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Ricorso per ATP: si può restare contumaci o senza un avvocato?

DOMANDA – nel procedimento Accertamento tecnico preventivo 696 BIS c.p.c. la parte resistente si deve costituire tramite avvocato? entro quale termine? inoltre deve necessariamente costituirsi tramite comparsa di costituzione anche se è intenzionata a conciliare?

— RISPOSTA – La parte resistente, in un procedimento di ATP o accertamento tecnico preventivo, può scegliere di costituirsi o non costituirsi.

Se non si costituisce, viene dichiarata contumace e il processo va avanti ugualmente, appunto in sua contumacia.

Se si costituisce, lo deve fare obbligatoriamente tramite un avvocato, trattandosi di un procedimento per cui è prevista la difesa tecnica obbligatoria. Chi, insomma, riceve la notifica di un ricorso per ATP con pedissequo provvedimento di fissazione di udienza non può presentarsi da solo all’udienza pretendendo di essere ascoltato dal giudice, che può anche farlo tacere o mandarlo fuori, ma deve per forza prendere un avvocato.

Se non si costituisce nel termine previsto, il «resistente» può sempre farlo in seguito, ma se nel frattempo ha perso dei diritti, come quello di difendersi da determinate osservazioni e circostanze, non li recupera e non può certo pretendere che il procedimento venga fatto ripartire dall’inizio solo perché è finalmente «arrivato lui».

Naturalmente a tutto ciò fa eccezione l’ipotesi in cui la notifica non fosse valida: in questo caso, la persona rimasta incolpevolmente fuori dal processo ha tutto il diritto di parteciparvi e con i diritti che le sarebbero spettati sin dall’inizio.

Il termine per la costituzione in giudizio del resistente lo fissa il giudice nel provvedimento, stilato subito dopo il ricorso, con cui fissa la prima udienza di trattazione del procedimento.

La morale della favola, comunque, è questa: quando ricevi la notifica di un ricorso per ATP, la devi portare o mandare immediatamente al tuo avvocato di fiducia, in modo da preparare insieme e nei termini previsti la miglior strategia difensiva a riguardo.

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diritto

ATP senza seguito: che fare?

Il mio avvocato ha ottenuto esito Atp (relazione dettagliata favorevole ctu) in data 18.10.2021 (con indicazione di rimborso spese danni immobile da parte resistente), nonostante lo abbia sollecitato, ad oggi non ha ancora pensato al giudizio di merito .. che fare ?? I termini sono scaduti? Quale soluzione si può prospettare utilizzando ancora l’atp?»

A livello processuale non ci sono termini in materia; bisogna vedere a livello sostanziale, in base, in altri termini, al diritto che hai fatto valere: se ad esempio fosse una causa per vizi in un immobile, c’è un termine entro il quale bisogna agire dopo aver fatto la denuncia dei vizi.

Di solito, dopo un ATP o CTU preventiva, si procede con un ricorso ex art 702bis cod. proc. civ.. Al momento in cui scrivo, peraltro, mancano pochi giorni all’entrata in vigore della riforma Cartabia che cambia anche questo tipo di rito, anche se non è questo il punto, ci sarà un rito corrispondente da utilizzare in situazioni come queste.

Ti consiglio di acquistare una consulenza da un altro avvocato per avere un secondo parere, previo ovviamente esame del fascicolo del procedimento e della situazione.

All’esito di tale esame, poi, potrai procedere con la fase di merito nei confronti del responsabile. Se vi fossero, invece, state decadenze, prescrizioni o altro, potrai valutare la sussistenza di eventuale responsabilità dell’avvocato che ti ha seguito precedentemente.

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diritto

ATP ex art. 445 bis cpc: da quando decorre il beneficio?

Come noto, nelle cause in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere.

Il giudice preposto all’ATP, come chiarito da Cassazione n. 6010-6085/2014 è tenuto, con il decreto di omologa, ad attenersi alle conclusioni di ordine sanitario cui è giunto il CTU. La Suprema Corte ha anche avuto cura di precisare che, in caso di asimmetria tra la CTU e il decreto di omologa, si dovrà avere riguardo alle conclusioni definitive predisposte dal consulente.
In tale solco si pone il problema della decorrenza del beneficio eventualmente riconosciuto al ricorrente nella consulenza tecnica d’ufficio. In particolare, la prassi dei Tribunali insegna che non di rado il CTU, nel riconoscere il predetto beneficio, ometta però di indicarne la decorrenza.

Tale omissione, tuttavia, non va interpretata come una carenza della consulenza tale da ingenerare incertezza circa la data di effettivo riconoscimento dell’indennità richiesta.
Al contrario, a chiarire la linea di condotta cui sono tenuti gli uffici INPS preposti alla liquidazione delle prestazioni riconosciute tramite decreto di omologa ci pensa la Nota INPS 4818/2015, nella quale viene testualmente riportato “Gli uffici amministrativi dovranno riconoscere la prestazione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.

