Ti aggiorno sulla mia situazione giga e telefonia, di cui al precedente post della scorsa settimana.
Ho telefonato tutti i giorni al servizio 191 per gli utenti business.
Ogni volta ho trovato un operatore che ha capito il problema, detto che ho ragione, promesso che, al massimo il giorno dopo, il servizio sarebbe stato ripristinato, con tante scuse da parte dell’azienda e così via.
Il servizio, tuttavia, non è mai stato ripristinato.
Al momento, non posso né telefonare, né connettermi alla rete, come se fossi un cliente moroso, quando invece i miei pagamenti sono tutti regolari. Oltre che per i servizi mobili, sono loro cliente, peraltro, sia per la fibra in studio che per la fibra a casa e dunque infilo loro in gola ogni mese un certo numero di euro.
Ho ovviamente fatto presente che la connessione non mi serve per vedere netflix, che tra parentesi detesto, ma per lavorare e cioè per fare appuntamenti tramite zoom, telefonia gsm e voip, come é del resto normale che sia se uno sottoscrive un contratto di tipo business e non per privati.
Non c’è stato niente da fare.
L’ultima operatrice con cui ho parlato, più indignata di me, mi ha giurato sui suoi figli che mi avrebbe richiamato il giorno dopo, cosa che però poi non è avvenuta tanto che sono preoccupato, adesso, sia per lei che per i suoi figli.
Qui non è Tim ad essere inaccettabile, il fatto è che un problema del genere sarebbe potuto capitare, e sono sicuro che capita, a tutti i clienti di qualsiasi operatore telefonico italiano.
Nel nostro paese, infatti, la liberalizzazione dei servizi telefonici ha comportato la compresenza di diversi player, nessuno dei quali tuttavia é ad oggi in grado di offrire un livello di servizio minimamente accettabile.
Sì certo, tu hai q-lophon e non hai mai avuto dei problemi, ma il punto é che é solo un caso. Se domani smetti di poter telefonare e di connetterti alla rete, potresti trovarti in una situazione identica alla mia in cui tutti dicono che hai ragione, anzi ragionissima, ma nessuno fa un razzo.
Tutte le telefonate col 191 sono registrate, naturalmente, compresa quella di attivazione del contratto poi totalmente inadempiuto da Tim.
A proposito, per registrare le chiamate, dopo che google – altra azienda priva da sempre di una visione con un minimo di validità – ha inibito la possibilità di farlo alle applicazioni di terze parti, bisogna sfruttare le app di telefonia del proprio produttore: col mio Note 10+ (sì, uso ancora un telefono di 4 anni fa e spero di continuare il più a lungo possibile) é stato sufficiente inserire una sola volta una SIM thailandese per sbloccare la relativa funzione. Altro modo per registrare le chiamate é quello di usare una applicazione VoIP come zoiper.
Appena possibile metterò le chiamate registrate online così ognuno potrà divertirsi a sentire le risposte del servizio clienti.
Nel frattempo, lato pratico – siccome i miei assistiti fanno affidamento su di me – mi sono procurato una SIM di un altro operatore con 300 giga mensili e un router portatile.
Lato legale invece ho fatto un esposto all’agcom.
A questa autorità, infatti, possono ricorrere, grazie a Dio, non solo i celebri «consumatori», ma anche i professionisti come me e gli imprenditori, cioè le utenze business appunto.
Mi sembra molto giusto, non è che si possa consentire alle imprese di telecomunicazioni di vessare una determinata categoria di clienti solo perché di natura professionale. Del resto, noi utenti business di fronte a situazioni come la mia e ai mille altri disservizi siamo indifesi esattamente come un consumatore.
All’agcom ho potuto allegare tutta la documentazione del caso, tra cui anche i files mp3 delle telefonate registrate, previa conversione da m4a con hazel e ffmpeg.
Una cosa carina di questa procedura di esposto ad agcom é che, subito dopo averla instaurata, puoi chiedere anche un provvedimento cautelare, nei casi, come il mio, in cui il servizio é interrotto completamente.
Ovviamente, ho chiesto anche il provvedimento cautelare. Promettono una risposta entro 10 giorni, staremo a vedere.
Se non risolverò in sede agcom, farò una causa legale facendomela finanziare e assicurare dalla mia compagnia di tutela legale.
In ogni caso, verrò risarcito.
Nel frattempo, siccome da un lato conosco il paese in cui vivo e, dall’altro, ho delle responsabilità verso i miei clienti, che hanno bisogno di parlare con me, mi sono arrangiato per garantire comunque il servizio, cosa che come cennavo nel post della settimana scorsa é frutto di un mindset preciso orientato a fare comunque il lavoro, mindset che posso avere solo in quanto, nonostante tutto, il mio lavoro mi piace.
