Sono una studentessa universitaria frequentante la facoltà di scienze politiche iscritta al terzo anno con indirizzo di Servizio Sociale e Sociologia. Sono venuta a conoscenza del corso di amministratore di sostegno e volevo avere una delucidazione in merito a questo e a quanto riguarda eventualmente il compenso per questa tipologia di assistenza da svolgere. A tale riguardo mi pongo anche altri quesiti quali: Per esempio se nella mia Regione il corso sopra citato è effettuato da qualche scuola,se è a pagamento,quanto sarebbe eventualmente il costo; e ancora: nel caso in cui l’istante sia nell’impossibilità di sostenere le spese chi ricopre l’aspetto economico? e se l’assistito è sprovvisto di pensione di invalidità o di accompagnamento perchè non gli è stata concessa o momentaneamente sospesa,a chi si deve rivolgere per avere sostegno economico?
Io non so nulla di questi corsi, posso solo dirti quello che so riguardo all’amministrazione di sostegno come istituto in generale, per i corsi, poi, ti conviene rivolgerti agli istituti presso cui si tengono, che di solito pubblicano gran dovizia di informazioni su internet.
In primo luogo, c’è da dire che l’amministratore di sostegno non è un infermiere o un assistente personale, ma, appunto, un amministratore, una persona che deve gestire il patrimonio e le condizioni di vita dell’amministrato prendendo per lui le decisioni, insieme al Giudice Tutelare, che l’amministrato non è più in grado di assumere da solo. Per questo, l’amministratore ha più una formazione giuridica che assistenziale, le decisioni che deve prendere sono quelle relative agli investimenti, alla gestione di immobili, alla sistemazione in struttura piuttosto che al domicilio e così via.
Di solito, il compenso dell’amministratore viene liquidato dal giudice al termine di ogni anno e viene posto a carico dell’amministrato, quindi prelevato dal suo patrimonio, salvo che l’amministrato non sia in dispianta e quindi in carico ai servizi sociali, nel qual caso il compenso viene pagato dai servizi, naturalmente la misura è di solito minore in questi casi.
In conclusione, quella dell’amministratore di sostegno può essere una buona opportunità occupazionale, specialmente in una «società anziana» come la nostra, il contenuto concreto del lavoro da svolgere dipende molto dal singolo amministrato da gestire e dal tipo di problema di cui lo stesso è portatore: ci sono casi facili e semplici e altri che tutti i giorni danno dei problemi. Se dovessi dire cosa occorre per fare questa cosa, direi soprattutto una grande umanità, che però da sola non basta, occorre essere anche bravi giuristi per prendere le decisioni giuste e interfacciarsi in modo corretto con il giudice tutelare e tutte le altre istituzioni chiamate a occuparsi dell’incapace.
8 risposte su “l’amministratore di sostegno può essere una buona opportunità occupazionale?”
Salve….vorrei sapere se un’amministratore di sostegno può delegare ad altra persona lo svolgimento di una pratica ordinaria per conto della persona che lui stesso amministra.
In pratica mia zia che è sorella e amministratore di sostegno di mia madre può delegarmi?
La ringrazio
Virginio
Di solito sì, ma dipende ovviamente dalla pratica e dalle forme della delega nonché dal provvedimento di nomina.
“entriamo per l’ultima volta più nel merito della questione solo per ricordare che il 3° comma dell’art. 408 della legge 6/04 prevede che “non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario”. Le badanti sono da comprendersi tra gli operatori privati che hanno in cura la persona non autonoma (la legge ha cancellato il termine “incapace”) ovvero la persona con disabilità (definizione adottata dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità), e pertanto non sono nominabili come AdS per la persona cui prestano assistenza, così come non sono legittimate a presentare il ricorso per la sua nomina”
Credo che questa disposizione si riferisca solo ai dipendenti dei servizi assistenziali pubblici e privati, mentre non anche a chi è dipendente solo della «persona non autonoma» come giustamente la definisci. Sinceramente non mi è mai capitata la questione, comunque. Ricordati comunque che sul blog sei il benvenuto e puoi scrivere tutto quello che vuoi.
Ci permettiamo di intervenire sul tema della formazione degli amministratori di sostegno e sulle domande poste dalla studentessa che si chiede se questa non possa diventare, per lei, una interessante prospettiva occupazionale.
Si fa cenno nella risposta ai numerosi corsi propagandati via internet e sono individuate alcune caratteristiche della formazione che dovrebbe essere più giuridica che assistenziale perché le decisioni che dovrà essere assunte sono la gestione del denaro e degli immobili e la “sistemazione” in struttura piuttosto che al domicilio.
Il progetto Amministratore di Sostegno http://www.progettoads.net ha lavorato 4 anni in Lombardia per divulgare questo importante istituto giuridico e per affermare il valore della vicinanza e della prossimità tra le persone, promuovendo la figura di un amministratore di sostegno (AdS) “persona vera accanto ad una persona fragile” nella consapevolezza di un ruolo che permette di offrire garanzie sulla qualità della vita del beneficiario.
Per noi l’amministrazione di sostegno NON E’ UNA PROFESSIONE. La legge richiede quale competenza dell’amministratore di sostegno la sola DILIGENZA DEL PADRE DI FAMIGLIA, pertanto nella gestione deve essere persona in grado di utilizzare gli strumenti disponibili per qualsiasi padre di famiglia.
