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Geometra va nelle case per lavoro: serve green pass?

Sono un geometra libero professionista. Devo avere il green pass quando vado a casa delle persone per effettuare sopralluoghi, misurazioni e comunque il mio lavoro?

 

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A mio giudizio no, per niente.

L’art. 9 septies, comma 2°, del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, così come modificato dal celebre decreto 127, che ha introdotto il green pass «forte» sui luoghi di lavoro, prevede, con riferimento al tuo caso, che la richiesta del green pass sia prevista anche per «tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa … nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni».

Il precedente comma 1 della stessa disposizione parla di «chiunque svolta un’attività lavorativa nel settore privato… ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta».

A me pare che la normativa attualmente in vigore si riferisca solo ed esclusivamente ai luoghi di lavoro, cioè alle sedi delle aziende o, al massimo degli studi professionali, con esclusione delle abitazioni.

Secondo l’art. 12 delle preleggi, «nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore».

Per quanto concerne il significato letterale, ti ho appena mostrato che la legge parla espressamente di luoghi «di lavoro», escludendo dunque le abitazioni private. Lo stesso decreto 127 reca, del resto, come rubrica «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato» 

Sotto il profilo teleologico, quello relativo all’intenzione del legislatore, è evidente che la normativa in essere ha come scopo quello di contenere un’epidemia di microorganismi patogeni. È, sotto questo profilo, molto più probabile che la diffusione dell’epidemia possa essere agevolata in un’azienda frequenta da molte più persone che un’abitazione privata, dove per impedire il contagio sono sufficienti i dispositivi di protezione individuale.

È rilevante anche quanto dispone l’art. 14 delle preleggi, secondo cui «le leggi … che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati». Sotto questo profilo, va considerato appunto che la normativa in questione, sicuramente eccezionale e d’urgenza, non è suscettibile di interpretazione estensiva, per cui non si può sotto alcun profilo ritenere che quando il legislatore ha fatto riferimento ai luoghi di lavoro abbia inteso anche le abitazioni di residenza. 

In conclusione, dovrai presentare il green pass solo qualora il tuo cliente fosse un’azienda, in questo caso sei tenuto all’obbligo ai sensi del comma 2° che ti ho citato all’inizio. In tutti gli altri casi, a mio giudizio, il green pass non è dovuto.

Due considerazioni finali:

  • sei tenuto a richiederlo ai soggetti che venissero per svolgere prestazioni lavorative presso la tua sede di lavoro, come ad esempio il tecnico della caldaia, eventuali elettricisti, idraulici e così via;

  • sei tenuto a mio giudizio a formare il documento di cui al comma 5 dell’art. 9 septies già citato, entro il prossimo 15 ottobre, salvo proroghe, proprio per il motivo di cui al punto precedente, di cui ti metto di seguito un esempio molto semplice:

Ai sensi della. 9 septies, comma 5°, del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, così come introdotto dal decreto legge 127/2021, art. 3, dichiaro che i controlli di cui alla stessa norma verranno effettuati all’ingresso dei locali con l’applicazione «VerificaC19» per i soggetti di cui al comma 2 della stessa norma che, a qualsiasi titolo, dovessero venire a svolgere la loro attività lavorativa presso il nostro negozio. Addetti ai controlli sono i tre soci indistintamente. Sarà rispettato comunque il DPCM di cui al comma 5, ultimo periodo. Data, ora

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Coronavirus: normazione e bufale ufficiali.

Dove è scritto cosa si può fare e cosa no (nota del 22/3/2020)?

Quello che si può fare in Italia in relazione alla crisi determinata dall’epidemia del coronavirus è determinato dal concorso tra la normazione nazionale, i quattro (ad oggi) DPCM appunto del presidente del consiglio principalmente, e quella regionale.

Naturalmente, la normazione nazionale si applica in tutta Italia, quella regionale solo nella regione relativa.

Abbiamo dunque a riguardo un particolarismo giuridico: qui in Emilia, ad esempio, si possono fare cose che non si possono fare in Lombardia.

Naturalmente tutto questo è destinato a creare ulteriore confusione, oltre che potenziali inique disparità di trattamento tra i cittadini, per cui sarebbe stato probabilmente meglio che la legislazione emergenziale fosse stata riservata allo Stato e uniforme su tutto il territorio, anche solo perché la chiarezza circa cosa si può fare e cosa non si può è il primo requisito per potersi aspettare che le regole siano poi rispettate.

