Mia madre,vedova, che ha ora 89 anni, ha vissuto con me per 6 anni. Nell’ultimo anno con me ha iniziato a soffrire di demenza senile .Mia sorella -che nel tempo più volte aveva richiesto ed ottenuto diverse sovvenzioni economiche da mia madre-l’ha istigata contro di me,tanto da costringermi a mandarla a vivere con lei a Roma. Da quel momento mia sorella ha gestito i soldi in banca,la pensione(2100euro)e l’accompagnamento di mia madre,da lei ottenuto. Dopo un anno seppi da terzi che mia madre era stata ricoverata in una casa per anziani,vicina alla residenza di mia sorella ,ma molto disagevole per me(dista più di tre ore di auto da Napoli). Per quieto vivere non obiettai nulla,recandomi anche a trovarla poche volte per l’esposto disagio. Ora telefonando-come di consueto per avere notizie-alla casa di cura mi è stato detto che era stata trasferita in ospedale. Chiamato l’ospedale non vi era traccia di mia madre. Richiamata la casa di cura mi hanno risposto che sospettavano fosse stata prelevata con l’inganno e portata in altra struttura. Chiedo se mia sorella poteva fare tutto ciò senza il mio consenso e se posso chiedere conto a mia sorella della gestione degli introiti di mia madre. Tanto non per motivi economici,ma perchè vorrei darle una lezione di vita,ed anche perchè,tra l’altro,mi risulta che mi abbia diffamata con parenti,conoscenti e con il personale tutto della precedente struttura.
Sì certamente tua sorella avrebbe dovuto opportunamente informarti di come avveniva la gestione sia personale che patrimoniale di tua madre, specialmente essendo la signora affetta da una patologia, la demenza senile, che può comprometterne la capacità di intendere e di volere. Coltivando tali questioni, tuttavia, rischi di scatenare un vespaio che difficilmente può essere ricomposto con il raggiungimento di un accordo.
Il consiglio è quello di valutare la nomina di un amministratore di sostegno che, come tale, ha il dovere di curare con la massima trasparenza sia gli aspetti patrimoniali che personali, riferendo costantemente sia al giudice che ai parenti più prossimi.