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Audiolibri: cosa sono, come si usano.

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Gli audiolibri in generale.

Oggi facciamo il punto sugli audiolibri.

Gli audiolibri, come dice la parola stessa, sono libri letti – e, qualche volta, mi permetterei anche di dire: recitati – da una persona, che vengono poi fruiti dall’utilizzatore finale come se fossero un qualsiasi pezzo musicale e quindi tramite un riproduttore di audio che, oggigiorno, di solito è il cellulare e un paio di cuffie, anche se ovviamente non è certo vietato utilizzare altri sistemi di riproduzione.

Da amante inveterato dei libri, sono sempre stato un po’ scettico sugli audiolibri proprio perché la modalità di fruizione nel caso dell’audiolibro è completamente diversa rispetto alla lettura, ma ultimamente mi sono dovuto parzialmente ricredere e ogni tanto mi piace sentire un audiolibro letto, o recitato, da altri.

La modalità di fruizione è molto diversa perché ad esempio fare una pausa quando si legge e tornare indietro per rileggere un passo che ad esempio ci ha colpito particolarmente è molto più semplice di quanto possa avvenire durante l’ascolto di un audiolibro. E anche più facile, ad esempio, fare la foto di una pagina per condividerla sui social o addirittura fare copia incolla di un passaggio per conservarlo tra i nostri preferiti oppure sempre per condividerlo sui social. La differenza principale però riguarda semplicemente l’andare avanti o indietro nella lettura: chi si trova in mano un libro cartaceo può agevolmente indietreggiare del numero di parole che ritiene opportuno, mentre invece con un audiolibro non è sempre facile riuscire a tornare indietro al punto esatto in cui si vuole ritornare.

Gli audiolibri però presentano sicuramente alcuni vantaggi e ci sono situazioni in cui può essere piacevole e interessante fruire di un audiolibro piuttosto che di un libro cartaceo o di un ebook, cioè di un libro da «leggere».

Generalmente, innanzitutto, un audiolibro è utile per tutti coloro che hanno problemi o difficoltà di lettura da vicino, magari anche per stanchezza dopo essere stati a un terminale per diverse ore oppure alla sera. Personalmente, pur essendo miope, non ho ancora difficoltà di lettura da vicino e leggo bene sia sul cartaceo, a condizione che ci siano adeguate condizioni di illuminazione, sia sui supporti elettronici – cioè per lo più cellulari o tablet. Da questo punto di vista, gli audiolibri possono consentire la fruizione di un libro a persone che per motivi legati alla difficoltà di lettura non potrebbero più godere dei contenuti e dell’esdi un buon libro.

Anche a prescindere, tuttavia, dalla difficoltà di lettura ci sono delle situazioni che fanno parte del quotidiano un po’ di tutti in cui può essere utile o divertente ascoltarsi un audiolibro. Pensiamo ad esempio a quello che stiamo facendo un po’ tutti in questo periodo di vacanze e cioè prendere il sole sotto l’ombrellone. In questi casi, è sicuramente più comodo sdraiarsi completamente senza tenere il collo incurvato verso un libro, di carta o elettronico, e infilarsi un paio di auricolari per sentirsi un audiolibro. Un’altra situazione molto interessante per gli audiolibri è ovviamente quella del viaggio in macchina oppure in treno o in corriera (o, persino, in scooter) per chi fa pendolarismo o per chi si sposta per qualsiasi ragione: in questi casi può essere interessante appunto ascoltarsi un libro durante il viaggio, sfruttando nel caso dell’auto addirittura la radio della stessa e il relativo impianto con una resa sonora a mio giudizio particolarmente interessante.

Cosa usare per sentirsi gli audiolibri.

Vediamo adesso alcune considerazioni che possono essere ancora più particolarmente utili per chi non ha mai sperimentato, o ha sperimentato magari in modo solo parziale, il mondo degli audiolibri e quindi vuole iniziare ad approfondire un pochettino di più.

Abbiamo detto che per riprodurre gli audiolibri si può utilizzare la stessa apparecchiatura, si possono utilizzare gli stessi strumenti che si possono utilizzare per le canzoni per la musica in generale. In realtà, se questo è vero, è anche vero che è sicuramente preferibile utilizzare degli strumenti specifici.

Anziché utilizzare, ad esempio, il riproduttore di musica di default sul proprio cellulare – che, per chi utilizza i cellulari Android, è Google play music – è preferibile installare un riproduttore di audiolibri di terze parti. Questo perché questo tipo di riproduttori sono dotati di funzionalità specifiche per gli audiolibri tra cui ad esempio la possibilità di definire una copertina che ci consente di individuare a colpo d’occhio il nostro audiolibro, la possibilità, ulteriormente, di sincronizzare tra il cellulare e il tablet la posizione di riproduzione con la facoltà quindi di mettere a caricare il cellulare e finire di ascoltarsi un audiolibro con il tablet che magari abbiamo lasciato sul comodino.

Una funzione abbastanza interessante che hanno solitamente i software che vengono utilizzati per riprodurre audiolibri e quella di riprendere la riproduzione da alcuni istanti precedenti il momento in cui la riproduzione era stata in qualche modo fermata. Questo è molto utile per non perdere il filo del discorso ed è una funzionalità che ovviamente non è presente nei riproduttori musicali dove la musica può essere fatta ripartire solo dal momento esatto in cui era stata messa in pausa, mentre per un audiolibro che si riprende magari dopo alcune ore e invece opportuno ripetere un pezzettino che era già stato ascoltato, proprio per poter ritornare all’interno dell’universo del libro stesso. Da questo punto di vista, ci sono addirittura dei riproduttori di audiolibri che ripartono da tanto più indietro nella lettura del libro quanto più lunga è durata la pausa. Questo ha abbastanza senso, perché è chiaro che se io metto in pausa e riprendo dopo 5 secondi perché semplicemente mi sono limitato a rispondere al campanello di casa aprendo la porta è inutile che il software mi torni indietro di un quarto d’ora perché io mi ricordo ancora che cosa ho ascoltato fino a 5 secondi prima, viceversa se invece metto in pausa per tre ore può anche darsi che sia opportuno che il software ritorni indietro anche di una decina di minuti, tanto quanto è sufficiente per farmi ritornare «dentro alle pagine» diciamo così del libro e riprendere in mano il filo del discorso.

Un’altra funzionalità molto importante dei lettori specifici di audiolibri è la possibilità di variare la velocità di riproduzione, altra cosa che non è prevista nei lettori musicali classici, dove anzi la velocità deve essere quanto più possibile vicina all’originale. Variare la velocità di riproduzione consente di «leggere» o «sentirsi» l’audiolibro più in fretta e si tratta di una opportunità che personalmente uso abbastanza spesso. La voce narrante si sente ovviamente abbastanza bene, in modo sempre distiguibile, naturalmente il tono di voce diventerà più «alto» come accade quando appunto si aumenta la velocità di riproduzione (molti si ricorderanno quando si facevano andare a 45 giri al minuto i vecchi vinili da 33). Ci sono libri più che altro di saggistica che si prestano particolarmente ad essere ascoltati a velocità più rapida. In generale, credo che comunque dipenda anche dal grado di concentrazione che siano in grado di dare all’audiolibro in quel momento (che a sua volta dipende dalla nostra stanchezza, lucidità, pensieri dominanti, ecc.): se non è molta la velocità si può persino rallentare e viceversa.