Se vuoi restare aggiornato sulla vicenda ti raccomando di iscriverti al blog degl avvocati dal volto umano, dove metterò tutto il materiale.
1) Un cliente acquista, a prezzo quasi mai modico, una consulenza da un avvocato, corrispondente ad un’ora di tempo, poi buona parte del tempo va purtroppo sprecata in attività poco utili.
2) Quando si decide di fare un investimento, piccolo o grande, meglio cercare di farlo fruttare al meglio, eliminando o riducendo al massimo le perdite di tempo.
3) Un primo spreco di tempo, riguardo al quale non c’è molto da fare, consiste nel parlare di fatti, circostanze ed elementi che non hanno rilevanza per il lavoro che c’è da fare; qui non c’è granchè da fare perché un cliente difficilmente può sapere cosa é rilevante o no e quindi, per prudenza, largheggia nella descrizione del fatto, lasciando poi all’avvocato la scrematura.
4) Un’altra perdita di tempo si ha quando ci si deve mettere a recuperare o sistemare documenti che sono magari in una mail del cellulare, su supporto cartaceo in mezzo a mille altri fogli e così via. Se prepari, metti in ordine e denomini correttamente i documenti prima, guadagni molto tempo prezioso.
5) Altro tempo si perde a cercare di capire il problema e la situazione di fatto sottostante: puoi migliorare cercando di esporre subito il problema per cui chiedi un aiuto ed esponendo i fatti in modo chiaro, semplice, ordinato, consequenziale, senza saltare di palo in frasca e rimanendo ben focalizzato sull’oggetto.
6) Altri sprechi di tempo spesso vengono da resistenze e timori a passare alla fasedelfare, cioè al momento di iniziare a scrivere una lettera con cui iniziare a trattare il problema; purtroppo o per fortuna, la fase del fare é necessaria, anzi meglio passarci il prima possibile.
7) Altre corrosioni del tuo investimento in consulenza legale si hanno quando è necessario spiegarti che no, la soluzione che hai intravisto su google o che ti ha suggerito tuocuggino purtroppo non sono modi idonei di trattare il problema.
8) Non c’è alcun fastidio da parte mia quando si divaga, tu puoi parlarmi di quello che vuoi e farmi le domande che preferisci: questi sono solo alcuni consigli per chi vuole ottimizzare il tempo che ha acquistato con me, ma io lavoro volentieri con tutti comunque, quindi si tratta di indicazioni del tutto facoltative, definite ed elencate solo nel tuo interesse, che deciderai di usare a tua esclusiva discrezione.
In questi tempi, in cui sia i social sia google sono molto «ballerini» e le cose sono sempre più difficili da trovare, perché un algoritmo sceglie al posto tuo cosa farti vedere e cosa no, è fondamentale, assolutamente fondamentale che tu resti collegato alle fonti di informazioni che ti interessano.
In generale, ci sono molti modi per restare connesso al mio blog in modo stabile e permanente, sino ovviamente a revoca da parte tua, in modo da bypassare gli algoritmi stupidi sia di facebook che di google che di qualsiasi altra fonte intermedia, avendo un contatto diretto.
Innanzitutto, ti puoi iscrivere utilizzando la cara vecchia mail.
L’iscrizione via mail è quella che in fondo consiglio, soprattutto per un blog come questo che pubblica di norma solo un post al giorno.
Se segui questa strada, è fondamentale che insegni al tuo programma di posta a riconoscere come «buona» la posta che viene dal blog, cioè che tu gli dica che non è spam.
Sì perché anche qui, con la scusa della tua «protezione», possono mettersi in mezzo impedendoti di vedere dei contenuti.
Come fare questo, dipende dal sistema di posta elettronica che usi tu, sia dal fornitore che dall’applicazione che utilizzi. Se non sei in grado di provvedere da solo, puoi chiedere ad un amico più competente o ad un tecnico informatico, anche perché la gestione dello spam è fondamentale per qualsiasi cosa tu faccia, non solo per seguire questo blog.
Per iscriverti al blog via mail, puoi seguire le istruzioni più dettagliate rilasciate in questo precedente post, alla lettura del quale ti rimando.
Ulteriori metodi alternativi per seguire il blog, per utenti più avanzati, sono tramite telegram o via feed rss.
Se hai telegram, puoi cercare il canale «avvocati dal volto umano», oppure fare clic qui.
Il modo più avanzato, infine, è tramite un aggregatore come inoreader: in questo modo puoi seguire il feed del blog, che, come tutti i blog wordpress, si trova a questo indirizzo.
