collaboro stabilmente con un avvocato che si rifiuta di apprendere l’uso degli strumenti informatici e di associarsi ad altro collega più pratico di informatica; potrei senz’altro penso entrare in società con lui come collaboratore, ma in tal caso potrei esercitare la mia professione di consulente informatico come socio anche con clienti terzi (non clienti dell’avvocato) o potrei/dovrei mantenere due posizioni fiscali distinte ? o essendo socio solo ausiliario non potrei poi esercitare la mia attività con estranei ? allo studio collabora anche un traduttore per documenti provenienti dall’estero e clienti stranieri, che sono la maggior parte, ma con lo stesso dubbio/problema mio. Infine vi sarebbe anche un amministratore di condomini, professionista pure lui non iscritto a nessun albo, che, già condividendo i locali, potrebbe esser interessato a far parte di una società tra professionisti. So che bisognerà attendere un regolamento ministeriale, ma Lei cosa ne pensa al momento ? La legge, secondo Lei, consente la società tra professionisti iscritti ad un albo regolamentato e professionisti non iscritti a nessun albo con pari grado/dignità ? Ritengo sia un problema di interesse generale per i professionisti, sopratutto per quelli, come me e molti altri, non iscritti a nessun albo (si pensi solo alle centinaia di migliaia di mediatori a cui per legge è stato lo scorso anno abolito l’albo professionale e che collaborano stabilmente con i geometri).
Sul punto non sono molto preparato perchè ho sempre diffidato, in campo professionale, dalle forme associative e societarie. A tutt’oggi, il nostro studio è composto da professionisti titolari ognuno di una propria partita IVA e di una propria posizione fiscale correlativa, si collabora sui singoli casi e si affrontano, dividendole, le spese volta per volta.
È un fatto sociale prima ancora che giuridico, nel nostro Paese, a differenza che nel resto d’Europa, si tende più a preferire la piccola bottega, che sia però molto autonoma, rispetto alle aggregazioni, di fronte alle quali c’è sfiducia. E si tratta di un aspetto generalizzato, per cui se anche io, ad esempio, mutassi orientamento, non riuscirei probabilmente a realizzare aggregazioni di spessore per la scarsa fiducia al riguardo che c’è in giro.
È per questi motivi che in Italia fioriscono maggiormente i «circuiti» o «network», strutture snelle e leggere che creano vincoli associativi molto elastici tra professionisti che rimangono indipendenti, in modo da avere qualche beneficio dall’organizzazione più grande senza i molti difetti, che peraltro si stanno identificando e riconoscendo sempre più anche nei paesi per lo più di tradizione anglosassone dove questo tipo di strutturazione è più diffusa.
Quindi io non so rispondere con precisione alle tue domande, per le quali comunque sarebbe preferibile che tu interpellassi un commercialista, ma ti posso lasciare con il consiglio di rimanere più libero che puoi di fare, nel rispetto della legge, quel che ti pare, senza lacci e lacciuoli. Non importa se iscritto o meno ad un albo, un libero professionista ha senso e valore solo se può operare con la massima autonomia possibile, libero di dire di sì quando crede e di no quando lo ritiene più opportuno.