L’applicazione che utilizzo io sul mio cellulare Android si chiama listen audiobook player e tra quelle che ho provato mi sembra la meglio rifinita, anche se ci sono dei concorrenti che comunque si difendono bene. È un’applicazione a pagamento, ma mi pare che costi davvero molto poco parliamo di un paio di euro e gli aggiornamenti sono abbastanza frequenti. Questa app effettua la sincronizzazione del punto di lettura tramite Google Drive e sembra funzionare da questo punto di vista abbastanza bene.

Potete chiaramente trovare altri lettori di audiolibri e vedere quello che fa più al caso vostro: vi ho detto quali sono le funzioni che sono più utili e quindi vi raccomando di accertarvi che queste funzioni siano presenti perché poi nell’uso quotidiano ne sentirete probabilmente il bisogno.

Come procurarsi gli audiolibri.

Veniamo adesso ad un altro aspetto molto importante e cioè dove ci si possono procurare gli audiolibri e come vanno gestiti una volta che ci se li è procurati.

Allora innanzitutto ci sono audiolibri disponibili sia negli store previsti per i cellulari e dispositivi Android sia in quelli previsti per i dispositivi Apple, quindi per cercare un audiolibro, magari anche per provare il primo della vostra vita, potete semplicemente aprire Play Store se avete un cellulare Android oppure iTunes Store se avete un iPhone o un iPad.

Personalmente, non mi piace tanto acquistare i miei audiolibri in questo modo, preferisco comprarli direttamente sul sito del produttore, o meglio, in questo caso, editore. Questo perché gli audiolibri acquistati tramite gli stores come quelli citati sono protetti da sistemi di tipo DRM che impediscono la copia per cui se ad esempio un domani passate da iPhone ad Android o viceversa rischiate di non poter più leggere i vostri audiolibri, salvo solo l’ipotesi di non riuscire a craccarli cosa che non è poi sempre così semplice.

C’è un editore in Italia che effettua pubblicazioni a mio giudizio di pregio di audiolibri e si tratta di Emons audiolibri.

Personalmente, per acquistare i miei audiolibri e poi ascoltarmeli procedo in questo modo.

Innanzitutto li acquisto direttamente sul sito di Emons, facendo poi il download dei file MP3 sul Mac e inserendoli all’interno di una directory contenuta in Dropbox che come sapete è un sistema di sincronizzazione tramite la cloud dei file locali.

Ogni libro lo inserisco in una cartella a sé stante, senza fare ramificazioni ulteriori con altre sottocartelle, usando la sintassi di mettere il nome dell’autore e il titolo del libro. In questo modo, comunque i libri rimangono ordinati per nome dell’autore stesso.

Una volta fatto questo, i libri vengono sincronizzati tramite Dropbox. Per poterli portare in una cartella locale dei miei dispositivi utilizzo una utility che si chiama dropsync e che consiglio vivamente a tutti coloro che utilizzano un cellulare o un tablet Android. Tramite dropsync, i miei audiolibri vengono copiati da Dropbox in una cartella locale sulla memory card dei miei dispositivi.

Dentro a Listen Audiobook Player, poi, così come anche dentro ad altri lettori di audiolibri, è possibile definire una cartella «radice» in cui il programma deve cercare tutti i file degli audiolibri. Ovviamente, ho definito come cartella radice quella in cui dropsync mi sincronizza la cartella degli audiolibri in locale. Listen Audiobook Player a quel punto fa una scansione di tale cartella e trova tutti i libri che vi sono contenuti, organizzandoli in un’apposita libreria da dove l’utente li può scegliere per la riproduzione.

Questa impostazione anche il vantaggio di consentire ad esempio di sistemare i tag degli mp3 che non dovessero essere stati compilati correttamente dall’editore attraverso un’app locale per la modifica di questi tag restando inteso che, dopo la modifica, poi, tramite la sincronizzazione mediante Dropbox, le modifiche si propagheranno anche a tutti gli altri dispositivi.

È vero che una configurazione del genere è un po’ laboriosa e probabilmente per utenti più avanzati; ho ritenuto comunque opportuno appunto, a beneficio di questi ultimi, descriverla, restando inteso che gli utenti invece con meno capacità informatiche possono limitarsi benissimo a fruire degli audiolibri acquistati tramite gli store presenti nei loro cellulari e con le applicazioni relative. Anche se l’uso sarà meno avanzato, comunque saranno in ogni caso in grado di utilizzarli.

La qualità degli audiolibri.

Parliamo ora di un altro aspetto abbastanza rilevante relativo agli audiolibri. Si tratta della qualità della lettura o, se vogliamo, «recitazione».

Su internet, specialmente in lingua Inglese, si trovano molti audiolibri, ma una buona parte di questi sono stati letti e registrati da persone comuni senza particolari abilità di dizione e recitazione e quindi la qualità dell’esperienza purtroppo ne risente, a volte in maniera abbastanza pesante.

Prima accennavo alla produzione editoriale di Emons. Gli audiolibri prodotti da questa casa mi sembrano di buona e a volte anche eccellente qualità, perché questo editore incarica attori professionisti del cinema e di teatro di leggere i propri audiolibri e la differenza a mio giudizio si sente molto.

Tra l’altro i prezzi non sono nemmeno impossibili anzi ci sono spesso degli sconti e comunque gli audiolibri hanno un costo più o meno paragonabile a quello del libro cartaceo se non addirittura inferiore. Recentemente ad esempio ho avuto occasione di acquistare l’audiolibro dei Promessi Sposi letto da Paolo Poli, attore di teatro recentemente scomparso, e devo dire che la qualità è assolutamente eccezionale: la resa, specialmente nei dialoghi, è incredibile e quindi la professionalità di questi attori effettivamente attribuisce maggior valore ad un audiolibro.

Conclusioni.

Spero di avervi dato qualche spunto interessante per entrare in questo mondo che vale la pena di coltivare anche perché magari ci consente di poter consumare un libro, sia per ragioni di intrattenimento, sia, molto più spesso, per ragioni di crescita personale, dal momento che esistono audiolibri anche di manuali di auto aiuto e appunto di crescita personale che magari non riusciremmo a trovare il tempo e il modo di leggere se procedessimo nel modo tradizionale.

Non so come la pensiate voi, ma personalmente nonostante il proliferare di corsi a destra e a manca a cui assistiamo oggi giorno, continuo a ritenere che il libro sia uno dei veicoli principali, se non il principale in assoluto, per veicolare la conoscenza e promuovere la ricchezza e la correttezza del linguaggio, sia quello proprio nazionale sia spesso un eventuale linguaggio estero.

Buona lettura e buon ascolto a tutti.

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Smartwatch: facciamo il punto della situazione.

Pebble
Tre modelli di Pebble

Oggi facciamo il punto sugli smartwatch.

