In questi giorni, sto avendo un problema tecnico amministrativo con tim, che non mi sta facendo accedere alla rete nonostante io abbia un contratto con giga illimitati.
Ho già chiamato il servizio clienti e parlato con due addetti che capiscono tutto e mi danno ragione su tutto – ho rinnovato l’offerta per i giga illimitati a giugno – ma il problema non si risolve.
Per questo, é importante per chi come me lavora anche in villeggiatura, con la ormai nota formula “aperto per ferie”, avere sempre e comunque una soluzione di backup.
Nel mio caso, la soluzione tampone è quella di avere un cellulare dual SIM, con una seconda SIM Iliad con 30 giga a disposizione (che diventeranno 150 a inizio mese prossimo), che é appunto ciò che sto utilizzando in questo momento per collegarmi e fare quel paio di appuntamenti che faccio ogni giorno.
Naturalmente, se anche questo non dovesse essere sufficiente, ci sarebbe sempre la possibilità di utilizzare i giga di un familiare tramite hotspot e, se anche quest’altro sistema non fosse praticabile, di accedere al WiFi di un punto pubblico con un minimo di efficienza – non sono sufficienti, ad esempio, i collegamenti offerti dagli stabilimenti balneari che non offrono banda adeguata per riunioni zoom e cose del genere.
Per chi offre servizi professionali, non è consentito utilizzare scuse, bisogna sempre trovare delle soluzioni.
Peraltro, se sei orientato alle soluzioni, esse vengono fuori come da sole, mentre se ti concentri solo sui problemi tendi a vederle sempre meno.
Per essere orientato verso le soluzioni, la cosa assolutamente indispensabile é amare, almeno un minimo, il tuo lavoro.
Appena fatto l’aggiornamento alla versione 6 di #carboncopycloner.
CCC è una applicazione per Mac, di cui parlo anche nel mio libro «Fare l’avvocato è bellissimo», che consente una forma di backup, sicurezza e produttività estremamente interessante.
Con questo programma, infatti, puoi avere una copia «avviabile» del disco interno del tuo mac.
Questo a che cosa serve?
Se, o meglio quando, il disco interno del tuo mac si rompe – cosa che prima o poi avviene a tutti, la morte dei dischi fissi è certa come quella degli uomini – puoi prendere il disco «clone», attaccarlo ad un altro Mac e riavviare quel secondo Mac dal disco clone.
In questo modo, in 5 minuti di tempo sei di nuovo immediatamente produttivo, caricando il tuo ambiente di lavoro completo su un altro mac.
Per fare questa cosa, ovviamente occorre avere almeno due mac, cosa che per molti professionisti è vera: spesso si ha una macchina in studio e una a casa.
Ma anche se non hai due mac di proprietà questo sistema ti può essere utile. Se, ad esempio, porti il tuo mac in riparazione e ti prestano un «muletto» per il tempo della riparazione, puoi usare il tuo disco clone appunto con questo muletto.
Ovviamente, quando avrai in qualsiasi modo sistemato il tuo mac originario, potrai fare il processo inverso, cioè copi il clone sul disco principale, in modo da avere, in poco tempo, completamente ripristinato il tuo sistema.
Questo fondamentale giochetto si può fare con Windows?
Manco per il razzo!
Questo è solo l’ennesimo esempio di come, al di là dei discorsi generici, che non valgono nulla, sul fatto che la scelta di un sistema operativo sia «questione di gusti», i sistemi Apple siano più robusti, sicuri e produttivi e debbano necessariamente essere preferiti per un uso professionale.
Oggi ho incontrato un problema particolare che ho potuto risolvere solo grazie alla strategia di backup che pratico da molti anni.
Un client di posta elettronica che utilizzo per uno scopo specifico, cioè l’archiviazione in modo efficace dei messaggi di posta elettronica certificata, cioè Thunderbird, si era aggiornato da solo.
