Nel contenzioso di invalidità civile, L’INPS è tenuta al pagamento delle spese processuali anche quando, in seguito al deposito dell’istanza di accertamento tecnico preventivo, l’Istituto si “ravvede” e riconosce la prestazione inizialmente negata depositando verbale di autotutela.
Così ha stabilito con ordinanza la Sezione Lavoro del Tribunale di Catania, in applicazione del principio della “soccombenza virtuale”.
La decisione trae origine dall’istanza del ricorrente che, dopo aver ottenuto in sede amministrativa il riconoscimento del “100 % di invalidità” senza diritto all’indennità di accompagnamento, impugnava il relativo verbale dinanzi al Tribunale di Catania.
In seguito all’instaurazione del giudizio, prima dell’udienza fissata per il giuramento del nominato C.T.U., l’INPS rivedeva il proprio giudizio e depositava in autotutela verbale nel quale riconosceva al ricorrente l’indennità di accompagnamento. In udienza, il difensore di parte ricorrente, preso atto della cessazione della materia del contendere, insisteva però nella condanna alle spese dell’INPS, in applicazione del principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale di Catania, con ordinanza, accoglieva parzialmente tale richiesta:
“…rilevato che il procedimento è stato rimesso dal G.o.t. al presente Giudice per l’adozione delle statuizioni conseguenti all’emanazione, da parte dell’Inps, del provvedimento in autotutela del **.**.2018, con il quale è stato riconosciuto che la ricorrente è invalida ultrasessantacinquenne con diritto all’indennità di accompagnamento; ritenuto quindi venuto meno l’oggetto del contendere; rilevato che il difensore del ricorrente ha comunque domandato la condanna dell’Inps al pagamento delle spese del procedimento in applicazione del principio della soccombenza virtuale; ritenuto che, alla luce della documentazione sanitaria in atti e del provvedimento adottato in autotutela dall’ente previdenziale, sia possibile formulare un fondato giudizio prognostico in ordine alla fondatezza della domanda, per cui le spese di lite, complessivamente liquidate nella misura di euro ***, vanno poste a carico dell’Inps resistente; ritenuto, però, che – in considerazione del corretto comportamento dell’ente previdenziale che, sebbene in ritardo e dopo la notifica del ricorso per ATP, ha riconosciuto il requisito sanitario preteso dalla ricorrente – le medesime spese debbano essere compensate nella misura di 1/3, mentre i rimanenti 2/3 vanno posti a carico dell’Inps;
P.q.m.
dichiara la cessazione della materia del contendere; compensa le spese di lite nella misura di 1/3;
condanna l’Inps al pagamento, in favore della parte ricorrente, dei restanti 2/3 delle spese del procedimento, per l’importo di euro ***, oltre a I.V.A., C.P.A. e rimborso forfetario delle spese generali, come per legge, ove dovuti, disponendone la distrazione in favore del procuratore che se ne è dichiarato antistatario, avv.***”