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Contratto di acquisto mobili: se il fornitore pretende un aumento?

DOMANDA – Il 28 dicembre ho concordato in un negozio di mobili una composizione armadio al costo di 2.500€ o 2800€ a seconda del tipo di anta più un divano da 1525, è stato prodotto un ordine indicando il maggior costo e la fattura d’acconto subito saldata. Al momento ho specificato che versavo ora l’acconto per poter beneficiare del bonus mobili, ma che armadio e divano dovevano essere consegnati a fine ristrutturazione e non nei 40gg necessari a produrli. Sono andato ora in negozio per definire i particolari mancanti scegliere la versione più economica ed inserire una colonna a giorno nell’armadio e mi è stato detto che avrebbero applicato i nuovi listini con un aumento di prezzo consistente (circa 800€). E’ un comportamento lecito? Come posso difendermi e pagare il pattuito per quanto già previsto, oltre al dovuto per le nuove modifiche? Ordine e fattura non fanno cenno ad una possibile revisione prezzi né sono specificati termini per completamento dell’ordine.

— RISPOSTA – A mio giudizio non è un comportamento legittimo e puoi chiedere l’applicazione dei prezzi indicati nel contratto.

Per poter fare una variazione delle condizioni economiche dopo la firma di un atto, dovrebbe esserci una clausola nel contratto stesso che facoltizza a ciò.

Questa clausola, tuttavia, anche qualora vi fosse, è di ben dubbia validità.

Innanzitutto, tale pattuizione dovrebbe essere firmata in modo specifico, con richiamo sia del numero che del titolo della stessa, con la famosa doppia sottoscrizione.

Quand’anche, poi, ci fosse la doppia firma, la clausola probabilmente sarebbe vessatoria ai sensi del codice del consumo, in quanto contenuta in un contratto concluso da un consumatore.

La cosa migliore è far esaminare il contratto ad un avvocato e fargli inviare una diffida al fornitore con la richiesta di applicazione dei prezzi già concordati.

Se vuoi approfondire ulteriormente la questione, o incaricarmi già di fare questo lavoro e inviare, poi, la diffida, chiama ora lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; puoi anche acquistare direttamente da qui: in questo caso, sarà poi lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della nostra prima riunione sul tuo caso; a questo link, puoi anche visualizzare il costo.

Naturalmente, se vivi e lavori lontano dalla sede dello studio – che è qui, a Vignola, provincia di Modena, in Emilia – questo primo appuntamento potrà tranquillamente avvenire tramite uno dei sistemi di videoconferenza disponibili, o anche tramite telefono, se lo preferisci. Ormai più della metà dei miei appuntamenti quotidiani sono videocall.

Guarda questo video per sapere meglio come funzionerebbe il lavoro con me.

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Per le questioni di fine locazione l’approccio negoziale è sempre quello più consigliato

ho stipulato a Roma un contratto per studenti universitari, dal 1/09/2012 al 1/10/2013. Finita la locazione il proprietario non mi ha restituito l’intero deposito cauzionale di € 1000,00, ma solo la metà in attesa di conguagli spese, come specificato nel verbale di riconsegna.Qualche giorno fa, lo stesso mi invia le spese da pagare, non documentando però quelle relative a Ta.res, riscaldamento e acqua (perchè ancora non pagate) ma solo quelle di gas, Acea e internet.Posso oppormi al pagamento delle spese non documentate e chiedere immediatamente la restituzione di €500?
Nel contratto è scritto che il deposito cauzionale non sarebbe stato produttivo di interessi, questa clausola è valida oppure è da ritenersi nulla e pertanto dovrà restituirmi anche gli interessi sulla somma trattenuta?

La mia opinione è che trattare vertenze di basso valore come queste in punta di diritto sia il metodo più sbagliato.

Si potrebbero fare mille considerazioni al riguardo ma non si avrebbe, come spesso accade nel mondo del diritto che è fatto di molte meno certezze di quelle che credono coloro che ne sono estranei, alcuna soluzione definitiva, precisa ed univoca.

In altri termini, non è che se apri il codice civile, o una qualsiasi delle altre leggi del nostro Paese, trovi una disposizione che riguarda il tuo caso. Si possono rinvenire solo principi generali, che vanno adattati al caso concreto, con un lavoro di interpretazione, lavoro che in un caso come questo non vale proprio la pena di fare, anche perché condurrebbe ad un risultato non univoco come già cennato.

A mio giudizio, l’unico modo in cui conviene ragionare è quello dell’accordo amichevole.

Anche per quanto riguarda gli interessi, se anche ti fossero dovuti in virtù della vessatorietà della clausola che somma credi che potrebbero essere, calcolati per un anno su 1.000€?

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è valida la clausola per cui il conduttore di locazione commerciale non può comunque recedere prima di tre anni?

Sono la titolare di una sas e vorrei rescindere il contratto di locazione in anticipo. Ho un contratto di 6+6 che posso rescindere per gravi motivi ma c’è una clausola che dice “comunque non prima del terzo anno”(… ho in affitto lo stabile da 2 anni…) potrebbe essere una clausola vessatoria? Non riusciamo a pagare l’affitto poiché i guadagni sono meno del canone di locazione… È possibile che se non riesco a pagare devo comunque rimanere con un’attività che non mi da nessun tipo di sostentamento? Le serie problematiche economiche e l’impossibilità di lavorare non è un grave motivo per cui io posso superare la clausola del terzo anno? È il caso che mi rivolga ad un legale?

Beh, consultare un legale in un contesto professionale non ti può certo far male, trattandosi di un problema appunto legale… Ad ogni modo, intanto posso fare qualche osservazione che magari ti può essere utile.

La clausola che prevede limitazioni alla facoltà di recesso è sicuramente vessatoria, bisogna vedere però se è stata apposta la famosa doppia firma sulla clausola in questione e se la stessa è stata richiamata con le formalità «codificate» dalla giurisprudenza (ad es., la clausola va richiamata almeno con il titolo intero, non è sufficiente il numero).

A parte la vessatorietà della clausola o meno, direi comunque (ma questo andrebbe verificato con una breve ricerchina giurisprudenziale) che la disposizione di legge che prevede il recesso per gravi motivi sia imperativa e non derogabile, per cui la clausola in questione è nulla di diritto.

Per quanto riguarda i gravi motivi, la definizione di legge è appositamente aperta, qui bisogna valutare la situazione ed è il punto dove più ti può essere utile una consulenza tagliata sul tuo caso da parte di un tuo avvocato.