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É un diritto solo quando ti rende felice o migliore.

Non esistono temi di destra o di sinistra.

A tutto voler concedere, esistono modi vagamente di destra o di sinistra di affrontare lo stesso tema.

I problemi ad esempio della legittima difesa, quello dell’utero in affitto, quello dell’aborto e milioni di altri sono problemi dell’uomo, cui ci si può relazionare in modo diverso a seconda delle proprie idee, punti di vista, propensioni e – purtroppo spesso – pregiudizi e idee eteroalimentate.

Sul tema dell’aborto, ad esempio, si può essere a favore, ritenendo che sia preferibile vi sia una procedura della Repubblica all’interno del SSN, cosa che evita il ricorso a privati privi di idonea qualificazione per operare in sicurezza (mammane), oppure contrari, ritenendo che comunque una vita non vada mai soppressa.

Ma dire, come fanno moltissimi, che l’aborto “é un diritto
fondamentale della donna” significa non avere un’opinione ma aver interiorizzato, acriticamente, un vero e proprio fattoide.

Fattoide é un termine elegantissimo per dire “cazzata”, non posso sempre dire parolacce.

É la stessa logica del “non so se è vero, ma io intanto lo condivido!” contro la quale prima o poi i coglioni di tutti noi si sono trovati a sbattere per poi cadere.

L’aborto non è mai definito come “diritto” nella legge 194 né in alcun altro testo normativo della Repubblica. Neppure negli USA l’aborto è, giuridicamente, costituito come diritto, ma si basa su un precedente giurisprudenziale (ma Biden e Kamala, peggio di Erode, hanno già dichiarato che vorrebbero che lo fosse).

Soprattutto, non può mai in alcun modo essere definito da un cervello adeguatamente acceso e focalizzato un diritto “fondamentale” dell’uomo o della donna: i diritti civili non c’entrano nulla con le pratiche abortive e riguardano, semmai, il diritto alla vita, tutto
all’opposto.

Cosa vorrebbe dire che l’aborto é un diritto fondamentale della donna? Che la donna dovrebbe essere libera di scopare senza usare una delle dozzine di mezzi di contraccezione oggi a disposizione pressoché gratuitamente, perché tanto poi potrebbe sopprimere la vita nata dentro di lei, anche comodamente a casa, con le pillole dei giorni dopo? Oppure in ospedale, con un servizio pagato con le tasse di tutti?

Qui non c’è nessun diritto, c’è solo ignoranza, c’è solo, semmai, un capriccio e un narcisistico “io faccio quello che mi pare proprio solo perché lo posso fare”.

Ma un diritto è tale solo se ti rende felice o migliore…

Solo se fa bene a te e a tutti gli altri, senza far del male a nessuno, perché non si costruisce mai la propria felicità
sull’infelicità altrui.

Se non ti rende felice o migliore é solo una fregatura e lo chiamano diritto solo perché vogliono incularti.

L’aborto è previsto per i maschi, che così possono avere a
disposizione quando vogliono il corpo della donna, esattamente come un giocattolo.

Senza alcun bisogno di impegnarsi a far fronte alle conseguenze che potrebbero derivare dall’essere entrati in intimità con una donna – perché loro il corpo di quella donna lo vogliono solo usare, non lo vogliono amare – perché tanto dopo c’è l’aborto…

E l’aborto è sempre un affare della donna, il maschio al massimo le stacca signorilmente un assegno e glielo mette in mano, ma non la accompagna nemmeno il giorno in cui dovrà andare a farlo. E non c’è quando subirà gli effetti ormonali e, soprattutto, quelli emotivi dell’interruzione.

Tante donne soffrono ogni anno il giorno in cui sarebbe dovuto nascere il bambino che hanno abortito. Quando provano a condividere col marito questo dolore si sentono rispondere cose come “sai che é affar tuo”.

L’aborto è una inculata fondamentale della donna, altro che diritto. É solo un’inculata.

E il femminismo é in larga parte un movimento che odia e detesta le donne, come solo altre donne sono capaci di fare.

