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Figlio che vuole trasferirsi dal padre: come fare?

il figlio più grande di mio marito (15 anni) ha chiesto ad entrambe i genitori, in un incontro congiunto da lui richiesto, di potersi trasferire da noi (da 5 anni lui e suo fratello di 11 anni vivono con la mamma a seguito di separazione e successivo divorzio), mantenendo comunque i rapporti con la mamma come erano quelli con il padre (1 we si ed uno no e 1 giorno a settimana). Viviamo in due paesi distanti 18 km e lui ha chiesto, ovviamente, anche di cambiare scuola. Mio marito ed io ci siamo subito detti favorevoli, mentre la madre si oppone chiedendo un perizia psicologica per il ragazzo (che è stabilissimo psicologicamente) volendo però stare lontana da avvocati e tribunale perché non “ha soldi per pagare». Mio marito ha trovato una psicologa specializzata in problematiche adolescenziali e ha chiesto a lei di comunicare la sua volontà al ragazzo: lei si rifiuta di farlo. Come ci si può comportare per evitare traumi al ragazzo che è stressatissimo?

Mi sembra evidente che ci si trovi di fronte ad una mamma che, per mille motivi magari che al momento non possiamo indagare, ma tra i quali potrebbe annoverarsi anche il timore di perdere un mantenimento, non vuole proprio sentirci.

Ad ogni modo, le strategie non sono molte, o meglio la strategia può essere solo una, molto semplicemente.

In prima battuta, dovete provare a invitare la madre davanti ad un mediatore familiare, per vedere se possibile instaurare un percorso di una o più sedute in cui discutere di persona il problema e trovare una soluzione concordata.

Nel caso in cui ciò avvenisse e si raggiungesse un accordo, bisognerebbe poi formalizzarlo tramite un accordo in house, per maggiori dettagli sul quale rimando alla scheda relativa.

Se la madre non venisse alla mediazione familiare, oppure, pur partecipando, non si raggiungesse nessun accordo, l’unica soluzione per determinare il cambio delle condizioni sarebbe un ricorso appunto per modifica condizioni, in cui chiedere, in prima battuta, l’audizione del figlio di 15 anni che vuole trasferirsi dal padre.

Ovviamente se la cosa si potesse definire tramite un accordo davanti al mediatore sarebbe preferibile per svariati motivi, dunque vale la pena investire un po’ di tempo, attenzione e denaro in questo tentativo.

Solo se la mediazione dovesse fallire, si potrebbe considerare il passaggio alla fase successiva.

Se vuoi un preventivo, sia per la fase di mediazione che per quella di ricorso in giudizio, puoi chiederlo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Mantenimento dopo nuova convivenza: si può chiedere?

il mio compagno ha fatto ricorso per divorzio giudiziale dopo 10 anni di separazione (lei ostacolava in tutti i modi un consensuale).
La prima udienza sarà a gg.
Hanno due figlie di cui una con un bimbo e residente dal padre, mentre l’altra residente dalla madre.
In fase di separazione ognuno si impegnava a mantenere una figlia (senza pretendere spese né ordinarie ne extra dall’altro)
Lei si è costituita chiedendo:
-350€ per lei (si sta facendo licenziare dopo 15 anni poiché dice di non poter piu’ lavorare – con certificati medici)
– 350€ per la secondogenita residente con la madre,un lavoro a tempo determinato con il quale prende 1500€, scadrà a Luglio
-2500€ x spese arretrate straord.
Lui chiede:
-150€ di mantenimento per la figlia (prende 1000€/mese c/contratto fino a luglio) e 150€ per il nipote residenti con lui)
Può lei prendere il mantenimento nonostante conviva da 10 anni con un altro e hanno una figlia insieme?
e i mantenimenti per le figlie?

Secondo la giurisprudenza pressoché costante, la nuova convivenza determina il venir meno della solidarietà post coniugale, con conseguente impossibilità di richiedere un mantenimento per il coniuge che vive con un nuovo compagno.

Se, infatti, il coniuge dopo la separazione o il divorzio, forma un nuovo nucleo familiare, di fatto o di diritto, tramite celebrazione di un nuovo matrimonio, non si vede perché, in caso di bisogno, questo coniuge debba continuare a farsi aiutare dall’altro coniuge, dividendo attualmente la vita con un nuovo compagno, cui toccano i relativi doveri di solidarietà, a livello etico nella convivenza, giuridico nel matrimonio.

Secondo una pronuncia di Cassazione del 2015, peraltro, una convivenza con una certa durata esclude la possibilità di richiedere di nuovo il mantenimento al precedente coniuge anche dopo la sua eventuale cessazione… Anche qui è facile capire che una solidarietà post coniugale non può durare per sempre, specialmente se nel frattempo il coniuge ha avuto rapporti stabili, duraturi e importanti, tanto che il rapporto con l’ex coniuge è molto sfilacciato ed allentato e non si può certo farlo rivivere solo quando si tratta di percepire del denaro.

Il mantenimento per i figli può sempre essere chiesto, ma bisogna vedere se ci possono essere i presupposti. In sede di divorzio, invece, non si possono affatto chiedere arretrati di spese straordinarie.