Ad ogni modo, tieni presente che, per capire che cosa fare, devi guardare sia la normazione dello Stato centrale sia quella della tua regione. Se la normativa regionale è più restrittiva, vale quella regionale.

I quattro decreti nazionali.

In questo post, raggruppo i testi normativi principali della normazione d’emergenza sul coronavirus, in modo da poter avere un documento unico cui far riferimento nei vari altri post che sto scrivendo in questi giorni a riguardo, ma anche per poter fare alcune osservazioni utili a far capire come deve essere «letta» questa normativa, anche in considerazione della notevole confusione a riguardo e delle tante cose inesatte che vengono dette, anche da fonti considerate «ufficiali», che stanno producendo una pletora di bufale e fake news di cui non c’era proprio bisogno in un momento come questo.

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Come è noto, in materia si sono succeduti in pochi giorni tre decreti del presidente del consiglio dei ministri. Non si tratta di decreti legge o atti aventi valore legislativo, ma di «alti» atti amministrativi, che sono comunque vincolanti e giuridicamente validi, ovviamente, per i loro destinatari.

Per maggiori informazioni sui tre decreti, si possono leggere i singoli post in cui ho parlato, sia pure in maniera disordinata e facendo vari interventi di aggiornamento, data la velocità con cui bisognava rendere le informazioni, degli stessi, che trovi di seguito:

Coordinamento tra i decreti.

Ognuno dei decreti successivi al primo prevede espressamente la propria prevalenza sul precedente in tutte le parti eventualmente incompatibili. Pertanto, il terzo decreto, ad oggi, è quello che prevale su tutti, il secondo prevale sul primo: insomma si segue il criterio, del resto tradizionale nell’interpretazione degli atti normativi, della prevalenza del provvedimento posteriore su quelli precedenti, ove incompatibili.

Come si interpretano i decreti.

I tre decreti non sono chiarissimi, nè scritti bene: sono provvedimenti redatti in situazioni di urgenza, con evidente concitazione, uno dietro l’altro, senza più di tanto coordinamento tra gli stessi, con una tecnica di formulazione normativa di scarsa qualità, in linea del resto con la produzione legislativa degli ultimi decenni in Italia.

Detto questo, che è verissimo, resta però il fatto che la fonte primaria per interpretare i decreti, operazione che consente di capire che cosa le persone possono fare o non fare, sono e restano i decreti stessi, secondo le regole previste per la ermeneutica e cioè l’interpretazione dei testi normativi dal nostro sistema legislativo, contenute per lo più nelle cosiddette preleggi o «Disposizioni sulla legge in generale», poste in apertura del codice civile.

Vale, in particolare, l’art. 12, che impone di far riferimento al significato letterale dei testi normativi, illuminato però dalla «intenzione del legislatore» quale risulta, con oggettività, e non certo andando a spulciare i lavori preparatori, dal testo che si sta esaminando e dal contesto normativo «di sistema» in cui è inserito.

Le dichiarazioni anche ufficiali in contrasto con i decreti.

In Italia, abbiamo da sempre la piaga delle circolari.

Il problema delle circolari è questo. Viene scritta una legge che prevede che cosa si può fare e che cosa no. Fin qui tutto bene. Però poi succede che dentro ad un’amministrazione a volte viene preso un funzionario e gli viene dato incarico di scrivere una circolare, che dovrebbe avere lo scopo di illustrare meglio quello che dice la legge, in modo da chiarire come la stessa dovrebbe essere interpretata ed applicata.

Accanto a circolari molto ben fatte ed approfondite, abbiamo anche circolari davvero scadenti e poco aderenti al testo del provvedimento che dovrebbero illustrare e, ulteriormente, anche circolari in contrasto con la legge.

Il problema è che le persone poi fanno riferimento alla circolare anzichè alla legge originaria, cosa che è demenziale, oltre che essere vietato dalla legge e dalla costituzione, dal momento che l’obbligo del cittadino è quello di rispettare le leggi, non le opinioni sul contenuto delle leggi che può averne qualcuno, se queste opinioni sono in contrasto con la legge. Cioè, quello che prevale è sempre il provvedimento normativo, nel caso di cui ti sto parlando i famosi tre decreti.

Oggi, tutto questo è aggravato dal materiale che spesso le amministrazioni, per «venire incontro» ai cittadini, pubblicano sui loro siti web, per «far capire» meglio il significato di leggi, regolamenti e c..

Chi è che scrive questi chiarimenti? Il più delle volte non è dato di sapere, così come non è dato di sapere quale sia la sua preparazione, sia giuridica che relativa al campo interessato dalla legge, che, nel caso che ci interessa oggi, è quella sanitaria.

