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Parto anonimo e stato abbandono: come funziona?

La tutela della madre e del minore nella nascita indesiderata. Conquista di civiltà e democrazia. Come fare per tutelare la nascita e la vita di un figlio che non si può crescere ma che si è deciso di far nascere?

Forse non tutti sanno che l’abbandono del minore alla nascita non è una scelta inevitabile per la madre, coniugata o no, che non voglia o non possa per le più varie motivazioni, provvedere a suo figlio.

Recenti fatti di cronaca narrano vicende figlie di dolore ed ignoranza che forse potrebbero essere evitate o ridotte se solo si diffondessero meglio le informazioni su queste situazioni. Le donne non devono essere lasciate sole o stigmatizzate in queste situazioni, ma possono scegliere di partorire al sicuro in ospedale.

E’ bene che si sappia e si diffonda infatti che, lo stato italiano, tutela le donne che non vogliono o possono tenere con sé il proprio bambino. Ciò avviene in prima battuta consentendo loro di portare a termine la gravidanza in strutture ospedaliere nelle migliori condizioni possibili tutelando la loro salute e quella del nascituro e poi consentendo loro di non essere nominate, senza che vi sia la possibilità per il nato di risalire alla loro origine, sebbene tale possibilità sia stata in parte sdoganata da una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema corte di Cassazione.

Ma andando con ordine è necessario sapere che:

-il Decreto del Presidente della Repubblica del 3 novembre del 2000 n. 396 all’art. 30 secondo comma, entrato in vigore nel nostro ordinamento a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127, per la semplificazione dell’ordinamento civile, recita, all’art. 30 per quanto concerne la dichiarazione di nascita, che 1. La dichiarazione di nascita e’ resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volonta’ della madre di non essere nominata.

-Si è ritenuto doveroso occuparsi della materia per l’esigenza di tutelare la salute e la vita sia del figlio che della madre, avendo come obiettivo, da un lato, quello di garantire che il parto avvenisse in condizioni ottimali, dall’altro, quello di evitare che la donna potesse ricorrere a decisioni irreparabili e ben più gravi per il nascituro, quali aborti e infanticidi. Dagli ultimi dati statistici ottenuti si parla infatti di circa 200 neonati all’anno che vengono abbandonati nelle prime ore di vita. Il problema quindi è quanto mai attuale.

  • Preso atto di ciò, essendo sancita chiaramente la possibilità per la madre di non essere nominata, questa legge consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’ospedale dove è nato affinché ne sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. L’istituto del “parto anonimo” consente alle donne che non vogliono riconoscere il figlio, di partorire nel più totale anonimato e di non poter essere rintracciate. Il nome delle madri, infatti, in tali casi, rimane segreto, e sul certificato di nascita del bambino, la cui dichiarazione viene fatta dal medico o dall’ostetrica, viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”
  • Qualora vi sia comunque la volontà di portare a termine la gravidanza ma non si riesca o non si voglia raggiungere l’ospedale è bene sapere che, per le medesime motivazioni della tutela della nuove vite, è stato “rispolverato” l’antico sistema delle “ ruote degli esposti” cioè di luoghi in cui è possibile lasciare il proprio bambino al caldo e in prossimità di un ospedale ove personale specializzato potrà offrirgli tutto il necessario adottando le modalità di intervento per i casi del genere. Questi luoghi sono rappresentati da culle termiche, esattamente identiche a quelle presenti nei reparti di neonatologia. Il sistema è meccanico con una porta a “ribaltina” che consente di riporre il neonato dall’esterno all’interno dell’edificio senza essere visti. Ciò può apparire una modalità dura da accettare ma è utile senza dubbio a scongiurare gli abbandoni traumatici di feti di poche ore o giorni di vita nei luoghi più impensati.

  • Il soggetto nato da persona che “non vuole essere nominata” è immediatamente segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni competente per territorio. In seguito ciò permetterà di avviare le procedure per l’adozione del minore dichiarato in stato di abbandono, in modo da consentirgli di essere adottato da una coppia disponibile e di godere delle migliori condizioni di vita possibili.

