introduzione alla licenza GPL

Nella vita di ognuno di noi viene il momento in cui è necessario comperare, ad esempio, un nuovo mobile per la cucina. Di fronte a questa basilare e persino banale esigenza, gli atteggiamenti possono però essere molto diversi: c’è chi si reca dal proprio negoziante e sceglie un complemento tra quelli che trova disponibili e preconfezionati; ma c’è anche, invece, chi prende le asce, i chiodi e il martello e il mobile se lo costruisce da solo. Chi fa in questo ultimo modo è l’hacker: preferisce spendere più tempo, e magari anche denaro, ma confezionarsi le cose esattamente come le desidera, modificarle, ritoccarle, intervenire su di esse e adattarle, persino più volte nel corso del tempo. In origine, il termine inglese hacker indicava proprio, appunto, colui che si fabbricava il mobilio “in proprio”, poi il significato si è purtroppo corrotto dall’uso improprio fattone dai mass media che vi hanno attribuito connotazioni negative, riferendola ai criminali informatici – che in realtà andrebbero definiti come crackers, coloro che hanno come scopo quello di entrare in (rompere) un sistema informatico altrui.

Tutto questo perché il concetto di hacker, nella sua accezione originaria, è fondamentale per comprendere le caratteristiche della licenza GNU, il cui scopo di fondo è quello di creare un sistema all’interno del quale gli informatici possano continuare ad essere degli hackers, capaci di farsi e modificarsi i programmi per computer da soli. Per approfondire ulteriormente, bisogna richiamare le riflessioni svolte, agli inizi degli anni ’70, da un giovane statunitense che in quel periodo lavorava al MIT (Massachussets Institute of Technology) come programmatore, un tipo con i capelli lunghi, la barba incolta, qualche dente ingiallito, con il quale non avremmo in alcun modo piacere che nostra figlia uscisse la sera. Si tratta come noto a molti di Richard Stallman, il geniale padre del software libero. Secondo questo vero e proprio “guru” dell’open source, le persone avrebbero dovute essere libere di scambiarsi software, esattamente allo stesso modo in cui si scambiano liberamente, da secoli, ricette di cucina. Quando queste considerazioni sono state fatte sembravano semplicemente sogni di un visionario capo hippie comunistoide e molti hanno guardato a queste iniziative – che non avevano collegamento diretto con il profitto, considerato come la leva che “muove il mondo” – con vera e propria sufficienza. In realtà oggi, a qualche decennio di distanza, il software sviluppato secondo la formula concepita da Stallman fa girare la maggior parte dei server esistenti, compresi quelli di colossali multinazionali commerciali. Il sistema del software libero non è quindi assolutamente un balocco per studenti o informatici con i brufoli chiusi dentro alla propria stanzetta, ma una realtà già da parecchi anni molto concreta, che risolve i problemi delle aziende e che offre lavoro a molti consulenti del settore. Nel prossimo anno, inoltre, o comunque nel prossimo periodo si pensa che linux possa sfondare anche nell’ambito dei desktop. Insomma, con il software open source probabilmente si può davvero dire che l’immaginazione è andata al potere.

Per capire fino in fondo il software free, bisogna in conclusione richiamare il fatto che molte persone, di fronte al fenomeno, sono incredule e si chiedono: ma chi è che si prende la briga di scrivere “gratis” dei programmi? La risposta è tanto semplice quanto ovvia: chi ne ha bisogno. L’universo degli utilizzatori singoli o collettivi di computer intanto non si esaurisce nelle aziende: ci sono anche gli enti non profit, come ad esempio le Università, i centri di ricerca e così via. Accade in questo modo, ad esempio, che l’Università di Cambridge, nel Regno Unito, ha bisogno di un programma di gestione della posta elettronica per i propri computer e, non trovando soddisfacenti quelli disponibili o non essendo disposta a pagare per prodotti commerciali, lo fa scrivere ai propri programmatori; una volta realizzato il prodotto, valuta che può redistribuirlo gratuitamente a terzi, avendo il vantaggio che molti altri parteciperanno al perfezionamento e ulteriore sviluppo dello stesso. Nasce così EXIM (www.exim.org), il mail transport agent più diffuso dopo sendmail, incluso stabilmente in una delle principali distribuzioni linux, la Debian (www.debian.org). Accade, inoltre, e soprattutto, che uno studente finlandese deve scrivere una bozza di sistema operativo basato su Unix per la propria tesi di laurea; lo studente in questione, oramai lo sanno tutti, è il finlandese Linus Tornvalds e da quella bozza, con il lavoro di programmatori sparsi in tutto il mondo, è nato il sistema operativo free Linux, che ha aderito alla formula proposta da Stallman del progetto GNU, tanto che oggi, grazie ad un software scritto da un tale inizialmente solo per laurearsi, girano milioni di computer.

La licenza GNU-GPL (General Public Licence) ha, in generale, lo scopo di tutelare e promuovere questo mondo che si pone in contrapposizione a quello commerciale, dove vigono regole diverse. Ma le differenze tra la licenza GNU-GPL ed una licenza commerciale classica sono minori di quello che possano sembrare ad una prima occhiata. Una cosa importante da capire subito è che la licenza GNU non ripudia l’istituto giuridico del copyright o diritto d’autore ma se ne serve, peraltro esplicitamente, per tutelare gli utilizzatori e gli autori del software licenziato. Il software rilasciato con la licenza GNU non è esente da diritto d’autore, anzi è fuori di ogni dubbio oggetto di copyright a favore di chi lo ha sviluppato, cioè del suo autore, il quale appunto ha prescritto che lo stesso possa essere utilizzato solo ed esclusivamente nei termini previsti dalla licenza GNU. Stallman, nel suo famoso saggio sull’open source, ha coniato il termine “copyleft”, usando un volutamente significativo gioco di parole, intraducibile in Italiano, in contrapposizione a copyright, per indicare che con la sua formula GNU-GPL i diritti venivano lasciati (left) agli utenti del software e non tolti. In realtà la licenza GNU-GPL è interamente costruita sul sistema tradizionale del diritto d’autore e vi attinge a piene mani. La differenza è che qui il diritto d’autore è usato per scopi opposti a quelli per cui viene usato in una licenza commerciale classica, come ad esempio nella licenza del sistema operativo windows, che sono quelli del profitto dei titolari del copyright. Stallman e i suoi seguaci, insomma, non sono affatto degli anarchici, ma persone che hanno sviluppato alcune riflessioni che le hanno portate a privilegiare alcuni valori, come quello della libertà – che per loro significa sempre libertà di fare hacking sui programmi, cioè modificarli, adattarli, cambiarli, scambiarli e così via – rispetto ad altri, come quello del profitto monetario. La cosa paradossale è che questa gente, divertendosi o semplicemente scrivendo i programmi di cui avevano bisogno, ha scritto del software in non pochi casi migliore di quello scritto da persone che erano state assunte e pagate appositamente per farlo; pensiamo ad esempio ad Apache, software per la gestione di server web rilasciato con la GNU-GPL, che secondo le migliori statistiche è quello utilizzato dalla maggior parte dei server che si trovano su internet. Nel prossimo numero vedremo in dettaglio le prescrizioni della licenza GNU-GPL e i principali problemi che derivano dalla sua applicazione.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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