Di questo tipo di lavoro parlo in un altro post che puoi, se interessato, consultare: clicca qui.
La nuova versione era bellissima, ma aveva un piccolo inconveniente: era incompatibile con il componente aggiuntivo (add-on) che utilizzo io – ImportExportTool – per fare l’unica cosa per cui utilizzo Thunderbird, cioè la esportazione dei messaggi nel loro formato nativo .eml.
Naturalmente, un problema come questo potrebbe essere risolto andando a cercare su internet le versioni precedenti di Thunderbird, scaricandone una sperando che sia compatibile, ma questo comporta una certa perdita di tempo, anche perché se la versione che scarichi non è ancora compatibili «andare all’indietro» finchè non trovi quella finalmente compatibile.
Siccome all’interno della mia strategia complessiva di backup c’è anche la realizzazione, tutti i giorni, di una copia clone, cioè identica, del disco fisso di ogni mio mac, per me è stato facilissimo ripristinare la versione precedente di Thunderbird.
È stato sufficiente aprire, col Finder (il Finder è il programma per la gestione dei files di mac os), il disco clone, copiare la versione di Thunderbird che vi si trovava e «incollarla» nel disco principale.
Riaprendola mi sono trovato col mio vecchio e funzionante Thunderbird, col quale ho potuto procedere alla conservazione e archiviazione – naturalmente su Dropbox, quindi anche in questo caso all’interno di una precisa strategia di backup – dei messaggi delle caselle «archivio» e «inviate» della mia pec.
Take home messages.
Le lezioni da portare a casa sono diverse.
Disattivare, disattivare sempre.
Innanzitutto, bisogna disattivare gli aggiornamenti automatici delle applicazioni, specialmente quelle che si usano non come applicazioni principali tutti i giorni, ma solo ogni tanto e per scopi specifici.
Oggigiorno, è diffusissima la convinzione per cui sarebbe generalmente meglio aggiornare sempre e comunque le applicazioni. Ebbene, si tratta di una credenza profondamente sbagliata e potenzialmente portatrice di problemi. Come diceva il grandissimo Alessandro Manzoni, «non sempre ciò che viene dopo è progresso»! Al solito, la grande letteratura ci offre gli strumenti per comprendere il mondo, anche quello digitale.
Gli stessi sviluppatori di Thunderbird – mortacci loro – consigliano, come si può vedere dalla schermata sopra riportata, di installare automaticamente gli aggiornamenti, saltando direttamente qualsiasi valutazione e intervento dell’utente. Questo per «maggiore sicurezza», sottinteso «di prendere delle inculate».
Lascia perdere. Disattiva, se usi Thunderbird, questa opzione, che trovi in Preferenze, Avanzate, e scegli, a tuo piacimento, la seconda o la terza dall’alto. Personalmente, ho scelto la terza: aggiornerò solo dopo aver verificato che il componente aggiuntivo per me fondamentale è compatibile con la versione che sto utilizzando. Altrimenti vivrò bene con una vecchia versione, dal momento che utilizzo Thunderbird solo una volta ogni mese o due per fare le mie esportazioni.
Fare backup, rifare backup.
La seconda grande lezione è che una adeguata strategia di backup è assolutamente indispensabile per poter vivere e lavorare bene oggigiorno. Il computer non è più un’eventualità, un divertimento, una cosa da provare, specialmente per chi, come noi avvocati, il digitale è ormai un vero e proprio obbligo – considera che non puoi più depositare atti in tribunale in cartaceo, puoi solo in digitale.
Se il digitale, dunque, è ormai uno strumento di lavoro indispensabile, non puoi rimanere come un coglione senza computer e andare poi a scrivere su facebook «ho preso un virus e ho perso tutti i miei contattiiiiih, rimandatemi il vostro numerooooo!!!!!1111!!» perché nessun cliente vorrebbe ormai mai avere un professionista così deficiente da a) non saper usare il computer b) andarlo a confessare candidamente coram populi su facebook.
