La società californiana SCO, ex Caldera, attuale titolare del copyright sul sistema Unix ha recentemente fatto causa ad IBM chiedendo un miliardo di dollari di risarcimento perché quest’ultima avrebbe a suo dire danneggiato il valore di Unix, contribuendo in maniera decisiva alla realizzazione e diffusione della sua versione gratuita, Linux. IBM avrebbe sfruttato a questo riguardo dei veri e propri segreti commerciali acquisiti durante la collaborazione con l’altra società. Secondo SCO, in conclusione, IBM avrebbe illecitamente aiutato lo sviluppo del noto sistema open source grazie al suo accesso a Unix; la riprova di ciò starebbe nel fatto che gli “hobbysti”, da soli, non sarebbero mai riusciti da soli a far diventare GNU/Linux quello che è oggi. Ragionando in questo modo, SCO ritiene di poter legittimamente vantare diritti su ogni copia di linux in circolazione, tant’è vero che, dopo la causa contro Big Blue, SCO ha anche inviato 1500 lettere di diffida ad altrettante aziende i cui server usano il software del pinguino. La situazione si è poi ulteriormente complicata quando è scesa in campo Microsoft, per concludere una specie di accordo di licenza con SCO per l’utilizzo di UNIX, in sostanza aderendo alla sua tesi.
Secondo molti analisti, la mossa di SCO è semplicemente quella di una società in difficoltà finanziaria per alzare il prezzo di una sua probabile acquisizione da parte di IBM, che, se avvenisse, determinerebbe anche la fine della causa legale. In ogni caso, e qualunque sia l’esito della vertenza SCO-IBM, vale la pena di valutare ulteriormente le possibilità di utilizzo di Linux e, più in generale, della licenza GPL. Linux è infatti comunemente considerato come una sorta di “terra di nessuno”, un software completamente “libero” da copyright e altri vincoli. In realtà, le cose non stanno così. Il fatto che Linux sia utilizzabile senza pagare corrispettivo non significa che Linux sia esente da copyright, come molti sono erroneamente portati a credere. Linux è oggetto di diritto d’autore, per la precisione a favore del celebre Linus Tornvalds, così come lo sono tutti gli altri software rilasciati con la GPL, a favore dei rispetti autori. La GPL è contro gli scopi per cui viene utilizzato tradizionalmente il copyright, ma di fatto lo usa ed è anzi interamente costruita sul sistema del diritto d’autore, sia pure per obiettivi opposti a quelli soliti. La GPL infatti tramite le regole del copyright vuole garantire la libertà di utilizzo e scambio del software per tutti.
In primo luogo, l’utente di un software regolato dalla GPL ha il diritto di usare il programma, di farne ulteriori copie per uso personale, di redistribuirlo liberamente. L’unico vincolo che è previsto in caso di redistribuzione è che ogni copia deve essere accompagnata dall’indicazione del titolare del diritto d’autore sul programma (copyright) nonché da copia della licenza GPL. Deve inoltre essere specificato che non ci si assume alcuna responsabilità circa il funzionamento del software in qualsiasi ambito. Le aziende che si occupano della distribuzione di software possono richiedere un corrispettivo, ad esempio per il avoro di raccolta del software libero su di un cd-rom o in altra banca dati, quindi mettere sul mercato raccolte di software libero. Altre aziende possono inoltre offrire consulenza a pagamento circa l’installazione e il funzionamento del software libero.
Il software libero, inoltre, può essere modificato e personalizzato dall’utente, in modo da venire incontro alle sue particolari esigenze. In molti casi, viene realizzato un nuovo software basato su di un precedente software open source “di origine”. Questo nuovo lavoro può essere non solo utilizzato da chi lo ha sviluppato, ma anche ulteriormente redistribuito: in quest’ultimo caso, tuttavia, ci sono alcune condizioni da rispettare. In primo luogo, i files modificati devono recare l’indicazione di chi e quando li ha cambiati, in modo che si possa capire che le modifiche non sono opera dell’autore del programma di origine. Ma soprattutto, il nuovo programma deve obbligatoriamente essere distribuito sotto la licenza GPL. Un’azienza, in altri termini, non può prendere un software GPL, svilupparci “sopra” un altro applicativo e rivenderlo tramite la concessione di licenze commerciali. Questo è vietato e comporta violazione della GPL, per la quale il titolare del copyright sul software di origine può agire nei confronti dell’azienda richiedendo i danni. Per questi motivi, la licenza GPL è considerare una “licenza virus”, perché tutto quello che viene costruito sopra software rilasciati con la GPL deve obbligatoriamente seguire lo stesso regime. Ovviamente lo scopo è quello di tutelare al massimo grado lo sviluppo e la diffusione del software libero. In fondo è anche giusto: se una azienda vuole realizzare un prodotto commerciale, può scriverlo benissimo da capo. Se invece vuole risparmiare il lavoro di programmazione, non può prendere un software libero, personalizzarlo un po’ e rivenderlo guadagnando in sostanza sul lavoro che era stato fatto da altri disinteressatamente a favore della comunità.