Come sai, da molti anni utilizzo per la telefonia dello studio un sistema VoIP, di cui ho già parlato più diffusamente in questo precedente post.
Uno dei software più interessanti per il Mac e per Android è Zoiper.
Un problema che ogni tanto si può presentare, e che impedisce di effettuare chiamate in uscita, è l’impostazione errata di uno STUN server, specialmente col provider OpenVoip che utilizzo io ormai da anni, sin dall’inizio.
L’errore che a volte viene incontrato è quello che si può vedere di seguito:
Uno dei consigli che si può trovare in rete, con una breve ricerca di google, è quello di disabilitare del tutto l’utilizzo del server STUN
Che, in effetti, è settato di default su quello di zoiper:
In realtà, con OpenVoip si può inserire lo STUN server dello stesso fornitore:
Per risolvere il problema, dunque, puoi inserire lo stun server di OpenVoip, o del tuo diverso fornitore di telefonia, nel campo STUN server, salvare e basta.
A questo punto dovrebbe essere tutto a posto.
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Appena fatto l’aggiornamento alla versione 6 di #carboncopycloner.
CCC è una applicazione per Mac, di cui parlo anche nel mio libro «Fare l’avvocato è bellissimo», che consente una forma di backup, sicurezza e produttività estremamente interessante.
Con questo programma, infatti, puoi avere una copia «avviabile» del disco interno del tuo mac.
Questo a che cosa serve?
Se, o meglio quando, il disco interno del tuo mac si rompe – cosa che prima o poi avviene a tutti, la morte dei dischi fissi è certa come quella degli uomini – puoi prendere il disco «clone», attaccarlo ad un altro Mac e riavviare quel secondo Mac dal disco clone.
In questo modo, in 5 minuti di tempo sei di nuovo immediatamente produttivo, caricando il tuo ambiente di lavoro completo su un altro mac.
Per fare questa cosa, ovviamente occorre avere almeno due mac, cosa che per molti professionisti è vera: spesso si ha una macchina in studio e una a casa.
Ma anche se non hai due mac di proprietà questo sistema ti può essere utile. Se, ad esempio, porti il tuo mac in riparazione e ti prestano un «muletto» per il tempo della riparazione, puoi usare il tuo disco clone appunto con questo muletto.
Ovviamente, quando avrai in qualsiasi modo sistemato il tuo mac originario, potrai fare il processo inverso, cioè copi il clone sul disco principale, in modo da avere, in poco tempo, completamente ripristinato il tuo sistema.
Questo fondamentale giochetto si può fare con Windows?
Manco per il razzo!
Questo è solo l’ennesimo esempio di come, al di là dei discorsi generici, che non valgono nulla, sul fatto che la scelta di un sistema operativo sia «questione di gusti», i sistemi Apple siano più robusti, sicuri e produttivi e debbano necessariamente essere preferiti per un uso professionale.
Keyboard maestro è un software di automazione per il mac di cui ti ho parlato già diverse volte, come ad esempio in questo post, e che ti consiglio caldamente se vuoi aumentare la tua produttività nel tempo che spendi al computer. I possibili utilizzi sono praticamente illimitati, l’unica cosa che c’è da dire è che richiede una conoscenza informatica maggiore di quella dell’utente comune, bisogna essere un po’ smanettoni, anche se non è necessario saper usare un linguaggio di programmazione vero e proprio trattandosi di una applicazione di macro, cioè istruzioni di base eseguite in modo sequenziale.
Per testare le macro che vengono create con Keyboard maestro a volte è utile, o addirittura necessario, eseguirle passo dopo passo, per vedere qual è l’istruzione che non funziona.
In questi casi, occorre entrare in modalità «debugging».
Per entrare in questa modalità, occorre andare nel menu di stato di Keyboard maestro, che si trova in alto a destra nel mac, nella barra dei menu di mac os, insieme alle icone di molti programmi, tra cui solitamente dropbox, alfred, enpass, skype e così via.