Devi avere strumenti informatici che ti consentano di continuare a lavorare immediatamente, con una sospensione massima di 5/10 minuti, anche in caso di problemi: devi avere almeno due macchine a disposizione, due chiavette per il PCT, come spiego meglio in questo post, due dischi fissi tenuti sincronizzati quotidianamente, di modo che, se uno si rompe, prendi un’altra macchina e fai il boot dal disco clone – questa cosa si può fare solo col mac, per questo se vuoi lavorare seriamente mi dispiace ma devi usare mac, windows lo lasciamo ai bimbiminchia.
Conclusioni.
Come costruire una adeguata strategia di backup è descritto nel mio libro «Fare l’avvocato è bellissimo». Registrati per ricevere una mail ed essere avvisato quando sarà disponibile. Clicca qui.
Vuoi fare una o più sessioni di coaching individuale con me? Ti posso insegnare a allestire una strategia di backup idonea, anzi se porti la tua macchina la possiamo fare insieme, così impari come si costruisce ma quando esci ce l’hai già operativa. Se hai Windows, portami anche un paio di guanti ;-). Per maggiori informazioni sul coaching, contattami da qui.
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Un tutorial per il professionista che usa la PEC. Come si conserva quando è finito lo spazio o comunque per fare un bel backup? Qui la risposta, bello mio.
Un tutorial su come archiviare i messaggi di posta elettronica in modo veloce, sicuro e comodo per le future ricerche all'interno dei messaggi salvati.
Sono un avvocato. Da un po’ di tempo cerco un modo di liberarmi nella gestione del mio studio da gestionali vari. Il mio obiettivo è quello di fruire dei servizi Google, anche se non so come fare. Ad oggi utilizzo solo Google Drive per il salvataggio e la condivisione con i colleghi di studio delle cartelle con gli atti e Gmail per la corrispondenza. Stamattina, mi sono imbattuto qui: https://groups.google.com/forum/#!topic/legalit/skbPiBYhZjM e ho visto che anche tu come me apprezzi molto i servizi Google. Ma il forum è di 5 anni fa. Vorrei chiederti come sei organizzato oggi e se utilizzi ancora gli applicativi google
Google drive l’ho abbandonato per una marea di problemi demenziali mal gestiti da parte dell’assistenza di google, come ho spiegato meglio in questo post che ti invito a leggere con attenzione. Magari in seguito l’affidabilità di questo servizio è migliorata, a suo tempo era assolutamente indecente, specialmente da parte di una multinazionale informatica come google.
Nemmeno io uso, né ho mai usato, dopo la dismissione di quello che mi ero scritto da solo con Microsoft Access 97, un gestionale, ma un sistema di servizi web sincronizzati in locale tramite cui riesco a gestire tutto quello che mi serve.
Per i files e le loro condivisione uso Dropbox versione business.
Per la posta elettronica, per gli account più importanti, uso fastmail, una compagnia australiana che fornisce uno dei miglior servizi di email a livello mondiale. Sempre fastmail anche per la rubrica comune degli indirizzi, che, a parte qualche configurazione strana, funziona abbastanza bene, con sincronizzazione anche sui cellulari Apple e Android.
Per calendario, fogli elettronici (tra cui ad esempio l’agenda di tutte le udienze di tutte le pratiche dello studio) utilizzo i servizi di google: google calendar, che non mi ha mai dato alcun problema, anche se ci sono alcuni limiti strani (non puoi da mobile ad esempio cambiare il calendario una volta che hai inserito un evento), Fogli e documenti di google.
Con alcuni clienti particolarmente evoluti, o magari quando devo collaborare con colleghi sulla redazione di un atto, utilizzo Google documenti che, come sai, è una applicazione di editing contemporaneo, dove tutti gli autori possono modificare allo stesso tempo il documento senza che si generi alcun conflitto. Altrimenti uso Word o Open office su files locali che poi vengono sincronizzati tramite dropbox.
