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Separarsi in giro per il mondo: come si può fare?

Sono una cooperante, italiana. Fino all’anno scorso vivevo in Ciad con il mio compagno, francese e nostra figlia, di 3 anni e mezzo.
Insieme decidiamo di trasferirci a Dakar, in Senegal. Lui parte ad ottobre io avrei dovuto raggiungerlo alla fine del mio lavoro con la pupa che resta con me in Ciad. Trasferiamo tutte le nostre cose a Dakar. Poi fine novembre, il giorno prima della nostra partenza dal Ciad per l’italia prima e Dakar poi mi chiama e mi dice che la storia è finita. Baratro. Dopo mesi di decisioni decido, per il bene di mia figlia di raggiugerlo comunque a Dakar per fare in modo che la pupa possa stare con il padre. Arrivo a Dakar a fine febbraio 2020, adesso siamo a Dakar. Io sono alla ricerca di lavoro sul posto ma se non trovo nulla vorrei partire con la bimba. Ognuno vuole che la bimba resti con se. Io ho fatto questo sforzo di venire qui per agevolare la vicinanza. Ma è chiaro che se partissi vorrei farlo con lei. Ho bisono di aiuto per capire come agire.

Ti serve più un percorso di counseling che un percorso di tipo legale, almeno al momento.

A livello legale ci sono degli aspetti che si possono, e per certi versi è opportuno, gestire, ma in questa fare, come hai correttamente intuito tu stessa, devi «capire come agire» e cioè come puoi comprendere che cosa è più opportuno per te e per tua figlia, in una situazione non facile, spalmata tra tanti paesi del mondo, con due genitori di nazionalità diverse e tendenzialmente portati anche a stabilirsi di conseguenza in paesi diversi, anche una volta terminato il lavoro all’estero.

In giro per il mondoA livello fattuale si gestiscono, e mi è anche capito di gestire diverse volte, separazioni di genitori che sono poi andati a vivere addirittura in due continenti diversi. È chiaro che in quei casi, le possibilità di progettare la separazione si restringono notevolmente, concretandosi sostanzialmente nel far stare i figli con un genitore durante il periodo scolastico e con l’altro per quello delle vacanze estive, con tutte le complicazioni del caso.

Tua figlia peraltro è molto piccola, è al limite – di 4 anni – per cui si considera praticabile il pernotto nell’ordinamento italiano, non è ipotizzabile, prima di qualche anno ancora, che possa trascorrere periodi molto lunghi col padre – questo te lo dico io che, pur essendo un noto maschilista, ritengo che i bambini, quando sono molto piccoli, è opportuno, naturale, innegabile che stiano con la mamma, salvo ovviamente casi di mamme gravemente disfunzionali.

A monte di tutto questo, c’è la necessità di definire da parte tua un adeguato progetto di vita, perché se è vero che nelle separazioni, come si ripete stancamente e un po’ burocraticamente, va valutato per di più l’interesse dei minori, come se fosse scollegabile da tutte le persone che ruotano attorno a loro, in realtà l’interesse dei genitori resta fondamentale perché i minori godono del benessere dei genitori e purtroppo ne soffrono inevitabilmente l’eventuale mancanza.

Quindi le domande per te funzionali potrebbero in ipotesi essere le seguenti:
– dove, cioè in quale Stato, stabilisco la mia residenza definitiva?
– se mi stabilisco all’estero, poniamo a Dakar, quale potrà essere il mio lavoro?
– nella medesima ipotesi, quali saranno i rapporti di mia figlia con eventuali miei parenti tra cui nonni, zii, cugini, ecc.?
– quali saranno le possibilità di istruzione, tra poco, lavoro, tra qualche anno, formazione, sviluppo, sanità, ecc. per mia figlia a seconda di dove andrò a stabilirmi?
– se decido di tornare a stabilirmi in Italia come potranno funzionare in concreto i rapporti con il padre che per mia figlia sono preziosi?

Queste ed altre domande a corollario delle stesse sono pre-giuridiche e vanno approfondite appunto con un percorso di counseling.