Grazie ancora per il tuo interesse all’iscrizione al blog.
sono in fase di attesa di udienza camerale per una denuncia da me presentata purtroppo infondatamente archiviata dal PM. Per la proposizione di opposizione mi ero rivolta ad un legale al quale ho concesso nomina e procura speciale. Vorrei ora, per motivi di mancata fiducia, revocare il mio legale: ho sentito parlare di ultraattivita' della
sono in fase di attesa di udienza camerale per una denuncia da me presentata purtroppo infondatamente archiviata dal PM. Per la proposizione di opposizione mi ero rivolta ad un legale al quale ho concesso nomina e procura speciale. Vorrei ora, per motivi di mancata fiducia, revocare il mio legale: ho sentito parlare di ultraattivita’ della procura per cui mi chiedo se in questa fase (ancora di indagini preliminari) devo necessariamente procedere a nuova nomina per ”liberarmi” del attuale legale. Preciso inoltre che, nell’atto di procura, è scritto che egli puo’ avvalersi di sostituti processuali per la costituzione di parte civile: chiedo se questa potrebbe essere causa di irrevocabilita’ in quanto considerato mandato conferito a piu’ persone e mi obbligherebbe al pagamento di una penale?
«Ho sentito parlare di ultrattività della procura» è una delle battute più belle che io abbia sentito negli ultimi cinque anni.
Queste sono le cose che succedono quando si prende la laurea in Giurisprudenza su google.
Purtroppo, si tratta di un problema reale: le persone non hanno più consapevolezza dei confini della propria competenza o, detto in altri termini, credono che «democrazia» significhi, automaticamente, poter acquistare la qualifica di esperto in ogni campo, un po’ come quelle persone di cui ogni tanto si dice che sono degli eclettici, senza però purtroppo esserlo veramente.
Il problema ha delle conseguenze negative non trascurabili per chi si trova ad avere a che fare con un problema legale, che ti voglio illustrare per bene.
Al momento, ad esempio, io lavoro a 100 euro all’ora, a livello di consulenza, come tariffa di base.
Orbene, data questa tariffa di base, e rapportandola al tempo cui si riferisce, ultimamente purtroppo molti clienti tra quelli che assisto sprecano almeno 60/70€ di «tempo», che hanno pagato, per farmi dire perché quello che hanno letto su google non c’entra un cazzo con il problema che mi hanno portato.
Oltre allo spreco di tempo, c’è anche un potenziale danno concreto sulla qualità del lavoro. Se io posso dedicarmi al tuo problema solo negli ultimi venti minuti rimanenti, non solo hai buttato via parte del tuo investimento, ma hai anche meno possibilità che io possa occuparmi in maniera efficace del tuo problema, perché il lavoro, specialmente quello legale, è fatto di cura e attenzione.
Un avvocato, in altri termini, ti vende la sua attenzione – che è oggi uno dei beni più preziosi, tanto è vero che tutti la vogliono – e lo fa per un periodo di tempo circoscritto e limitato perché questa sua attenzione la deve dare anche ad altri clienti e al resto delle persone della sua vita – figli, genitori, coniuge, amici, ecc. ecc..
Torniamo, dunque, ad un mondo in cui le cose di cui abbiamo «sentito parlare» sono l’Inter, la Juve, il Milan o i colori che andranno per le unghie la prossima stagione, cioè gli argomenti riversabili in una conversazione che potremmo sostenere al bar, davanti ad un cappuccino fumante…
Io capisco anche che questa voglia di approfondire nasca non da un desiderio di comprensione e di evoluzione, ma più semplicemente e banalmente dal fatto che non ci si fidi degli esperti. Questo lo capisco perfettamente, se c’è un periodo della storia che ha dimostrato che gli esperti prendono grandi cantonate è sicuramente stato questo dell’epidemia del coronavirus.
Ma dalla necessità di un esperto competente e onesto non possiamo uscire con una ricerca su google: l’unica possibilità di uscita è trovare un esperto che non sia un deficiente, altrimenti noi come società civile finiamo per fare peggio ancora, anche al netto del fatto che gli esperti veramente validi siano pochi dobbiamo, possiamo solo, cercare uno di quei pochi…
Chiusa, ora, questa doverosa parentesi, sulla tua situazione, di cui, persa nelle disquisizioni tecniche, esattamente come faceva Renzo con Azzeccagarbugli (poi dicono che Manzoni non è più importante da leggere), non dici assolutamente nulla nella sostanza, l’unica cosa che mi sento di dirti è questa: se si tratta di una situazione che ti sta a cuore, allora l’unica cosa che puoi fare è cercare un legale di fiducia con cui sostituire quello verso cui non ritieni più di avere fiducia; viceversa in caso contrario, ma a quel punto non avresti dovuto nemmeno iniziare: in tal caso, cerca di venirne fuori prima e nel modo più indolore possibile.