Per le comunicazioni al team di lavoro, ho una vecchia mailing list tramite google groups (interfaccia e sistema completamente assurdi, ma funzionano), più un gruppo WhatsApp per le cose più leggere e immediate o quando magari può essere più veloce un messaggio vocale.
In generale, sono molto contrario ai gestionali proprietari, preferisco usare servizi che si spalmano su standard già esistenti come ad esempio dropbox, che lavora sui cari vecchi files che trovi in locale, lasciandoti la libertà di organizzare come ti pare la gerarchia delle cartelle, i modelli, senza dipendere dall’assistenza tecnica di un produttore.
La mia macchina, anzi le mie macchine, sono dei portatili mac, un Air da 11 (favoloso come portabilità, lo puoi mettere nello zaino e portarlo: da non sottovalutare, perché nonostante tutto un computer desktop è ancora necessario per molti tipi di lavori, non è vero che ormai si lavora meglio da mobile); un macbook pro di qualche anno fa. Che, quando sono in studio, tengo attaccati a monitor esterni (in uno standing desk in studio, in una postazione a sedere a casa); mentre quando devo andare via stacco e porto con me.
Ovviamente, ogni macchina ha un disco esterno per il backup con time machine più un altro disco per la copia clone del disco. La copia clone è una figata assoluta che si può fare solo con i mac, non si può fare né con windows né, a quanto ne so, con Linux. Praticamente ogni giorno (o anche più di frequente) c’è un software (io uso Carbon Copy Clone, ma c’è anche SuperDuper) che copia l’intero disco fisso del mac su un altro disco fisso esterno. Se il disco fisso interno si rompe, anzi togliamo il «se» e mettiamoci un bel «quando», dunque quando il disco fisso interno si rompe devi solo fare il boot dal clone esterno e in 15 minuti sei di nuovo pronto a lavorare, praticamente – se stavi lavorando un files contenuto in dropbox – senza perdite.
Questo il è genere di efficienza che dobbiamo ai nostri clienti. Mi fanno davvero ridere quegli avvocati che su Facebook si lamentano che hanno preso un virus, o che hanno cambiato il cellulare e «perso tutti i contatti», quindi chiedono di «rimandarli», che hanno perso i dati e non avevano un backup. Se tu fossi un potenziale cliente di quei professionisti, gli daresti un incarico sapendo che sono dei dati imbranati che possono perdere il lavoro di una settimana svolto per te solo perché si rompe un disco fisso? Sticazzi, sono venti anni che si sa che bisogna fare i backup perché i dischi prima o poi si rompono. O che non riescono a richiamarti per darti una notizia importante perché hanno perso il tuo numero..? Ma le rubriche che si sincronizzano non esistono? E come fai ad essere sicuro che i terminali di questi avvocati non prenderanno mai un virus che poi farà la copia di tutti i dati personali e inizierà a mandarti dello spam? Al contrario, è una sicurezza…
Non siamo più negli anni 50, adesso la organizzazione informatica e digitale di un qualsiasi professionista, ma in particolare modo di un avvocato, che conserva quasi sempre dati sensibili è assolutamente fondamentale. Nessun avvocato può romanticamente vantarsi di essere ancora legato alla carta e alla penna come scusa per non curare queste cose, il mondo è andato avanti e – volenti o nolenti – non ci si può comportare a cazzo su queste cose!
Per quanto antipatia si possa nutrire verso certi strumenti e ti assicuro che ad esempio alcune cose del processo civile telematico hanno fatto venire l’itterizia anche a me pur con tutta la passione ch ehi sempre avuto per queste cose.
Questi che ti ho dato sono solo alcuni spunti, quando il post sarà pubblicato sul blog potremo eventualmente lasciare dei commenti, magari potrebbe diventare la pagina di riferimento per la discussione degli strumenti informatici da implementare nello studio legale.