Ecco ad esempio la parte destra della mia barra dei menu di oggi
L’icona di keyboard maestro è facilmente riconoscibile perché porta il carattere del vecchio tasto mela di macOS, oggi chiamato tasto «command», posto sia a destra che a sinistra della barra spazio. Qui sopra la puoi vedere in mezzo a clipmenu, un programma che utilizzo per mantenere più versioni della clipboard di sistema, e f.lux, un’app per la gestione dell’illuminazione dello schermo, per evitare la luce blu.
Cliccando su questa icona si apre il menu di stato di Keyboard maestro, di cui puoi vedere, come esempio, il mio qui di seguito.
Questo menu viene utilizzato più frequentemente per lanciare l’editor, cioè la parte del programma dove scrivi e modifichi le tue macro; ma può essere utilizzato anche per lanciare alcune macro per cui non è stata definita una scorciatoia da tastiera, nel mie menu infatti vedi cinque macro che possono essere lanciate semplicemente cliccando sul loro nome (quella che utilizzo di più è quella per fare l’OCR sui documenti).
In basso, come penultima opzione, c’è appunto quella per entrare nella modalità «debugging».
Cliccando su tale opzione, si apre una finestra «volante» che rimane appunto aperta e dalla quale si può manualmente passare all’istruzione successiva di ogni singola macro che viene lanciata, per scopi di testing. Qui la finestra appare vuota, perché non c’è nessuna macro in esecuzione da controllare.
Appena inizi ad eseguire una macro, la finestra viene «popolata»
Questa è una macro, che si chiama appunto «rispondi a mail con audio», con la quale a volte rispondo appunto ad una cara, vecchia mail registrando un audio, che poi viene velocizzato per rispetto di chi se lo deve ascoltare, salvato ed allegato alla mail.
Per fare il debugging è sufficiente premere sull’icona immediatamente a destra dell’icona della pausa (che risulta correttamente selezionata perché la macro è in pausa per essere eseguita passo dopo passo), quella con il trattino in basso e sopra la freccia curva verso destra.
In questo modo, si può vedere che cosa effettivamente succede quando vengono eseguite le singole istruzioni e dove la macro «si inceppa», smettendo di funzionare, andando poi ad intervenire sulla singola azione che ha presentato i problemi.
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Come noto, preferisco di gran lunga Android ad iOS, per i motivi che ho spiegato in questo post, e nell’intervista radiofonica collegata, che ti invito, rispettivamente, a leggere e ad ascoltare.
Anche Android, però, specialmente nelle ultime versioni ha iniziato a lasciare molto a desiderare.
L’ultima versione bella, pulita e libera di Android è la 8, Oreo. Dalle 9 compresa in poi, Google ha iniziato a togliere funzioni e a chiudere cose, rendendo Android sempre più convergente con il sistema operativo per bimbiminchia di iOS. Nella 9, ad esempio, ha tolto la possibilità per applicazioni di terze parti di registrare le telefonate, cosa fondamentale per mille motivi, soprattutto a me, come avvocato, ma anche come podcaster.
Per questi motivi, ho effettuato spesso il downgrade di Android nei miei dispositivi. Attualmente, utilizzo un Note 10 plus, che ritengo essere ancora il terminale migliore e che spero Dio mi conservi più a lungo possibile perché, per la prima volta, non ho proprio cuore di cambiarlo. Sul mio note, ho fatto il downgrade dalla versione 10, dove non funzionavano più molte mie automazioni fondamentali costruite con Automagic, alla 9 (Pie).
Più recentemente, mi sono trovato di fronte ad uno dei miei dispositivi che utilizzo da «server», cioè lascio sbloccati e «unattended» a svolgere compiti come il backup, la pubblicazione sui social e così via, che non funzionava più a dovere, per colpa dell’aggiornamento ad Android 10.
Si tratta di un Honor 10 lite view, in passato appartenuto a mio figlio Davide, il distruttore, come spiego meglio in questo post, che infatti ha tutto il vetro rotto e che quindi è perfetto per questo tipo di utilizzi tipo «server», dove lo lascio lavorare da solo e mi ci collego, quando ne ho bisogno, con TeamViewer.
Come si fa il downgrade.
Il downgrade di un dispositivo come questo si effettua tramite il programma HiSuite di Huawei.