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Ti interessa un editor di testo che funziona con markdown all’interno di un qualsiasi browser web, quindi anche su dispositivi mobili, e si sincronizza con account di cloud come #dropbox o google drive, e consente addirittura di pubblicare i testi realizzati in questo modo su piattaforme come #wordpress?
A me personalmente molto, forse man mano che vedrai meglio come funziona capirai che può essere molto utile anche a te per la tua gestione documentale.
Mi ci sono imbattuto mentre ero alla ricerca di un sistema che mi consentisse di editare alcuni post «miliari» che ho sul blog, e che quindi modifico spesso, tramite altrettanti files di testo da tenere sincronizzati su tutte le mie periferiche, anche mobili. Ció in modo appunto da poter intervenire, tipicamente inserendo nuovi link, in modo molto semplice, con un linguaggio elementare come #markdown, facendo poi in modo che le modifiche venissero riportate sul blog.
In particolare, questo sistema mi serviva per le raccolte, i post di base per categoria, materia o interesse dove raccolgo i post rispettivamente più interessanti, a beneficio dei lettori del blog, dove, essendoci più di 6000 articoli ad oggi, orientarsi è sempre più difficile.
Per converso, non è agevole modificare i post direttamente dentro a #wordpress, specialmente se si lavora da un dispositivo mobile, dove l’unica soluzione possibile è l’app wordpress, che però è un po’ lenta e farraginosa, mentre quando si ha in mente un ritocco o una modifica “al volo” c’è bisogno di aprire il file relativo velocemente, ritoccarlo e richiuderlo senza perderci troppo tempo.
Stackedit mi consente di fare quello che comunque mi serviva, aggiungendo addirittura un servizio in più che può essere sempre utile quando si deve intervenire su files ma non si può configurare nulla, come ad esempio quando si sta usando un dispositivo di un altro: la possibilità di modificare i files tramite un #browser web. Puoi lavorare agli articoli che stai scrivendo anche dal computer di un amico, o di un luogo pubblico, o facendoti prestare un cellulare o un tablet…
Proviamo a immaginare di scrivere…
Andiamo comunque con ordine, immaginando, per comodità di esposizione, di creare un file di testo, un documento, tipicamente un post di #wordpress (ma ovviamente anche qualsiasi altra cosa una persona desideri), e seguendo il processo di creazione, modifica, sincronizzazione, pubblicazione.
Un esempio potrebbe essere proprio questo stesso post, che appunto ho scritto utilizzando dall’inizio alla fine #stackedit, in parte tramite #browser e in parte editando il file di testo sincronizzato dentro a Dropbox.
Come si deve fare dunque per creare un documento di testo con #stackedit?
Bisogna aprire un browser e collegarsi all’indirizzo stackedit.io, quindi cliccare sulla sezione per l’editing dei documenti. A questo punto io suggerisco di autenticarsi, con il proprio account #google, in modo da poter avere lo stesso ambiente di lavoro anche su tutte le altre periferiche che si utilizzano.
Questo è il metodo più diretto e lineare. In realtà, si può anche prendere un file di testo che esiste già nel proprio Dropbox e portarlo dentro a #stackedit facendo in modo che poi da quel momento venga sempre sincronizzato.
La sincronizzazione.
Il documento creato con stackedit da browser potrà essere sincronizzato sia con google drive che con dropbox. Una volta che sarà stata impostata la sincronizzazione con dropbox, ad esempio, tutto quello che avrai scritto nel documento tramite il browser web verrà riportato in un file di testo, appositamente creato, che ti ritroverai dentro al tuo dropbox.
La cosa bella, che rende stackedit superiore almeno in questo ad altri sistemi di creazione e modifica documenti on line come google documents, è che potrai sempre modificare il file di testo sincronizzato che si trova dentro al tuo dropbox e le modifiche verranno riportate nel documento dentro a stackedit. In questo momento, dunque, io sto scrivendo questo post all’interno del mio browser, che è #firefox. Potrei chiudere Firefox e aprire il file di testo sincronizzato corrispondente sul mio #Mac, tablet o cellulare e continuare a scrivere là dentro. Tutte le modifiche fatte da una parte o dall’altra saranno ovviamente sincronizzate e te le ritroverai sia aprendo il documento tramite il browser sia il file di testo di dropbox.
Questo è molto versatile, immagina di essere in un luogo pubblico con un computer con accesso a internet, ma senza i tuoi account o la possibilità di configurarli. Ti basterà aprire la finestra di un qualsiasi browser, autenticarti col il tuo account google e continuare a lavorare sui tuoi testi.
