Oggi ti presento Fleischmann a pezzi, un libro che mi ha colpito moltissimo per svariate ragioni che ti spiego meglio nel corso della puntata.
Devo ancora finirlo, ma ci tenevo assolutamente a consigliartene la lettura; ovviamente una volta che avrò completato anche io la lettura ci torneremo sopra con una recensione più approfondita.
«Un libro deve frugare nelle ferite, deve provocarle. Un libro deve essere un pericolo.» E. M. Cioran
Faccio seguito al post di due giorni fa, che ha avuto un successo enorme per visualizzazioni e commenti, e che indico ancora come riferimento per lasciare le tue domande su quello che si può fare o non fare in Italia in dipendenza della legislazione di emergenza sul virus a livello giuridico, per mandarti le mie considerazioni anche alla luce delle ultime novità annunciate, sempre in campo legale, in queste ore.
Sono, al momento in cui scrivo – anche se il post verrà pubblicato come di consueto domattina alle sette – le ore 23:19 del 9/3/2020. Il presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato in conferenza stampa un nuovo provvedimento, che però al momento non è ancora stato pubblicato, né – per fortuna – diffuso in bozza.
Il post di ieri l’altro, nato originariamente per la mia provincia di Modena, è stato visualizzato, e utilizzato tramite la possibilità di lasciare domande coi commenti, da decine di migliaia di persone in tutto il Nord. Ora che lo stesso regime è in corso di estensione a tutto il territorio nazionale potrà essere utile a ogni Italiano.
Con questo nuovo provvedimento, il regime valevole inizialmente solo per la zona arancione, a quanto è stato detto, verrà esteso a tutto il territorio nazionale. Inoltre, a quanto ho capito, ci saranno nuove disposizioni, dovremo vedere se e quanto più restrittive.
Per quanto mi riguarda, cercherò di seguire l’operato del governo e la produzione normativa relativa per darti tutta la copertura informativa necessaria.
Informazioni legali, spirituali, preventive.
La pubblicazione di post più generali di crescita personale, spiritualità e cura dell’anima, di cui si era recentemente popolato il blog in parallelo con l’espansione della mia esperienza professionale come counselor, verrà di conseguenza probabilmente sospesa, anche perché mi pare più urgente dare le informazioni necessarie alla popolazione che, in questo momento, sono più giuridiche e sanitarie o comunque più specifiche.
Naturalmente, tutto questo avverrà sempre con il classico volto umano e con quel particolare punto di vista con cui vi «leggo» e divulgo le cose del mondo del diritto da oltre vent’anni e dopo oltre 5000 post pubblicati.
È comunque mia intenzione esserti accanto in tutte le tue preoccupazioni, parleremo quindi anche dell’ansia e dell’angoscia che si stanno, comprensibilmente, manifestando in diverse persone man mano che la situazione si evolve, nonché di quello che si può fare a livello di prevenzione e rafforzamento del sistema immunitario.
Non sono un medico o un operatore sanitario e, fermo restando che l’indicazione principale resta quella di osservare le indicazioni delle autorità competenti in materia, credo che ci siano alcune pratiche, come la integrazione di vitamina C, che possono essere utili, che seguo personalmente e di cui posso comunque parlare mettendole a disposizione per quel che possono valere.
Cercherò quindi di darti una triplice copertura, corrispondente alle cose di cui mi occupo o sono appassionato e che condivido pertanto da sempre sul blog: legale, spirituale, preventiva, tramite rafforzamento generale del “terreno” e cioè del tuo corpo. In questi giorni, ha avuto e avrà una forte prevalenza quella legale, in dipendenza dell’allarme suscitato dai provvedimenti molto incisivi del governo, ma man mano ti parlerò anche degli altri aspetti.
Sempre per via della situazione di emergenza, in questi giorni può darsi che, come già accaduto sabato scorso, deroghi alla regola della pubblicazione sul blog di un solo post al giorno dal lunedì al venerdì alla sette del mattino. Mi scuso per questo con gli abbonati al blog, ma in questa fase di crisi mi sembra più importante cercare di dare le informazioni necessarie alle persone prima possibile.
