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Su una casa in usufrutto il coniuge superstite acquista il diritto di abitazione?

sono vedovo con un figlio e viviamo nella casa di cui ero comproprietario con mia moglie deceduta e quindi ora io ho una quota del 75% e mio figlio diciottenne del 25%, volendo lasciare la casa a mio figlio, in caso di nuove nozze e successivo mio decesso, cosa mi conviene fare? avrei pensato di donare la mia parte a mio figlio con la nuda proprietà e tenendo per me l’usufrutto, in questo caso se vengo a mancare alla mia futura moglie resta il diritto di abitazione?

È una operazione di una certa importanza per la quale non ci si può certo affidare ad una sede come questa, nella quale si possono scambiare solo alcuni spunti, mentre la situazione va poi assolutamente approfondita acquistando una apposita consulenza da un avvocato.

Sul punto specifico del diritto di abitazione del coniuge superstite in caso di casa coniugale di cui si è titolare in usufrutto, vale la pena di richiamare l’art. 540 codice civile, che al comma 2° dispone quanto segue:

«Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, quando questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli».

Questa disposizione, tuttavia, presuppone che la casa familiare sia di proprietà del defunto. Infatti in giurisprudenza si sostiene che:

«I diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la arredano, previsti in favore del coniuge superstite, presuppongono per la loro concreta realizzazione l’appartenenza della casa e del relativo arredamento al de cuius o in comunione a costui e all’altro coniuge, non potendo estendersi a carico di quote di soggetti estranei all’eredità nel caso di comunione degli stessi beni tra il coniuge defunto e tali altri soggetti» (Cass. civ., sez. II, 22 luglio 1991, n. 8171, Iorio c. Battista ed altri; nello stesso senso, Cass. II, 23 maggio 2000, n. 6691).

Il problema in questo quadro è che l’usufrutto si estingue alla morte del suo titolare, senza passare ai suoi eredi, determinando la «riespansione» della nuda proprietà in proprietà piena, ragione per cui al momento in cui verrebbe ad operare la disposizione dell’art. 540 cod. civ. la casa non sarebbe più nella disponibilità del de cuius ma di proprietà di terzi e non in quanto eredi ma in virtù di altri titoli negoziali anteriori all’apertura della successione.

Una strada che forse si potrebbe valutare è quella della costituzione di un diritto di usufrutto a favore di entrambi i coniugi con il particolare meccanismo dell’ accrescimento reciproco.

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Che succede quando muore uno dei due titolari di un usufrutto?

Alla morte del padre, mio figlio è divenuto proprietario di 1 appartamento gravato da usofrutto a favore dei 2 nonni paterni. Questo appartamento è affittato a terzi e del contratto è titolare la sola nonna la quale beneficia dell’ammontare dello stesso.
Alla morte di questa, si deve rifare il contratto cambiando il nome del locatore? Il nonno deterrà solo il 50% dell’usofrutto e dunque metà dell’importo dell’affito può essere preteso da mio figlio?
Chi deve riemettere il contratto? Mio figlio o il nonno?

Per sapere che cosa succederà quando ci sarà il decesso di uno dei nonni, bisogna consultare l’atto con cui è stato costituito l’usufrutto e in particolare vedere se è stato previsto o meno il diritto di accrescimento reciproco, che è quello che si fa più comunemente.

Nel caso sia stato previsto questo accrescimento, al momento del decesso l’intero diritto, per capirci, si concentrerà nella titolarità del nonno superstite e tuo figlio rimarrà nudo proprietario esattamente come prima.