il diritto di autore, internet e i supporti multimediali

Una recente pronuncia della corte d’appello newyorkese ha richiamato prepotentemente l’attenzione di tutti sul come conciliare la libertà di comunicazione e scambio di informazioni, offerta dalla grande rete, con il diritto di autore o copyright. La vicenda è quella del magazine 2600 (www.2600.com) che è stato ritenuto “colpevole” di aver inserito nel proprio sito dei semplici link, cioè meri collegamenti ipertestuali, ad ulteriori siti che diffondevano il DeCSS, un software che consente di rimuovere le protezioni CSS sui supporti DVD contenenti film protetti da copyright. A far causa al periodico 2600 era infatti stata proprio la MPAA, la Motion Picture Association of America, cioè la associazione dei produttori cinematografici che, ovviamente, vede come il fumo negli occhi la diffusione del sistema DeCSS o comunque di software che in qualche modo agevolano la riproduzione non autorizzata dei video. Stando ai giudici di New York, i danni che potrebbero derivare agli studios di Hollywood dalla diffusione del DeCSS rivestono una importanza superiore ai diritti inerenti la libertà di espressione e di parola. I giudici riconoscono l’esistenza del problema relativo alla libertà di manifestazione del pensiero ma hanno stabilito che non è sufficiente a giustificare il link messo da 2600.com verso siti che pubblicano il DeCSS. La Corte ha deciso all’unanimità di dar torto a 2600.com sostenendo che il “DeCSS consente all’utente di copiare il film in formato digitale e trasmetterlo istantaneamente in quantità potenzialmente infinite, di fatto riducendo le vendite dei produttori cinematografici. L’avvento di internet crea il potenziale per la distribuzione su scala mondiale di materiale copiato”.

La particolarità della decisione del caso 2600 è che il magazine non è stato punito per aver ospitato un software protetto da diritto d’autore, o per averne incoraggiato la diffusione come fanno molti altri siti tra cui ad esempio PigDog (www.pigdog.org/decss/), ma semplicemente per aver inserito nel proprio sito un link che, facendo riferimento ad altri web contenenti il software DeCSS, ne consentiva la reperibilità. Si tratta di un principio che, se si dovesse consolidare, potrebbe avere conseguenze di una certa portata e rivelarsi anche, sotto certi punti di vista, pericoloso per la libertà degli utenti internet. Sulla base di questo criterio, infatti, si ritiene che vi sia responsabilità dell’autore di un sito per il contenuto di un altro sito solo per il fatto di averlo linkato al proprio. Ma come si fa a ritenere responsabile un soggetto per aver inserito nel proprio sito un link ad un altro sito, che magari aveva contenuto perfettamente legittimo nel momento in cui il link era stato inserito e solo successivamente è venuto ad ospitare, ad esempio, software protetto da diritto d’autore? Che dire, poi, dei motori di ricerca che automaticamente catalogano il contenuto dell’intera ragnatela mondiale? Ragionando in questo modo, sarebbe punibile anche Google (www.google.com), dal momento che impostando una ricerca dalla sua home page si otterrebbe un elenco di siti che ospitano il DeCSS. Per questi motivi, la decisione del caso 2600 ha suscitato molto scalpore e c’è chi, come Edward Felten (www.html.it/storia/33.htm), ha preso decisamente posizione contro la stessa, o addirittura contro la MPAA, per la quale sono in vendita anche appositi adesivi di protesta (store.yahoo.com/2600hacker/antimpaa.html).

Ma come si fa, nella “jungla” di internet, ad essere sempre in regola e a tenere il proprio computer privo di opere copiate? Come, inoltre, usare ad esempio il proprio masterizzatore senza cadere nell’illecito? Per sapere se un prodotto software può essere liberamente copiato, o comunque utilizzato, bisogna far capo sempre alle condizioni poste dall’autore del software o da chi ne detiene comunque i diritti. Solitamente, gli autori ed editori inseriscono in modo ben visibile le condizioni di utilizzo dei propri prodotti. Bisogna inoltre tenere presente che qualsiasi opera audio, video, software, contenuta in un DVD o in un altro supporto memorizzabile, per il solo fatto di essere stata creata e di avere carattere creativo è oggetto di copyright. Non è necessaria nessuna registrazione o formalizzazione per la nascita del diritto di autore, ma è sufficiente la creazione, così ad esempio una musica viene protetta con la prima esecuzione, un software con la prima compilazione e così via. Le opere intellettuali, poi, cessano di essere protette dopo un certo numero di anni, previsto in maniera diversa a seconda del tipo di opera, e diventano così, per il solo effetto del passare del tempo, di dominio pubblico. Per questa ragione si può scaricare e ascoltare tranquillamente, ad esempio, un brano di Mozart.

Ad oggi, comunque, nel nostro Paese la legge fondamentale in materia rimane la legge 22 aprile 1941, n. 633, la cosiddetta legge sul diritto d’autore che, concepita e varata oramai molto tempo fa, è stata via via aggiornata seguendo i progressi della scienza e della tecnica, tanto che oggi, ad esempio, comprende e regola da tempo anche i software, i supporti magnetici come i cd-rom, per i quali prevede l’obbligo di apposizione dell’apposito bollino SIAE, i DvD e così via. L’art. 171-bis della legge sul diritto di autore, in particolare, punisce il fatto di colui che “chiunque abusivamente duplica a fini di lucro, programmi per elaboratore, o, ai medesimi fini e sapendo o avendo motivo di sapere che si tratta di copie non autorizzate, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale, o concede in locazione i medesimi programmi…”. E’ bene specificare che lo “scopo di lucro” di cui parla la legge non è solo quello di colui che vuole avere un guadagno, e quindi rivende a terzi cd-rom illecitamente riprodotti, ma anche quello che si ha nel caso in cui si abbia solo un … risparmio. A ben vedere, infatti, guadagnare e non spendere, da questo punto di vista, possono considerarsi corrispondenti. Il padre di famiglia che copia un cd-rom contenente ad esempio un videogioco commette un reato e ne trae un vantaggio illegittimo, perché il suo guadagno risiede nell’aver evitato di pagare il “costo” dell’opera intellettuale.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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