Che cosa puoi fare?
Il primo consiglio che mi sento di darti è quello di iscriverti al blog, in modo da ricevere tutti i nuovi post pubblicati senza rischiare di perdere informazioni utili.
Se vuoi mandare una domanda, puoi farlo compilando un modulo on line, che trovi nella pagina dei contatti, oppure lasciandomi un vocale tramite WhatsApp: per fare questo basta collegarti alla home page del blog e fare tap sulla relativa icona verde. Ricordati di non dire il tuo nome o dare altri dati personali perché il vocale verrà pubblicato insieme alla risposta.
Manda questo post a tutte le persone cui pensi possa essere utile l’informazione che faccio con questo mezzo e su questa piattaforma con il mio originale ed unico punto di vista.
Per il momento la chiudo qui, mi faccio risentire probabilmente appena sarà disponibile il nuovo provvedimento del governo.
Restiamo uniti, andrà tutto bene.
Veglia e prega in ogni momento.
«Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti.» (Salmo 34, 19)
Aggiornamento del 10/3/2020 ore 6: il testo del nuovo DPCM.
Note
Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale come Dpcm 9 marzo 2020, sulla G.U. Serie Generale n. 62 del 09/03/2020
Di seguito il testo del decreto, preso dal sito del governo. La principale novità è che il territorio nazionale non è più diviso in due, ma tutta Italia è zona arancione o comunque soggetta alle stesse restrizioni e che è vietata ogni forma di assembramento in pubblico.
Il DPCM precedente resta in vigore, anzi i due provvedimenti vanno letti e coordinati insieme (il compito di farlo spetta all’interprete) restando inteso che in caso di difformità prevale il secondo.
Il governo non ha detto nulla sulle domande, sorte a centinaia in questi pochi giorni, delle famiglie di separati circa lo spostamento dei figli da un genitore all’altro, continuo a fare riferimento alle osservazioni contenute nei commenti e nel post precedente.
Se hai una domanda su un qualsiasi aspetto del nuovo decreto, lasciala pure in forma di commento, risponderò, oppure inviamela tramite il modulo o messaggio vocale whatsapp.
Il testo del decreto.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19» e, in particolare, l’art. 3;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020, recante «Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2020;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 25 febbraio 2020;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1° marzo 2020;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 4 marzo 2020;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, recante «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell’8 marzo 2020;
Considerato che l’Organizzazione mondiale della sanita’ il 30 gennaio 2020 ha dichiarato l’epidemia da COVID-19 un’emergenza di sanita’ pubblica di rilevanza internazionale; Vista la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale e’ stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;
Considerati l’evolversi della situazione epidemiologica, il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e l’incremento dei casi sul territorio nazionale; Ritenuto necessario estendere all’intero territorio nazionale le misure gia’ previste dall’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020;
Considerato, inoltre, che le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l’interessamento di piu’ ambiti sul territorio nazionale rendono necessarie misure volte a garantire uniformita’ nell’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea;
Su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze, nonche’ i Ministri dell’istruzione, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’universita’ e della ricerca, delle politiche agricole alimentari e forestali, dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione, per le politiche giovanili e lo sport e per gli affari regionali e le autonomie, nonche’ sentito il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni;
Decreta:
Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale
1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all’intero territorio nazionale.
2. Sull’intero territorio nazionale e’ vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
3. La lettera d) dell’art. 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e’ sostituita dalla seguente: «d) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Gli impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali; resta consentito esclusivamente lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive organizzati da organismi sportivi internazionali, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico; in tutti tali casi, le associazioni e le societa’ sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano; lo sport e le attivita’ motorie svolti all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro;».
Art. 2 Disposizioni finali
1. Le disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data del 10 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020.
2. Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti le misure di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 ove incompatibili con la disposizione dell’art. 1 del presente decreto.