Se credi, puoi valutare l’acquisto da questa scheda prodotto. Le sedute, ovviamente, si possono fare anche tramite Skype, come spiego meglio in questo post.

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Padre che si risposa: come si divide eredità?

MIA MADRE E MIO PADRE SONO SEPARATI .LUI HA AVUTO UN’ALTRA FIGLIA DA UN’ALTRA DONNA. MIA MADRE E MIO PADRE HANNO COMPRATO CASA DURANTE IL LORO MATRIMONIO. ORA SE MIO PADRE CHIEDI IL DIVORZIO E SI RISPOSA CON LA SUA COMPAGNA DA CUI HA AVUTO UNA FIGLIA SUL SUO 50% HANNO DIRITTO ANCHE LORO AD UNA PARTE ANCHE SE LA CASA E’ STATA ACQUISTATA CON MIA MADRE?SE SI IN CHE PERCENTUALE?

Mancano alcuni dettagli essenziali per capire, innanzitutto, qual’è la situazione proprietaria della casa all’origine, a prescindere dalle vicende intervenute successivamente, e cioè il modo in cui è avvenuto l’acquisto della casa e il regime patrimoniale dei coniugi al momento dell’acquisto, due aspetti intimamente collegati tra di loro e interdipendenti.

Supponendo, seguendo la logica dell’ipotesi più probabile, che la casa fosse stata oggetto di comunione tra i coniugi, non in regime di comunione ordinaria, ma di comunione appunto tra coniugi che, secondo la celebre forma della corte costituzionale è una «comunione senza quote», allora la situazione giuridica potrebbe essere la seguente.

La casa era appunto oggetto di proprietà condivisa sia di tuo padre che di tua madre, ma è appunto una comunione dei beni tra coniugi, quindi il fenomeno è più simile a quello di una società commerciale con un proprio patrimonio sociale, dove al posto della società abbiamo la famiglia e nel patrimonio abbiamo i vari beni entrati in comunione tra cui la casa.

Si tratta di una comunione che si scioglie al momento del decesso di uno dei due coniugi o, come è probabilmente avvenuto nel tuo caso, al momento della separazione, che ha determinato il mutamento di natura della comunione, da comunione tra coniugi a comunione ordinaria.

Dunque al momento la casa, sempre nell’ipotesi che la configurazione originaria fosse quella tratteggiata nei paragrafi precedenti, è oggetto di una comunione ordinaria al 50% dei tuoi genitori.

Se tuo padre, previo divorzio, si risposa con la sua attuale compagna, al suo decesso la moglie, tua sorella e tu sarete chiamati alla sua eredità in ragione di 1/3 alla moglie e 1/3 ciascuno tu e tua sorella – supponendo anche qui che non ci siano altri figli. Dell’eredità farà parte il 50% della casa familiare, quindi alla fine dell’intera casa voi tre «avrete diritto» a 1/6 ciascuno, mentre gli altri 3/6 rimarranno comunque a tua madre.

Attualmente, invece, che non c’è nessuna seconda moglie, ma, in assenza di divorzio, la moglie di tuo padre è ancora tua madre, il 50% della ex casa familiare di proprietà di tuo padre andrebbe diviso come segue:

  • 1/3 a tua madre
  • 1/3 a tua sorella
  • 1/3 a te

Ciò sempre a condizione che non ci sia stata – anche qui manca un dettaglio fondamentale – separazione giudiziale con addebito a tua madre, nel qual caso tua madre non sarebbe chiamata all’eredità di tuo padre, che dunque sarebbe divisa solo tra te e tua sorella.

Se vuoi approfondire ulteriore, anche se non credo che possa valerne la pena, puoi valutare di acquistare una consulenza. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Voglio fare testamento: come si procede?

Evita di fare un testamento invalido.

Avrei bisogno di fare testamento… Come posso procedere?

Le forme principali di testamento sono due:

  1. testamento olografo;
  2. testamento pubblico.

Nessuno di questi due testamenti è fatto da un avvocato, ma può senz’altro essere redatto con l’assistenza e la consulenza di un avvocato, specialmente nei casi in cui il patrimonio di cui si vuole disporre è di una certa entità o anche semplicemente per evitare di fare, come purtroppo molto spesso succede, un testamento invalido, che poi può essere impugnato.