Se sei convinto del contrario, forse potrebbe aiutarti guardare il film “Inception”.

Evviva noi.

(l’eventuale condivisione é sempre gradita)

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Ricorso alla Corte Europea Diritti dell’Uomo: occorre un avvocato?

Quante volte avrai sentito parlare del ricorso alla Cedu e ti sarai chiesto come fare, a chi rivolgersi, se ne vale la pena, quanto tempo dovrai aspettare, quanto costa….

Beh, sicuramente sono tutte domande più che lecite e ti posso dire subito che sul web puoi trovare centinaia di risorse utili per acquisire almeno le informazioni di prima mano, quelle che possono aiutare ad infarinarsi un pò.

Certo è che, a mio avviso, si tratta di un procedimento dove l’avvocato gioca un ruolo centrale: curiosamente nelle prime fasi si può anche farne a meno, ma ritengo che il tecnicismo che caratterizza questo ricorso sia il motivo principale per cui mi sento di consigliare l’affidamento del dossier da subito ad un tecnico esperto.

Perchè questo? è semplice: basta dare un’occhiata al modello di ricorso che la stessa Corte mette a disposizione sulla rete per rendersi conto che bisogna prestare la massima attenzione ai dettagli.

Ovviamente tutti possono (o potrebbero) da soli compilare il c.d. “formulario”, ma certe sfumature soprattutto in diritto le può cogliere solo un avvocato che si dedichi costantemente alla specifica materia:  è quell’accorgimento che contribuisce ad elevare significativamente le possibilità di riuscita di tutta l’operazione.

Primo consiglio quindi: farsi affiancare dal difensore.

Sappi poi che la Corte EDU non vuole saperne di ricorsi incompleti; in buona sostanza se vedi come è strutturato il formulario ( http://www.echr.coe.int/Documents/Application_Form_2014_1_ITA.pdf ) potrai subito percepire che si tratta di un documento avente un valore giuridico ben preciso, tant’è che l’Organo sovranazionale lo dice espressamente nel preambolo, con una sorta di ammonimento.

Il formulario dovrà essere compilato in ogni sua parte, meticolosamente: si tratta di un accorgimento essenzialmente tecnico che serve alla Corte per avere sott’occhio tutto l’insieme degli argomenti rilevanti per il ricorrente.

Da sapere: la Corte EDU non rilascia consigli tecnico giuridici a chi li dovesse eventualmente chiedere prima di compilare il formulario; è vero però che mette a disposizione della vasta platea di possibili ricorrenti europei istruzioni e guide in varie lingue, tutte facilmente reperibili on line (altro motivo che indirettamente segnala l’importanza di avere a fianco l’avvocato angelo custode).

Nella mia esperienza posso dire che spesso mi sono imbattuto in richieste di assistenza giunte a studio….all’ultimo minuto: inutile dire che si tratta dell’approccio errato e che sconsiglio fortemente, non tanto per il fatto che questo ricorso può essere presentato non oltre sei mesi dall’ultima decisione definitiva nazionale (diventeranno quattro), ma perché tutta la procedura richiede calma e pazienza, meticolosità, precisione, conoscenza approfondita della Convenzione e tanto altro….

Lo studio e la preparazione per tempo del ricorso alla Corte Edu saranno quindi una garanzia per chi ricorre: se questa condizione verrà soddisfatta, allora potremo dire che varrà la pena presentarlo.

Vuoi sapere quanto ti può costare un ricorso CEDU con l’assistenza di un avvocato? Sei preoccupato per i costi?

Tranquillo, è molto semplice: con il difensore che avrai scelto perché ti ispira fiducia potrai metterti sempre d’accordo sul “come” e sul “quanto”.

Ad ogni modo se tu volessi avere qualche altro riferimento normativo o sui parametri forensi nel caso tu non abbia concordato i compensi prima di formalizzare l’incarico, vai su www.cnf.it che è l’Organo istituzionale dell’avvocatura italiana, poi via sulla voce “avvocati”, quindi sulla voce “parametri”, infine clicca su “decreto 55/14” e leggi i valori riportati dalla tabella 14.