Viceversa, immagina di non avere la connessione a internet: niente browser, niente dropbox, niente google drive. Potrai lavorare sulla copia locale dei tuoi testi, che si sincronizzerà una volta che avrai nuovamente la connessione. Utile ad esempio tutte le volte in cui hai in mente una piccola modifica da fare, sei fuori, hai solo il cellulare e ti trovi in una zona in cui non c’è la rete. La tua creatività può proseguire, senza bisogno di attendere di nuovo la connessione di rete.
Per sincronizzare files di testo con dispositivi mobili, usando dropbox, la cui applicazione nelle periferiche mobili non effettua la sincronizzazione ma consente solo l’accesso, personalmente uso applicazioni di terze parti che fanno la sincronizzazione come dropsync.
Sincronizzazione con Google drive.
Oltre che con Dropbox, i documenti di Stackedit possono essere sincronizzati anche con Google drive. Nelle prove che ho fatto io, il documento sincronizzato non viene convertito in formato Google docs, ma conservato come semplice file di testo, quindi direi resti molto più utile la sincronizzazione con Dropbox.
Per spostare un file, basta tenere premuto a lungo e poi trascinarlo sulla cartella all’interno della quale lo si vuole inserire.
Ovviamente, stackedit può essere utilizzato con la funzione di dettatura vocale, come sto facendo io proprio in questo momento. Personalmente utilizzo la tastiera di Google, cioè Gboard, che secondo me è quella che consente più efficienza sia per la digitazione che per la dettatura e posso confermare che con stackedit funziona benissimo.
Ogni volta che crei un file nuovo devi dirgli che lo vuoi sincronizzare con Dropbox e ho Google drive, non è possibile ad esempio configurare stack edit per sincronizzare tutti i file con Dropbox ma lo devi scegliere volta per volta.
Il supporto alle revisioni.
Stackedit ha anche il supporto per le #revisioni, per cui è possibile risalire a qualsiasi versione anteriore del file.
Al supporto nativo, si aggiunge anche quello offerto da Dropbox tramite la sincronizzazione, per cui dovrebbe proprio essere possibile, seppur magari a volte con qualche sforzo, risalire alle versioni che si desidera del proprio testo.
Pubblicare su wordpress.
Introduzione.
Una volta completata la prima stesura del post, si può effettuare la pubblicazione, o, meglio, anche solo il caricamento in un sito worpress, come questo blog.
Infatti, ogni file di testo creato con stackedit possiede delle sue proprietà tra cui le categorie, i tag, ma anche lo status del post, che può essere impostato anche su pending, per l’ipotesi in cui non si voglia una pubblicazione immediata, ma si voglia intervenire in seguito, magari per inserire un’immagine, o perchè comunque c’è un flusso editoriale da rispettare come nel mio caso – come è noto, il blog pubblica un solo post al giorno dal lunedì al venerdì, per consentire una fruizione migliore a tutti i suoi lettori.
La pubblicazione su #wordpress non funziona come la sincronizzazione con dropbox: quest’ultima è bidirezionale, nel senso che qualsiasi modifica può essere applicata da entrambe le parti, stackeit o dropbox, e si ritroverà sincronizzata dappertutto. La pubblicazione su wordpress invece funziona in una sola direzione: se modifichi il file in stackedit.io (da browser o da dropbox o in altro modo), puoi aggiornare la pubblicazione e il post originariamente pubblicato col testo precedente verrà appunto aggiornato. Se, invece, modifichi il post dentro a wordpress, queste modifiche non verranno riportate in stackedit.io: anzi, se dopo aver modificato il post dentro a wordpress, lo modificherai anche dentro a stackedit.io, effettuando un aggiornamento del post da stackedit, le modifiche che avevi precedentemente fatto dentro a wordpress andranno sovrascritte e, di conseguenza, perse.
Inserire le tags.
Come ti dicevo, le tags possono essere inserite nelle proprietà del documento, andando in una apposita sezione. A me però piace marcare come «tag» le singole parole mentre le scrivo, anche perché dopo facilmente non me le ricordo. Per fare questo, si può utilizzare il simbolo del cancelletto tipico degli hashtag che si inseriscono su twitter, facebook, linkedin e altri social e usare un plugin come hasthagger che trasforma tutte le parole contenute in un post e precedute dal cancelletto in un tag del post, inserendo anche un link alla pagina che contiene tutti i post con la stessa tag, rendendo quindi l’hashtag del post sul blog funzionante come sui social. Molto comodo, sia per chi scrive che per i lettori del blog!