Si tratta di oggetti indossabili, che per molte persone non hanno ancora un senso ben preciso, molti infatti non capiscono a cosa possano servire oggetti del genere. In realtà, gli smartwatch sono abbastanza utili perché portano al polso una serie di cose che sono collegate al cellulare e che può essere effettivamente più comodo vedere anche quando abbiamo il cellulare in tasca o comunque lontano da noi.

La pressoché totalità degli smartwatch è collegata ad un telefono di riferimento e si tratta quindi di un tethering il collegamento ovviamente è tramite bluetooth. Alcuni modelli, come vedremo meglio in seguito, sono dotati della possibilità di inserire una scheda SIM e quindi di una connessione dati, di un numero telefonico e della possibilità di inviare e ricevere chiamate esattamente come avviene per i cellulari.

Ad ogni modo, tramite gli smartwatch riusciamo a vedere le notifiche che arrivano sul cellulare. Se un nostro contatto dunque ci manda un messaggio, di tipo sms ma anche whatsapp o telegram o altro, noi siamo in grado, alzando il braccio, di vedere il messaggio e se del caso andare a prendere il cellulare per rispondere oppure rispondere direttamente dallo smartwatch, per i modelli in cui è possibile. Ovviamente, se il messaggio non fosse urgente, potremmo semplicemente ignorare la notifica e rispondere più tardi senza fretta.

Un’altra cosa molto importante che viene portata sul polso è la indicazione delle chiamate. Quando un nostro contatto chiama il nostro cellulare, sull’orologio siamo in grado di vedere chi sta chiamando. Se riteniamo di rispondere alla chiamata, quindi, andiamo a prendere fuori il cellulare, altrimenti possiamo soprassedere per richiamare più tardi o in alcuni casi anche inviare un messaggio preconfezionato in cui appunto diciamo che non possiamo rispondere, ma che richiameremo ad esempio più tardi.

In realtà, dunque, gli smartwatch sono oggetti molto utili. Purtroppo, il mercato non ha ancora capito le loro potenzialità, ma questo non toglie che rimangano periferiche piuttosto importanti per incrementare la nostra produttività o comunque rendere più piacevole il modo in cui utilizziamo i nostri cellulari.

Oggigiorno, chi volesse provare uno smartwatch o dotarsi di un esemplare si trova innanzitutto di fronte alla scelta della famiglia di smartwatch da adottare.

Grosso modo oggi giorno ci sono 4 grandi soluzioni disponibili. Più alcune strade ulteriori di cui diremo brevemente.

La prima soluzione è quella della Apple, che si sposa perfettamente con i telefoni della stessa casa e cioè con gli iPhone. La seconda soluzione è quella di Android wear. Una ulteriore alternativa è quella offerta da Samsung con i suoi orologi di tipo Gear che montano il sistema operativo Tizen. La quarta soluzione possibile, che presenta alcune peculiarità ma che a mio giudizio è nonostante tutto ancora oggi la migliore di tutte, è quella di Pebble.

Le strade alternative sono innanzitutto quelle dei telefoni «cinesi» che montano versioni complete di Android, cioè non Wear ma Android completo, e che si possono vedere ed eventualmente acquistare su Gearbest. Ho avuto uno di questi orologi / cellulari, il loro problema è ovviamente il consumo eccessivo di batteria, per alcuni versi sono versatili e interessanti perché puoi montare tutte le applicazioni previste per Android, purtroppo non ci sono cose con un livello adeguato di finitura. Io ho avuto un Domino DM368 che dopo alcuni mesi un bel giorno è morto definitivamente, senza accendersi più.

Un’altra strada alternativa allo smartwatch sono gli ibridi di Fossil, che mi ha segnalato il mio amico Francesco Fumelli. Si tratta di orologi costruiti in modo tradizionale, con integrate alcune funzioni «smart».

Torniamo comunque alle principali 4 «famiglie» ad oggi disponibili, seguendo l’ordine già indicato.

L’orologio di Apple è un prodotto abbastanza ben rifinito e con il quale si riescono a fare diverse cose interessanti, tra cui ad esempio rispondere direttamente ad una chiamata dall’orologio sfruttandone il microfono e l’altoparlante e rispondere ad alcuni messaggi di posta elettronica dettando all’orologio, cosa che a me è capitato di fare in più occasioni con buoni risultati. Il prodotto di Apple è, dopo Pebble, quello sicuramente meglio rifinito e ben concepito il suo difetto è quello di sposarsi per lo più con gli iPhone anche se mi pare che in qualche modo sia utilizzabile anche con le periferiche Android, ma ovviamente con un set di funzioni necessariamente più limitato.

Gli orologi Android wear invece a mio giudizio sono ancora davvero molto acerbi, nonostante recensioni molto, troppo giulive che si possano leggere in giro. Ho avuto diversi modelli di orologi Wear e li ho man mano restituiti tutti, in quanto sostanzialmente inadeguati ad un uso di produzione e più simili a dei prototipi. Ho avuto l’orologio di LG (Urbane 2) con la sim interna quindi in grado di fare telefonate così come un vero e proprio cellulare e di collegarsi alla rete, purtroppo dopo alcuni mesi ha smesso di ricaricarsi e l’ho dovuto restituire per malfunzionamento in ogni caso era un orologio rifinito in maniera ben peggiore di Apple watch a partire dalla base di ricarica dal cinturino non ripiegabile e da tutta una serie di cose che dimostravano che il progetto era stato portato avanti con davvero poca cura. Un altro orologio assurdo che ho avuto è stato il primo Huawei che ho restituito dopo alcuni giorni perché, anche qui, nonostante recensioni benevole e giulive mancava di un set di funzioni minime perché potesse essere utilizzato in maniera davvero produttiva. In seguito ho voluto provare anche la versione 2 dell’orologio di Huawei ricevendo in questo caso una delusione ancora peggiore in quanto l’orologio non arrivava mai a sera con la batteria, l’ho tenuto una decina di giorni e non sono mai riuscito ad arrivare a sera un giorno verso le 5:00 addirittura l’orologio moriva alle 5 del pomeriggio ovviamente e così l’ho restituito ad Amazon mi sembra che una periferica del genere sia assolutamente inidonea per essere collocata sul mercato, a meno che la mia unità non fosse una unità difettosa.

Lo stesso sistema operativo Android Wear è un lavoro che sembra lasciato a metà avevo riposto alcune speranze nella seconda versione di questo sistema operativo, ma quando l’ho potuto provare l’ho trovato ancora largamente inadeguato e non finito e portato a dei livelli idonei per un utilizzo davvero produttivo. Probabilmente, per le case produttrici di Android gli smartwatch sono al momento progetti collaterali ai quali non vengono destinate adeguate risorse o sui quali non vengono svolti investimenti di una certa importanza per cui ci ritroviamo con il mercato invaso da veri e propri zavagli pressoché inutilizzabili.