Roma, 9 marzo 2020
Il Presidente del Consiglio dei ministri Conte
Il Ministro della salute Speranza
Registrato alla Corte dei conti il 9 marzo 2020 Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale, reg.ne n. 421
Ormai lo sanno (e qualche volta se ne approfittano) tutti, sono finiti anche i tempi in cui generalmente si guardava agli avvocati come a privilegiati – cosa che peraltro non è mai stata molto vera, come spiego in questo precedente post.
La crisi è innanzitutto economica, nel senso che ci sono difficoltà concrete e spesso anche determinanti e insuperabili per una chiusura positiva dei bilanci a fine anno, ma è anche, e dunque soprattutto, di valori, di significato, di senso, di dignità e così via, per una categoria in cui erano accorse persone di buona volontà che sono rimaste spesso deluse.
Non è – devo dirtelo subito – il mio caso.
Io sono ancora molto soddisfatto da tutti i punti di vista della mia professione, credo che traspaia anche da tutto quello che quotidianamente comunico tramite il blog e i social.
Ho persino scritto un post, che ha avuto un enorme successo (segno che il tema è molto seguito), in cui elenco i motivi per cui fare l’avvocato è ancora bellissimo, che ti invito a leggere con attenzione.
Ugualmente, c’è una larga fetta di avvocati in sofferenza ed è di loro ma soprattutto a loro che mi va di parlare, dopo aver ricevuto diverse richiesto in questo senso e aver letto diversi resoconti e persino qualche sfogo sui social.
Se senti di far parte di questa categoria, leggi attentamente perché questo post è per te.
Le cause della crisi.
Qual è il punto di partenza di qualsiasi discorso riguardo ad un argomento come questo?
Bisogna, a mio giudizio, innanzitutto comprendere le cause di questa situazione, economica ed emotiva, fallimentare.
Qui, ti voglio dire, quasi nessun avvocato riesce nemmeno a identificare con precisione le origini vere dei problemi attuali e questo, sinceramente, lascia un po’ da pensare, dal momento che un avvocato è comunque anche un imprenditore, che cose come queste dovrebbe capirle bene o quantomeno intuirle.
I falsi motivi
Solitamente, gli avvocati in difficoltà se la prendono con varie cose che, alla fine, non sono così rilevanti, sono più che altro dei capri espiatori per dare una spiegazione che non si riesce o vuole dare in un altro modo.
Il primo sono i clienti che non pagano.
Questo, di solito, è il primo «motivo» che viene individuato.
Qui voglio darti una notizia.
I clienti, di qualsiasi impresa, azienda, organizzazione, onlus, forma di governo o di Stato, non pagano tendenzialmente mai volentieri e, se possono farlo senza grandi rischi di conseguenze, evitano di farlo.
È una notizia incredibile, ma ti assicuro che è vera.
Riformulando la cosa in altri termini, è evidente che il problema del cash flow è uno dei vari problemi che ogni imprenditore, avvocati compresi, deve affrontare e gestire in modo efficace.
Personalmente, ho risolto questo problema impostando i pagamenti anticipati, sia per quanto riguarda la sezione del commercio che si svolge in forma elettronica tramite il sito, sia per quanto riguarda gli incarichi che vengono conferiti tradizionalmente in studio.
Ovviamente, faccio preventivi gratuiti, prima di iniziare qualsiasi lavoro.
Le persone, incredibilmente, quando sanno cosa vanno a spendere valutano e, se decidono di darmi l’incarico, pagano anche subito volentieri.
Io dò chiarezza, ricevo denaro.
Ma chiudiamo la parentesi, perché questo non è il motivo della crisi economica della categoria.
Altro motivo frequentemente molto gettonato sono le tasse da pagare.
Ora, a parte che molti professionisti fanno tanto lavoro fuori fattura, dal momento che non hanno magazzino, non vendono beni, ma servizi impalpabili, che le fatture non si scaricano e quindi i clienti preferiscono pagare «a nero» piuttosto che farsi dare una fattura che a loro non serve a nulla, a parte questo, dicevo, c’è da dire che le tasse sono uguali per tutte le aziende e i professionisti di qualsiasi tipo.