Spetterà al Giudice Tutelare, che ne ha completa discrezione, rimborsare le spese dell’AdS ed eventualmente erogare un’equa indennità in proporzione al lavoro dell’AdS e alle disponibilità del beneficiario.
Per questo il Progetto AdS ha promosso SERVIZI DI SUPPORTO agli AdS, avviato percorsi di sensibilizzazione per reperire volontari AdS, realizzato iniziative formative per incrementare responsabilità e capacità di risposta, attivato sinergie con le istituzioni perché la responsabilità della vita delle persone le riguarda, promosso Registri pubblici per la gestione degli AdS volontari.
Grazie per il vostro interessante contributo. Per il resto, il discorso della diligenza del buon padre di famiglia con l’intervento del giudice tutelare secondo me non regge tanto, nel senso che dipende sempre da quello che c’è da amministratore. Se ad esempio c’è solo da riscuotere una pensione e fare le spese correnti, sicuramente un avvocato non serve strettamente (anche se può essere molto più creativo, essendo adeguatamente preparato, di un non giurista: ad esempio può prendere iniziative volte a far avere sostegni e accompagnamenti all’amministrato); se, comunque, invece c’è un patrimonio di una certa complessità (ma bastano ad esempio anche due o tre immobili, magari con situazioni particolari) un legale o comunque un professionista è sicuramente preferibile. Quanto al giudice tutelare, dipende dal giudice, io ne ho visti alcuni che non si interessavano più di tanto, facevano il minimo, e dipende sempre anche dal carico di lavoro che hanno, per cui tutto ricadeva molto sull’amministratore di sostegno.
La legge 6/04, vista nell’ottica della sua applicazione attraverso i decreti dei Giudici, appare variamente interpretata, ma non bisogna fermarsi alla contingenza della visione individuale bensì occorre riportarsi allo spirito della legge e all’art. 1 che ne individua le finalità per ritrovare il senso della cura della persona, del rispetto delle sue aspirazioni, del diritto ad una qualità di vita accettabile e proporzionata. L’attenzione posta tutta sulla professionalità nella cura del patrimonio riconduce ad un modus operandi tipico dell’ambito dell’interdizione e svilisce l’istituto giuridico dell’amministarzione di sostegno che è profondamente diverso.
Inoltre, se ci concentriamo sui bisogni di professionalità, dovremmo dire che nell’ambito delle professioni di cura gli assistenti sociali, gli educatori, gli psicologi, gli insegnanti hanno professionalità già adeguate e che avvocati, notai e commercialisti possono essere specialisti chiamati a prestare la propria professionalità secondo necessità, così come intervengono nell’ambito più vasto dei bisogni della persona e della famiglia.
Quel che dici è vero, anche se devo dire che non mi convince sino in fondo. Come dice la parola stessa, l’istituto attiene all’amministrazione della persona, quindi alla sua gestione, sotto il controllo di un giudice, che peraltro ancora si chiama tutelare, il quale ha istituzionalmente il compito di curare le scelte fatte dall’incapace sotto il profilo della loro opportunità. In conclusione, a me sembra che l’ads sia ancora appunto un amministratore, cioè una persona che interviene accanto all’incapace per prendere quelle decisioni che lui non è più in grado di prendere, o per porle in essere. Nella mia esperienza, quel che tu dici rispetto agli avvocati vale invece per infermieri, medici e c. che l’ads interpella di volta in volta a seconda del bisogno, ad esempio l’atto che si pone in essere più frequentemente è quello della nomina di una badante, mentre invece mi riuscirebbe difficile pensare ad una badante nominata amministratore di sostegno che nomina, in caso di bisogno, un avvocato. Del resto, se c’è una cosa a cui sono deputati, a cui siamo deputati noi avvocati, è proprio interfacciarci con i giudici e, siccome ogni amministrazione è posta sotto il controllo del giudice tutelare, direi che questo sia un altro elemento a favore della scelta di un giurista per compiti come questo. Ora, ovviamente, stiamo parlando in generale e i discorsi fatti in generale valgono sempre poco, come cennavo prima dipende sempre dal caso concreto e dalla situazione dell’amministrato, che, se sostanzialmente non ha patrimonio e ha già tutti i trattamenti pensionistici o di invalidità che potrebbe avere, può benissimo vedersi nominare come amministratore di sostegno un infermiere, un parente, un qualsiasi altro soggetto, vista la scarsa probabilità che ci siano da adottare decisioni che richiedono valutazioni giuridiche. Viceversa, il discorso cambia se la situazione patrimoniale e personale è complicata, noi come amministratori di sostegno abbiamo avuto anche occasione di far dichiarare nulli matrimoni contratti da incapaci. Ma non voglio assolutamente dire che la tua visione sia da buttar via, anzi: diciamo che l’istituto si presta ad essere riempito e configurato in modo diverso e che sicuramente un po’ di umanità, di spirito assistenziale (e, ovviamente, anche di capacità nel campo) non guastano affatto, l’importante, come dici tu, è l’attenzione alle esigenze dell’amministrato. Buon fine settimana.