Gestire le immagini.
Con stackedit si possono anche gestire le immagini che dovranno comparire nel post su WordPress, proprio come l’immagine che compare in questo post, il logo di Stackedit stesso.
L’immagine va prima caricata nella galleria multimediale di WordPress, dopodiché se ne deve copiare il link.
Tornato a Stackedit, devi poi inserire l’immagine, all’altezza che vuoi, con la sintassi classica di markdown appunto per le immagini, mettendo in tale sintassi il link che avrai copiato.
Nelle proprietà del documento, si può anche impostare l’immagine in evidenza del post, usando lo stesso link che si era copiato precedentemente nella clipboard.
Attento allo status e alla data del post.
Se carichi un post su wordpress con lo stato di pending, definito nelle proprietà del documento, dopodiché dentro a wordpress lo pubblichi se poi, ulteriormente, modifichi il documento originario e vuoi sincronizzare le modifiche da stackedit a WordPress fai attenzione…
Devi modificare anche lo status dentro a Stackedit, altrimenti temo, pur senza aver mai provato, altrimenti, avendolo testato, succede che, sincronizzando, stackedit revochi anche lo stato di pubblicato al post e gli imponga di nuovo quello di post in revisione o pending, con il che il post diventerebbe irraggiungibile. Il post va messo nello stato di «publish» – e non published come si potrebbe pensare.
Un altro aspetto a cui fare attenzione nel momento in cui si modifica un documento dentro stackedit e si vogliono poi portare le modifiche nel post già pubblicato su wordpress è che si deve andare nella sezione appunto di pubblicazione e non cliccare su “publish to wordpress” ma cliccare su “publish now”, che è la voce più in alto attualmente nel menu. Nel secondo caso infatti si verifica una corretta sincronizzazione delle modifiche che vengono portate da stackedit a wordpress, nel primo caso invece stackedit purtroppo creerebbe un post duplicato.
Un’altra cosa.che viene scombinata aggiornando la pubblicazione da stackedit a WordPress è la data, se non la scrivi nelle proprietà del file. Ogni volta che aggiorni la pubblicazione, stackedit aggiorna anche la data e così sposta il post originario, almeno nell’ordine in cui compare in home page – per fortuna non cambia anche la data contenuta nel link altrimenti diventerebbe irraggiungibile.
Dopo la pubblicazione, dunque, è buona norma inserire la data tra le proprietà del documento.
Cosa non mi piace.
Ogni volta che cambi browser devi ricollegare tutti gli account ulteriori come Dropbox o WordPress. Stackedit anche se sei autenticato non li collega al tuo account google.
Il file system e relative cartelle che costruisci su stackedit si sincronizza con tutti i browser in cui apri di nuovo stackedit ma non invece con dropbox, cioè vengono copiati solo i singoli files che si ritiene di sincronizzare e tutti dentro ad una stessa cartella (o a quella diversa che decidi volta per volta). Nel momento in cui sposti un file in stackedit da una cartella «attiva» ad una cartella di archivio, perché ad esempio si tratta di un file contenente un post del blog che hai già pubblicato e su cui non devi più lavorare in futuro, poi devi andare a fare lo stesso spostamento di «archiviazione» dentro a dropbox. Sarebbe molto meglio se la sincronizzazione fosse impostabile di default per tutti i nuovi files che crei e funzionasse a livello di spazio di lavoro e cioè fosse riferita non solo ai singoli files ma anche alle cartelle in cui sono contenuti.
Non funziona bene con Firefox, che è il mio browser preferito per tanti motivi e sopratutto per il fatto che #Chrome è non offre una funzione di leggibilità ed è di molta più difficile lettura del «vecchio» Firefox – il termine «vecchio» è per chi come me ha iniziato ad usare internet ai tempi in cui c’era il glorioso netscape, che poi è in seguito diventato Mozilla Firefox. Netscape è stato il primo, storico browser.
Da usare con Chrome.
Stackedit su #Android, infatti, funziona meglio con Chrome.
Al momento, con Firefox, il browser che uso io, presenta un primo baco fastidioso: a inizio paragrafo spesso si fa fatica a inserire la prima lettera. Un altro baco riguarda il copia e incolla, che almeno su Android non funzione bene.
Consiglio quindi di usare Chrome, anche se è un browser che mi piace poco, magari salvando sulla home il collegamento alla pagina di stackedit, in modo da poterlo poi aprire come una applicazione. Anzi, aprendo stackedit con Chrome, il sito viene riconosciuto come una “app” e Android propone di “installarla” tra le altre app: se confermi, poi trovi la app, che poi è solo un collegamento, insieme alle altre e puoi ovviamente metterne una copia sulla home screen.