Purtroppo, come spesso accade, questo programma, che esiste sia per Windows che per Mac, per quest’ultimo, il sistema che uso io, presenta solo un insieme ristretto di funzioni; tra quelle che manca, anche quella per fare il downgrade.
Per questo motivo, ho dovuto utilizzare la versione Window, all’interno di una macchina virtuale Vmware Fusion, che, devo dire, ha funzionato egregiamente.
Quando connetti il telefono al Mac, Fusion ti chiede se vuoi collegarlo al mac stesso o alla macchina virtuale Windows sita al suo «interno». Ovviamente, devi scegliere la macchina Windows.
A quel punto, puoi lanciare HiSuite e prevedere il ripristino del software.
Qui magicamente Huawei consente di installare anche versioni anteriori, non solamente l’ultima uscita, per cui basta scegliere la versione precedente e procedere all’installazione.
Ovviamente, la procedura cancella tutti i dati del telefono.
Al termine, la situazione dovrebbe essere la seguente.
Dopo il ripristino, bisogna fare alcune impostazioni per evitare di essere disturbati dal sistema che richiede di essere aggiornato, come ad esempio disattivare le notifiche dell’utility di aggiornamento.
Conclusioni.
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Homebrew è un progetto meraviglioso grazie al quale puoi installare su macOS molti dei pacchetti diffusi per gli altri ambienti della «famiglia Unix», come ad esempio rsync e unison, che personalmente utilizzo per tenere sincronizzate alcune cartelle su macchine diverse, in combinazione con utility di automazione come Keyboard maestro.
L’ambiente è quello del terminale, a riga di comando, quindi sicuramente per utenti più avanzati, anche se resta vero il fatto che ognuno può cimentarsi seguendo guide on line, come questa e tante altre che si trovano in rete: è molto più facile di quello che potrebbe sembrare.
Il progetto homebrew non è ancora disponibile per l’architettura silicon m1, ma si può usare ugualmente tramite Rosetta, l’emulatore che Apple ha predisposto per tutti i software che non sono ancora stati portati nativamente alla nuova architettura.
Devo dire che Rosetta funziona davvero molto bene, meglio della volta scorsa, quando ci fu la transizione da powerpc a Intel: Apple ha lavorato egregiamente, personalmente non ho trovato un solo software che non funzionasse sul mio nuovo Air con m1 – che, per inciso, è il computer che consiglio di acquistare in questo momento.
Dunque, per installare homebrew sui Mac con processore silicon basta semplicemente prependere al solito comando il prefisso relativo all’architettura, in modo che venga utilzzata l’emulazione di Rosetta.
I comandi
Per installare homebrew, apri il terminale e incolla il seguente comando:
Per installare i singoli pacchetti bisogna pretendere al solito comando brew install + nome del pacchetto lo stesso prefisso che indica l’architettura.
Ad esempio, per installare il pacchetto «unison», che appunto serve a tenere sincronizzate più directory, bisogna dare a terminale il comando seguente:
arch -x86_64 brew install unison
È veramente molto più semplice da fare che da approfondire, basta copiare i comandi sopra riportati e poi si dispone di un ottimo sistema per ampliare le funzionalità del Mac.
Nel prossimo articolo ti parlerò del mio progetto di automazione per tenere sincronizzate più cartelle.
Conclusioni
se questo articolo ti è piaciuto, condividilo o mandalo alle persone cui potrebbe essere utile;
se vuoi acquistare anche tu un Air, che è sicuramente la macchina migliore al momento, puoi fare clic qui – ti consiglio di prendere la versione con disco da 512 dalla via che ci sei;
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Come probabilmente sai, per il processo civile telematico utilizzo da anni ormai slpct, un software gratuito che funziona su piattaforma Java che offre alcuni vantaggi per effettuare i depositi telematici rispetto alle piattaforme online, tra cui ad esempio:
la possibilità di caricare più documenti contemporaneamente;
la possibilità di condividere la cartella dei depositi con altri collaboratori dello studio e tramite dropbox (cosa utile anche per scopi di backup).
