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Casa mia ma pagata insieme a mia moglie: che diritti ha lei?

sono in separazione dei beni 4 anni fa, abbiamo acquistato una casa intestandola solo a mio nome con soldi provenienti da conti correnti cointestati con mia moglie. siamo tutti residenti in questa casa da anni (io mia moglie e tre figli minori) ma ci vivono loro 4 solo da 8 mesi Adesso che ci stiamo separando mia moglie può pretendere la metà della somma pagata per l’acquisto della casa anche se di mia proprietà? O non può niente se non abitarci per assegnazione di casa coniugale, senza null’altro pretendere?

Se la casa è stata acquistata dopo il passaggio al regime patrimoniale, per la famiglia, della separazione dei beni la proprietà dovrebbe essere effettivamente tua.

Tua moglie, tuttavia, avendo contribuito all’acquisto, a quanto capisco in ragione del 50%, potrebbe vantare un credito corrispondente, oltre ad avere probabilmente il diritto all’assegnazione della casa familiare a tutela dei minori.

Il codice civile prevede infatti, a tacer d’altro, per antica tradizione l’istituto dell’arricchimento senza causa, che si verifica appunto in casi analoghi a questo e conferisce a chi ne rimane «vittima» senza causa il diritto di agire per essere indennizzato.

Credo che la soluzione migliore sia trovare un accordo con tua moglie, che riguardi non solo questo aspetto ma tutta la gestione della separazione.

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Se ho intestato tutti gli immobili alla mia ex convivente che non me li ridà indietro che posso fare?

Durante la convivenza , di quattro anni, con la sua ex, mio nuovo compagno ha comprato diversi immobili. Ha pagato e continua a pagare i mutui da solo dal suo conto. Aveva intestato tutti immobili, tranne la casa di famigliare, a lei. Lasciandosi lei ha preso gia diversi beni di sua scelta. Lui non credeva urgente farsi firmare niente a proposito degli altri beni. Lei ha preteso degli alimenti. Adesso lei ha deciso di tenersi tutto. L’ avvocato di lui dice che siccome lui ha pagato tutto da un conto non cointestato non si può fare niente, tranne chiedere in dietro in soldi che lui ha versato dalla fine della convivenza in poi. Lei non ha contribuito agli acquisti. L’ avvocato del mio nuovo compagno risulta che ha fatto le sue prime esperienze di lavoro proprio con l’avvocato di lei. Vorrei capire se non esiste nessuna tutela per prevenire che lui rimane a mani vuote e vede andare i risparmi di venti anni di lavoro finire nelle mani della sua ex.

Beh, è una situazione complessa, come tutte quelle in cui si intrecciano situazioni di famiglie oramai disgregate e consistenze immobiliari, su cui si può solo dare qualche spunto generalissimo sulla base di una descrizione sommaria come la tua, mentre resterebbe assolutamente indispensabile, per poter dire di più, esaminare i contratti che sono stati conclusi e le modalità, quindi i contratti di acquisto degli immobili, i mezzi di pagamento e così via.

In generale, si può dire che quando si procede ad *intestazioni fittizie* di immobili si redige, parallelamente all’atto pubblico di compravendita, una scrittura chiamata *controdichiarazione* dalla quale risulta inequivocabilmente chi è il vero titolare del contratto.

L’errore piuttosto grave di base è stato quello di non redigere la controdichiarazione e mi sembra molto strano che il notaio a suo tempo non l’abbia suggerito, immagino piuttosto che l’abbia fatto ma che il tuo compagno abbia declinato.

L’errore è grave perché la simulazione tra le parti non può essere provata per testimoni, così dispone il nostro codice civile. Quindi può essere provata solo per iscritto. Questo perché ogni contratto potrebbe essere posto nel nulla o stravolta solo mettendo insieme dei testimoni compiacenti.

Una volta eliminata la possibilità di dimostrare la simulazione, resta solo la possibilità di valutare almeno un’azione di arricchimento senza causa, sulla base dei contratti di mutuo, oppure anche di interrompere i pagamenti lasciando che la banca creditrice si soddisfi sugli immobili dati in garanzia.

Ma per valutare queste ipotesi è ovvio che sarebbe necessario un approfondimento ben maggiore di quello che si può fare in questa sede.