Circa 4.000 utenti italiani stanno ricevendo delle raccomandate di richiesta danni da parte dello studio legale che tutela una casa discografica (“Peppermint”, appunto). Gli utenti in questione sarebbero diffidati a pagare 330 Euro come risarcimento danni per aver scaricato mp3 protetti da copyright. L’avvocato della casa discografica ha dichiarato che le modalità che hanno permesso di raccogliere i nominativi degli utenti italiani che avrebbero scaricato materiale protetto sono lecite e minaccia conseguenze nei confronti di tutti coloro che si dovessero rifiutare di pagare. A supporto degli utenti, si sono schierate associazioni dei consumatori e, successivamente, lo stesso Garante della privacy. Cosa ne pensa? (Michele, via mail).
Non conosco nel dettaglio la vicenda e posso dunque fare solo qualche osservazione generale, per quel che può valore, infatti non so nè che tipo e che quantità di files abbiano scaricato i singoli utenti – anche se immagino che le due cose varino per ognuno – nè quali modalità sono state utilizzate per identificare gli utenti. Quanto a quest’ultimo aspetto, sicuramente è stato utilizzato un software che poi ha consentito di individuare l’indirizzo IP dell’utente, ma poi necessariamente per attribuire un titolare a quell’indirizzo IP si deve essere passati dal provider e qui potrebbe essersi verificata una violazione del codice in materia di protezione dei dati personali, anche se temo che la casa discografica probabilmente abbia ottenuto un provvedimento dalla magistratura (resta da vederes e italiana o elvetica) che abbia imposto ai provider la consegna di quei dati ed allora sul punto non si potranno probabilmente fare contestazioni. E’ giusto che il Garante, in occasione di una operazione così massiccia, si sia attivato per indagare, ma può benissimo darsi che alla fine riscontri la piena legittimità dell’operazione.
Quello che suscita maggiori dubbi, però, non sono tanto le modalità di individuazione degli utenti, quanto la quantificazione del danno, avvenuta in 330€ e uguale per tutti i “downloaders”. Questo è un punto sul quale probabilmente si può discutere. E’ vero che nei sistemi peer to peer l’utente che scarica un file, a maggior ragione se poi lo mantiene in condivisione, diventa al tempo stesso un “distributore” dello stesso file, e quindi il danno potrebbe essere potenzialmente maggiore rispetto al caso di colui che lo scarica, ad esempio, da una pagina web, però è anche vero che il suo comportamento è solo una “concausa” dal momento che il singolo file, sulla rete p2p, era già disponibile e il suo intervento non lo ha reso molto più facilmente scaricabile di quanto non fosse già. A questo punto, dunque, c’è da chiedersi se una richiesta di risarcimento danni di 330€ per un utente che ha scaricato magari un paio di canzoni, evitandosi l’acquisto di un solo cd del costo di 20€, non sia eccessiva, in ogni caso appare avvenuta senza criterio essendo stata uguale per tutti.
Se una lettera del genere arrivasse a me, io farei la punta alla questione, anche se temo che molti utenti, per non saper nè leggere nè scrivere, alla fine pagheranno.
6 risposte su “il caso “peppermint””
BuonasEra avv. Abbiamo subito dei danni da un nostro fornitore. Intraprendere una causa con una snc composta da soci nullatenenti comporta andare a rimetterci anche se un tribunale ci darà ragione?
Leggi la scheda sul recupero crediti.
@ chulo
Puoi postare il link al provvedimento del Tribunale di Roma?
Come dicevo nel mio post, non conosco il caso, di cui ho parlato solo a livello generale, ma lo approfondisco volentieri
@ lazza
E se quelle canzoni che sono state scaricate fossero, ad esempio, state diffuse tramite la radio, dove tutti avrebbero potuto ascoltarle e anche registrarle? Si tratterebbe sempre di materiale coperto da copyryght, di cui però la registrazione, anche su supporto magnetico, sarebbe legittima.
In effetti in tanti casi chi scarica un file da internet non fa che fare in un altro modo ciò che, ad esempio, fa chi si registra un film dalla televisione. A parte gli screener dei film non ancora diffusi dalla tivù, le pellicole disponibili nei circuiti p2p a me sembrano per la maggioranza composte da titoli che sono passati, magari già tante volte, in televisione.
A me una volta, ad esempio, è capitato un malfunzionamento dell'hard disk recorder che avevo "puntato" per registrare un determinato film… volendomelo vedere ugualmente me lo sono andato a scaricare con amule. Non credo di avere commesso un illecito. Alcuni potrebbero dire che in questo modo mi sono "schivato" la pubblicità commerciale, in realtà me la schivo anche quando mi vedo in differita una cosa che mi sono registrato, perchè faccio fast forward con il telecomando…
Per questo che, nel diritto, i discorsi sono sempre molti fini e devono essere costantemente adeguati ad ogni caso, che è diverso dall'altro, e proprio per questo a maggior ragione ritengo che 330€ richiesti a tutti siano una cosa che lascia perplessi.
Sulla bontà, poi, dell'istituto del copyright in sè non dico nulla, anche perchè ci sarebbe molto da dire, ma magari avremo occasione di tornare a parlarne.
A me piacerebbe capire/sapere su che basi l'ordinanaza del Trib. di Roma che ha obbligato Telecom a fornire i dati degli utenti alla Peppermint,
avrebbe ribaltato una precedente che consentiva a Telecom di evitare tale fornitura.
Ricordiamoci comunque che non dovevano scaricare materiale protetto da copyright. 😉