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come si possono valutare le probabilità di ottenere il riconoscimento di un lavoro dipendente?

Laureato in informatica, dipendente con contratto a tempo indeterminato (commercio) in una società di consulenza informatica (spa), attualmente consulente come programmatore presso una grande azienda da 10 anni (voglio dire che da 10 anni lavoro presso questa grande azienda come se fossi un loro dipendente). Chiedo se ho diritto a intentare una causa per lavoro presso questa azienda e quante probabilità ho di vincerla.

Posta in questo modo, la domanda non può condurre assolutamente a niente. Per vedere se un rapporto d’opera, o di consulenza, dissimula in realtà un rapporto di lavoro subordinato della cui esistenza si possa chiedere l’accertamento ad un giudice, bisogna proprio esaminare in dettaglio le modalità con cui è sempre stato svolto il lavoro. Bisogna, ad esempio, vedere se c’erano vincoli di orario, con anche, sempre ad es., cartellini da timbrare, superiori, una vera e propria subordinazione o, al contrario, libertà ed autonomia nello svolgimento delle prestazioni. È necessario, in altri termini, esaminare che cosa faceva il «lavoratore» dal mattino in cui entrava in azienda (se entrava, ovviamente) alla sera in cui se ne andava e con quali modalità. Una volta fatto questo importante lavoro preliminare di approfondimento, si può esprimere un giudizio generale circa la sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato, ma mai esprimere con precisione le probabilità di vittoria in una causa, perché, specialmente in materie «liquide» come questa, ci sono troppe variabili. Un avvocato serio ti può dire semplicemente se è meglio lasciar perdere o se «ci sono possibilità» di vittoria, questo secondo caso sarà quello in cui la tua situazione non appare infondata, ma ci sono discreti elementi a tuo favore. Ma più di questo non sarebbe corretto, né utile.

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che si può fare se il datore abusa del contratto di lavoro a progetto?

Da circa 8 anni il mio compagno lavora per una nota azienda di preparazione universitaria, nominalmente come direttore didattica ma di fatto come impiegato dipendente, con contratti a progetto di 6 mesi in 6 mesi o anche meno, magari interrotti durante il periodo estivo e poi stesi ex novo a settembre, senza garanzie di rinnovo se non promesse e strette di mano, chiaramente senza malattie pagate, assicurazioni, rimborsi spese o altre tutele. Lo stipendio è 1000 euro mensili scarsi, e quando ci sono i conguagli fiscali è come non ricevere nulla. E tra l’altro ricevendo il CUD in ritardo (o non ricevendolo affatto!) non riesce mai nemmeno a recuperare 1 Euro di tasse. Lui insiste a non lamentarsi per paura di perdere anche quel poco (ha 40 anni e difficilmente troverebbe altro) ma la situazione è davvero insostenibile. Non possiamo permetterci una causa, ma cosa possiamo fare per ottenere almeno un contratto regolare?

È la storia di una intera generazione, questa, non certo solo quella del tuo compagno e della vostra famiglia. Mi sento anche di dire che la colpa di questa situazione non è tutta delle aziende, ma della pressione fiscale e contributiva che non è più sostenibile da almeno 20 anni, specialmente per quelle imprese che operano in settori dove c’è la concorrenza di altre organizzazioni che possono far ricorso a forze lavorative di paesi esteri.

Detto questo, che, al di là della piccola polemica ci serve anche per capire la dimensione del problema, con conseguenti ricadute pratiche, c’è da dire che il primo strumento sarebbe proprio fare una causa per chiedere ed ottenere il riconoscimento di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, per la qual cosa probabilmente ci sarebbero tutti i requisiti, viste le modalità con cui il rapporto si è protratto sino ad ora. Se non disponete di risorse economiche cospicue, e non avete una forma di tutela giudiziaria (che coprirebbe la materia del lavoro, mi è già capitato di usarla in casi simili), potete cercare un legale disposto a patrocinarvi con il sistema del compenso a percentuale, oppure un legale convenzionato con i sindacati o, semplicemente, disposto a rateizzare i compensi.

In alternativa, si può provare a fare i classici esposti all’Ispettorato del lavoro e alle altre autorità eventualmente interessate e poi vedere che cosa succede.

In tutti questi casi, naturalmente, il rapporto con il datore di lavoro viene compromesso e il lavoratore deve pensarci due volte, purtroppo, in un panorama desolante come quello attuale in cui è molto difficile reperire un’occupazione alternativa, sostanzialmente pressochè impossibile con un lavoro a tempo indeterminato. Molti, per questo motivo, continuano a tenere abbassata la testa, facendo poi il contenzioso per gli arretrati non pagati una volta che sono eventualmente riusciti a trovare una nuova occupazione. Ovviamente, la cosa va valutata attentamente sotto tanti punti di vista. Va anche considerato che il problema di cui stiamo parlando è la proiezione della pessima condizione economica in cui si trova l’Italia: se il tuo compagno si licenziasse, il giorno dopo quell’azienda troverebbe dozzine di altri candidati disposti a farsi schiavizzare come lui e forse anche peggio di lui.