vorrei cortesemente sapere se dopo un Matrimonio celebrato nel 1981 in regime di “Comunione dei Beni” si possa modificare il regime in “Separazione dei Beni” dal momento in cui viene stipulato l’atto in poi lasciando in comunione i beni acquistati prima dell’atto stesso
Il regime patrimoniale tra coniugi – comunione, separazione o sistema «personalizzato» – adottato dai coniugi stessi al momento del matrimonio o successivamente, tramite una convenzione matrimoniale stipulata per atto pubblico si può sempre cambiare.
Nel momento in cui questo regime patrimoniale viene cambiato, non viene ovviamente a mutare la situazione giuridica dei beni acquistati nel vigore del regime precedente, cioè ad esempio se una coppia di coniugi decide di passare alla comunione quando prima si trovava in separazione non è che i beni acquistati diventano, per ciò stesso, di proprietà comune, ma rimane la situazione proprietaria che si era determinata sulla base del regime patrimoniale vigente al momento in cui era stato compiuto l’acquisto.
Ogni famiglia, dunque, può avere una storia particolare del regime patrimoniale vigente, specialmente quelle coppie che si sono sposate prima del 1975, anno in cui è entrata in vigore la riforma del diritto di famiglia, con la conseguenza che per divisare la situazione giuridica dei beni acquistati in costanza di matrimonio bisogna sempre capire quando i beni sono stati acquistati – la data, cioè – e confrontare questo momento con il regime patrimoniale vigente in quel momento, per effetto della scelta operata o al momento del matrimonio, o dal notaio con convenzione matrimoniale o dal legislatore come avvenuto con la riforma del 1975 e come potrebbe avvenire con altri interventi legislativi.
Nel caso da te posto, passando al regime di separazione da quello di comunione, i beni precedentemente acquistati resterebbero nella medesima situazione in cui si trovavano anteriormente, situazione che non verrebbe a cambiare per effetto del mutamento, avvenuto adesso, del regime patrimoniale. Non dico espressamente che si troverebbero in comunione, perché sono sempre possibili eccezioni, il caso più concreto è quello del coniuge che interviene all’atto pubblico di acquisto per rinunciare espressamente alla comunione, quindi bisogna vedere in concreto per ogni bene che regime giuridico si può ritenere sussistente – restando inteso che la valutazione sarà effettuata sulla base delle regole della comunione.
Ecco una domanda sempre molto gettonata, che riceviamo periodicamente con una certa costanza:
Devo sposarmi, ma io e la mia fidanzata siamo incerti se fare la separazione dei beni o la comunione, che cosa è meglio?
È il caso, quindi, di fare un po’ di chiarezza.
Innanzitutto vediamo però che cosa sono comunione e separazione dei beni.
Si tratta di regimi patrimoniali della famiglia, cioè regole che stabiliscono di chi è la proprietà di quello che viene acquistato da uno dei due coniugi durante il matrimonio, a partire da subito dopo la celebrazione di esso. Questi regimi possono essere cambiati anche in seguito, passando ad esempio da comunione a separazione e viceversa, ma sempre solo con l’accordo dei coniugi, altrimenti il loro mutamento si può avere solo con separazione personale o divorzio, o decesso di uno dei due.
In generale, con la separazione dei beni ogni coniuge conserva la proprietà dei beni che acquista, mentre con la comunione alcune, molto importanti, categorie di beni che acquista uno dei due coniugi diventano di proprietà comune, per effetto del matrimonio. In realtà, il discorso è molto più articolato e non sempre facile da comprendere per i profani del diritto (e anche purtroppo a volte per qualche avvocato).
Ad ogni modo, per spiegare un po’ meglio la differenza, grosso modo, in modo che sia comprensibile a tutti, si può dire che con la separazione non cambia niente rispetto alla situazione precedente, ognuno rimane proprietario dei suoi beni e dei suoi redditi; con la comunione, invece, si costituisce una specie di “società” tra marito e moglie per cui gli acquisti fatti da uno dei due, con alcune importanti eccezioni, diventano di proprietà comune e sono soggetti a regole particolari per quanto riguarda la loro amministrazione e la possibilità che i creditori dei coniugi possano pignorarli.
