L’esperienza di Napster e l’andamento della sua vicenda dal punto di vista giudiziario, oggigiorno sostanzialmente oramai definita, ha messo in allarme tutto il mondo del peer-to-peer networking. Si sta cercando di fare tesoro di quel primo, grande esperimento per cercare di capire come riuscire a portare avanti nuove iniziative in un campo, quello della condivisione dei files, che rischia di essere costantemente al limite della legalità. Fred von Lohmann è un legale esperto in copyright nell’era digitale che collabora stabilmente per la Electronic Frontier Foundation, la nota organizzazione non profit che, sin dagli albori di internet, segue le attività e gli sviluppi della grande Rete. Sul sito della fondazione, e precisamente all’indirizzo www.eff.org/IP/P2P/Napster/20010227_p2p_copyright_white_paper.ht
ml, si può trovare un articolo dell’avvocato von Lohmann che fa il punto della situazione, con considerazioni che, pur essendo per lo più basate sul diritto statunitense, hanno validità anche con riguardo al diritto italiano. Le regole in materia di copyright, infatti, pur se formalmente differenti rispondono quasi dappertutto a criteri ispiratori simili e questo è sicuramente un bene in un mondo, quello di internet, che è sicuramente globalizzato e dove pertanto è impossibile ragionare con riferimento esclusivo alla legge di un singolo Stato.
Non c’è dubbio che il P2P sia una ulteriore, grande applicazione di internet dalle vaste possibilità di utilizzo, ma, parimenti, c’è il rischio che qualsiasi iniziativa in questo campo possa venire sospettata di infrangere le regole sul diritto d’autore. Pertanto, sia per coloro che sviluppano applicazioni P2P, sia per quanti sono intenzionati ad investire sulle stesse, sia, infine, per gli utenti finali, può essere utile cercare di ricavare alcune linee guida per vedere se e come è possibile occuparsi di peer-to-peer in modo legittimo e senza comunque andare incontro a problemi legali. Sotto questo punto di vista, bisogna comunque far capo al concetto di diritto d’autore, che è analogo sia nell’ordinamento USA che in quello italiano ed europeo. Sono oggetto di copyright, o diritto d’autore, tutte le opere intellettuali o creazioni dell’ingegno o espressioni artistiche che possiedono caratteristiche di originalità. Per la nascita del diritto, non è necessaria nessuna registrazione o deposito: il diritto nasce per effetto della creazione dell’opera. Una musica, ad esempio, viene ad essere oggetto di tutela nel momento stesso in cui viene composta e/o eseguita. Analogamente un software, un testo e così via. Il diritto di autore è il diritto di fare copie dell’opera e spetta solo al creatore della stessa ovvero a colui al quale il diritto è stato successivamente trasferito, come nel caso della canzone che è di proprietà della casa discografica o etichetta o del libro che diviene di proprietà intellettuale della casa editrice.
Per questi motivi, è sicuramente possibile utilizzare le applicazioni P2P da parte di un singolo utente finale per condividere i video delle proprie vacanze o alcune proprie fotografie che si vogliono sottoporre, ad esempio, all’attenzione di una comunità di fotografi on line per riceverne giudizi o critiche; non è invece possibile mettere in condivisione delle canzoni che si sono registrate in formato mp3 su disco fisso da un cd. In realtà, non si è proprietari delle canzoni registrate sul cd che si è acquistato, ma solo licenziatari, anche se nel linguaggio di tutti i giorni si dice comunemente di aver “comperato” un cd. Quello che si ha diritto di fare, infatti, è solamente di ascoltare le canzoni sul cd per uso personale, magari di fare una copia ad uso esclusivo di backup, cioè da utilizzare solo se si rovina accidentalmente il supporto principale, ma le canzoni rimangono di proprietà della casa discografica e non possono ulteriormente essere copiate né tantomeno messe a disposizione di altre che possono fare altre copie né, in generale, essere usate per scopi e in ambiti diversi da quelli previsti dall’accordo di licenza, come ad esempio suonate in pubblico..
Da questo punto di vista, la responsabilità dei gestori di iniziative come Napster non sta nel violare direttamente il copyright ma nel fornire uno strumento che, di fatto, consente ad una comunità di utenti di realizzare copie di opere coperte da diritto d’autore. Nel caso di Napster, i giudici hanno ritenuto lo stesso responsabile delle violazioni perché, almeno in un primo tempo, si poteva scambiare qualsiasi file e il materiale non era filtrato in alcun modo. Inoltre, i gestori del noto sistema di scambio non potevano nemmeno sostenere di non sapere che attraverso lo stesso si scambiavano files oggetto di copyright, perché addirittura sono state prodotte in giudizio alcune schermate illustrative, in sostanza delle demo, realizzate dai gestori stessi in cui tra i files che venivano mostrati come oggetto di scambio c’erano canzoni coperte da copyright! Chi realizza una iniziativa di peer-to-peer networking deve, dunque stare attento a questi profili, deve in altri termini inserire filtri e implementare le tecnologie che impediscono lo scambio di materiale proibiti. Gli utenti finali, invece, dovrebbero utilizzare i siti e i software di scambio che sono “sicuri” e che non rischiano di poterli coinvolgere in iniziative giudiziarie per violazioni del diritto di copyright.