Un discorso diverso vale per le soluzioni di Samsung una casa che per quanto riguarda i cellulari non mi sta simpaticissima per il fatto di avere modificato in maniera eccessiva la sua versione di Android per introdurre delle utilities e delle funzioni di sistema che sono sostanzialmente inutili e appesantiscono il sistema operativo. Per quanto riguarda la linea di orologi gear, ho avuto occasione di provare un s2. Devo dire che qui la progettazione è stata molto più felice a partire dalla presenza di due bottoni sul lato destro dell’orologio abbastanza funzionali e soprattutto della ormai famosa e utile ghiera ruotabile dell’orologio. Se si tiene in mano un orologio Samsung si ha l’impressione a differenza di quanto avviene con Android wear di avere a disposizione un oggetto che è stato pensato da persone e ingegneri con un po’ di sale in zucca e che hanno lavorato davvero sul progetto. Il problema di Tizen e quindi di conseguenza di questi orologi Samsung è che le applicazioni a disposizione sono abbastanza poche. Per avere Spotify ad esempio gli utenti europei hanno dovuto aspettare fino a luglio 2017 quando Spotify a mio giudizio è una utility assolutamente fondamentale per uno smartwatch perché ti deve consentire di telecomandare la tua musica ma anche di poter salvare le canzoni sull’orologio per poterle ascoltare ad esempio quando si è fuori senza cellulare come tipicamente nel caso in cui si va fuori a correre. Forse è ancora un po’ presto per vedere se Tizen come piattaforma si diffonderà al momento le applicazioni sono abbastanza poche. Gli orologi Samsung rimangono comunque abbastanza ben congeniati è abbastanza stabili per cui possono essere presi in considerazione a seconda delle esigenze di chi deve utilizzare ovviamente. Il modello attuale è venduto anche in una versione con LTE e quindi con la possibilità di installare una scheda SIM per essere indipendente dal cellulare e quindi per poter inviare e ricevere telefonate anche quando si è lasciato il cellulare a casa, oltre a consentire una connessione dati tramite la quale si possono ricevere ad esempio sull’orologio le notifiche che arrivano sul cellulare. Purtroppo ad oggi questa versione non è ancora venduta nel nostro Paese è venduta solo all’estero ma non credo che anche potendo acquistare questo orologio all’estero possa essere una buona idea perché ogni paese ha delle proprie bande LTE e quindi la compatibilità dell’eventuale prodotto estero con la rete italiana sarebbe da verificare. Una cosa che mi è piaciuta molto di Samsung è che rileva automaticamente l’attività: un giorno sono uscito con la bicicletta e lui se ne è «accorto», iniziando a registrare l’allenamento.

Adesso parliamo di Pebble. Vi ho già anticipato che secondo me lo smartwatch migliore di tutti mai realizzato è pebble. Purtroppo pebble è stato acquistato da Fitbit e l’intera produzione è stata dismessa. Attualmente, pebble è un prodotto in corso di smaltimento si trovano ancora alcuni esemplari su Amazon che chi vuole può comprare anche per poche decine di euro ad esempio io in questo momento che sto scrivendo questo articolo al polso ho un pebble di prima generazione di colore rosso pagato €40. Da questo punto di vista, nonostante la dismissione della linea, chi non ha mai avuto uno smartwatch potrebbe cominciare proprio con un pebble. La spesa è bassissima e in ogni caso se non ci si trova bene con Amazon si può fare il reso entro qualche giorno.

Ma vediamo quali sono le particolarità del pebble che lo rendono a mio giudizio è migliore smartwatch ad oggi realizzato nonostante il triste destino che gli è stato riservato.

Allora innanzitutto la batteria del pebble dura effettivamente è questo lo posso dire perché io ho avuto 4 pebble anche fino ad una settimana. Questa è una cosa fondamentale per tutti gli smartwatch che i produttori più blasonati purtroppo non hanno capito. Sia il prodotto di Apple che quello di Samsung devono essere caricati almeno ogni sera ben difficilmente possono fare due giorni di seguito senza essere ricaricati. Non parliamo poi di quelli di Android wear dove molti oggetti purtroppo non arrivano nemmeno a sera. La possibilità invece di avere una batteria che dura fino ad una settimana consente di utilizzare lo smartwatch anche ad esempio durante la notte per monitorare la qualità del sonno una cosa che nonostante le applicazioni disponibili è difficile da fare con tutti gli altri orologi.

Una peculiarità del pebble è che il suo schermo non è touch screen. Lo schermo del pebble inoltre è realizzato con tecnologia e ink e cioè ad inchiostro elettronico simile a quella del lettore Kindle di Amazon o di un qualsiasi altro ebook reader punto Il pebble tradizionale è in bianco e nero ma esiste anche una versione a colori che è il pebble time che si trova ancora su Amazon e che ha uno schermo molto bello. Non è uno svantaggio la mancanza di un touch screen su un orologio come questo? A mio giudizio no anzi la scelta di Pebble è azzeccata. Piuttosto in prodotti come questo servono molti pulsanti o ghiere ruotabili come hanno fatto Samsung è Apple Il pebble a questo riguardo a quattro pulsanti I sulla sinistra che è assimilabile ad un pulsante di tipo indietro o Bach E3 sulla destra che hanno funzioni diverse anche a seconda del tipo di pressione cioè singolo tappo tap prolungato questo secondo me è il modo giusto di ingegnerizzare un prodotto di questo genere. Il pebble tra l’altro è completamente impermeabile quando mi alzo al mattino lo prendo dalla mia base di ricarica me lo metto e vado sotto la doccia sotto la doccia il pebble è completamente utilizzabile e quindi lo posso usare per aumentare il volume della musica cambiare traccia visualizzare le notifiche rispondere ai messaggi con quei modelli che hanno il microfono tutte cose che sono inutilizzabili con gli orologi che hanno un touch screen che sotto la doccia non può essere utilizzato.

Un altro grande vantaggio di questa scelta particolare sullo schermo è la visibilità in qualsiasi condizione di luce ed illuminazione. Mentre i touchscreen adottati da tutti gli altri produttori in pieno sole sono leggibili solo a fatica, Il pebble è sempre leggibilissimo come se si stesse guardando un foglio di carta, allo stesso modo di un book reader o del Kindle di Amazon. Addirittura LG con il suo orologio è riuscita ad essere così demenziale da non mettere nemmeno un sensore di luminosità così un orologio che costa quasi €500 come il suo modello urban sotto il sole è praticamente illeggibile mentre in casa in condizioni di scarsa luminosità sembra una torcia, una ulteriore indicazione del fatto che questi progetti non sono stati seguiti adeguatamente.

Un altro vantaggio del pebble, che si è incrementato ultimamente per effetto della sua dismissione, è stato il prezzo ridotto che induce tutti quei potenziali utenti insicuri ma attratti dal oggetto tuttavia non disponibili a sborsare centinaia di euro a provare un indossabile, a vedere che cosa si può realizzare con uno smartwatch e come si può essere più produttivi. Come accennavo prima, adesso i pebble vengono letteralmente svenduti è il mio consiglio è proprio quello di prendersene uno nonostante l’incertezza circa le loro funzionalità. Ultimamente ad esempio io stesso mi sono comprato, al prezzo di uno solo, 3 pebble: un pebble 2 color bianco e acquamarina con rilevazione del battito cardiaco un pebble time steel con cinturino in pelle e schermo a colori e un pebble classico di colore rosso. Tra tutti e tre i modelli, tendo a preferire il pebble 2 con schermo in bianco e nero ma cinturino in silicone che mi posso infilare al mattino subito prima di entrare in doccia anche se probabilmente prenderò un cinturino alternativo per il pebble time per poter fare la stessa cosa. A proposito di questo va detto che non tutti gli smartwatch hanno la possibilità di cambiare il cinturino ad esempio il modello di LG che addirittura aveva integrato il GPS nel cinturino non consentiva ha fatto di cambiarlo e così molti altri mentre invece i prodotti di Apple di Samsung e tutti i pebble hanno i cinturini intercambiabili e questa è una grandissima comodità.