Il sistema preferibile in linea generale.
In generale, secondo me è meglio la separazione dei beni, ma solo appunto in generale, perché la valutazione va rigorosamente fatta in relazione alle caratteristiche che si hanno in mente per la famiglia che si va a costituire.
La comunione dei beni è un istituto che viene messo «di default» solo nel nostro Paese, altrove il regime ordinario è quello della separazione. E’ stata, la comunione, introdotta storicamente per fare da contrappeso all’introduzione di separazione e divorzio e quindi in qualche modo anche per rendere più difficile sciogliere i vincoli matrimoniali. Purtroppo però i vincoli affettivi tra le persone non sono determinati dagli istituti patrimoniali vigenti per la famiglia e, quando vengono a mancare e si apre la crisi della famiglia, la comunione è solo un problema in più tra i tanti da risolvere e non certo un aiuto.
La comunione avrebbe anche la funzione di retribuire la donna o comunque il coniuge ch non lavora per il «lavoro casalingo», che svolge in casa e che, specialmente nel caso di famiglie con figli, è di importanza fondamentale. Si considera che il marito, ad esempio (potremmo parlare di moglie, a termini invertiti), può andare al proprio impiego o professione solo perchè la donna rimane a casa a mandare avanti la famiglia e quindi giustamente lo stipendio o comunque il reddito deve essere diviso per due.
Ma, a parte il fatto che oggigiorno lavorano nella maggior parte dei casi entrambi i coniugi, anche in regime di separazione dei beni nulla vieta che i coniugi si accordino affinchè la moglie (o, oggigiorno, anche il marito) stia a casa e poi a fine mese o anno i proventi dell’unico coniuge che lavora siano divisi. La cosa non è obbligatoria come nella comunione, ma al giorno d’oggi ciascun coniuge ha tutti i mezzi a disposizione per ottenere ciò che è giusto dall’altro coniuge ed in effetti questa sembra la strada preferibile.
Come è meglio procedere per scegliere il regime patrimoniale?
In conclusione, la cosa migliore, qualunque decisione si prenda, è non ignorare questi aspetti, come fa invece la maggior parte della gente che si sposa.
In altri paesi, come gli Stati Uniti, si usano per regolare questi ed altri aspetti addirittura i contratti prematrimoniali, che tanto scandalo suscitano qui in Italia. In realtà, a mio giudizio hanno ragione quelli che li fanno perchè quando le cose vanno bene si possono tranquillamente lasciare nel cassetto, mentre invece se vanno male, anzichè impelagarsi in separazioni che durano 10 o 15 anni come qui in Italia, si riesce a risolvere il vincolo in poco tempo e con poche complicazioni.
Qui i contratti prematrimoniali non si possono fare, perchè la materia è considerata indisponibile, in larga parte, tuttavia almeno una consulenza di base da un professionista sul regime patrimoniale da scegliere e su come amministrare la famiglia non è una cattiva idea, anche per tutelarsi contro i terzi nel caso in cui la famiglia continui. Oltre che sul solo regime patrimoniale, sarebbe bene farsi informare anche sul tipo di famiglia da costituire, cioè se basata su matrimonio, su sola convivenza e così via perché ci sono conseguenze importanti anche in relazioni a queste scelte.
Per questo tipo di problematiche, abbiamo anche definito un prodotto specifico: la consulenza prefamiliare.
Ulteriori approfondimenti
Per ulteriori approfondimenti, rimando al mio libro, disponibile anche in ebook, dove le differenze tra separazione e comunione sono illustrate più nel dettaglio, anche sotto il profilo di come vanno amministrati i beni a seconda della scelta dell’uno o dell’altro regime patrimoniale.