Nel nostro paese, la libertà di disporre per testamento è peraltro molto limitata. Se una persona ha un coniuge e/o dei figli, la quota delle proprie sostanze di cui può disporre per testamento è molto limitata. Tutto il resto va necessariamente agli eredi necessari, persone cui la legge riserva comunque una quota dell’eredità.

testamento documento legale

Un figlio, ad esempio, è sempre un erede necessario e il padre o la madre non possono «diseredarlo», come prometteva costantemente di fare zio Paperone con Paperino…

La parte di cui si può disporre per testamento, in questi casi, è appunto limitata e dipende dalla presenza o meno, e, nel primo caso, dal numero di eredi necessari.

Un discorso a parte vale per le aziende, per le quali le esigenze di continuità delle medesime hanno fatto sì che la legge abbia riconosciuto all’imprenditore il potere di decidere, ad esempio, a quali tra i suoi svariati figli destinare l’azienda di famiglia, restando agli altri solo una liquidazione. Questo serve per evitare che una azienda di pregio, che magari costituisce una importante risorsa per l’economia, anche solo locale, finisca in malora per liti tra eredi. È una riforma recente, peraltro.

Va notato, peraltro, che un testamento redatto in violazione dei diritti degli eredi necessari e quindi delle quote di legittima è perfettamente valido ed efficace. Può ovviamente essere impugnato da parte degli eredi pretermessi, ma finché non viene eventualmente impugnato continua a produrre i propri effetti e diventa anche definitivo se non impugnato entro i termini di legge. Da ciò consegue che alcune persone redigono testamenti che sanno essere impugnabili, confidando sul fatto che chi è legittimato ad impugnarli difficilmente lo farà o che, nel caso in cui ciò avvenisse, sarebbe poi facile per le persone interessate raggiungere un accordo.

Ma chiudiamo la parentesi e torniamo ai testamenti.

Scegli un tipo.

Quello olografo è un testamento scritto di proprio pugno, cioè a mano, dal testatore, da lui datato e sottoscritto. Tutti questi tre elementi, la scrittura di pugno, l’indicazione della data e la sottoscrizione sono essenziali per la validità del testamento. Chiaramente, il testatore può farsi scrivere la «bozza» del testamento da un avvocato, anzi, se non è scemo, specialmente nel caso in cui ci siano cose di una certa importanza da gestire, come ad esempio immobili, se la farà sempre scrivere da un avvocato competente. Il testamento olografo viene poi conservato senza particolari formalità in casa, naturalmente comunicando a persone di fiducia la sua esistenza, oppure presso lo studio di un professionista, in questo secondo caso bisognerà pagare per il servizio di deposito e gestione che verrà effettuato dopo l’apertura della successione e cioè il decesso.

Il nostro prodotto a forfait per l’assistenza per la redazione di bozza di un testamento olografo si trova qui

Il testamento pubblico è invece quello raccolto da un notaio e fatto presso lo stesso.

La differenza tra i due testamenti è grossomodo che l’olografo costa molto meno del pubblico, ma, avendo natura sostanzialmente di scrittura privata, offre minori garanzie di tenuta rispetto ad un testamento pubblico, che può comunque essere contestato sotto molteplici profili, compresa la capacità di testare e quindi di intendere e di volere del suo autore, ma più difficilmente, dal momento che tutto è avvenuto davanti ad un pubblico ufficiale.

Nel caso, dunque, di persone che non presentano particolari problemi di lucidità e non dispongono di un grande patrimonio, il testamento olografo può andare benissimo. Anche perché, come vedremo subito dopo, essendo un testamento più informale, è anche più facile modificarlo e si presenta dunque più elastico rispetto a quello pubblico. Quest’ultimo, il testamento pubblico appunto, può essere invece interessante se ci possono essere problemi di possibili contestazioni o se il patrimonio è molto importante, cosa che giustifica l’adozione di maggiori formalità.

Per i costi del testamento pubblico, non sono in grado di aiutarti: devi chiedere un preventivo ad un notaio. Di solito costa circa 7/8 volte di più di un olografo, grossomodo.