Bisogna dire qualcosa anche riguardo del futuro di Pebble. Al riguardo c’è molta incertezza. L’orologio ovviamente dovrebbe continuare a funzionare anche una volta che i server di Pebble siano stati smantellati e le notifiche dovrebbero essere portate sull’orologio senza nessun problema. Molti più dubbi ci sono invece sulla funzione di riconoscimento vocale che come tale si appoggia ai server di Pebble che a loro volta sono appoggiati ai server di Nuance. Trattandosi di un prodotto dismesso, queste funzionalità di riconoscimento vocale potrebbero cessare da un momento all’altro Senza molto preavviso ed è veramente un peccato perché la funzionalità di riconoscimento vocale funziona abbastanza bene ed è davvero comodo rispondere ad una notifica ad esempio di WhatsApp dettando la risposta direttamente dall’orologio, io stesso lo faccio spesso anche questo di nuovo mentre sono sotto alla doccia.

C’è da dire che il gruppo di sviluppo di Pebble è ancora al lavoro anche se nessuno se lo sarebbe aspettato. Proprio in questi giorni è stata rilasciata una versione beta della app del pebble che corregge alcuni baci che si erano manifestati ultimamente tra cui la scomparsa delle anteprime dei quadranti all’interno dell’applicazione stessa. Il fatto che il gruppo continui a lavorare fa ben sperare e ipotizzare che Fitbit non voglia smantellare del tutto un progetto così bello per poter eventualmente realizzare se non un nuovo pebble almeno un nuovo prodotto Fitbit che si appropria di tanti pregi dei vecchi pebble. Ovviamente la speranza è anche che Fitbit continui a supportare le funzionalità dei modelli esistenti. Anche al netto di questo, a mio giudizio conviene sempre trovare un pebble, specialmente se non avete mai avuto uno smartwatch per vedere che senso possono avere questi indossabili prendendo la migliore realizzazione che ne sia mai stata fatta.

Il mio consiglio finale, per tutti quelli che genericamente sono interessati al mondo degli smartwatch, è di provare ad entrarci prendendo ad esempio un Pebble da 50 euro su Amazon. Anche se cesserà di funzionare in tutto o in parte resterà comunque funzionante come orologio e potrete sperimentare la comodità di un indossabile che porta alcune funzioni del cellulare al posto.

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Android come Windows da reinstallare?

Tempo fa, sono passato da iPhone a Android, come ho raccontato in questo post.

Non rimpiango affatto quella scelta, della quale sono profondamente soddisfatto avendo potuto fare molte più cose ed essere molto più produttivo che con un iPhone. 

Recentemente tuttavia, ho incontrato alcuni problemi di rallentamento del telefono che ho potuto risolvere solo ripristinandolo con le impostazioni di fabbrica e reinstallando tutto quello di cui avevo bisogno. 

Da questo punto di vista, Android sembra davvero molto simile a Windows. Infatti, prima di reinstallare da capo il sistema operativo ho tentato di ripulirlo in tutti i modi: ridurre ad esempio lo spazio occupato in memoria, installare applicazioni che avrebbero dovuto rimuovere la sporcizia e le altre cose che impedivano un funzionamento regolare del telefono, cambiare il launcher di Android e diverse altre cose che alla fine purtroppo non sono state utili. Come Windows, ho dovuto piallare completamente il sistema operativo e reinstallarlo da zero. 

C’è però da dire che il ripristino del sistema con un telefono Android e tutti i servizi di Google attivati è abbastanza veloce e indolore dal momento che tutti i dati vengono recuperati dalla cloud.

Una limitazione che c’è in Android e che non è invece presente nelle periferiche Apple è il fatto che il backup di un telefono Android così come di un tablet si può fare in modo completo solo dopo aver fatto il root del telefono e con applicazioni di terze parti, quando invece le periferiche Apple hanno un sistema di backup completo sui server di Apple o tramite iTunes.

Questo spiazza un po’ nel momento in cui bisogna ripristinare il telefono alle impostazioni di fabbrica, perché un backup completo come paracadute nel caso in cui si perdessero, durante l’operazione, dei dati sarebbe davvero molto importante da avere.

Per questo motivo, ho temporeggiato molto prima di decidermi a fare questa operazione, che però alla fine sono riuscito a fare agevolmente proprio perché la pressoché totalità delle applicazioni che si utilizzano mantiene i propri dati ormai o nella cloud o comunque sincronizzati con un server.

Whatsapp ad esempio è una di queste applicazioni, una volta ripristinata la quale viene offerta la possibilità di recuperare tutti i dati composti sia da messaggi che da elementi multimediali dal backup che si trova sul server di WhatsApp. In realtà io ho perso un paio di messaggi che si vede non erano stati copiati ancora sui server prima del ripristino, ma si tratta di poca roba e di niente di importante.

Prima di fare il ripristino, il mio telefono era diventato pressoché inutilizzabile.

Probabilmente, si trattava di una applicazione che avevo installato e che era mal progettata o che comunque si era corrotta, purtroppo non sono stato in grado di individuarla e devo dire che non sono riuscito nemmeno a trovare delle applicazioni tipo task manager che mi potessero aiutare in questa ricerca. Il Play Store è pieno di applicazioni di questo genere però quando le vai a provare vedi che purtroppo non hanno le funzioni che ti servono per fare questo tipo di lavoro.

Alla fine, probabilmente, chi usa un telefono Android è bene che metta in conto di doverlo ripristinare ogni tanto scegliendo le applicazioni anche in funzione di ciò e pertanto prediligendo quelle applicazioni che mantengono i dati nella cloud oppure li sincronizzano con un server dal quale possono essere agevolmente recuperati.

Certo che Google dovrebbe prevedere la possibilità di fare un backup integrale di un terminale Android dal momento che un backup di questo genere può sempre essere utile, se non altro proprio come paracadute nel momento in cui si effettuano operazioni come quella che ho fatto io.

Da questo punto di vista, devo dire che Android mi ha un po’ deluso, speravo che fosse un sistema più gestibile in caso di problemi e il fatto che io abbia dovuto per ritornare a lavorare fare un’operazione che si faceva tipicamente con Windows, e che con i miei Mac non ho mai dovuto fare, mi ha un po’ fatto pensare.

Al netto di questo, continuo a ritenere Android di molto superiore ormai ad iOS e quindi a consigliarlo per chiunque vuole avere la massima produttività, anche mettendo in conto una sosta ai box ogni tanto, che nel mio caso si è resa necessaria dopo circa un anno di utilizzo intenso.