Installazione su Mac.
Aprendo Stackedit su Mac con Chrome, nel menu «hamburger» di Chrome in alto a destra, quello coi tre puntini uno sopra l’altro, in verticale, compare la sotto voce «Installa stackedit». Se fai questo, Stackedit viene installato sul Mac come se fosse un’applicazione locale, con tanto di icona nel dock.
Consiglio di eseguire questo setup, per poter poi aprire l’editor molto più facilmente, senza bisogno di passare direttamente da Chrome.
Una volta comparsa l’icona nella parte inferiore o destra del dock in Catalina, l’icona stessa va trascinata nella parte superiore o sinistra, dove ci sono le applicazioni che compaiono in modo stabile, altrimenti l’icona scomparirà alla chiusura del «programma».
Se cambi il nome del file in stackedit non si sincronizza. Nemmeno se cambi cartella. Sarebbe stata più funzionale una sincronizzazione di tutto il file system.
Conclusioni.
Ricordati di iscriverti al blog, per non perdere il post del giorno con consigli utili, che non trovi da nessun’altra parte.
Finalmente su Google Play Libri si possono ricercare anche gli ebook caricati senza DRM. Inoltre google ti mostra i risultati dei tuoi libri anche mentre stai facendo una ricerca web.
Usi Android di Google o iOS di Apple? Secondo te qual è meglio per lavoro e/o divertimento? Comincio io: questo status è stato scritto e pubblicato con Android…
La mia esperienza di storico utente iOS ed Apple con Android e le cose che il robottino fa decisamente molto meglio di iPhone e iPad.
Oggi ti parlo del modo più efficace di cambiare indirizzo ad un contenuto che hai pubblicato con wordpress, come ad esempio un post come questo.
Perchè ti può venire bisogno di cambiare indirizzo ad un contenuto già pubblicato?
Un caso classico è quello in cui cambi il tipo di contenitore, cioè il formato di quel contenuto, ad esempio da post a pagina, perché ad esempio il post è molto letto ed è diventato una «pietra miliare» del tuo blog, oppure viceversa, perché le pagine ad esempio sono diventate troppe e alcune cose si possono mettere più agevolmente nel classico formato del post.
A me, ultimamente, è capitato di farlo passando dal formato «FAQ», ottenuto grazie ad un apposito plugin con cui avevo creato una apposita sezione di Frequently Asked Questions, al formato post, smantellando questa sezione che, alla lunga, si era rivelata una complicazione inutile.
In teoria, wordpress dovrebbe creare di «ricollegamenti» automatici tra il vecchio indirizzo e il nuovo dello stesso contenuto, nel momento in cui cambi il tipo, ma questa cosa non sempre funziona, specialmente quando il formato è speciale come appunto nei casi in cui lo si ottiene con un apposito plugin.
Meglio agire a livello di gestione del sito.
Ma perché è necessario compiere operazioni del genere?
Innanzitutto è una forma di riguardo per i lettori del blog, che possono non trovare un contenuto collegato ad un altro post perché appunto non funziona più il collegamento.
Ma, soprattutto, è una forma di riguardo anche per google che, se non ritrova la roba allo stesso posto in cui si trovava prima, si incazza e penalizza il tuo sito nei risultati di ricerca (SEO), perché giustamente lo ritiene il sito di uno che non sa lavorare con il web e fa pasticci con i contenuti…
Questo ovviamente per tutti coloro che lavorano con il web è da evitare assolutamente.
Dunque, fatte queste premesse, il modo migliore per gestire questa operazione è andare a modificare il file .htaccess che si trova nella radice del blog.
Il modo migliore per fare questa operazione è accedere tramite il vecchio protocollo FTP al server su cui gira il blog. Personalmente, uso sul Mac un client, disponibile anche in ambiente windows, che si chiama Cyberduck e che consiglio di provare anche a te.
Dopo aver eseguito l’accesso, è importante dire a Cyberduck di visualizzare anche i files nascosti, perché di default non lo fa, mentre .htaccess, con il punto all’inizio del nome è appunto un file nascosto. Per farlo, devi andare in Visualizza e selezionare appunto l’opzione «Visualizza files nascosti» oppure premere, con Cyberduck in primo piano, SHIFT+COMMAND+R. Se procedi in questo modo, però, dovrai farlo ogni volta che ti connetti, invece la cosa consigliabile è settarlo direttamente nelle preferenze di Cyberduck, come mostrato nell’immagine che segue:
Una volta entrati nel server ftp e localizzato il file .htaccess si può fare l’editing direttamente senza bisogno di scaricarlo, modificarlo e poi tornarlo a caricare – si occupa in background Cyberduck di tutte queste operazioni in modo da farla sembrare una modifica locale.