Come accennato, il testamento è sempre revocabile. Si può revocare tout court oppure si può modificare, sostituendolo con un nuovo testamento. Vale la regola per cui prevale sempre il testamento successivo. La libertà di testare permane pienamente sino al momento della morte, cosa che gli antichi giuristi romani esprimevano con l’immagine plastica usque ad extremum vitae exitum. Il testamento, dunque, non è un contratto: non si può fare alcun affidamento su quanto disposto in esso, nemmeno se si svolgono delle prestazioni che, da parte di chi le pone in essere, vengono sentite come in rapporto di corrispettività. Se io ad esempio ti lascio tutte le mie sostanze in cambio del fatto che tu ti prendi cura di me durante la vecchiaia, tu lo fai per anni, ma poi io, gli ultimi tre giorni di vita, cambio idea e lascio tutto ai miei gatti, il secondo testamento a favore dei gatti (diciamo una onlus che protegge i gatti) è validissimo e non può essere impugnato per il lavoro svolto, per il quale semmai spetterà un’azione per il conseguimento della retribuzione o per arricchimento senza causa.

Cosa fare adesso?

Se vuoi direttamente che ci mettiamo al lavoro sulla redazione del testamento, puoi acquistare il prodotto relativo da qui.

Se invece pensi che prima di procedere sia più opportuno approfondire puoi valutare una consulenza da questa pagina.

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Mio padre non mi ha mai riconosciuto: cosa posso fare?

sono un ragazzo di 19 anni. Al momento della mia nascita non sono stato riconosciuto da mio padre e sono stato mantenuto esclusivamente da mia madre per tutta la mia vita. Volevo sapere, ho il diritto di chiedere a mio padre gli alimenti arretrati? Se si, cosa debbo fare per far si che ciò avvenga?

Il primo passo è verificare con cura la sussistenza dei presupposti per fare l’azione di riconoscimento della paternità, di cui all’art. 269 cod. civ., rubricato «Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità».

Se ho ben capito, infatti, tuo padre al momento è «solo» il tuo padre biologico, mentre a livello giuridico e legale non esiste alcun accertamento e, pertanto, nessun rapporto di filiazione.

Per poter chiedere qualcosa al tuo padre biologico, il presupposto indispensabile è che venga accertato, anche legalmente, il rapporto di paternità.

Per questo tipo di azione sono previsti dei presupposti, in sostanza occorre trovarsi in una situazione in cui sarebbe ammesso il riconoscimento. Un esempio di caso in cui questa azione non sarebbe ammessa sarebbe quello in cui tu fossi stato adottato da un altro uomo, oppure risultassi figlio «legittimo» (diciamo così per praticità, anche se il termine non esiste più) di un altro uomo, perché ad esempio tua madre al momento del concepimento era sposata con costui – faccio esempi astratti perché se dici che ti ha mantenuto sempre tua madre non è questo il tuo caso. Nella prima di queste ipotesi non si potrebbe fare nulla, nella seconda bisognerebbe prima fare un’altra causa di contestazione della legittimità – anche qui dopo attenta verifica dei presupposti – e poi l’azione di riconoscimento in capo al «vero» padre.

Se ci fossero adeguate basi legali per l’azione di riconoscimento della paternità, si potrebbe, in quella sede, chiedere un risarcimento del danno, che secondo i giudici viene determinato in via equitativa (Corte d’appello di Lecce, sentenza 07-07-2016) e «indennitaria» in capo a colui che sarebbe poi, eventualmente, accertato essere il tuo vero padre.

Il punto è anche che il mantenimento dovuto per la tua sussistenza non è mai stato adeguatamente liquidato da un giudice prima di adesso, cioè quantificato nel suo preciso ammontare. Ulteriormente, è impossibile da liquidare, anche a posteriori, perché oltre al mantenimento ordinario ci sono anche tante spese straordinarie che, dopo quasi vent’anni, non si può pretendere di ricostruire minuziosamente – la sentenza sopra citata dice ad esempio che essendo «impossibile pervenire ad una esatta determinazione del dovuto atteso che non è pensabile che la madre conservi scontrini o ricevute di tutte le spese sostenute nell’interesse della figlia, anche in considerazione del lungo tempo trascorso tra la nascita di quest’ultima e l’introduzione del giudizio di primo grado (anni 32)» si è ritenuto preferibile e legittimo «fare riferimento al criterio equitativo».

