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mediazione familiare

Mediazione familiare: il modello ecosistemico.

Continuiamo con la nostra «serie» sulla mediazione familiare, esaminando uno degli ultimi modelli da passare in rassegna.

Secondo i sostenitori di questo metodo, la mediazione sarebbe “un rituale” che mira a mutare la natura dell’unità familiare, al fine di ritrovare un equilibrio che possa permettere alla coppia stessa di superare il conflitto. Anche questo approccio, dunque, insieme a quello sistemico si propone di andare a scavare più in profondità rispetto ad altri tipi di intervento.

Presupposto fondamentale in questo modello è la non negazione del conflitto, che anzi diventa esso stesso uno strumento per portare al cambiamento della coppia. Il conflitto, paradossalmente, diventa quasi uno strumento per portare, da una situazione conflittuale, ad una situazione migliore.

Chiaramente con questo presupposto il ruolo del mediatore all’inizio del percorso è quello di comprendere adeguatamente il conflitto attraverso il colloquio con le parti, per quanto si possa comprendere un conflitto familiare che spesso si è stratificato nel corso degli anni: diciamo che se ne possono comprendere i termini, mentre per quanto riguarda le cause o le ancora più evanescenti responsabilità il discorso diventa non praticabile e non utilmente percorribile.

Alla base di un approccio di questo genere, sta la considerazione dell’importanza della consapevolezza del proprio dolore, del proprio stato emotivo e della propria visione dell’altro protagonista del conflitto. Con questo metodo, le parti vengono aiutate a comprendere la vera portata della situazione, da uno stato in cui confusamente provano ostilità per l’altra parte vengono a prendere coscienza più in dettaglio dei loro sentimenti e di parte delle motivazioni alla base degli stessi, secondo un approccio suggerito dalle tecniche di mindfulness praticate sia per il dolore fisico che per il dolore dell’anima, dove si insegna ai pazienti a «tenere gli occhi ben aperti» anche di fronte al dolore, anche perché solo non negandolo si attivano i meccanismi di guarigione.

Resta il fatto che il conflitto, per quanto doloroso e carico di ricadute emotive pesanti e spiacevoli, è un’occasione di crescita e di cambiamento.

Come nel modello strutturato, anche in questo approccio il mediatore utilizzerà dei criteri di valutazione oggettivi ed equi, insomma quelle regole che avanti abbiamo definito «di procedura», scelti congiuntamente dalla coppia, sempre con l’aiuto del mediatore, prima di avviare la trattazione dei problemi.

Per quanto riguarda l’oggetto della mediazione, in questo approccio, a differenza di quello strutturale, non ci si pongono limiti.

Questo modello di mediazione prevede tre essenzialmente di snodarsi attraverso tre fasi, l’ultima delle quali di raccordo tra la fase di mediazione e quella più propriamente «legale» in corrispondenza della quale c’era invece il «troncamento» nel metodo strutturato:

  1. lo sviluppo del contesto preliminare
  2. la negoziazione sul motivo del contendere
  3. l’incontro della mediazione con la legge.

Questo modello, volgendo lo sguardo sia alle problematiche di natura pratica che a quelle emotive, come si può vedere, raccoglie in sé schemi propri anche di altri modelli, come abbiamo visto essere auspicabile.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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