Nel caso in cui, invece, la CTU riconosca la sussistenza del requisito sanitario da una data successiva a quella della domanda, per data di decorrenza della prestazione deve intendersi il primo giorno del mese in cui è dichiarata l’insorgenza dello stato invalidante”. A parere dello scrivente, la suesposta nota è di chiara interpretazione: la necessità di specificare la decorrenza si pone unicamente nei casi in cui il CTU ritenga di dover spostare “in avanti” rispetto alla data della domanda la decorrenza della prestazione. Tutto ciò, all’inverso, implica che in caso di mancata indicazione la decorrenza debba senz’altro farsi risalire al primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la domanda.

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diritto

Delibera condominiale e ATP: come è meglio muoversi?

un condomino ha chiesto un ATP per problemi di infiltrazioni, affermando una responsabilità del condominio. Il giud.ha fissato l’udienza “riservandosi la nomina di CTU e alla fissazione dell’udienza, per il conferimento dell’incarico e la formulazione dei quesiti all’esito del contraddittorio” Quali obblighi abbiamo come condominio: è necessario nominare un CTP o/e avere un avvocato o può rappresentarci l’amministratore? Il CTU viene obbligatoriamente nominato a fronte della richiesta di ATP? Le spese del CTU chi le deve sostenere e, se è fattibile, a quanto ammontano mediamente? Il CTU ha l’obbligo di proporre una conciliazione? In questo caso chi ci deve rappresentare? Se non risolutiva, ho letto sopra, chi ha chiesto l’ATP deve fare comunque causa, ho capito bene? Il condomino vuole la revoca di una delibera che ha stabilito l’applicazione dell’art.1126 cc, proprio per quei problemi, in caso neg .impugnerà. A vostro avviso dovremmo revocare la delibera

È necessario, se vi volete costituire nel procedimento, come io vi consiglierei senz’altro, nominare un vostro avvocato.

Solo eventualmente, ma anche in questo caso è probabilmente consigliabile, potete nominare un vostro CTP, mentre l’avvocato è indispensabile perché si tratta di un procedimento dove la difesa tecnica è necessaria; non assumendone uno, verreste dichiarati contumaci.

L’amministratore vi rappresenterà nei rapporti con l’avvocato, che comunque rimane necessario.

La prassi utilizzata corrisponde ad una tra le più diffuse, anche nel mio tribunale di Modena il presidente, prima di nominare il CTU e formulare il quesito, attende che sia costituito il contraddittorio, cioè che anche la parte che «subisce» il ricorso abbia potuto svolgere le proprie difese, che possono riguardare aspetti molteplici e diversi tra loro, tra cui la stessa ammissibilità del ricorso, cosa eventualmente accertata la quale non avrebbe più alcun senso nominare un tecnico; a parte questioni di ammissibilità, peraltro, il resistente può formulare osservazioni utili e di cui tener conto nella formulazione dei quesiti.

Questa prassi, dunque, è sicuramente più garantista e corretta di altre, più veloci ma meno tutelanti per chi riceve la notifica di un ricorso depositato da altri.

I compensi del CTU vengono dal giudice posti a carico provvisoriamente di chi ha presentato il ricorso, significa che intanto paga il ricorrente poi a seconda del merito le spese potrebbero essere addossate al resistente che si troverà quindi a doverle rimborsare. Non ci sono ovviamente standard di riferimento quanto agli importi, specialmente senza sapere di che materia si tratta.

Per quanto riguarda la conciliazione, l’obbligo c’è nel procedimento di cui al nuovo art. 696 bis cod. proc. civ., sul quale rimando comunque alla lettura della apposita scheda relativa, ma è una buona prassi anche nel «vecchio» procedimento per accertamento tecnico preventivo, se non altro perché spesso è il miglior sistema per definire il caso.

Quanto alla natura del procedimento, si tratta di un cautelare o procedimento di istruzione preventiva che non si conclude con una pronuncia di merito, per cui chi anche si dovesse veder riconosciute le proprie ragioni in questa sede dovrebbe, in caso di mancata ottemperanza, promuovere poi una successiva causa vera e propria; anche questa è una evenienza comune, specialmente quando non si concilia, cui si provvede di solito nelle forme di cui all’art. 702 bis cod. proc. civ..

Per valutazioni circa il da farsi relativamente alla delibera condominiale, che a quanto capisco è il problema sottostante, ti sembrerà incredibile ma dovrei innanzitutto visionarla e poi capire tutte le altre circostanze del caso in cui si colloca.

