Mi ha sempre attirato l’idea di prendere il reddito di cittadinanza, andare in pensione senza avere mai lavorato, ma no, alla fine ho sempre lavorato, perché lavorare alla fine era più divertente che stare a casa.
Pur essendo di base un umanista, sono comunque piuttosto eclettico e, in questa strana cornice, appassionato di tecnologia.
Così, più per passione che per reale necessità, ho costruito uno studio che può lavorare, per tutte le persone che ci lavorano, compresi i miei colleghi e la mia assistente, senza vincoli
geografici.
Col VoIP, ad esempio, possiamo usare la stessa linea fissa ovunque ci sia un collegamento di rete. La mia segretaria può rispondere a chi chiama lo studio da casa sua e passare a me la chiamata, quando io sono a casa mia, o altrove.
Con il protocollo IMAP – peraltro parliamo di roba anche piuttosto vecchia! – consultiamo le mail dappertutto, lavorandoci sopra e tenendo tutto sincronizzato.
Con un gestore di password condiviso, tenuto sincronizzato e aggiornato, la mia assistente e i miei colleghi hanno sempre con loro, ovunque, e su qualsiasi dispositivo il «mazzo di chiavi» per accedere ai sistemi informatici che servono per lavorare: mail, fornitore, ordini, siti giudiziari, ecc.
L’agenda degli appuntamenti è condivisa su google calendar quindi sempre la mia assistente me li può gestire ovunque sia – la gestione dell’agenda è una delle attività che non posso permettermi di fare se voglio lavorare con efficacia.
Tutti i documenti delle pratiche sono su Dropbox e su tutti nostri dispositivi sincronizzati…
Per fare gli appuntamenti, c’è Skype.
Di tutto questo ho sempre parlato man mano nel blog, puoi andare a leggere i vecchi post.
Insomma, per me passare al «telelavoro» o lavoro agile come lo chiama, con tanta freschezza, il governo, è immediato, lo abbiamo usato tante volte solo per comodità nostra.
Quindi io non chiudo affatto, non ci penso nemmeno.
Anche perché le persone hanno bisogno, specialmente in una situazione di crisi come questa di consulenza e assistenza, sia da un avvocato che da un counselor: chiarimenti, appuntamenti, documenti, disbrighi.
Il lavoro naturalmente subirà dei rallentamenti, ma non si fermerà.
Per cui, come dico sempre: non andate da altri a farvi fregare, continuate pure a venire prima da noi.
2 risposte su “Coronavirus: lo studio rimane aperto.”
Beh non chiudi anche perchè non ci è consentito chiudere, no?
Non lo prevede la normativa.
Ogni tanto Tiziano, scusa se mi permetto, illustri come scelte personali e strabilianti ciò che è banalmente quanto ci viene imposto dal contesto circostante
Ciao Massimiliano, ti rileggo con piacere e accetto la critica. Mah, molti studi stanno chiudendo e molte delle tecnologie cui faccio riferimento nel post non sono usate nemmeno da metà della metà della metà dei liberi professionisti oggigiorno, come il VoIP, ma anche una, oggigiorno persino banale e superata, come il protocollo IMAP, molti avvocati ad esempio usano ancora POP3 e quando sono a casa non riescono a vedere la posta che hanno scaricato sul PC dello studio o viceversa (molti sono stati a riguardo «salvati» da Gmail, che induce ad un uso tramite interfaccia web). Sicché io la vedo così, anzi forse questo post può essere utile a qualcuno un po’ più indietro per iniziare a implementare soluzioni più efficienti sul lavoro.