Prima di andare avanti forse può interessarti sapere che tutto é ora spiegato anche in un video. Se preferisci un video esplicativo al post, vai direttamente allo stesso, altrimenti continua a leggere di seguito.
Continua
Detto questo, il problema che ho risolto, e di cui offro i termini della soluzione a quanti si trovano nella stessa situazione, è il seguente: uso una casella di posta elettronica certificata di Aruba, che ha come limite superiore di capacità solo 1 gigabyte.
Per questo, ho incontrato in passato diverse volte l’esigenza di scaricare in locale i messaggi «vecchi» per archiviarli, facendo spazio per quelli nuovi.
Ovviamente, la pec per un avvocato è di importanza fondamentale, per cui i messaggi non si possono semplicemente cancellare, ma vanno archiviati e conservati in modo sicuro e, magari, facilmente ricercabile, nel caso in cui si abbia bisogno, ad esempio, di recuperare una ricevuta di consegna, da produrre in giudizio o da usare altrove.
Preparazione: installare o aggiornare Thunderbird e ImportExport Tools.
La soluzione che ho adottato, dopo diversi tentativi e pratiche non così tanto comode, è basata sull’utilizzo di un client di posta alternativo ad Apple Mail, che uso di solito, e un suo componente aggiuntivo, nonchè sull’ormai onnipresente dropbox.
Per esportare i messaggi, è sufficiente configurare l’account pec anche su Thunderbird, stando ovviamente attenti ad impostare la modalità IMAP, in modo che i messaggi non vengano scaricati in locale, ma solo sincronizzati col server.
Personalmente, esporto e archivio, salvandole in locale, le due cartelle «archivio» e «inviate», che contengono appunto la posta che ho archiviato in quanto non più attuale e quella inviata, mentre non tocco la inbox vera e propria, che del resto ha sempre pochi messaggi, perché quelli che arrivano li lavoro man mano.
Vediamo di seguito come procedere step by step. Prima di partire, verificate che il software sia aggiornato. Per aggiornare Thunderbird, dovete andare nel menu delle informazioni (primo meno a sx nel mac), dopodiché riavviare. Verificate anche di avere la distribuzione adatta agli ambienti di produzione e non una beta (canale release). Per il plugin, andate invece nella sezione componenti aggiuntivi.
I singoli passi della procedura.
La prima cosa da fare, dunque, è la sincronizzazione delle due cartelle che vogliamo esportare e, se siamo vicini al limite di 1 giga, ci vorrà un po’, salvo che non si disponga di una connessione di tipo fibra. Per verificare che la sincronizzazione delle due cartelle sia in corso, si può controllare la barra di stato di Thunderbird in basso a sinistra, che dovrebbe mostrare un messaggio come, ad esempio, «Ricezione 55 di 65 in Inviata», indicando appunto che nella cartella di posta «Inviata» ci sono 65 messaggi, 55 dei quali sono già stati scaricati mentre 10 sono ancora da sincronizzare. Sempre sulla barra di stato, a destra, in un riquadro arancione è indicata la percentuale di completamento dell’operazione.
Una volta terminata la sincronizzazione delle cartelle, si può lanciare il tool di esportazione. Prima di lanciarlo tuttavia, trattandosi di un componente aggiuntivo, se non è la prima volta che si procede con l’esportazione, si può verificare se è stato eventualmente aggiornato dall’ultima volta che è stato utilizzato. Per fare questo, cliccare sul menu «Strumenti» di Thunderbird, poi «Componenti aggiuntivi» poi sull’icona ad ingranaggio in alto a destra, quindi «Controlla aggiornamenti». Per usare il tool di esportazione, comunque, bisogna andare nel menu Strumenti, poi selezionare ImportExportTools. Nel sottomenu che si aprirà selezionare «Esporta i messaggi della cartella». Questo significa e comporta che il tool non creerà un file unico per tutti i messaggi della mailbox, cosa che sarebbe avvenuta appunto in caso di esportazione dell’intera mailbox, ma creerà tanti files sul disco quanti sono i messaggi email da esportare, soluzione che io trovo di gran lunga la migliore per ricerca, apertura del singolo messaggio dagli archivi e così via. A questo, punto si aprirà un ulteriore sottomenu per la selezione del formato del file in cui si vogliono esportare i messaggi. Personalmente utilizzo il primo e cioè EML, che è il formato nativo della posta elettronica e viene indicizzato correttamente da spotlight, una caratteristica che ci verrà molto utile in seguito. Una volta selezionato il formato, inzierà l’esportazione dei messaggi. Personalmente, creo una nuova cartella sulla scrivania che chiamo ad es. inviata per la posta inviata e archivio per l’altra.
