Incentivata la delazione o promossa la protezione del luogo di lavoro e della legalità?
Molto discussa la nuova normativa sul c.d. “Whistleblowing”, istituto che permette di “proteggere” i dipendenti che segnalano illeciti, sia nel pubblico che nel privato. Obbligo di aggiornamento e modifica dei modelli 231.
A qualche anno dall’introduzione della prima forma di “Whistleblowing”, che riguardava unicamente i dipendenti pubblici e nata con la Legge anticorruzione n. 190/2012, il Parlamento ha ora approvato la proposta di legge C.3365-B “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”. L’obiettivo del legislatore è quello di incentivare i dipendenti, ora sia pubblici che privati, a segnalare le condotte e i fatti illeciti di cui siano testimoni rimuovendo timori di possibili ripercussioni, quali ad esempio il demansionamento o il licenziamento. La nuova normativa infatti estende la tutela prevista per i dipendenti pubblici dall’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – Testo unico sul Pubblico impiego – anche ai dipendenti di enti pubblici economici, dipendenti di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, nonché ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica (così all’art. 1. c. 2-3 DDL C. 3365-B).
I destinatari della nuova disciplina – Le forme di tutela del “segnalatore” (o c.d. “Whistleblower”) sono ora previste: 1. per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, nonché ai dipendenti delle imprese che forniscono beni e servizi alla Pubblica Amministrazione; 2. Anche per il settore privato, con l’introduzione dell’obbligo di prevedere nei c.d. “Modelli 231” (ossia i modelli organizzativi e di gestione, predisposti dalle società ai sensi del decreto 231/2001 sulla responsabilità degli enti, adottati per adottare le migliori pratiche per ridurre il rischio di reati e prevenirne la commissione) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori e specifici canali di segnalazione (di cui almeno uno con modalità informatiche) che garantiscano la riservatezza dell’identità. I modelli inotre dovranno anche adottare sanzioni nei confronti di chi viola la tutela del segnalante e di chi (con dolo o colpa grave) effettua segnalazioni infondate.
Diviene perciò di fondamentale importanza per le imprese e gli enti, affinché i Modelli 231 siano idonei, effettivi e tutelanti, provvedere (al più presto) ad un aggiornamento del modello e dei relativi protocolli.
Le novità sulla tutela del segnalatore – Il dipendente autore della segnalazione relativa ad illeciti noti per via dell’attività lavorativa non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure ritorsive; in aggiunta il legislatore prevede espressamente la nullità degli atti discriminatori compiuti verso il lavoratore, con l’obbligo di reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento, sia per i dipendenti pubblici che privati.
Con un’ulteriore forma di tutela a livello probatorio: la novella prevede espressamente l’inversione dell’onere della prova, ponendo in capo all’ente dimostrare l’estraneità della misura adottata rispetto alla segnalazione (nuovo comma 7 dell’art. 54bis. – Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, d. lgs. n. 165/2001, per i dipendenti pubblici; nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’art. 2 – Tutela del dipendente o collaboratore che segnala illeciti nel settore privato, d. lgs. n. 231/2001). È inoltre vietato rivelare l’identità del whistleblower, mentre restano sempre inammissibili le segnalazioni anonime; va segnalato che il divieto di rivelazione dell’identità, in caso di processo penale, viene meno alla chiusura delle indagini preliminari. Ovviamente, le forme di tutela del dipendente non si applicano in caso di condanna per calunnia (o diffamazione) anche in primo grado per le vicende segnalate; in questo caso, peraltro, potranno-dovranno essere previste sanzioni nei suoi confronti.
Sanzioni anche a carico dell’ente – Oltre alla responsabilità personale per gli atti o fatti che dovessero venire accertati a seguito delle segnalazioni, la nuova normativa conferisce all’ANAC il potere di sanzionare l’ente a seguito del ricevimento della segnalazione di atti discriminatori; se l’ente verrà ritenuto responsabile la sanzione ammnistrativa pecuniaria potrà arrivare sino a trentamila euro. In aggiunta, qualora la segnalazione non venga nemmeno verificata o l’ente non sia dotato di procedure adeguate per la verifica delle segnalazioni, l’ente è sanzionabile – sempre a livello pecunario – fino a cinquantamila euro.
Mancano meccanismi premiali – Forse questo profilo presterà il fianco alle critiche che vedono nel “Whistleblowing” più un sistema di “delazione” che un meccanismo a tutela delle imprese e della legalità, ma per rendere questo nuovo istituto un sistema effettivo ed efficace, manca il “la” motivazionale. Perché, pur vero che dovrebbero essere motivi sufficienti da un lato il dovere del pubblico ufficiale di denunciare (per la gran parte dei dipendenti pubblici) e dall’altro in generale il senso etico e morale, questo spesso rischia di non essere sufficiente a garantire il flusso informativo, cioè la presenza di segnalazioni. In numerosi ordinamenti, infatti, i segnalatori conseguono anche un vantaggio diretto (economico) quando la loro denuncia si riveli veritiera ed importante. Ad esempio negli Stati Uniti, dove questo istituto è nato e da cui prende il nome, la legislazione prevede veri e propri premi in denaro al segnalatore: il Dodd-Frank Act nel caso in cui la segnalazione porti ad un accertamento positivo della condotta illecita a seguito di indagini della Commissione SEC (Securities And Exchange Commission), riconosce al segnalatore una somma tra il 10 e il 30 percento della sanzione comminata, se superiore ad un milione di dollari (quindi solo per fattispecie ritenute gravi). Al contempo, però, si ritiene che oltre al sistema premiale dovrebbe essere previsto un altrettanto serio (e rigido) meccanismo sanzionatorio per le segnalazioni che si rivelassero poi infondate, specialmente nei casi di dolo e colpa grave.
Infine, numerose le critiche secondo cui questo nuovo sistema sarebbe o inutile o dannoso, in quanto incentiverebbe la “delazione” o comunque un clima di sfiducia sul posto di lavoro; un meccanismo per attaccare superiori e dirigenti. Tuttavia, a parere dello scrivente, proprio con un adeguato sistema premiale da un lato e sanzionatorio dall’altro tutte queste note critiche sarebbero superate, responsabilizzando adeguatamente segnalati e segnalatori.