serve davvero a niente e nessuno. In conclusione, non pare che nell’eterna dialettica tra la libertà di pensiero e diritto degli autori di opere di veder ricompensato il proprio lavoro, si sia trovato un miglior compromesso rispetto al passato. Probabilmente occorrerà intervenire di nuovo a breve, questa volta magari in modo più intelligente e attento alle nuove realtà.