Al termine dell’esportazione, non resterà che fare copia e incolla degli stessi all’interno della cartella di dropbox che si è destinato a contenere questi archivi. Io ho strutturato così le cartelle nella radice di dropbox: una cartella base chiamata «archivi cartelle posta», ulteriori sottocartelle relative agli utenti, es. io stesso, Franca, ecc., poi, in ogni cartella utente, ulteriori sottocartelle «archivio» e «inviata», dove mi limito volta per volta a spostare i files EML con le mail esportate dalla Scrivania; in questo modo, se mi serve poi di cercare una mail inviata, entro nella mia cartella «inviata» e faccio una ricerca, visto che questa cartella contiene tutte le mie pec inviate, che vi ho «accatastato» man mano, durante le varie esportazioni.
Utilizzo degli archivi.
Come dicevo, i messaggi saranno indicizzati da spotlight, il sistema di ricerca dei files del Mac, con la conseguenza che sarà poi facilissimo trovare quello di cui si ha bisogno.
Grazie a dropbox, questi archivi saranno poi disponibili su tutte le macchine che eventualmente si usano per lavorare e, ulteriormente, potranno essere condivisi con altre persone che lavorano con te, io ad esempio condivido queste cartelle con la mia assistente che può, sempre ad esempio, andare a prendere una ricevuta di consegna quando deve creare un fascicolo di parte per il deposito in un procedimento.
Il servizio offerto da dropbox, poi, serve anche come backup, che si aggiunge a quelli presenti già di default su tutte le mie macchine, cioè quello di time machine e la copia clone con carbon copy cloner.
Ovviamente, questo sistema si può usare anche per altri account di posta, anche non certificata. Può tornare utile a tutti coloro che, ad esempio, hanno ancora servizi di posta elettronica normale, non certificata, che però presentano un limite dimensionale. Quando si configura Thunderbird, ribadisco come sia essenziale usare la modalità IMAP e non POP3, altrimenti la posta verrebbe tolta dal server e non si potrebbe più visualizzare nel programma di posta che si utilizza di default.
Conclusioni.
Come costruire una adeguata strategia di backup, sia per le mail che più in generale per ogni risorsa informatica, è descritto nel mio libro «Fare l’avvocato è bellissimo». Registrati per ricevere una mail ed essere avvisato quando sarà disponibile. Clicca qui.
Vuoi fare una o più sessioni di coaching individuale con me? Ti posso insegnare a allestire una strategia di backup idonea, anzi se porti la tua macchina la possiamo fare insieme, così impari come si costruisce ma quando esci ce l’hai già operativa. Se hai Windows, portami anche un paio di guanti ;-). Per maggiori informazioni sul coaching, contattami da qui.
Vuoi fare il minimo sindacale? Iscriviti al blog per ricevere il fondamentale post del giorno, tutti i giorni esce un post che ti insegna qualcosa come questo. Clicca qui.
Se questo blog ti piace e vuoi sostenerlo, valuta di diventare sostenitore su patreon. Basta anche un solo euro. Clicca qui.