-Il diritto del minore e del soggetto in generale nato da una persona che non vuole essere nominata era fino a pochi anni fa assolutamente contratto e sclerotizzato a favore del diritto della madre anonima. Si riteneva infatti che fosse maggiormente meritevole di tutela l’interesse della madre anonima a volere rimanere tale a scapito dell’interesse del soggetto che avesse desiderato conoscere le proprie origini.

-La Corte Costituzionale infatti, con sentenza del 2013 (Corte Costituzionale sentenza n° 278 del 2013), dichiarava illegittimità costituzionale della disposizione in materia di adozione (l.184/1983) nella parte in cui, nel prevedere il diritto del minore ad avere una famiglia, non prevedeva che vi fosse la possibilità per il soggetto adottato stesso di conoscere le proprie origini tramite una modalità, ancora non esistente nell’ordinamento, in cui il giudice avesse potuto chiedere alla madre anonima se avrebbe acconsentito ad essere rintracciata dal figlio.

-Dichiarando l’illegittimità di questa fattispecie, la Corte Costituzionale apriva una possibilità al legislatore per colmare la lacuna legislativa in questo senso. Sulla scorta di tale pronuncia il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nel 2017, in un caso in cui un soggetto maggiorenne nato da madre anonima voleva conoscere le proprie origini, ha chiesto alla Suprema Corte di enunciare un principio di diritto in tema di parto anonimo, stante il solco che era stato lasciato dalla Consulta circa quattro anni prima a seguito del quale rimaneva lacunoso un importante aspetto del diritto dei figli a conoscere le proprie origini.
-La Corte Costituzionale infatti, aveva sancito, nel silenzio del legislatore in materia, che non vi fossero gli estremi per consentire ad un figlio di conoscere le origini da cui proveniva, qualora la madre avesse scelto di non essere nominata al momento del padre, per rispettare il supremo diritto alla privacy della donna. Ciò però lasciava privo di tutela il diritto del figlio a conoscere della propria storia.
-Sulla scorta di queste considerazioni si è stabilito che il giudice potrà procedere ad interpello della donna, quando la richiesta provenga da persona maggiorenne. La Corte di Cassazione quindi, ma solo a livello interpretativo, nel senso di tutelare di più l’interesse del figlio di madre anonima, ha ammesso la possibilità che un giudice, su impulso del figlio che sia divenuto maggiorenne, possa chiedere alla madre che aveva chiesto di rimanere anonima se ha cambiato idea sul fatto di mantenere l’anonimato e se vuole incontrare il figlio. (SSUU Cass. Sent. Del 25 gennaio 2017 n. 1946) Ad oggi però non vi è una norma che disciplini tale ipotesi, e pertanto andranno contemperati gli interessi rispettivamente della madre anonima a mantenere la privacy e del figlio nato da non nominata a conoscere delle proprie origini.

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Legame di affinità: cessa con la morte?

devo chiedere la residenza presso la mia matrigna vedova, all’anagrafe mi hanno detto che devo scrivere Non sussistono rapporti di coniugio, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi con i componenti della famiglia già residente in quanto mio padre è deceduto. Ho fatto delle ricerche in rete che dicono che c’è affinità, è giusto ? Lo chiedo perché se fosse vero quello mi hanno detto all’anagrafe si creerebbero due nuclei distinti e in tale caso io potrei chiedere l’esenzione del ticket per reddito

L’affinità è la relazione che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge.

Un legame non di sangue, dunque, ma mediato da un matrimonio con effetti civili.

Secondo il codice civile, «L’affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all’articolo 87 n. 4» (art 78, comma 3°).

Se ho ben capito, questa donna, che definisci la tua «matrigna», aveva sposato tuo padre, determinando la nascita di un rapporto di affinità tra di voi.

Dal momento che dici che ora è vedova, immagino che tuo padre sia nel frattempo purtroppo deceduto, ma il rapporto di affinità, a mente del codice civile, permane tra di voi.

Per quanto riguarda le disposizioni di stato civile, si tratta di aspetti che andrebbero approfonditi: ti consiglio di parlarne con i funzionari dell’ufficio di stato civile e, solo se del caso, di acquistare una consulenza da un avvocato per un adeguato approfondimento.

