È stata recentemente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 21 aprile 2011, n. 62, avente ad oggetto la tutela dei rapporti tra genitori detenuti e figli minori.
Tale provvedimento, la cui entrata in vigore è dallo stesso prevista per il 1 gennaio 2014, prevede che nel caso in cui l’imputata sia donna incinta, madre di prole di età inferiore a sei anni con essa convivente, o padre, nel caso in cui la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli, non possa disporsi la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Ove tali esigenze cautelari eccezionalmente rilevanti lo permettano, il nuovo art. 285 bis c.p.p., prevede che il giudice possa disporre la custodia cautelare del soggetto presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri.
Sempre al fine di favorire il rapporto genitore detenuto e figlio, è prevista la possibilità per la madre condannata, imputata o internata, ovvero per il padre che versi nelle stesse condizioni, di ottenere l’autorizzazione a fare visita al figlio che si trovi in imminente pericolo di vita o in gravi condizioni di salute, autorizzazione che, nei casi d’urgenza, verrebbe concessa direttamente dal direttore dell’istituto penitenziario.
In più, nell’ipotesi in cui i figli abbiano un età inferiore ai dieci anni, previa autorizzazione del giudice, i detenuti potranno accompagnare ed assistere i propri figli nelle visite specialistiche relative le gravi condizioni di salute.
Innovazioni sono state introdotte anche in tema di detenzione domiciliare, infatti è stato previsto che l’espiazione di almeno un terzo della pena, o almeno quindici anni della stessa, possa avvenire presso un istituto di custodia attenuata per madri detenute, ovvero nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, casa di cura, assistenza o accoglienza, in modo che i genitori possano provvedere alla cura ed all’assistenza dei propri figli.
Tale disegno di legge ha il chiaro scopo di tutelare i diritti dei bambini ad un corretto sviluppo piscofisico ed affettivo, in applicazione anche della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991.
L’attuale modalità di gestione dei rapporti genitori-figli all’interno delle carceri italiane non rispetta le esigenze dei minori, in quanto le visite in carcere sono saltuarie e molto brevi. Inoltre, i bambini sono costretti ad attendere i genitori per molto tempo in ambienti assolutamente inadatti alle esigenze infantili.
Al fine di attenuare tale drammatica situazione, alcune associazioni si sono già mobilitate. Ad esempio, l’associazione “Bambinisenzasbarre” ha incaricato un team di psicologi, pedagogisti, terapeuti, operatori sociali, ed altri, che ha allestito stanze gioco all’interno delle carceri di San Vittore, Bollate ed Opera, nelle quali i bambini possono attendere i genitori in un ambiente più confacente alle loro esigenze.
Nella stessa ottica è auspicabile che le associazioni e lo Stato si adoperino per la creazione di strutture residenziali adeguate ad ospitare i genitori che potranno usufruire di questa nuova normativa. In queste strutture le esigenze cautelari si dovranno coniugare con le esigenze di protezione del minore e si dovrà favorire lo sviluppo di una sana relazione genitore-figlio.
Ora non resta che aspettare per vedere se tale norma verrà correttamente applicata e se tali strutture verranno realizzate con le opportune cautele.
Una risposta su “dal 2014 le madri di figli minori condannate a pena detentiva difficilmente finiranno in carcere”
C'è un bellissimo libro di Leonardo Sciascia sul tema, «A porte aperte», http://goo.gl/LlFuZ, ispirato ad una vicenda realmente accaduta.
Un padre uccide la moglie e madre del suo unico figlio. Nonostante la sentenza di primo grado, per effetto di un giudice «progressista», commini solo l'ergastolo, la Corte d'Assiste poi la tramuta in pena di morte, perchè bisognava dimostrare che con il fascismo si era introdotta molta più severità…
Il povero figlio dell'assassino e dell'assassinata, tuttavia, in questo modo è stato reso orfano due volte: prima dal padre e poi dallo Stato, che non gli ha lasciato nemmeno un padre da poter visitare ogni tanto in carcere, desiderandolo.
La comunità non può pensare solo alla punizione del colpevole, ma anche a salvaguardare gli interessi di coloro che sono attinti dal fenomeno penale senza averne nessuna colpa, come i minori, che anzi proprio dall'azione indiscriminata dello Stato possono veder nascere dentro di loro l'odio e la diffidenza verso le istituzioni.
Si dice tradizionalmente che il diritto penale è un coltello senza lama, che ferisce sia chi viene tagliato che chi lo impugna. In realtà, se non si usano molte accortezze, ferisce ancora più persone e interessi.
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac
splash http://ts.solignani.it
ebook http://goo.gl/pUJx6