La rottura di un disco fisso con un #Mac , oggi vi racconto come si può gestire. Nei giorni scorsi, mi si è rotto il disco a stato solido dell'Air che tengo a casa, anche con qualche limitate funzionalità di server. Ovviamente, ho sempre una copia di #backup di tipo clone del disco di sistema su un disco esterno (nel mio caso, un Western Digital Thunderbolt), realizzata in automatico tutte le notti da un software apposito che si chiama #superduper (altri usano carbon copy cloner). Quindi, per far ripartire la macchina mi è stato sufficiente caricare il sistema operativo dal disco esterno collegato via thunderbolt. Ma non è finita. L'air è ancora in garanzia, per cui lo devo portare in riparazione. In condizioni normali dovrei far senza di questa macchina, in realtà con i computer #Apple si possono fare cose molto utili, come questa… Ho preso il macbook Retina di mia moglie che è al mare e l'ho messo al posto dell'Air, ci ho collegato il disco thunderbolt, ho acceso il mac e, tenendo premuto il tasto Alt, gli ho detto di fare il boot dal disco esterno. In un attimo mi sono così ritrovato tutto il mio server attivo e funzionante. Ovviamente, sto aggiornando il sistema operativo, mettendo e togliendo software, documenti, files e c., quando poi sarà tornato indietro l'Air dalla riparazione, non dovrò fare altro che ricopiare il sistema contenuto nel disco esterno sul disco a stato solido dell'Air e riavviarlo. Provate adesso a fare cose del genere con #windows!
“Smadonnato tutto il giorno per il ripristino del mio tablet pc, alla fine ho salvato il culo grazie a un backup di Acronis del 2005…” tweet di Tiziano Solignani del 4.8.2009 ore 6:04
Questa è la storia di come sono riuscito a rivitalizzare un computer che, se non fossi riuscito a recuperare, avrei letteralmente e di sicuro buttato via, dato il costo di mercato attuale e le spese che avrei dovuto affrontare per fare il “restore”. Penso che la mia esperienza possa essere utile a molti, anche solo per riflettere sulle proprie politiche di backup.
Il computer in questione è un tablet pc della Toshiba, per la precisione un Portegè M200. Si tratta di uno dei migliori tablet mai prodotti, almeno a mio giudizio, per il livello di finitura e per la risoluzione dello schermo, che è la più alta di tutti i tablet mai prodotti, anche di quelli usciti successivamente.
Io sono principalmente un utente Apple, però non disdegno di usare volentieri anche computer con GNU/Linux, che ho su tutti i miei server, o con Windows, a seconda di quello che devo fare e del bisogno del momento. Sono un utente informaticamente eclettico, senza pregiudizi. Prediligo OS X, ma non gli affido l’esclusiva… Il tablet pc lo trovo comodo per il mio lavoro di avvocato, per prendere appunti direttamente in formato digitale negli incontri con i clienti o ai convegni di aggiornamento, e per la mia passione della fotografia digitale, dove amo fare il lungo lavoro di cernitura delle foto scattate, ritaglio e correzione delle stesse comodamente sdraiato sul divano.
Il mio tablet pc ha la caratteristica, purtroppo, di non avere nè lettore di dvd nè floppy disk. C’è solo uno slot per una scheda sd di vecchio tipo, cioè non SDHC, quindi con capacità massima sino a 2 giga. La difficoltà di fare il restore di un computer di questo genere è poi aggravata dal fatto che mamma Toshiba non fornisce, al momento dell’acquisto, un dvd originale di Windows XP Tablet PC edition, ma solo un disco di ripristino. Questo disco non è bootable, ma contiene solo una immagine del sistema di tipo ghost da caricare una volta entrati in ambiente DOS…
Per farla breve, alcuni giorni fa, dopo anni di onorato servizio, i miei bambini giocando fanno cadere il tablet pc dal comodino. Il pc si spegne, tento di riavviarlo ma dopo un po’ di schermate e un tentativo di caricamento di Windows, appare, ogni volta, il terribile schermo blu della morte. Evidentemente nell’urto si è corrotto un file di sistema di Windows.