Peraltro, se si parlasse di mantenimento vero e proprio, ci sarebbe anche un altro problema. È vero che il diritto al mantenimento è imprescrittibile, ma le singole rate si prescrivono dopo 5 anni, se non richieste. Per cui, se ragionassimo nell’ambito di questa logica, se tu ottenessi il riconoscimento giudiziale potresti richiedere il mantenimento solo andando indietro di 5 anni dalla sentenza che accerta la paternità, cosa che sarebbe abbastanza iniqua, in fondo.

Per fortuna, i giudici di solito ragionano abbastanza diversamente, inquadrando la cosa più come un risarcimento del danno che come un mantenimento arretrato.

Se vuoi approfondire maggiormente questa situazione puoi acquistare una consulenza da questa pagina. Se invece vuoi direttamente un preventivo per l’azione relativa puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Divorzio e trasferimento da USA a Italia: si può fare?

Mia figlia risiede in Florida, Stati Uniti, divorziata legalmente, con doppia cittadinanza, ha una bambina di 5 anni, purtroppo ha nostalgia della famiglia, essendo sola, vorrebbe tornare in Italia vicino ai propri genitori, chiedo: può il marito, essendo stato lui a volere il divorzio perché accompagnatosi con altra persona, impedire che madre e figlia possano venire stabilmente in Italia, preciso che nulla osta che lui possa venire a trovarla o la piccola se accompagnata andare dal padre come avviene attualmente.

Il presupposto implicito del problema è che il marito di tua figlia è statunitense e, se lei si trasferisse in Italia, le visite e le frequentazioni della figlia con il padre sarebbero notevolmente compromesse.

Prima ancora di fare considerazioni di merito su una situazione di questo genere, bisogna dire che la problematica non è di facile trattazione, perché probabilmente in materia si ha innanzitutto comunque la giurisdizione dei giudici degli Stati Uniti, prima ancora che quella dei giudici italiani, che va verificata attentamente.

In generale, gli Stati Uniti interpretano peraltro molto largamente le disposizioni a favore dell’esistenza della loro giurisdizione e spesso emettono provvedimenti in anche in situazioni al limite, o dove ci sono già provvedimenti italiani – mi è capitato svariate volte di assistere a cose del genere.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe un adeguato approfondimento per vedere se sussiste la giurisdizione italiana sul punto, cioè il diritto dei giudici italiani di regolamentare la situazione, cosa che per tua figlia rappresenterebbe molto probabilmente un vantaggio.

Ma chiudiamo questa parentesi molto avvocatesca, ma necessaria e completamente «reale», e parliamo un po’ del merito della vicenda.

Chi abbia chiesto il divorzio e per quali motivi non ha alcuna influenza su dove debba o possa stare la bambina, dal momento che è un aspetto relativo ai rapporti della stessa con i genitori.

Se il padre nega il consenso al trasferimento all’estero della madre, l’unico sistema è ottenere l’autorizzazione da parte del giudice.

Prima di arrivare a questo, con tutti i conseguenti problemi di giurisdizione e costo della giustizia (specialmente negli Stati Uniti), è il caso di fare tutti i tentativi possibili di realizzare questa cosa in via consensuale, magari tramite alcune sedute di mediazione familiare.

In effetti, non è poi un caso così raro: seguo un’altra famiglia disgregata con figli che stanno per la pressoché totalità dell’anno in Italia e per le vacanze estive interamente con l’altro genitore a Miami. Pertanto, una soluzione in qualche modo è sempre possibile trovarla.

Un assetto consensuale avrebbe peraltro molti altri vantaggi cioè molta più collaborazione in seguito tra i genitori nonostante la situazione difficile.

Se, tuttavia, nonostante ogni sforzo prodigato in questo senso, non si riuscisse a raggiungere un accordo, non resterà che valutare il ricorso alla magistratura.