Al momento in cui scrissi il mio post di confronto tra iOS e Android non avevo ancora deciso il terminale da prendere. Stavo orientandomi verso il Note 7 della Samsung che per fortuna non ordinai visto quello che poi è successo con i problemi di esplosione dovuti alla batteria. Alla fine, ho preso un moto Z Play di Motorola, che mi ha soddisfatto per tanti motivi pur essendo un terminale di fascia media. L’aspetto migliore di questo telefono è sicuramente la durata della batteria che è abbastanza superiore a quella della media dei concorrenti è che è un aspetto a mio giudizio abbastanza importante. Motorola ha presentato il successore del modello che ho preso io con alcune migliorie ma purtroppo con una diminuzione della capacità della batteria una scelta che a mio giudizio è palesemente sbagliata e poco giustificabile anche se questo terminale purtroppo non è ancora commercializzato nel nostro Paese Negredo altrove e quindi non si sono potuti fare ancora dei test sulla durata effettiva della batteria.

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Inserire il punto su Mac con un doppio colpo sulla barra spazio.

Impostazioni del gruppo
Impostazioni del gruppo

Un tipico post per malati di informatica quale io e voi ci pregiamo di essere.

Molti utenti Apple si sono affezionati all’inserimento del punto (il segno di interpunzione, questo: “.”) con la doppia pressione della barra spazio su iPhone e iPad.

Trovandolo comodo, vorrebbero avere questa possibilità anche su Mac. Io stesso mi sono trovato molte volte a battere come un ebete due volte la barra spazio sul Mac, senza che succedesse nulla, tranne un … avanzamento di due spazi.

La cosa, comunque, si può fare, usando il più noto software di espansione di testo per Mac, cioè TextExpander, cui sono recentemente ritornato dopo un periodo di utilizzo di aText, per avere la sincronizzazione anche sulle mie periferiche mobili.

Per creare uno snippet che espanda un doppi spazio in un punto, bisogna creare un nuovo gruppo apposito. Il gruppo di default, quello in cui ognuno di noi mette inizialmente tutti i suoi snippet di espansione, infatti è configurato per espandere le abbreviazioni di TextExpander solo quando sono precedente da un carattere di spazio.

La cosa, ovviamente, non va bene nel nostro caso, perché vogliamo inserire il punto proprio subito dopo l’ultima parola della frase, senza spazi intermedi.

Per fare questo bisogna creare un nuovo gruppo, andando a configurare le proprietà del gruppo stesso. Nell’ultima tendina, denominata «Espandi se», occorre inserire «Ogni carattere precede abbreviazione». Questo significa che tutti gli snippet collocati qui dentro saranno espansi anche se digitati di seguito ad altre parole, senza spazi di interruzione.

Creato il gruppo, non rimane che fare lo snippet, mettendo come contenuto il punto seguito da uno spazio, considerato che dopo il punto si prosegue sempre con uno spazio, anche quando ovviamente non si va a capo. Mentre, nel campo dedicato alla definizione dell’abbreviazione, basta semplicemente battere due volte la barra spazio. Anche se il campo non mostrerà nulla, cosa che in fondo è logica perché lo spazio non ha alcun aspetto di default, l’abbreviazione sarà stata definita.

Tant’è vero che poi funziona, io l’ho usata per tutti i punti che ho inserito in questo articolo ????????????.

Se non ci avete capito niente, sappiate che è normale, questo post è solo per una ristrettissima cerchia di patiti di computer Apple… (questo mi fa venire in mente che potrei fare uno snippet anche per i tre puntini di sospensione).

 

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informatica tecnologia

Facebook: come cercare nei vecchi post.

ricerca facebook

Un limite piuttosto sentito della piattaforma di facebook è l’inesistenza di un sistema per la ricerca dei vecchi post, sia i propri che quelli degli altri, amici o pubblici. Quante volte ci torna in mente una battuta, una considerazione, un brano che abbiamo scritto sulla nostra bacheca o letto in passato su quella di altri, e vorremmo recuperarlo, ma purtroppo non è ancora stato implementato un sistema di ricerca.

Per riuscire ugualmente a ricercare tra i vecchi post, almeno tra i propri, si possono usare applicazioni di terze parti sia su Mac che, incredibilmente, sullo stesso iPhone, che è ormai la periferica che si sua per la maggior parte della giornata lavorativa e non.

Su Mac, un software che archivia in locale i nostri contenuti publicati su vari social non solo facebook è digi.me. Funziona, ma è a pagamento, mi pare ci sia un canone annuo, ed è un’applicazione un po’ pesante in termini di download e aggiornamento dei contenuti.

Poi, come dicevo, oggigiorno si lavora per lo più con dispositivi mobili, per cui la soluzione che alla fine ha «attecchito», almeno nel mio caso, è stata quella di un’app per iOS. Si tratta di Search for posts App, un’applicazione dal nome e dalla grafica orribili, senza recensioni sullo store, ma che funziona incredibilmente bene.

Ho scaricato questa app pensando che fosse una mezza fregatura, impressione che non è scomparsa dopo i primi minuti di utilizzo. Infatti, al primo avvio avviene la creazione di un indice locale dei contenuti di facebook, indice che poi viene aggiornato ogni volta che l’app viene avviata.

Avendo impiegato pochissimo tempo a costruire questo indice, ho subito pensato che si trattasse di una delle tante applicazioni idiote di cui è disseminato lo store, ma mi sono dovuto ricredere quando ho fatto le prime ricerche.

Da allora, Search For Posts mi ha sempre trovato tutto quello che cercavo.

L’applicazione è gratuita, ma sino a che non viene sbloccata con un acquisto in app di pochi euro mostra solo un limitato numero di risultati di ricerca. Ovviamente, quando ho visto che funzionava, ho fatto lo sblocco e ne sono soddisfatto.

Una cosa importante da dire è che Search for Posts non salva in locale i contenuti di facebook, ma li indicizza solamente: con l’indice, mostra all’utente i risultati della ricerca, che poi, per vedersi completamente, dovranno essere visualizzati sul server di facebook, nella loro collocazione «originale»; in questo, credo sia diverso da digi.me che invece può essere utilizzato anche a scopo di backup.

Se anche voi avete l’esigenza di cercare nei vecchi post di facebook, provate questa app nella versione base, che è gratuita, dopodiché magari la sbloccate se vedete che vi è utile… Fatemi sapere la vostra esperienza nei commenti.

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diritto informatica roba per giuristi tecnologia

Allegati PEC su iPhone: la soluzione.

  

Con il varo di iOS 8, purtroppo in Apple Mail è stato introdotto un baco che rende impossibile leggere gli allegati contenuti nei messaggi di posta elettronica certificata. 

La cosa rappresenta un problema piuttosto grave per tutti gli avvocati che utilizzano periferiche Apple, considerato che si ricevono fondamentali messaggi PEC pressoché tutti i giorni, adesso che è stato implementato il processo civile telematico. 

La cosa è ancora più fastidiosa se si considera il fatto che molti avvocati, me compreso, ormai lavorano più con il telefono che con il Mac.

Il baco consiste nel fatto che cliccando sull’allegato… Non succede assolutamente niente, è in sostanza impossibile aprirlo. 