Purtroppo non ho lettori di dvd esterni. Tra l’altro, se anche ne avessi avuti, è noto che non tutti i lettori esterni sono compatibili con il Portege M200, ma bisogna munirsi del lettore ufficiale Toshiba, venduto fino a poco fa all’incredibile prezzo di 500 dollari, praticamente il costo di un iPhone. Naturalmente, non c’è convenienza di acquistare una periferica del genere. Il mio tablet pc si trova in vendita su ebay a circa 300€, non vale certamente la pena di spenderne di più per aggiustarlo.
Mi metto quindi alla ricerca di soluzioni alternative. E qui, facendo le solite ricerche con google, scopro un intero girone di disperati che si sono trovati nella mia stessa situazione e se la sono cavata con soluzioni le più disparate, tra cui anche quella di allestire un computer con GNU/Linux solo per fare il boot da rete, cosa che a quanto pare l’M200 supporterebbe.
Decido di provare la strada del boot dalla ssd, mettendo sopra alla scheda anche l’immagine ghost… Purtroppo non è sufficiente creare una memory card bootable, bisogna farlo per forza con le utility fornite da Toshiba, sia quella di formattazione, sia quella di trasferimento del sistema e creazione della scheda avviabile. Cerco quindi queste utilities, naturalmente tutto con un’altra macchina visto che il mio tablet pc non va proprio, e le installo sotto Windows. Purtroppo la cosa non funziona, le due utility, entrambe, in fase di installazione danno uno strano errore, di mancanza di una libreria dll, e, una volta avviate, non rilevano la presenza della scheda. Provo a questo punto a creare una sd avviabile con altre utility trovare in giro per la rete, ma, una volta inserita la scheda nel tablet pc, il boot viene sempre fatto dalla copia corrotta di Windows.
A questo punto sono quasi rassegnato a usare il mio tablet come sottovaso, quando mi viene in mente una cosa di cui mi ero quasi completamente dimenticato e cioè che nel 2005, quasi cinque anni fa oramai, subito dopo aver acquistato il tablet pc, avevo fatto una immagine del disco con una utility a mio giudizio fondamentale per chi usa Windows, Acronis True Image. Questo backup l’avevo imboscato in un server dello studio e mi ero appunto quasi dimenticato di averlo… Sono andato a recuperarlo e l’ho copiato su una macchina windows. In questa macchina ho installato una versione di prova dell’ultima release di Acronis, che è la Home 2009 e ho fatto il ripristino del sistema su un disco da 2,5 pollici inserito in un box USB collegato alla macchina.
In sede di ripristino, Acronis, nella versione attuale, ti chiede se vuoi ripristinare anche il master boot record nel disco di destinazione, in modo da rendere la partizione restorata avviabile. Naturalmente, ho selezionato la relativa opzione…
Arrivato a casa, ho aperto il box usb, preso fuori il disco dove avevo ripristinato il sistema e messo lo stesso dentro al tablet pc e, come per magia e con mia grande commozione, il sistema è ripartito, eseguendo un perfetto avvio. Mi sono ritrovato con le impostazioni di fabbrica del tablet pc, cosa che per me è stata anche meglio, perchè con il tempo, come tutti i sistemi windows, anche il mio si era appesantito e divenuto più lento a causa di tutti i programmi che erano stati installati.
Questa storia dimostra che anche un vecchio e quasi dimenticato backup, di quasi cinque anni prima, a volte può salvarci il … fondoschiena, se fatto correttamente. Per fortuna che avevo a suo tempo utilizzato Acronis, che non si limita a fare un backup dei dati, cosa che per me sarebbe stata inutile, ma che copia l’intera partizione del disco e ti consente di ripristinarla come bootable. Consiglierei quindi a tutti questo prodotto, nel mondo Windows, e consiglio soprattutto a tutti di fare appena possibile una copia di backup del loro sistema, magari mettendola anche in dvd o hard disk da riporre in un cassetto, non si sa mai quando può tornare utile.