Da questo punto di vista, a mio giudizio il «primo passo» da individuare a riguardo, la prima cosa che è opportuna da fare, è un adeguato approfondimento per vedere se possibile adire, in luogo della magistratura statunitense, quella italiana.

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Moglie si inventa violenza e ottiene la casa: che fare?

mia moglie è andata via di casa con mio figlio 13enne,si è inventata tramite un centro antiviolenza, violenza psicologica, in prima istanza ma ancora senza notifica il giudice ha deciso che dovrei lasciargli la casa con mutuo cointestato entro fine settembre, e 350 euro al mese.Come è possibile che una che si inventa una cosa del genere non rischi nulla anzi viene premiata con l’assegnazione della casa, tra l’altro guadagna più di me e si può permettere un affitto,e il marito debba solo subire, e lottare per il figlio completamente manipolato da lei

Se ho capito bene, hai «subito» una separazione giudiziale, c’è già stata l’udienza presidenziale e il presidente ha assegnato la casa familiare a tua moglie, prevedendo il pagamento di un mantenimento di 350€ al mese, non si capisce se a favore di tua moglie o per tuo figlio.

Non capisco, a riguardo, cosa c’entri la notifica. La notifica dei provvedimenti presidenziali viene fatta solo quando uno è contumace, se conosci il contenuto dei provvedimenti mi sembra improbabile che tu sia rimasto contumace.

Ad ogni modo, una soluzione di questo genere è quello che avviene di solito in casi di questo tipo, anche senza un contesto di eventuale violenza. Per la tutela del figlio minore, la casa familiare viene assegnata alla madre, che così viene a godere indirettamente di un vantaggio, ma non in quanto tale bensì quale genitore che comunemente viene ritenuto come più adatto alla cura del figlio.

Ovviamente tutto questo è oggetto di contestazione da molti anni e attualmente c’è un disegno di legge volto a cambiare questa situazione, che però non mi convince del tutto perché eventuali nuove disposizioni sono comunque destinate a fare i conti con la realtà delle famiglie disgregate che è diversa da caso a caso.

Il tuo caso, peraltro, sarebbe da approfondire perché in queste poche righe si intuisce che ci sono tematiche molto complesse, ma in questa sede non si può dire più di tanto.

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Padre che maltratta e non lascia andare all’estero: che fare?

Sono una madre single, ho 23 anni. Ho interrotto la mia relazione con il papà di mia figlia a causa di ripetute violenze domestiche davanti alla mia figlia di un’anno e mezzo. L’ultimo episodio risale agli inizi di Giugno dove mi fratturo le ossa nasali, sono uscita addirittura sulla Gazzetta di Mantova. Ho sporto diverse denunce e ho ottenuto solo un allontanamento da me. Non si interessa della figlia e non manda alcun tipo di aiuto solo saltuariamente “supplicandolo” . Ho una situazione economica molto difficile , vivo con mia madre ma siamo entrambe cittadine Americane e vorremmo tornare al nostro paese perché abbiamo famigliari che ci potrebbero aiutare e inoltre una miglior qualità di vita, la situazione sta diventando molto tragica.. mio nonno sta morendo e non posso neanche poter andare a trovarlo per colpa del padre della bambina che si rifiuta di firmare alcun tipo di documento che sia passaportocarta d’identità. Sono molto frustrata e arrabbiata!

Innanzitutto, mi dispiace per la tua vicenda.

Detto questo, cominciamo… dall’ultima riga. Come ti puoi immaginare, né la frustrazione né la rabbia ti potranno aiutare a gestire la situazione in cui ti trovi. Nè, soprattutto, un avvocato e le soluzioni che un avvocato ti potrebbe fornire o meno possono aiutarti da questo punto di vista. La prima cosa che devi fare, dunque, è cercare di recuperare, per quanto possibile, un po’ di serenità per poter disporre di tutte le tue risorse spirituali che, come immagini, ti saranno preziose in questo periodo. Valuta anche di frequentare uno psicologo o un counselor o, se sei credente, un consigliere spirituale: vicende come la tua metterebbero in crisi chiunque.