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diritto

Se un avvocato lascia passare un anno dopo un ATP è responsabile?

Nel 2011 io e mio marito ci siamo rivolti a un’avvocatessa per dei problemi occorsi al nostro appartamento, la suddetta ci faceva eseguire una perizia di parte e successivamente in data 15/1/2012 promuoveva un ATP presso il Tribunale. Dopo trattative riservate con l’Immobiliare, l’avvocatessa si mostrava evasiva alle nostre richieste sull’ATP e sul proseguimento della vertenza. Insospettiti l’abbiamo revocata e ci siamo rivolti a una seconda avvocatessa la quale ci ha informati che il precedente legale aveva fatto scadere l’ATP a noi favorevole. L’attuale avvocatessa mi ha detto che posso chiedere i danni all’assicurazione della prima avvocatessa. Se decido di farlo dovrò pagare un ulteriore onorario all’attuale avvocato? Mi verrebbero rimborsate le spese legali, le spese dell’ATP e quelle della perizia di parte?

Non è l’ATP che è scaduto ma il termine di decadenza previsto per l’azione dei vizi nella compravendita: entro un anno che questi vizi sono stati regolarmente denunciati ed accertati, bisogna agire altrimenti si decade dall’azione, in base alle disposizioni sui contratto di compravendita e vizi relativi.

A me è capitato un caso simile, in cui difendevo il costruttore, e ho potuto eccepire l’avvenuto verificarsi di questa decadenza, considerato che dopo un anno dall’ATP gli acquirenti non avevano fatto nulla.

La legge, insomma, presume che una volta accertati i problemi, i proprietari valutino se agire o meno e che se non lo fanno entro l’anno previsto dalla legge abbiano deciso di lasciar perdere.

Chiaramente, all’approssimarsi della scadenza del termine la prima avvocatessa avrebbe dovuto avvertirvi di questa decadenza per mettervi in grado di attivarvi o meno.

Per cui la responsabilità potrebbe esserci.

Per quanto riguarda le spese, naturalmente il compenso dell’avvocato che incaricherete per coltivare questa questione sarà almeno al momento a carico vostro e solo in seguito si vedrà, senza nessuna garanzia al riguardo, se riuscirete a recuperarlo dall’avvocatessa responsabile o dalla sua compagnia.

Quanto alla quantificazione del danno subito, direi che la voce più importante non siano quelle spese ma i danni derivanti dai vizi per cui avete perso il diritto all’attivazione della garanzia. Forse poi possono essere inserite anche quelle voci, anche se hanno un rapporto causale certamente più blando con l’illecito. Chiaramente, nel momento in cui si presentano i conteggi si cerca di fare un quadro completo, ma anche qui non ci sono in realtà tante certezze.

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In caso di infiltrazioni nell’alloggio ACER a chi tocca intervenire?

mia madre è assegantaria di un alloggio Ater a Roma. Il regolamento consultabile all’indirizzo :www.aterroma.it/DOC/Normativa/RegolamentoInq.pdf mi sembra poco chiaro, se non vessatorio in alcuni punti. Dopo 30 anni e passa, il bagno presenta gravi perdite d’acqua. L’inquilino sottostante lamenta gravi infiltrazioni. Ho già sollecitato l’ente che in un sommario sopraluogo ha liquidato la cosa come una perdita dovuta a dei flessibili danneggiati. Magari! Il danno invece dopo aver consultato 2 idraulici richiede la sostituzione delle tubature acqua fredda e calda, in prossimità della colonna centrale. Le tubature sono praticamente marce. L’infiltrazione sta danneggiando anche le pareti attigue dell’alloggio, nonché mettendo in pericolo l’impianto elettrico. La spesa preventivata dagli idraulici supera i 2 milioni di euro. Per una p ensionata sociale, vedova e invalida è una spesa gravosa. A chi tocca riparare il danno? Vista l’entità e il costo al padrone, no?

Non ho tempo ovviamente di leggere il regolamento, nè sono molto convinto – anzi, tutto al contrario, mi pare improbabile – che in una materia come questa possa far testo il regolamento, piuttosto che le disposizioni di legge fondamentali in materia.

Mi pare che sia con buona probabilità escludibile (anche se, ovviamente, andrebbe accertato in concreto) che si tratti di un intervento a carico dell’inquilino o assegnatario, gli oneri che si pongono a carico del quale sono solitamente ispirati al concetto della «piccola manutenzione».

La strada migliore per trattare un problema come questo sarebbe il ricorso per CTU preventiva, su cui puoi consultare la scheda pratica nel nostro blog, cui tua madre potrebbe forse accedere facendosi ammettere al patrocinio a spese dello Stato.