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Procedimento disciplinare militare e risarcimento danni.

Se sei un militare, potresti esserti trovato a ragionare e discutere con i tuoi colleghi di procedimenti disciplinari oppure, in modo più specifico, delle conseguenze di un procedimento di questo tipo sulla carriera.

Si tratta, come sai, di argomenti complessi e delicati, rispetto ai quali gli interrogativi sono molti.

Potrebbe interessarti qualche piccolo consiglio sul corretto modo di leggere ed interpretare queste situazioni?

Se la risposta è si, sono qui a tua disposizione.

Sappi che spesso nell’ambiente militare ci si chiede come reagire, cosa scrivere nelle memorie difensive e come fronteggiare un’eventuale iniziativa disciplinare.

Ti dico che è una materia chiara a pochi e oscura a tanti, ma che si fa un po’ spinosa e pertanto merita un piccolo approfondimento quando si tocca il campo dei procedimenti ingiusti, ossia di quei procedimenti che, esaurito il loro percorso, mettono in luce i presupposti erronei sui quali sono stati purtroppo improntati.

Ebbene, in un caso come questo, esiste o no la possibilità di intentare una causa per risarcimento danni nei confronti dell’amministrazione militare, una volta appurata la sostanziale ingiustizia di quel procedimento disciplinare?

Pur essendo difficile dare la cosiddetta risposta sicura, posso ragionevolmente dirti si nel caso in cui quel militare si sia trovato a subire un vero e proprio accanimento, attraverso azioni gravi, lesive, ingiustificate, sproporzionate e ripetute nel tempo.

In effetti, a pensarci, l’Amministrazione militare, pur caratterizzata da una sua “specialità”, è pur sempre un’amministrazione come altre ne esistono nel nostro Ordinamento e, nell’ottica del rapporto di dipendenza con il militare, rappresenta niente altro che il “datore di lavoro”.

Ora, nel gioco delle parti, sai che se il datore maltratta ingiustamente e ripetutamente il suo dipendente “in divisa”, arrecandogli danni che possono essere documentati, con ogni probabilità potrà essere chiamato a risponderne davanti un giudice.

A conclusione del ragionamento iniziale, l’operazione che puoi fare è semplice: suggerire  alla “vittima” di informarsi ed eventualmente attrezzarsi e difendersi con coraggio e determinazione, certamente con l’aiuto di un avvocato di sua fiducia, meglio se specializzato o appassionato della materia.

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Di Francesco Pandolfi

Avvocato dal 1988 e cassazionista dal 2010. Iscritto all'ordine di Latina.
Oltre al suo blog personale, raggiungibile all'indirizzo www.pandolfistudiolegale.it, scrive su Studio Cataldi. Si interessa un po' di tutto del diritto ma, in particolare amministrativo, militare, armi, responsabilità medica, corte europea, lavoro.

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