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Adozione da parte di coppia omosessuale: è possibile?

Una vera e propria rivoluzione, almeno così, da più parti (facile immaginare quali) si è acclamato. La stepchild adoption per una coppia omosessuale!

Due donne, una grande passione, un amore pronto a trasformarsi in genitorialità, ad evolversi e trovare la propria forma più elevata e, senz’altro, più duratura, attraverso un figlio.

E’ solo di qualche giorno fa la diffusione della notizia relativa all’avvenuta trascrizione anche in Lombardia (realmente avvenuta nello scorso OTTOBRE), in seguito ad attento vaglio della Corte d’Appello di Milano (secondo grado rispetto al Tribunale dei Minorenni in questo caso) dell’ordinanza emessa, da un Organo, all’uopo preposto, in Spagna, che decretava l’adozione della bambina dalla sua “non madre biologica”: una ragazzina dodicenne, ora, anche dinanzi alla Legge Italiana, è figlia adottiva di due madri.

C’è un precedente estremamente significativo, che è quello della Corte d’Appello di Torino, e non possiamo omettere di ricordare anche quello recentissimo del Tribunale di Roma.

Di certo, questo da Milano è un provvedimento destinato (come i precedenti citati) a suscitare molte polemiche, ma andiamo con ordine.

Le due genitrici in questioni si erano sposate, anni fa, dopo convivenza more uxorio in Spagna, ed una di loro aveva, mediante fecondazione eterologa generato una bambina.

Purtroppo, esse sono poi addivenute alla determinazione di divorziare, raggiungendo anche, malgrado tutto, un accordo sulle condizioni di collocazione abitativa e sugli aspetti relativi al mantenimento di quella che, nel (rispetto al nostro, senz’altro maggiormente fervente e moderno) contesto iberico, era la LORO figlia.

É significativo qui riportare testualmente ciò che scrivono i Giudici (facciamone i nomi! Il Presidente del Collegio della Sezione Minori e Famiglia della Corte d’Appello di Milano, Dott.ssa Bianca La Monica, e l’Estensore Dott.ssa Maria Cristina Canziani): la ragazze “è stata adeguatamente amata, curata, mantenuta, educata ed istruita da entrambe le donne che hanno realizzato l’originario progetto di genitorialità condivisa, nell’ambito di una famiglia fondata sulla comunione materiale e spirituale di due persone di sesso femminile” é stata così dai Giudici che scrivono queste parole proprio ordinata la cosiddetta “Adozione Piena o Legittimante”, ovvero quel tipo di adozione per la quale il rapporto genitoriale è identico a qualsiasi altro genitore, proprio come se da quella persona si fosse “davvero nati”.

La Corte d’Appello d’altronde in parte motiva fa espresso riferimento alla normativa italiana ed europea, ed afferma -con decisione- che non è “contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso“. Perché, in primo luogo, va valutato “l’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare.

Va precisato con attenzione, come punto fondamentale, che l’atto di matrimonio tra le due signore in Spagna, così come la seguente sentenza di divorzio, non hanno trovato ingresso (pur richiesto) e non hanno quindi alcuna validità in Italia.

Tuttavia, ed è questo ciò che davvero conta, HA PIENAMENTE EFFICACIA ed esplica perciò OGNI EFFETTO al medesimo ricollegato l’ACCORDO raggiunto dalle due madri in ordine alla quotidianità ed alle decisioni straordinarie relative alla figlia: ovvero le condizioni che le due donne si sono date per essere reciprocamente e nei confronti della figlia, GENITORI, quelle sì, quelle sono pienamente VALIDE, ora, grazie alla descritta decisione, in Italia.

