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Casa ereditata in comunione e alloggio popolare.

mia moglie ha ereditato alla morte di mio suocero,un terzo del 50% di un alloggio dove risiede ancora mia suocera che era comproprietaria con mio suocero,tra l’altro mia suocera e vivente quindi e inpensabile la vendita di detto alloggio,ora di conseguenza ad una situazione nostra familiare dovuta a crisi e salute,ci troviamo ad aver bisogno di aiuti da parte del comune vedi iscrizione per la casa popolare e quant’altro,mi hanno suggerito di dimostrare di aver tentato di vendere la quota agli altri fratelli o alla madre ma di non esserci riuscita oppure di fare rinuncia all’eredità,premetto che non ci sono alcun tipo di discordia tra loro fratelli ora le chiedo: cosa posso fare come posso fare ma sopra tutto cosa mi consiglia di fare per risolvere il nostro problema. Oltre tutto l’alloggio ,mia suocera ed il fratello e la sorella di mia moglie sono a Palermo mentre noi viviamo a Collegno

La cosa non mi sembra avere molto senso, considerando che, ai sensi dell’art. 540 cod. civ., il coniuge superstite è titolare di un diritto di abitazione sulla casa familiare dopo il decesso dell’altro e nonostante che la proprietà cada in successione.

In virtù di questa disposizione, la vostra quota è comunque al momento inutilizzabile, è come se la casa si trovasse in comodato gratuito ex lege da voi alla suocera, con durata pari alla vita di quest’ultima.

Considerando questo, tale quota non dovrebbe avere la minima rilevanza nella determinazione delle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, potendo diventare rilevante solo una volta che sarà deceduta la titolare del diritto di abitazione. Anche in quel caso, peraltro, trattandosi di un bene in comunione e quindi non utilizzabile in via esclusiva mi pare che la rilevanza non possa che essere minima.

Non mi sembra quindi che l’indicazione che vi hanno dato possa avere utilità o senso, in ogni caso non posso darvi consigli diretti a mettere in pratica l’apparenza di una realtà che non c’è e non c’è mai stata. Credo che dobbiate affrontare il problema da un altro punto di vista o approccio.

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Diritto alla casa: se ci sono dei figli viene meno?

come posso fare appello al mio diritto alla casa al mio comune di residenza se questi mi rispondono che sono i miei figli che mi devono aiutare? N.b. sono un invalida civile al 50 per cento non ho lavoro non ho casa e il comune mi ha dato una residenza fittizia

La descrizione del caso è davvero troppo sintetica per poter dare una risposta utile, ma si può tentare di fare qualche riflessione generale, per quel poco che può valere.

Molti regolamenti comunali in materia assistenziale prevedono la rilevanza della presenza o meno di familiari in grado di prestare assistenza, richiedendo un loro contributo o determinando un posto più basso in graduatoria per l’assegnazione di benefici a quelle persone che appunto avrebbero dei parenti tenuti agli alimenti ai sensi degli artt. 433 e ss. cod. civ..

Questo potrebbe essere il tuo caso, che comunque andrebbe approfondito molto più accuratamente, vedendo cosa prevede il regolamento del tuo comune di residenza e comparandolo con la tua situazione familiare in concreto.

Per fare questa cosa, ti servirebbe un avvocato, che poi potrebbe attivarsi svolgendo attività sia presso il comune sia presso i figli per vedere se si riesce, magari col contributo di tutti, a trovare una soluzione.

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In caso di infiltrazioni nell’alloggio ACER a chi tocca intervenire?

mia madre è assegantaria di un alloggio Ater a Roma. Il regolamento consultabile all’indirizzo :www.aterroma.it/DOC/Normativa/RegolamentoInq.pdf mi sembra poco chiaro, se non vessatorio in alcuni punti. Dopo 30 anni e passa, il bagno presenta gravi perdite d’acqua. L’inquilino sottostante lamenta gravi infiltrazioni. Ho già sollecitato l’ente che in un sommario sopraluogo ha liquidato la cosa come una perdita dovuta a dei flessibili danneggiati. Magari! Il danno invece dopo aver consultato 2 idraulici richiede la sostituzione delle tubature acqua fredda e calda, in prossimità della colonna centrale. Le tubature sono praticamente marce. L’infiltrazione sta danneggiando anche le pareti attigue dell’alloggio, nonché mettendo in pericolo l’impianto elettrico. La spesa preventivata dagli idraulici supera i 2 milioni di euro. Per una p ensionata sociale, vedova e invalida è una spesa gravosa. A chi tocca riparare il danno? Vista l’entità e il costo al padrone, no?

Non ho tempo ovviamente di leggere il regolamento, nè sono molto convinto – anzi, tutto al contrario, mi pare improbabile – che in una materia come questa possa far testo il regolamento, piuttosto che le disposizioni di legge fondamentali in materia.

Mi pare che sia con buona probabilità escludibile (anche se, ovviamente, andrebbe accertato in concreto) che si tratti di un intervento a carico dell’inquilino o assegnatario, gli oneri che si pongono a carico del quale sono solitamente ispirati al concetto della «piccola manutenzione».

La strada migliore per trattare un problema come questo sarebbe il ricorso per CTU preventiva, su cui puoi consultare la scheda pratica nel nostro blog, cui tua madre potrebbe forse accedere facendosi ammettere al patrocinio a spese dello Stato.