Detto questo, che è molto importante, direi che sul piano legale giudiziario il primo passo sarebbe quello di far regolamentare l’affido di tua figlia dal tribunale. Ti consiglio di muoverti subito perché comunque è una cosa che, nella probabile mancanza di collaborazione da parte del padre, richiede un certo tempo.

In quella stessa sede di regolamentazione dell’affido, puoi richiedere anche l’autorizzazione al trasferimento all’estero, dimostrando che lo stesso è conforme all’interesse di tua figlia, anche per il grave comportamento manifestato dal padre, sia nei tuoi confronti, sia nei confronti di tua figlia, verso la quale il padre manifesta comunque completo disinteresse.

Per quanto riguarda tuo nonno, potresti ottenere l’autorizzazione ad un viaggio temporaneo con un ricorso al giudice tutelare.

Il primo passo, dunque, è comunque scegliere un bravo avvocato che possa seguirti in questo iter. Se vuoi un preventivo da parte nostra, puoi richiederlo compilando il modulo apposito, pratichiamo anche tariffe agevolate per persone in particolare difficoltà o con basso reddito annuale.

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Separazione: posso togliermi mia figlia se non ho reddito?

sono separata ancora non legalmente possono togliermi mia figlia di 10 mesi ed AFFIDARLA a lui solo perché vivo con mia madre e non abbiamo reddito? E un altra cosa così piccola può richiedere il pernotto le spetta? Io so che un minore può pernottare dal padre solo dai 3/4 anni

Sono domande purtroppo che non hanno molto senso.

La decisione circa l’affido di un figlio viene presa dal giudice considerando tutte le circostanze del caso concreto e, comunque, non è prevedibile, per cui la prima considerazione utile da fare è che in prima battuta conviene, per questo e mille altri motivi, tentare di raggiungere, con l’aiuto di un avvocato bravo e con una grande propensione alla negoziazione, una soluzione di tipo consensuale.

Ovviamente, l’assenza di reddito non è una circostanza dirimente, non può mai esserlo, specialmente da sola, va considerata l’intera situazione dei genitori alla luce dell’interesse del minore. Anche se ti consiglio di attivarti per superare questa condizione, mettendoti alla ricerca, se possibile, di un’occupazione o chiedendo comunque ai servizi sociali se ci sono dei sussidi o degli aiuti.

Anche per quanto riguarda il pernotto è un po’ il solito discorso, dipende sempre dall’interesse del minore, dalla situazione concreta e da come lo vede il giudice. Ci sono sentenze che stabiliscono a quattro anni il momento in cui può avvenire il pernotto presso il padre, ma altre sentenze, a mio giudizio più azzeccate, sostengono che dipende sempre dalla maturità del figlio.

In conclusione, ti serve un progetto completo per la gestione della crisi familiare, da far gestire ad un avvocato scelto molto oculatamente e, se possibile, anche da un mediatore familiare. Finché ti focalizzerai su singoli aspetti non realizzerai molto di costruttivo.

Il primo passo per te è scegliere un avvocato. Se non disponi di sostanze per compensarlo, forse puoi chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello stato.

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Faccio da garante per ex moglie: come mi tutelo?

devo fare da garante alla mia ex moglie (madre di mio figlio di 4 anni) per l’acquisto di una casa dove andrà ad abitare con mio figlio e con la quale abbiamo fatto una separazione consensuale che prevede un riconoscimento di un assegno di mantenimento mensile di 400 euro e che lei vada ad abitare con mio figlio nella nuova casa. Come posso tutelarmi qualora lei in futuro diventasse inadempiente? Posso fare ad esempio una scrittura privata? Che mi consigliate di fare?

Se l’operazione viene svolta come avviene di solito in casi del genere, tu dovresti comparire come fideiussore nel contratto di mutuo stipulato per atto pubblico davanti ad un notaio.

In queste condizioni, non avrebbe alcun senso fare una scrittura privata a parte, dal momento che risulta già da un atto avente maggior valore di prova, l’atto pubblico stipulato davanti ad un notaio, che tu intervieni nel mutuo non in qualità di co-mutuatario, bensì di garante.