Mi sembra una situazione che ben avrebbe dovuto e potuto essere gestita consensualmente, probabilmente uno dei coniugi si è impuntato su richieste che non hanno tanta ragione di essere, facendo perdere, come spesso accade, tempo e soldi a tutti.

Non credo che vi serva un avvocato per la gestione di questa fase del divorzio, dal momento che avete già un difensore che mi pare abbia impostato correttamente ogni cosa, ma se mai doveste averne bisogno, anche a livello di un secondo parere, potete chiedere un preventivo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Casa coniugale: il giudice può ordinarne la vendita?

chiedo un consiglio per il mio compagno. separato consensualmente da 3 anni, in sede di separazione lui e la ex moglie hanno convenuto che lei rimanesse a vivere nella casa coniugale, con la bimba di 4 anni, e che lui andasse a vivere altrove, affidamento congiunto. pagano il mutuo contratto insieme prima del matrimonio, dividendo equamente la rata al 50% totale circa 600€ e inoltre lui passa alimenti per la bambina per circa 300€ mese, per differenze salariali, oltre a pagare anche metà delle spese condominiali. la bimba passa metà del suo tempo con il papà e con la mamma. ma mentre la mamma vive in un tre locali, il papà vive a casa dei nonni, con la bimba. ora il papà vorrebbe divorziare, ma ci chiedevamo se fosse possibile chiedere al giudice di disporre la vendita della casa e che ognuno poi viva come crede, per liberare il papà dal mutuo e permettergli di vivere una situazione educativamente corretta nella quotidianità con la bimba.

Non è possibile, il giudice della separazione non può intervenire, tantomeno d’imperio su aspetti proprietari o dominicali.

È una cosa che potete ottenere solo attraverso negoziazione con la madre, che, ovviamente, trovandosi, di riflesso, in una posizione di vantaggio, perché gode interamente di una casa che è solo per metà sua, non è così facile che possa accettare.

Ma non è detto che sia impossibile, in molte situazioni il coniuge interessato acconsente ad una vendita e una ripartizione del ricavato, magari perché vuole sistemare definitivamente la questione e comprarsi una casa che, per quanto magari più piccola, possa essere di sua proprietà esclusiva.

La risposta, dunque, è che, come al solito, non esistono strumenti magici e immediati, ma ci si può solo provare.

Quello che dovete fare è incaricare un bravo e onesto avvocato che, magari approfittando della necessità di fare il divorzio, provi a trattare anche la questione della vendita della casa.

Se volete un preventivo dal nostro studio, potete compilare il modulo apposito nel menu principale del blog.

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Separazione giudiziale: posso difendermi da sola?

Sono di nazionalità rumena sposata con un italiano.Dopo 12 anni di quale 2 di convivenza e quasi 10 sposati ci stiamo separando,anche se io non ho ancora un avvocato. Ho pensato di presentarmi in istanza da sola.Dopo anni di umiliazioni ho deciso di mettere punto anche se ho sopportato fino adesso per le mie bimbe che hanno quasi 6 anni. Vorrei sapere come posso fare per tornare a casa mia in Romania dove ciò una casa proprietà personale mentre qui non ho niente, nemmeno una lira come si può dire e non posso lavorare perché non ho nessuno che mi può badare le mie figlie

La difesa tecnica nei procedimenti, specialmente giudiziari, di separazione e divorzio a mio modo di vedere è necessaria ed obbligatoria, anche se secondo alcuni orientamenti non lo sarebbe, quantomeno in alcune fasi.

A prescindere da ciò, e quindi dalla sua obbligatorietà o meno, resta il fatto che è estremamente sconsigliabile affrontare una «pratica» così delicata e importante anche per gli anni a venire senza l’assistenza di una persona competente e preparata in materia come può essere solo un bravo avvocato.

Il primo consiglio che ti fornisco, dunque, è quello di munirti a tutti i costi di un avvocato; se non disponi di denaro per compensarlo forse puoi chiedere il patrocinio a spese dello Stato oppure puoi chiedere un preventivo di favore e un pagamento dilazionato.

Per quanto riguarda il trasferimento nel tuo paese di origine, è evidente che non è una cosa che si possa affrontare così alla leggera perché significherebbe sostanzialmente comprimere in maniera intensa la possibilità delle tue figlie, che sono ancora molto piccole, di avere un rapporto significativo con il padre.

Prima di pensare ad una soluzione così radicale, sarebbe bene valutare alternative praticabili in loco, dove le tue figlie, sia pur nel contesto di una famiglia disgregata, potrebbero godere della frequentazione sia della madre che del padre.

In ogni caso, qualora l’unica alternativa fosse proprio il trasferimento in Romania, nel caso in cui il padre non fosse d’accordo, l’unica sarebbe ottenere l’autorizzazione del giudice, per avere la quale dovrai presentare un adeguato progetto di vita delle bambine in quel paese e secondo la sistemazione che hai in mente.

Quello che devi fare ora è cercarti al più presto un avvocato.