I Giudici della Corte d’Appello hanno osservato che la bambina “ha vissuto con entrambe sin dalla nascita, per quasi dieci anni (…) che da loro è stata allevata, curata e mantenuta e che con loro ha evidentemente costruito stabili e forti relazioni affettive ed educative“. Alla bimba, dunque, va riconosciuto, come scrive la Corte,il “diritto fondamentale di continuare a godere dell’apporto materiale e affettivo delle due persone che da molti anni si sono assunte la responsabilità genitoriale nel suo interesse“. E se la madre adottiva deve avere “tutti i doveri e i diritti che derivano dalla filiazione naturale”, la piccola, concludono i giudici, “può godere, con sicuro vantaggio, del sostegno materiale non solo della madre adottiva, ma anche dei parenti della stessa”.

IL MINORE -ed il suo interesse sovraordinato- PRIMA DI TUTTO, ecco che finalmente si spalancano le porte a questo principio, che sta, gradualmente, attraverso queste illuminate decisioni, venendo fuori sempre di più e sempre con maggior forza. I.M.H.O. è la COMPLESSITA’ della NOSTRA SOCIETA’ che prende il sopravvento. Semplicemente perchè non è detto, e non è scontato che una madre ed un padre necessariamente siano l’interesse migliore e preferibile per il figlio. Almeno, così non era nel caso della bambina lombarda.

Urge, da moltissime parti e da lungo tempo sollecitato, un intervento dirimente nella normativa italiana ed in quella europea, più in generale, al fine di rendere compatibili le eccessivamente dissonanti note e disarmonie legislative, in materia, tra le Leggi dei Paesi Europei. E’ davvero ora. Anche perchè è iniquo dover riflettere su un aspetto molto significativo: quello economico. Chi ha le risorse, l’elasticità mentale e fisica e, in generale, la possibilità per potersi recare in paesi che, pur se europei, sempre stranieri sono percepiti, e poi, anche giudizialmente (e si sa che non è gratis) far valere le ragioni proprie e dei propri figli? Non certo la maggioranza degli europei.

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Un figlio può avere due padri?

il figlio il cui padre sia decaduto dalla potestà genitoriale e che sia stato adottato da altro padre, è erede di entrambi?

La decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale, come si chiama adesso la vecchia «potestà» non ha niente a che fare con lo stato di figlio che una persona ha rispetto ad un’altra persona.

Se interviene un provvedimento che toglie o limita la responsabilità genitoriale, il figlio rimane sempre tale rispetto al padre, che semplicemente vede scomparsa o limitata la sua capacità di interferire nella vita del figlio, concordando con la madre le decisioni più importanti per la stessa.

Per la nostra legge, poi, una persona può essere «figlio» solo di un’altra persona o detto in altri termini ognuno di noi può avere un solo padre, biologico o giuridico che sia, ma mai due o più.

Nel tuo caso, bisognerebbe capire cosa è accaduto.

Per essere adottato da un’altra persona, questo figlio dovrebbe essere caduto in stato di abbandono e non semplicemente interessato da un provvedimento ablatorio o limitativo della potestà genitoriale.

Ad ogni modo, se c’è stata una vera adozione, il figlio eredita dal padre adottivo. Se un’adozione non c’è stata, eredita dal padre biologico, sia pur decaduto dalla potestà.

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Se ho riconosciuto un figlio non mio le mie figlie vere posso aver qualcosa da ridire?

SONO RIMASTO VEDOVO DA CIRCA 10 ANNI, 2 ANNI FA MI SONO RISPOSATE E O DATO IL MIO COGNOME A UN RAGAZZO DI 21 ANNI (ADOTANDOLO O RICONOSCENDOLO) CHE E FIGLIO DELLA MIA ATUALE MOGLIE,MA AVENDO IO 2 FIGLIE DAL MIO PRECEDENTE MATRIMONIO CHE ANNO 40 ANNI,LORO POSSONO OPORSI AL FATO CHE IO ABBIA RICONOSCIUTO E DATO IL COGNOME A QUESTO RAGAZZO,

Ovviamente, senza capire esattamente come sono andate le cose è impossibile rispondere ad una domanda del genere.

Un conto, infatti, è se lo hai adottato, in presenza dei presupposti previsti dalla legge per l’adozione in casi particolari; un conto è se lo hai «riconosciuto» perché questo riconoscimento sarebbe viziato, non essendo questa persona biologicamente tuo figlio, ma figlio di tua moglie e di un altro uomo.