Per ovviare a questo problema sono state proposte alcune soluzioni in realtà dei workaround, cioè più che una soluzione un modo per aggirare il problema,  come ad esempio l’utilizzo di client di e-mail alternativi, uno dei più gettonati dei quali è Altamail.

A me tuttavia questa soluzione non piace: la grafica del programma è assolutamente orribile, inaccettabile per gente innamorata del design come solitamente gli utenti Apple, inoltre si tratta di un’applicazione a pagamento con il sistema del in-app purchase che non consente nemmeno la condivisione in famiglia.

Una soluzione a mio giudizio molto migliore è quella di usare un’altra applicazione di terze parti, tuttavia dedicata non tanto alla gestione della posta elettronica, bensì a quella dei files: si tratta di Goodreader

Non tutti sanno che GoodReader può accedere anche ai files che si trovano ad essere allegati a messaggi di posta elettronica dentro cartelle IMAP. 

Ecco ad esempio il mio elenco di server configurati. Accanto a fornitori classici di files come dropbox ho configurato anche il mio account pec (su Aruba):

  

Cliccando sul server, si accede all’elenco delle cartelle:

 

Entrando nella Inbox si vede l’elenco di tutti i messaggi e, infine, selezionandone uno, se ne vedono tutti gli allegati, come in questo esempio: 

 

Voilà. È sufficiente a questo punto fare clic sul PDF per scaricarlo in locale. Dopo sarà possibile scompattarlo, quindi leggerlo, eventualmente annotarlo, evidenziarne alcune parti, sottolinearlo e c. sempre con Goodreader che, appunto, è un ottimo reader ed editor di PDF. 

Al termine, si potrà inviarlo tramite mail oppure caricarlo direttamente su Dropbox, che è il file system nella nuvola di molti avvocati, me compreso.  

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informatica tecnologia

Siri: finalmente possibile chiamare in viva voce.

Personalmente, uso moltissimo Siri, l’assistente virtuale offerta sulle periferiche mobiIi Apple, che può ricevere ed eseguire comandi in linguaggio naturale. A Siri, infatti, puoi chiedere di telefonare, spedire un messaggio, inviare una mail, dirti qual è il meteo, leggerti gli appuntamenti del giorno e così via.

Specialmente per una persona come me, che lavora spesso fuori studio, sfruttando moltissimo le periferiche mobili, Siri è davvero utilissima. Oltre che consentire un utilizzo più veloce dei dispositivi, si tratta anche di piacevolezza dell’esperienza: anziché cercare quello che ci serve tra vari menu ed opzioni, ci basta premere un pulsante e chiedere quasi come se si parlasse con una persona reale.

Oggi parliamo di una novità attesa da molti e introdotta finalmente con l’ultima revisione del sistema operativo iOS 8 rilasciata alcuni giorni fa, la 8.3, e cioè la possibilità di effettuare chiamate con il viva voce.

Con le precedenti versioni del sistema operativo, si potevano effettuare chiamate con Siri, ma subito dopo era necessario prendere in mano il terminale per o avvicinarselo ad un orecchio oppure commutare sulla modalità viva voce, cosa che rendeva l’automazione con Siri piuttosto superflua.

Adesso, invece, si può chiedere a Siri di iniziare una chiamata direttamente con il viva voce. Il comando vocale da utilizzare è il seguente: “chiama Marco al cellulare sul viva voce”. Il telefono, in questo modo, chiamerà l’utente commutando direttamente sulla modalità viva voce e si potrà iniziare a parlare senza dover fare altro. Questo può essere molto comodo in auto, ma anche in ufficio.

Questo sistema è ancora più comodo se utilizzato in abbinamento con la funzionalità “Hey Siri”. Praticamente, è possibile, dopo aver attivato l’apposita funzionalità, invocare Siri anche senza tenere premuto il tasto home, semplicemente pronunciando le parole Hey Siri.

Questa cosa, per ragioni legate ad un consumo eccessivo della batteria (c’è un microfono sempre all’ascolto…), può avvenire solo quando il telefono è collegato ad una presa di corrente per la ricarica ovvero anche in una situazione simile e cioè quando si utilizzano pacchi batterie aggiuntive, come faccio io che, usando più oramai l’iPhone che il Mac, mi ritrovo a metà giornata con la batteria già esaurita.

Quindi, se avete messo l’iPhone a caricare in un angolo della stanza e vi viene in mente che dovete chiamare una persona, potete farlo senza smettere di fare quello che state facendo al momento senza necessità di andare a togliere l’iPhone dalla carica; vi basterà pronunciare le parole “ehi Siri” è il comando vocale per chiamare sul viva voce, dopodiché nel momento in cui il vostro contatto avrà risposto semplicemente iniziare a parlare.

Anche questa novità dunque costituisce un piccolo dettaglio che fa la differenza e aumenta l’usabilità delle periferiche Apple e di conseguenza la nostra produttività.

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cultura libri

Per leggere gli ebook è meglio un ereader o un tablet?

Scrivo qualche riga, dopo i primi giorni di uso del kobo aura HD, sulla differenza tra uso di un e reader a inchiostro elettronico e quello di un iPad, o altro tablet, per leggere.

La realtà di fondo è che l’ereader ha troppo poco, mentre il tablet ha troppo, anche se ognuno presenta vantaggi specifici.

Con l’ereader ti concentri molto di più, ma ti manca un browser disponibile per fare una ricerca relativa ad un termine, un concetto o un fatto che trovi nel libro, mancano molte funzioni di condivisione che invece hai sul tablet, ad esempio non puoi nemmeno copiare una porzione di testo (veramente assurdo). Ti stanchi un po’ meno la vista (tutta questa differenza, sinceramente, non l’ho notata per dire di più), ma soprattutto il vero vantaggio è che puoi leggere anche sotto al sole, cosa che, nel mio caso, ha determinato l’acquisto, considerato che amo stare almeno un paio d’ore sotto al sole tutti i giorni.

Il kobo, a differenza di altri lettori, consente anche di leggere gli articoli che ti sei «salvato per dopo» con Pocket e mi sono ritrovato spessissimo ad usare questa funzione, anche perché le finestre temporali che hai a disposizione per leggere a volte sono piccole, quindi ripieghi su articoli e cose più brevi del genere, rispetto ad un vero e proprio libro. Da questo punto di vista, è abbastanza godibile.

Riassumendo, i vantaggi dell’ereader dedicato sono: maggior concentrazione e possibilità di utilizzo anche sotto al sole. Non metto anche il minor impatto sugli occhi, perché la mia esperienza non ha visto una differenza così importante.

Per contro, i vantaggi del tablet sono una molta maggior disponibilità di funzioni, anche di condivisione. Con Marvin, il mio programma di elezione per leggere gli ebook su iPad, posso copiare parti di testo, inviare per email il libro a mia moglie, condividere su svariati social network parti di testo, evidenziare, farmi delle note, copia e incollare parti del testo dentro al programma, truck notes, che sto usando per scrivere il mio libro «La strada del ritorno», insomma fare veramente pressoché tutto quello che voglio.

