incidente: oltre al danno, anche la beffa!

Scrivo per avere un qualche chiarimento su quanto è successo a mia moglie: mentre cercava posteggio nel parcheggio di un supermercato a Mantova, si è fermata per fare uscire un’altra autovettura; nel contempo una ragazza (neopatentata) che si trovava ferma in un posteggio a destra della macchina di mia moglie, ingranava la retromarcia e, senza guardare lo specchietto retrovisore, centrava in pieno la portiera e la fiancata destra della macchina di mia moglie. Inizialmente sembrava che fosse disposta ad assumersi interamente la colpa ed ha firmato il modulo di constatazione amichevole. Il giorno dopo, probabilmente su pressione dei genitori e della sua assicurazione, ha ritrattato tutto, così mia moglie, su parere del legale della sua assicurazione (il quale asseriva con tutta sicurezza che era una causa già vinta), ha deciso di intentare causa per avere ragione del sinistro subito. Risultato: dopo quasi 1 anno e mezzo l’avvocato della sua assicurazione è riuscito a perdere la causa! Inoltre abbiamo dovuto pagare per intero il carrozziere, cosa che mi sembra dovesse fare l’assicurazione! Adesso a noi toccherebbe ricorrere in appello oppure rinunciare, e comunque pagare salatissime spese legali! Com’è possibile che si possa arrivare a questo? L’unica cosa che l’avvocato dell’assicurazione ha detto è che la ragazzina si è messa a piangere davanti al giudice…Cosa posso fare per avere ragione visto che mi sembra che il codice della strada dice che chi esce da un parcheggio deve dare la precedenza ai veicoli in marcia e che inoltre ha firmato il famoso modulo di constatazione amichevole che tanto viene pubblicizzato alla televisione? Grazie. (Stefano, mail).

E’ opportuno precisare che sottoscrivere un “modulo blu” non equivale ad un’ammissione di colpevolezza, pertanto ritrattare quanto si è dichiarato in una constatazione amichevole è pienamente consentito; questo soprattutto nel caso in cui, per esempio, a causa del buio, della fretta, dello shock, una parte non si accorga di sottoscrivere una descrizione di sinistro non del tutto coincidente con la realtà. In questo caso, tuttavia, quanto riportato nella CAI dovrà essere dimostrato per mezzo di prove che sostengano la diversa dinamica dei fatti, quali ad esempio dichiarazioni di testimoni presenti al momento dell’incidente, preventivi di riparazione e fotografie dei danni che si dimostrino incompatibili con le dichiarazioni contenute nella CAI contestata. Le prove contrarie, ove attendibili, precise e concordanti, potranno superare la dinamica descritta nella CAI ed essere valutate ai fini del risarcimento dei danni. Se, nel suo caso, la controparte è riuscita ad ottenere il riconoscimento delle sue ragioni, probabilmente è stata in grado di fornire prove sufficientemente fondate, tali comunque dadimostrare che le cose sono andate diversamente.

Da come ha descritto i fatti, invece, sembra proprio che le cose sarebbero dovute andare diversamente, purtroppo. Nel suo caso, essendo stata accertata la sua totale responsabilità, la Compagnia Assicuratrice non è tenuta a risarcire i danni.

 

Un errore che, in queste situazioni, molto spesso si commette è fidarsi senza alcuna riserva del proprio assicuratore, il quale, altrettanto frequentemente, affida la gestione delle pratiche dei propri assicurati ad un Legale che ha molto più a cuore gli interessi della Compagnia Assicurativa piuttosto che quelli del danneggiato.

Purtroppo, con il regime di “indennizzo diretto”, in vigore dal 1° febbraio (e, prima, con i cd. “Accordi Ania” stipulati dalle Assiucurazioni), è la Compagnia Assicurativa presso la quale è assicurato il danneggiato, e non quella del danneggiante, che è chiamata a risarcire i danni patiti nel sinistro. Ciò significa che la stessa cercherà sempre, in un modo o nell’altro, di contenere il costo dei sinistri ed evitare che possa intromettersi un Avvocato “esterno”. Ecco perchè, è facile intuirlo, l’atteggiamento di chi deve essere risarcito (o di chi per lui, come, nel suo caso, l’Avvocato…della Compagnia Assicuratrice) è meno “grintoso”, più conciliante e, probabilmente, più rinunciatario. Non ho nulla contro gli Avvocati delle Assicurazioni, però di solito si parla di Avvocato”di fiducia” proprio a sottolineare il rapporto di stima che deve intercorrere tra un Legale e il suo assistito. In questi casi, infatti, la cosa migliore da fare è affidarsi ad un Legale che sia specializzato nel settore e che, soprattutto, abbia davvero come unico interesse quello di tutelare le ragioni del danneggiato-assistito.

Altro consiglio che mi sento di darle è stipulare una polizza di “Tutela Giudiziaria“. Si tratta di un contratto, dal costo accessibile, che consente di essere garantiti da una Società assicuratrice per il rimborso delle spese – spesso non di poco conto – occorrenti per affrontare una causa civile per ottenere il riconoscimento un diritto o per difendersi da una iniziativa giudiziaria altrui. In questi casi, il contraente di una polizza di Tutela Giudiziaria può – con molta serenità – rivolgersi ad un Avvocato ed agire o resistere in giudizio (alla sola condizione che dimostri un minimo di sostenibilità della propria tesi difensiva) essendo garantito che, nel malaugurato caso qualcosa non dovesse andare per il suo verso, tutte le spese di causa, sia per il proprio difensore che per il difensore avversario saranno a carico della Società con la quale si è stipulata la polizza di Tutela Giudiziaria. Presentando tutta la documentazione del caso, sono certa che otterrà il consenso per procedere giudizialmente al fine di ottenere, in appello, il riconoscimento delle sue ragioni, che in primo grado non sono state, mi sembra, adeguatamente tutelate. Ovviamente rivolgendosi ad un Avvocato di sua completa fiducia.

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