Un esempio: si può correre all’aperto o no?

Ieri ti ho fornito un post in cui ti spiego che a mente dei tre decreti non si può fare attività sportiva all’aperto perché equivarrebbe a una forma di «spostamento all’interno del territorio» che è vietata, in quanto potenzialmente atto a diffondere l’epidemia.

Ieri sera sono cominciate ad apparire sui principali quotidiani italiani, come ad esempio Repubblica, dichiarazioni secondo cui invece si potrebbe sia correre che «passeggiare» all’aperto, perché il ministero dell’interno avrebbe fornito dei chiarimenti a riguardo.

C’è una circolare, firmata dal capo di gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi che dice che queste attività sono consentite.

Dunque, per me la circolare dice una cosa in contrasto con i decreti, che dicono che non ci si può spostare.

Quindi prevalgono i decreti: l’attività fisica all’aperto non si può fare perché comporta uno spostamento che è vietato in quanto può favorire il diffondersi dell’epidemia.

Le cazzate delle fonti ufficiali.

Sempre sul sito del governo compaiono queste informazioni (questa volta non è dato sapere chi le abbia redatte).

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Questa è, secondo la definizione che ne danno i più fini giuristi ed interpreti, una cazzata.

La fonte è ufficialissima, perché è il sito del Governo italiano, ma rimane una cazzata.

Per sincerarsene, basta andare a leggere il primo decreto, art. 1, comma 1, lett. a) laddove si vieta «ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonche’ all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita’ ovvero
spostamenti per motivi di salute».

Se ti fermano i carabinieri e ti contestano che stai facendo una corsa o un giro in bici, non gli puoi dire che sul sito del governo non si sa chi ha scritto che si possono fare. Se ti denunciano e fanno partire un processo penale, al giudice, quando ci finirai davanti tra qualche anno, non potrai dire che l’hai fatto perché c’era scritto sul sito del governo italiano, perché ti ride in faccia.

Loro ti dicono che tu devi far riferimento ai decreti e a quanto prevedono loro, ed è giusto così perché se ogni pubblico funzionario o stagista della pubblica amministrazione si potesse inventare interpretazioni vincolanti allora quella sarebbe la fine definitiva del diritto.

La normazione regionale (aggiornamento del 23/3/2020)

Qui di seguito le due ordinanze della regione Lombardia più restrittive rispetto alla normazione nazionale:

Conclusioni.

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Stai in casa ancora per un po’. E che Dio ti benedica.

Aggiornamento del 18/3/2020 ore 23:45: ordinanza Emilia Romagna.

La regione Emilia-Romagna questa sera ha approvato una nuova ordinanza con la quale è espressamente vietato camminare, correre e andare in bicicletta all’aperto, così come avevo ipotizzato si dovesse già ricavare per interpretazione dai decreti vigenti.

Puoi leggere l’ordinanza, in vigore già da domani 19 marzo, qui.

È chiaro che questa ordinanza sarebbe bene fosse estesa ad ogni parte del territorio nazionale, probabilmente verrà copiata anche degli altri governatori se non addirittura recepita dal governo centrale di Roma.

Le conseguenze penali delle violazioni (agg. del 23/3/2020 ore 15:30)

Ti metto di seguito un video di superFranca in cui spiega molto chiaramente quali sono le conseguenze sanzionatorie in caso di violazione delle sanzioni e fa anche alcune considerazioni più generali sull’opportunità a livello sanitario di cercare di contenere il contagio al massimo grado. Buona visione.

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Il provvedimento emesso in sede di divorzio sostituisce la sentenza di separazione o si limita a integrarla?

un provvedimento del giudice successivo alla sentenza di separazione in un divorzio giudiziale, non modifica l’intera sentenza di separazione, ma solo il punto interessato dal provvedimento, vero? Il resto resta invariato?C’è giurisprudenza in tal senso?

Non esiste, ovviamente, una regola generale al riguardo, ma bisogna esaminare i due provvedimenti e vedere innanzitutto se il secondo provvedimento affronta espressamente la questione e, nel caso, che cosa prevede

In mancanza, invece, si deve confrontare il contenuto e cercare di capire, attraverso un’operazione appunto di *interpretazione* se il secondo provvedimento può essere ritenuto solo integrativo del primo o al contrario integralmente sostitutivo.

In diritto le domande generiche, che prescindono dal caso concreto, non hanno **mai** senso.