Il grande difetto del tablet come strumento di lettura è che, proprio perché molto più ricco di funzioni, è molto più distraente rispetto all’ereader. Spesso mi ritrovo, in occasione magari di qualche passaggio un po’ noioso di un libro, a fare una pausa per aprire facebook, che come noto è un buco nero di attenzione che, con le notifiche, ti porta a saltare di palo in frasca, rompendo l’atmosfera. Oppure a consultare i miei feed rss o altre cose. Insomma, una volta che hai in mano uno strumento che, oltre al libro, ha tante altre cose dentro di sé, è davvero difficile resistere dal girovagare tra una funzione e l’altra, finendo, alla fine, per perdersi e non concludere niente.

L’altro difetto è che purtroppo sotto al sole o comunque in condizioni di abbondante luminosità non si riesce a leggere.

Attualmente, entrambe le periferiche sono piuttosto deludenti per i lettori veri. Ci vorrebbe una convergenza, con e reader con qualche funzione e apertura in più e tablet con schermi pensati maggiormente per la lettura in tutte le condizioni, ma onestamente la vedo un po’ grigia.

Personalmente, sono arrivato a portarmi dietro sia l’ereader che l’iPhone o il tablet, usando l’ereader per leggere e l’iPhone per farmi gli appunti, approfondimenti, tutto quello che non riesco a fare col primo, raggiungendo un certo equilibrio, che però comunque non è completo perché leggendo con l’ereader spesso cozzo coi suoi limiti, anche se devo dire che il kobo è un prodotto simpatico.

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cultura informatica libri tecnologia

How to use Marvin’s custom command to share books’ passages to facebook groups.

And there I go with one of my year 2014′ proposals: start blogging in English as well. I guess I’ll keep blogging in Italian for those topics interesting for people living in Italy, mostly law ones, while use English for the matters which can be useful to everybody. Enjoy!

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Most of you know that the app I would suggest everyone as ePub reader on iOS is Marvin 1 . It’s today an universal one and a really well crafted application, with plenty of space to improve. So, if you like me love reading ebooks on iDevices, trash the lame Apple’s iBooks, which lately got even worse, and get Marvin.

With Marvin, you can have custom command to perform on selected text passages of books. You define up to five custom command into settings, then if you select some text they pop up and you can choose them to perform action on the selected text.

You can use custom commands for many things such as search with google, open some app and query it (f.i.: search Terminology with the selected word)

Being a share junkie, I wrote a couple of them to send some text to some groups of mine into facebook, and I thought I would share them, maybe they can be useful to you as well.

Now, there are 2 ways to post to a facebook group via mail: using the group’s own mail address, if the admin created it. Or through an IFTTT receipt.

This is the string you have to insert into custom command menu if you want to use the group own email address:

mailto:yourgroupname@groups.facebook.com?body=%22{text}%22%0D%0A%0D%0A({author}%2C%20%22{title}%22).

That way you’ll be using the mailto: custom URL and Marvin’s predefined variables to generate a message with both the book’s excerpt and its author and title.

But posting via mail to a facebook group is buggy and sometimes it does not work.

So you can use IFTTT instead. Build a receipt with tagged mail as a trigger and post to facebook group as action. Then use as custom menu command a line like that:

mailto:trigger@ifttt.com?body=%22{text}%22%0D%0A%0D%0A({author}%2C%20%22{title}%22)&subject=#tpaleo

What is the point in building such a sharing custom command if Marvin already provides sharing features? Of course, that way you can customize mail’s content and appearance, and that’s just the reason why I did it. Plus, it’s more handy to have it at the first pop-up level, so that you can tap straight away.

Have a nice reading!


  1. While for PDF I’d suggest instead Readdle PDF Expert 5, together with Dropbox, but maybe we’ll talk about it into another post. 

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diritto

Anche per gli iPhone sbloccati (jailbroken) vale la garanzia.

[un iPhone di Apple]1
un iPhone di Apple

Ultimamente si è parlato abbastanza del fatto che Apple nega l’assistenza a coloro che hanno sbloccato gli iPhone, per essere utilizzati con un operatore diverso da quello previsto dalle disposizioni contrattuali. Gli utenti, generalmente, condividono questo atteggiamento di Apple, ritenendolo quasi automaticamente corretto. In realtà, dipende da caso a caso e, almeno a mio giudizio, Apple non può rifiutarsi di riparare un iPhone presentatogli con un problema solo perchè è stata fatta una modifica dall’utente.

In primo luogo, come sappiamo, esistono almeno due grandi tipi di garanzie: quella legale, prevista direttamente dalla legge e irrinunciabile, e quella convenzionale, o di “buon funzionamento” che è quella non prevista da leggi o altro, ma semplicemente concessa dal produttore dell’oggetto. Le garanzie spesso si sovrappongono e l’utente finale può azionare quella che preferisce.

Nel caso della garanzia di buon funzionamento, Apple può probabilmente rifiutarsi di riparare l’iPhone che è stato sbloccato, in violazione di una disposizione contrattuale, dal momento che il nostro diritto, così come quello di molti altri Paesi del mondo, prevede la possibilità di usare la “eccezione di inadepimento” per cui la parte adempiente di un contratto può rifiutarsi di eseguire le prestazioni cui è tenuta (in questo caso: Apple e la garanzia sul bene) se l’altra è rimasta inadempiente (in questo caso l’inadempimento è l’avvenuto sblocco del telefono). Anche questo aspetto andrebbe, comunque, approfondito, perchè bisognerebbe esaminare la validità e l’estensione delle clausole con le quali Apple impone un determinato operatore agli acquirenti di iPhone, ma si può dire che può anche darsi che, approfondendo la questione, potrebbe venirne fuori che Apple ha ragione.

Nel caso, invece, della garanzia legale, che comprende anche la garanzia contro i difetti di conformità dei beni spettante ai consumatori, Apple non ha e non può aver ragione se non in un limitato numero di casi.

Poniamo il fatto di una persona che acquista un iPhone, lo sblocca e dopo una settima si rompe il microfono perchè era difettoso. Lo sblocco del telefono, evidentemente, non ha niente a che fare con la rottura del microfono, che è una circostanza che ricade nella “colpa” del produttore, cioè Apple, che non può essere ritenuta legittimata a inserire hardware scadente nei propri prodotti solo perchè gli utenti effettuano la procedura di sblocco. In questo caso, l’utente finale avrà diritto a richiedere la riparazione del bene, in base alla garanzia contro i vizi della cosa venduta o a quella sulla mancanza di qualità promesse, applicabile sia ai consumatori che alle aziende, oppure in base alle nuove disposizioni in materia di garanzia di conformità, senza che Apple possa eccepire alcunchè. In tutti i casi in cui, insomma, la rottura di cui si richiede la riparazioni non è correlata o non è stata determinata dalla procedura di sblocco del telefono, Apple deve prestare la garanzia.

Non è dunque, insomma, che per il fatto di avere degli utenti hacker Apple possa sottrarsi ai suoi obblighi di consegnare un buon hardware. Naturalmente, anche gli utenti faranno bene a tutelarsi, non solo per gli iPhone, ma per qualsiasi altro prodotto di elettronica di consumo è bene disporre, come diciamo sempre, di una adeguata forma di tutela giudiziaria, molto più preziosa di qualsiasi tessera di associazione di consumatori.