Fai quindi a questo punto clic destro su .htaccess, scegliendo «Modifica con…» e scegliendo poi l’editor installato sul tuo computer, nel mio caso quello di default di ogni Mac e cioè TextEdit.
La sintassi da usare è la seguente, prendo un esempio reale dal mio file .htaccess:
Bisogna quindi mettere all’inizio della riga il «comando» Redirect 301, quindi il vecchio indirizzo del contenuto, quello che aveva prima dello spostamento, in formato relativo, cioè senza l’indicazione del percorso completo del sito, omettendo quindi la prima parte. Poi bisogna mettere quello di destinazione, che corrisponde al nuovo indirizzo, in questo caso il percorso deve essere assoluto e completo, come nell’esempio.
Una volta fatte le modifiche, si può salvare e voilà, il contenuto sarà raggiungibile nella nuova posizione.
Oggi voglio insegnarti come si fa, in un blogmultiautoreWordPress come questo, a consentire ad altri utenti di moderare i commenti.
I commenti sono molto importanti a livello SEO, perché iniettano nuovo contenuto in una pagina, e google se ne accorge facendola salire di grado, indicizzando comunque anche il nuovo contenuto.
Inoltre sono importantissimi a livello di interazione con gli utenti, perché creano spesso un legame con i gestori del blog e un senso di comunità con tutti gli altri utenti dello stesso.
Purtroppo, i commenti spesso sono tantissimi e non è facile rispondere, in modo un minimo decente, a tutti. Questo è vero specialmente in un blog giuridico, dove i lettori magari affidano ad un commento storie complesse e molto lunghe, difficili da definire con poche righe di risposta – tanto è vero che spesso prendiamo un commento e lo rendiamo oggetto di un post apposito, con adeguata risposta da parte nostra, per la sua complessità, ma anche per l’interesse generale, dal momento che i post del giorno vengono fatti circolare tramite la newsletter, il gruppo Telegram e i social (a proposito, se non sei ancora iscritto, fallo al più presto per non perdere contenuti interessanti ed utili tutti i giorni).
Una ulteriore soluzione è ovviamente quella di consentire ad altri utenti di moderare i commenti e darvi risposta.
Per fare questo, devi lavorare con un po’ di plugin, anche perché le soluzioni semplici purtroppo non funzionano, come da me sperimentato.
Devo premettere che gli altri autori che scrivono sul mio blog hanno il ruolo e i permessi di «collaboratore», per molteplici ragioni legate alla possibilità di un intervento editoriale da parte mia su alcuni aspetti più che altro stilistici e alla gestione del flusso editoriale da parte di un plugin che «pesca» tra gli articoli in attesa di revisione o pending review.
Gli stessi miei colleghi preferiscono che il blog funzioni in questo modo, preferiscono cioè di solito non avere permessi di pubblicazione diretta, anche considerando che questo blog non funziona come gli altri che «buttan fuori» in qualsiasi momento nuovi articoli, ma c’è un flusso editoriale preciso che vede pubblicato un solo articolo al giorno, dal lunedì al venerdì, cosa che è essenziale per le persone per poter seguire come si deve un blog, senza essere costantemente sopraffatti da nuovo materiale e trovandosi nell’impossibilità di decidere, alla fine, cosa leggere.
Gli utenti, dunque, con ruolo di «collaboratore» non hanno i diritti di modificare i commenti.
Per dargli questo permesso, bisogna installare prima un plugin che consenta di assegnare più ruoli ad un medesimo utente, cosa che di default WordPress non consente, poi un ulteriore plugin che crea un nuovo ruolo, quello di moderator, che comprende il permesso di amministrare i commenti.
In teoria, Members dovrebbe essere sufficiente. Con Members, si può definire un nuovo ruolo, cui attribuire la possibilità di moderare i commenti. Purtroppo, se provi a fare questo, vedi che non funziona. Non si sa il perché.
Quindi Members lo installi solo per consentire ad un utenteWordPress di avere più ruoli, cosa di default possibile, poi installi anche Moderator role.
A questo punto, prendi l’utente cui vuoi assegnare il permesso di moderare i commenti e gli aggiungi anche il nuovo ruolo «moderator», rendendolo quindi un utente con il duplice ruolo di «Collaboratore», che gli consente di continuare a mandare post in revisione, e di «Moderator», che gli consente di moderare e rispondere ai commenti.
Ovviamente, se vuoi puoi anche creare un utente con la sola possibilità di moderare i commenti, ma non è il nostro caso, dove tutti gli utenti sono anche «autori» di post.
Ecco fatto.
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