La grande notizia, qui, è che gli avvocati non pagano un centesimo in più di tasse rispetto a qualsiasi altra azienda o professionista.
L’unica cosa che c’è di vero è che abbiamo una cassa forense che vuole una parte dei nostri guadagni a scopi pensionistici. Ma ogni categoria ha la sua cassa e, se non ce l’ha, ha comunque l’INPS, per cui ogni attività economica, anche qui, paga una parte dei ricavi – sempre solo quelli fatturati ovviamente – per scopi previdenziali.
La realtà è che queste – ed altre – sono solo scuse, non c’è altro modo per dirlo.
È vero i clienti che tendono a non pagare sono un problema, lo Stato e la cassa che vogliono dei soldi, spesso anche se non li hai guadagnati, sono sicuramente un altro problema, ma la realtà è che ci sono molti avvocati che guadagnano e fanno buoni affari.
Nel 2018, in Italia.
«Ah, ma allora sono quelli che sono figli d’arte, hanno le mani in pasta con la politica, il tricche tracche, i cuggini, questo e quello…»
Altra scusa.
Non c’entra niente.
Quelli che conosco io, e io stesso nel mio piccolo, non abbiamo avuto appigli, aiuti, preferenze, incentivi vari, ma ci siamo guadagnati da soli non tanto la nostra clientela ma l’assetto attuale che abbiamo dato ai nostri studi e che ci consente di utilizzarli come macchine ed organizzazioni per guadagnare in modo abbastanza soddisfacente.
Sei pronto, adesso, per sapere quali sono le reali cause della condizione economica deteriore di una grande fetta degli avvocati oggigiorno?
Le scie chimiche!
No vabbè, parliamo seriamente.
I veri motivi.
Le reali cause dello stato fallimentare in cui versano molti studi legali e singoli professionisti sono principalmente due:
il peccato originale, a monte dell’inizio dell’attività, di non aver «pensato l’azienda»
e quello successivo, e permanente, di non fare marketing, anzi di non capire nemmeno che il marketing, nelle limitate forme in cui è consentito agli avvocati, è assolutamente necessario.
Con il secondo punto, si comprende come una delle cause più gravi di sottosviluppo economico è il codice deontologico forense, che, da questo punto di vista, letteralmente è il martello con cui sono stati inchiodati i chiodi che hanno chiuso la bara della professione forense.
Ma di questo diremo meglio più avanti.
Vediamo adesso, in positivo, le due principali cause che abbiamo appena enunciato.
Non aver pensato l’azienda.
Se chiedi ad un avvocato perché ha scelto di studiare giurisprudenza ed è finito a fare la professione, nel 90% dei casi ti risponde che era il desiderio dei suoi genitori…
Che dolce!
Poi, subito a ruota, questo avvocato di solito si incazza perché questo tenero ed onesto desiderio dei suoi ascendenti, che tanti sacrifici hanno fatto (magari timbrare dal lunedì al venerdì all’INPS), è oggi frustato dai kattivih clienti che non pagano, dallo Stato che – cavolo santo – vuole troppe tasse, dalla cassa che è troppo esosa!!!1! e così via, come abbiamo visto poco fa.
Il problema invece è proprio che non si fonda un’azienda perché è il desiderio dei tuoi – onore a loro – genitori!
È una cosa molto banale, ma realmente molti avvocati lo sono diventati per questo ed è alla fine completamente demenziale dal punto di vista del business e del fare impresa.
Fondi un’azienda quando hai un’idea di business inizialmente interessante, di cui verifichi con cura la fattibilità sotto tutti i profili rilevanti a riguardo.
Se poi è la tua principale o unica azienda, quella con cui devi mantenerti e mantenere la famiglia, i controlli li farai tutti tre volte.