Se non lo avete fatto allora, sarebbe il caso che almeno ora vi consultaste in modo adeguato con un avvocato, esponendogli la situazione familiare, quello che avete fatto e quel che volete garantirà per la vostra famiglia e tutte le persone che ne fanno parte: i valori in ballo sono importanti e si tratta di aspetti sui quali non c’è molto da lasciare all’improvvisazione.

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il marito può adottare il figlio della moglie anche prima dei tre anni di matrimonio?

sono un cittadino italiano separato dalla prima moglie nel 02/2007 e divorziato nell’ottobre 2011. Dal 11/2007 frequento una ragazza cinese che è diventata lo scorso gennaio 2012 mia moglie con matrimonio celebrato in Cina e regolarmente legalizzato in Italia. Nel luglio 2008 ha avuto un bambino. Un suo amico (non il vero padre) lo ha riconosciuto solo per le ovvie formalità burocratiche cinesi. Da allora io ho sempre provveduto al loro mantenimento (madre e figlio) fino ad oggi che vivono finalmente con me in Italia. Posso adottare il bambino facendo riferimento al secondo caso particolare trattato dall’art. 44 della legge 4/5/1983 n. 184 svolgendo io di fatto le funzioni di genitore fin da quando è nato? Tenga presente di sicuro il padre (legale ma non biologico) darebbe il consenso (siamo tutt’ora in buonissimi rapporti) e sarebbe anche disposto a venire in Italia per attestarlo. Il mio dubbio è: siamo sposati solo da un anno, ne servono tre?

Si tratta di una adozione «in casi particolari», che è una forma di adozione considerata diversa da quella ordinaria, per cui direi che i tre anni di matrimonio non siano necessari.

È però vero che il tribunale, per decidere circa l’adozione, deve svolgere gli accertamenti di cui all’art. 57 della legge 183, tra cui:

«a) l’idoneità affettiva e la capacita’ di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti;

b) i motivi per i quali l’adottante desidera adottare il minore;

c) la personalita’ del minore;

d) la possibilita’ di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell’adottante e del minore».

Direi che l’accertamento sulla «solidità» della famiglia adottante o dell’adottante viene qui, nello spirito della legge, svolto in concreto e non presunto sulla base della durata del matrimonio. Del resto, la cosa ha un suo senso: non si tratta di una coppia non legata da alcun vincolo di sangue con il minore che adotta, come nell’adozione ordinaria, ma dell’adozione da parte di una sola persona di un minore che è già comunque figlio dell’altro. Inoltre, l’adottante vive già con il genitore dell’adottando, per cui non avrebbe molto senso attendere i 3 anni di matrimonio.

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come può mio marito riconoscere una sua figlia che si trova all’estero?

Io e mio marito siamo sposati da 3 anni. Pocco prima dell matrimonio lui ha saputo che asspetta un figlio da un altra donna con cui ha avuto un aventura di una notte. Al inizio ovviamente ho avuto un po di problemi ad accetare la situazione, poi col tempo ho maturato il fatto. Adesso la mia domanda e come puo mio marito a riconoscere la bambina visto che ha pocco piu di tre anni e la madre la portata in Romania, solo che adesso lamenta che non si puo occupare di lei visto che ha altri 5 figli con 5 uomini diversi e minaccia che se non la prende lui e costretta ad abandonarla in un orfanotrofio. Premetto che la bambina e nata a Messina.

Il riconoscimento lo potrebbe fare tranquillamente in Italia, ma poi non so se e come potreste, con questo riconoscimento, peraltro tardivo, andare in Romania a prendere la bambina. La cosa migliore, ragionamento pragmaticamente e non solo giuridicamente, sarebbe offrire alla madre di pagarle a lei e alla bambina il viaggio in Italia, dove poi si potrebbe fare insieme alla stessa il riconoscimento, quindi la bambina dopo rimarrebbe col padre in Italia. In seguito, se intendi adottarla e farla diventare figlia tua, si può valutare di fare la pratica relativa. Ovviamente tutta la situazione va valutata e studiata per bene prima di prendere qualsiasi decisione e fare qualsiasi mossa.