Con questo post, voglio darti alcune istruzioni circa l’installazione e il funzionamento sull’ultima versione di macOS, Big Sur, anche perché potresti incontrare un problema a causa di alcune istruzioni diffuse in rete che portano ad installare una versione di java in realtà incompatibile con slpct.
Slpct, infatti, gira su piattaforma java. Java non è più incluso da diversi anni su macOS, per cui bisogna installarlo a parte.
Cercando con google, uno dei primi risultati di ricerca per installare java su Big Sur è questo: questa pagina sembra ben compilata e azzeccata, purtroppo se si seguono queste indicazioni poi slpct non funziona.
Il link corretto da cui installare Java è invece questo.
Tramite il programma scaricabile da quest’ultimo link si possono rimuovere anche versioni precedenti di java installate sul Mac, cosa che ritengo consigliabile e pratico regolarmente.
Dopo l’installazione, si può verificare la riuscita dell’operazione aprendo una finestra di terminale e digitando al prompt
java -version
Si dovrebbe ottenere un risultato come quello nell’immagine che segue.
A questo punto si può procedere all’installazione di slpct, scaricando l’ultima versione direttamente dal sito.
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Per decrittare e rippare un bluray su mac l’unica soluzione che ho trovato ad oggi é usare makemkv, handbrake non funziona nemmeno installando libdvdcss a parte
Keyboard maestro è una bellissima applicazione di automazione per mac, di cui ti ho parlato tante volte e di cui tante altre torneremo a parlare.
Una delle funzioni che offre è la sincronizzazione delle macro, in modo da averle a disposizione su tutti i propri mac.
Ad esempio, per rispondere alle domande del blog, ho creato una macro che automatizza diverse operazioni di Apple Mail e, grazie alla sincronizzazione, posso utilizzarla su qualunque mac io sia collegato in quel momento.
Ci sono però dei casi in cui la sincronizzazione non serve, anzi può essere dannosa, perché una determinata macro deve essere eseguita solo su di un determinato computer.
A casa, ad esempio, ho un iMac cui faccio svolgere anche funzioni di server (ad esempio, ci gira il server di Plex con i miei contenuti), dove la cartella di dropbox è stata messa su un disco esterno, essendo troppo grande per poter essere contenuta in quello interno.
Questo comporta, ogni volta che la macchina si carica (boot), un errore di Dropbox che lamenta di non trovare la sua cartella, dovuto al fatto che l’applicazione di Dropbox viene lanciata dal mac quando il disco esterno non è stato ancora montato e quando, dunque, ancora non può essere visto dall’applicazione di Dropbox.
Questo può essere risolto con una macro di Keyboard Maestro che lancia Dropbox (e TextExpander, un software di espansione di testo che tiene i propri dati sempre dentro Dropbox) una decina di secondi dopo che il sistema è stato avviato.
Una macro del genere, però, deve essere eseguita solo su questo mac e non sugli altri, dove sarebbe inutile, se non controproducente.
La soluzione si trova semplicemente utilizzando il Mac UUID, che è univoco per ogni singolo mac, con una condizione if … then come nell’immagine che segue.
La prima azione della macro, disabilitata, la puoi utilizzare all’inizio per ottenere il codice di MacUUID della tua macchina, quella dove vuoi che sia eseguita la macro, con esclusione di tutte le altre.
Una volta ottenuto il codice, lo devi inserire al posto delle tre «xxx» che vedi sotto (ho ovviamente eliminato il mio MacUUID), dopodichè puoi mettere le azioni che vuoi; io ho messo quelle che interessavano a me, di lanciare Dropbox e TextExpander, dopo la pausa di 10 secondi, ma naturlamente si può inserire quel che si vuole.
In questo modo, puoi lasciare attiva la sincronizzazione tra tutti i tuoi mac, sapendo che questa macro verrà eseguita solo sul mac che desideri.
Ti seguito ti metto anche un file zip con la macro pronta per essere importata nel tuo Keyboard Maestro e modificata. Clicca qui: download macro.
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Ma gli aggiornamenti di sistema Apple che adesso ci mettono una eternità a completarsi… Restituitemi i miei Mac, che già la voglia di lavorare non è al top.