Molti avvocati non si sono chiesti ad esempio:
in che posto vivo o comunque intendo aprire il mio studio legale?
in questo posto che ho scelto ci sono buone occasioni di clientela?
in che stato versa nel mio paese e nel posto da me prescelto la vendita di servizi legali?
quali sono i collettori di clientela di cui posso pensare di arrivare a disporre?
quali sono le forme di lead generation che potrò svolgere una volta aperta la mia bottega?
Molti avvocati non sono neanche in grado di comprendere bene cosa significhino queste domande.
Se consideriamo questo, capiamo che non è per nulla stupefacente che molti avvocati si trovino, economicamente, nella merda, perché un cazzo di ciabattino sotto casa con la terza elementare ha più istinto imprenditoriale di loro.
La conclusione è che molti avvocati sono diventati avvocati e hanno aperto la partita IVA come professionisti completamente alla cazzo!
Non ho, mi dispiace, un altro modo per dirtelo.
E, pensa un po’, non si aprono imprese alla cazzo.
Si possono fare tante cose alla cazzo, ma se apri un’impresa alla cazzo, sei destinato a chiudere entro al massimo tre anni.
Salvo – e qui tornano i cari genitori – che qualcuno non ti paghi la cassa forense, le tasse, i fornitori e tutte quelle spese che tu non riesci a pagare perché non guadagni «ancora» abbastanza.
Ciò, ovviamente, solo al momento e per poterti consentire di «ingranare».
Peccato che sono 15 anni che stai ingranando…
Non fare marketing.
Nessuna organizzazione, nessuna, compresa la Chiesa cattolica, può sopravvivere se non svolge attività di lead generation.
Te lo ripeto perché è bene che, oggi, in questo momento, questo concetto ti entri nella zucca una volta e per sempre: nessuna organizzazione, impresa, società, impresa individuale, onlus del cazzo può sopravvivere se non svolge attività di lead generation.
La lead generation è l’attività di generazione di prospetti, cioè di contatti con potenziali clienti, con soggetti, appartenenti al vasto pubblico cui si rivolge la tua organizzazione, che in parte, in seguito, possono diventare clienti paganti, a seguito di conversione.
Ora, quali attività di marketing stai facendo?
Hai lasciato anche tu i tuoi biglietti da visita dal tuo barbiere o dalla tua parrucchiera?
Ti dò una piccola notizia: non serve a un cazzo. Anzi, serve al contrario a qualificarti come un professionista per ladri di galline.
Hai sentito parlare di internet, blog, social network?
Ah sì, ti sei iscritto anche tu a quel sito che gli avvocati si possono iscrivere e poi scrivono le materie di cui si occupano così poi i visitatori si possono collegare e vedere quali sono i professionisti della loro zona e poi scegliere e tramite un comodo modello di contatto on line subito scrivere all’avvocato che hanno scelto e comodamente da casa, sia i clienti che il professionista, possono chiedere e ricevere una bella consulenza, che poi è un sistema bellissimo e meraviglioso ma alla fine nessuno fa mai un cazzo o ha mai venduto una consulenza che sia uno tramite siti del genere?
Forse è il caso di riconsiderare la materia…
Il codice deontologico.
Torniamo adesso un attimo sul tema prima accennato delle regole di deontologia.
La deontologia forense, ovviamente, non è un male in sé.
È assolutamente evidente che un avvocato debba essere in primo luogo onesto, se vuole essere davvero utile agli altri.
È davvero la primissima qualità di ogni avvocato.
Solamente, si tratta di una «qualità dell’essere» che, come spesso accade, non può essere rinforzata a forza di codici e sentenze… Un po’ come fare il padre, come sanno benissimo gli avvocati, come me, che si occupano di diritto di famiglia.
Il codice deontologico attuale è il martello con cui sono stati picchiati i chiodi che hanno chiuso la bara in cui è stata rinchiusa la professione forense, rendendo molto difficile, e in alcuni casi impossibile, per qualsiasi organizzazione legale svolgere attività di generazione contatti.
La cosa meravigliosa è che lo scopo di queste disposizioni, volte a escludere pressoché completamente forme di marketing per gli avvocati, sarebbe quello di… garantire la dignità degli avvocati stessi.
