Come è noto, nel nostro Paese chi è stato coinvolto troppo a lungo in un procedimento civile, penale, amministrativo o di altro tipo può presentare un ricorso per equa riparazione ai sensi della legge Pinto. Solo che come molte cose che partono seriamente nel nostro paese, anche questo sistema alcune volte finisce per non funzionare bene anch’esso, con la conseguenza che i danni non vengono liquidati nell’ammontare dovuto, secondo le istituzioni internazionali, ma soprattutto che gli utenti, dopo aver subito il danno di un processo spesso ultradecennale ed essersi visto riconosciuto un minimo risarcimento rispetto al disagio patito, devono poi sudare 7 camice per conseguirne il pagamento.
Allora succede che alcuni si inviperiscono ancora di più e ricorrono alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro il procedimento per equa riparazione e l’inadempimento dello Stato italiano e la Corte nuovamente condanna lo Stato… E’ interessante vedere un po’ di statistiche del fenomeno, riportate da un articolo apparso sul Sole-24 ore del 15.2.2008, insieme ad alcuni altri aspetti dello stesso. A mio giudizio, è comunque positivo che gli utenti si stiano sempre più attivando contro l’inefficienza cronica ed endemica della macchina giudiziaria, hai visto mai che a forza di condanne, casi vergognosi, supercondanne e altro qualcuno della politica decida di destinare più risorse al settore, fondamentale, della giustizia.
Processi. Cento i casi presentati alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo per la durata dei giudizi. Contestata la lentezza nella liquidazione dei risarcimenti. Effetto boomerang per la legge Pinto. E alla Corte europea dei diritti dell’uomo si teme un ritorno al passato. Dall’autunno a oggi, a Strasburgo, si sono moltiplicati i ricorsi presentati contro l’Italia per la violazione della disciplina sui risarcimenti concessi per l’eccessiva durata dei processi. Restando alla cronaca: a gennaio 2007, nuovi casi introdotti davanti ai giudici erano stati in tutto 4, mentre al 24 gennaio 20008 erano già 96. Stesso discorso per i mesi precedenti con un brusco aumento tra settembre e ottobre, poi confermato nei mesi successivi: a settembre i ricorsi da legge Pinto erano stati 30, in media con i mesi precedenti, ma a ottobre il boom, con 218 casi, cui hanno fatto seguito i 288 di novembre, i quasi 100 di dicembre (che hanno portato il totale di tutto il 2007 a 967) e i 96 di inizio 2008. Una crescita imponente, che inizia a preoccupare la Corte di giustizia di nuovo alle prese con il “caso Italia”. Con effetti paradossali. Tra le cause che indussero infatti il Parlamento a muoversi nell’approvare una legge che prevedesse il risarcimento per l’eccessiva durata dei processi, ci fu anche il pressing di Strasburgo nei confronti del ministero della Giustizia italiano: erano infatti ormai diventate troppe, e di fatto ingestibili, le cause giacenti alla Corte di giustizia per il dilatarsi dei tempi dei processi. A prevalere, nei motivi della riproposizione della questione «durata dei processi» alla Corte dei diritti dell’uomo, è il ritardo con cui le somme stabilite per il risarcimento vengono liquidate agli aventi diritto. Infatti 712 dei 967 casi approdati a Strasburgo l’anno scorso hanno infatti a fondamento proprio la lunghezza delle procedure con cui lo Stato italiano, dopo averlo riconosciuto all’esito di un procedimento giudiziario, corrisponda la cifra considerata congrua. Un ritardo, peraltro, che ha ragioni ben precise: a pesare è infatti soprattutto l’endemica scarsità di fondi a disposizione. Il budget messo a disposizione viene rapidamente esaurito e il Governo è costretto a continui rifinanziamenti. L’ultima manovra, per esempio, ha stanziato 60 milioni dì euro, 30 dei quali da utilizzare subito (ma metà di questi, 15, dovranno essere destinati a ripianare le condanne arretrate). Gli altri 30 saranno utilizzati per il 2009 e il 2010. A dare un’ulteriore spinta ai procedimenti introdotti a Strasburgo c’è anche la notevole incognita legata alla consistenza del risarcimento. Con una giustizia italiana almeno contraddittoria. Che, nelle sentenze di Cassazione, ha ormai fatto i propri i parametri di durata del processo stabiliti in sede europea, e cioè, di norma, 5 anni per primo grado e appello; che hapoi considerato congruo il risarcimento di almeno mille euro per annodi ritardo, ma ha invece respinto la posizione della Corte europea dì considerare risarcibile l’intera durata del procedimento. Così, si apre la strada per un ricorso a Strasburgo da parte di chi ha ricevuto meno in Italia di quanto gli sarebbe stato attribuito in sede europea. Giovanni Negri
288 I ricorsi. In tutto il mese di novembre 2007 sono stati presentati alla Corte europea dei diritti dell’uomo 288 ricorsi per violazione della legge Pinto; a ottobre erano stati in 218, mentre a dicembre e gennaio 2008 le cause introdotte sono state un centinaio per mese
4 I precedenti. Il numero di ricorsi presentati a Strasburgo per violazione della legge Pinto erano stati in tutto 4 e, in seguito, per tutto il 2007 fino a ottobre, si era andati avanti con una media di poche decine a mese
967 Il totale. Nel corso di tutto il 2007, i ricorsi approdati a Strasburgo sono stati in tutto 967,712 dei quali per violazione dei tempi nella liquidazione della somma decisa a titolo di risarcimento in Italia per la violazione della disciplina sulla ragionevole durata dei processi
60 I fondi. L’ultima manovra ha messo a disposizione 60 milioni di euro per finanziare gli indenizzi da legge Pinto; 15 sono però destinati a coprire il pregresso, mentre 30 saranno utilizzati per il 2009 e il 2010