Da questa qualità di fideiussore, o garante, discende direttamente per legge che, se il mutuatario, cioè la tua ex moglie, non paga il mutuo e la banca chiede a te il pagamento nella tua qualità appunto di garante e tu effettivamente paghi, poi hai un’azione di regresso nei confronti della tua ex moglie per quello che sei stato costretto a pagare.

A questo punto, piuttosto, il problema potrebbe essere quello della solvenza della tua ex moglie, come spiego meglio nella scheda sul recupero crediti, che ti invito a leggere con attenzione, mentre a livello documentale, come contratto, non credo ci sia molto altro che si possa fare.

L’unica cosa che ti consiglierei è quella di far vedere ad un avvocato il testo del contratto di mutuo che andrai a sottoscrivere insieme alla tua ex moglie, in modo da verificare bene ed in concreto che il quadro sia effettivamente quello sopra delineato e non vengano impiegate formule o clausole che potrebbero far pensare, anche solo in parte, a conclusioni diverse. Se vuoi far fare a noi questo lavoro di controllo, assistenza e consulenza, puoi acquistare una consulenza dalla voce apposita nel menu principale del blog.

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Parità di tempi di permanenza dei figli presso i genitori: ma de che?

ci terrei ad avere una tua opinione sul disegno di legge in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia della bigenitorialità presentato a Pillon e se secondo te verra’ approvato.

Non parlo molto volentieri di progetti di legge. Una delle tante cose sbagliate che fanno i media e i blog che si occupano di informazione giuridica, come ho sottolineato in questo post, è di parlare di progetti di legge, specialmente se di iniziativa governativa, presentandoli come «novità normative», con la conseguenza che molta gente, poi, si presenta a studio per far valere norme giuridiche in realtà mai, poi, approvate. Si alimentano speranza, illusioni, si generano falsi affidamenti… una cosa per me molto brutta.

La qualità dell’informazione giuridica in Italia è infima e io non ho nessuna intenzione di accodarmi con questo blog a questo livello, ma cerco sempre, anche se a volte mi scappa qualche parolaccia, di tenerlo in modo che sia utile, preciso, serio, affidabile e originale.

Sulla premessa, dunque, che, almeno al momento, stiamo letteralmente parlando del nulla, perché non c’è nessuna novità legislativa, ma solo una iniziativa di cui si sta discutendo, si possono fare le seguenti osservazioni.

Intanto, non sono purtroppo in grado di sapere se un progetto di legge verrà approvato. E credo che non lo possa sapere davvero nessuno, dal momento che dipende tra l’altro dalla continuazione di un governo che, come sempre in Italia, può cadere da un giorno all’altro in occasione di particolari snodi politici.

Detto questo, c’è da dire che questo progetto si colloca nel solco delle linee programmatiche indicate nel celebre «contratto di governo», dal momento che anche in quel documento di parla di parità di tempi di permanenza presso ciascuno dei genitori e mantenimento diretto. Ciò dovrebbe rendere più probabile l’approvazione del progetto, anche se non si sa mai, ci sono mille cose che possono intervenire.

Concludo aggiungendo che la parità di tempi di permanenza è sicuramente un bel concetto, e anche giusto, ma poi la sua realizzazione concreta si scontra con la situazione lavorativa ed occupazionale dei genitori.

Se la mamma non lavora, ad esempio, mentre il padre sì, che senso avrebbe far stare i figli 3 o 4 giorni alla settimana con la baby sitter del padre, mentre costui è al lavoro, quando potrebbero stare con la madre che è invece a casa? O anche viceversa, se vuoi. Ma è difficile trovare famiglie di separati in cui i genitori sono lavorativamente impegnati sempre per lo stesso numero di ore.

In conclusione, a me sembra che sia anche un po’ l’ennesima operazione di «marketing politico»: si buttano dei bei concetti in pasto al popolo, si raggranellano consensi e voti, poi saranno cazzi, come al solito, degli operatori, ad applicare le norme così giulivamente approvate.

E vedrai che purtroppo non mi sbaglio neanche stavolta.