Ma qui c’è un grande e tragico errore di fondo.
Il fatto, peraltro assai evidente, è che la dignità di una qualsiasi categoria la si può garantire solo dando efficacia al lavoro e al ruolo che svolge e quindi consentendole di raggiungere un certo livello di benessere anche economico.
Che dignità può avere un avvocato che a 35 anni si fa pagare la bolletta del telefono di studio e magari anche di casa dai genitori, anche al netto del rispetto delle regole deontologiche?
Vuoi scommettere che se togli quasi completamente la possibilità di lead generation ad una categoria la sua economia peggiorerà grandemente e, con essa, anche la sua dignità, il suo significato, la coscienza del suo ruolo, l’effettivo svolgimento della sua funzione sociale?
La dignità attuale della professione.
È un fenomeno che è ormai sotto gli occhi di quasi tutti.
Ma prendiamo uno scampolo di letteratura che, come sempre accade, ce lo descrive meglio di altro.
«Il fatto è che qui da noi gli avvocati sono diventati come gli assicuratori, o gli agenti immobiliari. Ce ne sono a bizzeffe, uno più affamato dell’altro. Basta fare due passi in una strada anche periferica e contare le targhette affisse ai portoni.
Un avvocato, oggi, per una nomina anche d’ufficio è disposto a piroette e carpiati della dignità fantasiosissimi. E la molla non è l’ambizione economica o il desiderio di prestigio sociale: nemmeno più questo. Qui si tratta, ma davvero, di stare sul mercato con un minimo di sensatezza (cioè, pagare le spese e portare qualche soldo a casa) o chiudere baracca.
E la vera tragedia è che questa politica della sopravvivenza accomuna ormai trasversalmente sfigati e garantiti, privilegiati e poveri cristi. Nel senso che il rampollo dell’avvocato di successo ha una fame di procacciamento pratiche mediamente pari o addirittura superiore a quella di chi è professionalmente figlio di n. n. È la nuova cultura della concorrenza, palazzinara e bulimica, che ha equiparato avidità e bisogno, ponendo sul piano di una falsa parità contendenti che partono da posizioni completamente diverse. Ricchi e poveri che lottano per le stesse cose: ecco a voi la morte del principio di uguaglianza.
Io ho visto cose che voi non avvocati non potete neanche immaginare. Ho visto professionisti anziani leccare sfacciatamente il culo a magistrati ventinovenni. Ho visto avvocati giovanissimi portare personalmente il caffè a tutti i carrozzieri del quartiere nella speranza di una pratica d’infortunistica stradale. Ho visto appostamenti all’ingresso degli obitori, con volantinaggio di biglietto da visita all’arrivo della barella.
Ho visto contabili di camorra e specialisti della punizione corporale per ritardato pagamento del pizzo, trattati con un ossequio e un’attenzione degni di un’alta carica dello Stato. Ho visto colleghi fare anticamera a cancellieri miserabili in cambio di una nomina d’ufficio, con pagamento anticipato di percentuale fissa sull’onorario.
Ho visto guardie carcerarie spendere il nome di questo o quel collega con i parenti dei detenuti in cambio di un abbonamento alle partite di calcio.
Ho visto colleghi poco più che trentenni accordarsi con cancellieri notoriamente farabutti per truccare un’asta fallimentare, pilotando l’assegnazione dei beni all’incanto. Ho visto le loro foto sul giornale qualche tempo dopo. Ho visto sinistri stradali così sputtanatamente falsi da farti venire voglia di prendere le parti dell’assicurazione (che è un po’ come se uno, una bella mattina, si convertisse all’antisemitismo militante).
Ho visto patrocinanti in Cassazione brigare per diventare amministratori di condominio. Ho visto professori universitari telefonare a indagati eccellenti offrendo il proprio patrocinio pur sapendo che era già stato nominato qualcun altro, millantando conoscenze personali con il pubblico ministero titolare dell’inchiesta e svalutando fra le righe le capacità professionali del collega.
Ho visto l’avvocato a cui il professore universitario stava cercando di fare le scarpe riferire lo scandaloso retroscena a un gruppo di giovani colleghi e neanche venti minuti dopo incontrare il professore all’ingresso del tribunale e abbracciarlo come un fratello ritrovato in un programma di Maria De Filippi.
Ho visto lo stesso avvocato convincere l’indagato eccellente che sì, effettivamente sarebbe stata una mossa saggia estendere il patrocinio anche al professore, perché un simile collegio difensivo gli avrebbe assicurato la vittoria della causa con fiato di trombe. Ho visto, all’udienza, l’indagato eccellente seduto fra l’avvocato e il professore: sembrava più preoccupato di loro che dei giudici. Ho sentito il professore, in piena arringa, prendere una cappella giuridica di una tale grossolanità che se fosse capitato a uno studente all’esame sarebbe stato messo alla porta. Ho visto l’avvocato abbozzare e vergognarsi come un complice, dribblando lo sguardo allibito dei giudici.
Ho visto il figlio dell’avvocato diventare assistente di cattedra del professore universitario che aveva cercato di fregare l’incarico a suo padre.
Ho visto tante altre cose, ma se non mi fermo va a finire che facciamo notte».
(Diego De Silva, «Non avevo capito niente»).
Questi sono i successi di decenni di deontologia forense, di regole che hanno avuto come unico effetto quello di tarpare le ali alla pressoché totalità degli avvocati, specialmente i più giovani.
Ho visto applicare la deontologia.
Avvocati di 60, 70 anni, dentro agli ordini, ai consigli distrettuali, al CNF, gente che ha avuto grandi soddisfazioni professionali, avendo iniziato la professione negli anni 60 o 70, quando c’erano ancora vaste miniere non sfruttate, che applicano sanzioni ad avvocati di 30 o 40 anni, che cercano di lavorare sulle poche briciole rimaste, perché hanno messo un annuncio o un’insegna un po’ più grande di quanto ritenuto dovuto fuori dalla porta…
Facciamo come il protagonista del libro di De Silva: lasciamo perdere.
Che cosa fare?
Innanzitutto, quello che non devi fare è sprofondare nell’atteggiamento di dare la colpa di «tutto» a cose che, pur avendo una loro efficacia causale, non la esauriscono affatto.
Il tuo atteggiamento, come ti ho già fatto capire, non deve e non può essere quello di maledire il codice deontologico, le sue ingiustizie, i clienti, le tasse, le scie kimike e il mondialismo.
Focalizzati sul fatto che, come in tutti i settori economici, ci sono avvocati che ce l’hanno fatta e stanno alla grande.
La grande notizia è: ci sono diverse cose che puoi fare, una volta che avrai smesso di lamentarti a cazzo.
Alla fine, infatti, o cambi settore, cambi lavoro, anche in base alle tue vere propensioni (come ti ho già detto, il lavoro lo devi scegliere tu e non i tuoi genitori!), oppure, se scegli di restare, in qualche modo, nel settore dei servizi legali, di continuare a fare l’avvocato, devi rassegnarti a fare tutta l’attività di lead generation che puoi, ripensare completamente la tua azienda, ragionare come un vero imprenditore.
Di cosa fare nello specifico, parleremo meglio in un altro post, ché questo ormai è anche già troppo lungo.
Ti elargisco però una piccola anticipazione: devi scrivere.
Libri, blog, social.
Scrivi su quello che conosci, mostra e dimostra il tuo know how e la passione che ti muove per le cose che ti interessano.
Oltre a un punto di vista diverso e differenziante dal solito.
Un po’ come questo blog, che è stato fondato più di vent’anni fa per dimostrare che esiste un modo diverso di trattare i problemi legali.
Questo è quello che facciamo qui alla redazione del blog degli avvocati dal volto umano e ti garantisco che funziona.
Cosa puoi fare, nell’attesa del prossimo post in cui dettaglierò i vari modi in cui un avvocato può fare marketing?
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