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Libero non va: come fare la diffida

Premessa.

Sei anche tu vittima dei gravissimi disservizi di libero e virgilio?

Qui trovi tutte le istruzioni passo passo per fare, anche da solo, la tua pec di diffida al ripristino del servizio e al risarcimento del danno.

Questo è il testo più completo che puoi trovare, ti sfido a trovarne uno migliore.

Se disponi di una casella pec, puoi inviare tu da solo la diffida; in mancanza, puoi, mutatis mutandis, inviare anche tramite raccomandata a/r – anche se io, per quel che costa, ti consiglierei con l’occasione di munirti di una casella pec, che ti può essere utile anche per qualsiasi altra  cosa.

Ovviamente, una diffida fatta da te ha meno valore di una fatta da un avvocato, su questo non piove assolutamente. Se vuoi farla fare a me, cosa che ti invito a valutare specialmente se sei un utente professionale che, dunque, ha riportato molti maggiori danni, puoi acquistare il servizio da qui

Altrimenti procedi tranquillamente da solo.

La polizza di tutela legale.

Per evitare di dover pagare spese legali, la prossima volta che un fornitore ti causa un problema, ti suggerisco davvero molto caldamente di sottoscrivere una polizza di tutela legale. 

Puoi ottenere molti maggiori dettagli a riguardo leggendo questo post e ascoltando la puntata di radio solignani podcast collegata ad esso.

Non sottovalutare questo consiglio!

Ah, ovviamente non puoi fare la polizza di tutela legale per usarla per questo problema, avresti dovuta averla già in precedenza… Il mio consiglio vale solo per i problemi che tu dovessi avere in futuro, anche se io naturalmente ti auguro di no è sempre purtroppo possibile.

Fatti furbo: iscriviti.

Tutte le informazioni che trovi qui sono gratis, ci puoi credere?

Per ricevere anche in futuro, sempre del tutto gratuitamente, altro ben di Dio come questo per affrontare al meglio le situazioni legali della vita, ti invito a iscriverti al blog, inserendo la tua mail in calce e dando poi conferma all’invito che ti arriverà via mail, nonché al podcast e al canale YouTube.

Iscriversi e restare iscritto ai miei canali di informazione ti avvolgerà con uno scudo impenetrabile ai problemi legali… Beh dai forse no, ma ti aiuterà moltissimo, perché sapere è potere.

Bando alle ciance.

A chi devi scrivere?

La società che gestisce libero e virgilio è Italiaonline spa.

Ad oggi, l’indirizzo pec da utilizzare è il seguente:

italiaonline@pec-italiaonline.it

Questo indirizzo, al momento in cui leggi questo post, potrebbe essere cambiato, per cui, prima di inviare la diffida, verificarlo sempre in tempo reale tramite la consultazione del registro INI-PEC: clicca qui per accedere alla pagina di ricerca.

Ti metto di seguito la ricerca che ho fatto io in questi giorni per i miei clienti, così se devi o controllare la pec o risalire all’indirizzo fisico per mandare una raccomandata a/r sei facilitato.

Ricorda sempre cosa ti dice Solignani: «prima di spedire qualcosa, specialmente se è qualcosa che scade, verificare sempre l’indirizzo mail o fisico di destinazione

dati italiaonline

Bozza di contenuto.

Ecco un modello di partenza, che potrai arricchire e/o modifica come credi, adattandolo alla tua situazione in concreto.

Formulo la presente nella mia qualità di vostro cliente del servizio professionale di posta elettronica «Libero Mail Plus» per comunicarvi quanto segue.

Il servizio di posta non funziona dalla sera del 23 gennaio 2023, come da voi stessi peraltro comunicato e confermato in diverse occasioni con diversi annunci sul vostro sito.

Il danno che sto subendo per tale mancanza di servizio è particolarmente grave in virtù delle seguenti circostanze:

1) i mittenti delle mail verso la mia casella non ricevono nemmeno un messaggio di errore, non potendosi dunque rendere conto che il mio account, loro destinatario, non ha ricevuto nulla e ingenerandosi un falso affidamento a seguito del quale probabilmente perderò occasioni di lavoro e/o vita sociale; ciò è particolarmente grave nell’ipotesi del mio lavoro, che si concreta in attività di …, in cui ricevo quotidianamente proposte di lavoro ed incarichi tramite posta elettronica, oltre alle comunicazioni che i miei mandanti e fornitori mi mandano per l’esecuzione degli incarichi in corso.

2) non sono in grado di cambiare le credenziali di accesso ai siti cui sono iscritto, non disponendo dell’accesso alla casella di posta elettronica conferita in quei sistemi informatici, con gravi danni per la mia sicurezza informatica e quella dei miei clienti;

3) non sono in grado di accedere all’archivio della mia posta elettronica, alla quale ero solito accedere, confidando nelle vostre stesse condizioni di servizio, tramite un cliente web e senza che sia mai stata fatta una copia in locale dei messaggi ricevuti, con ulteriore grave danno per l’impossibilità di lavorare senza consultare l’archivio delle mail ricevute.

Debbo, per tali motivi, diffidarvi dal voler immediatamente ripristinare la funzionalità di posta elettronica in ricezione della mia casella e, ancor prima, a configurare il server in modo che almeno invii un messaggio di errore ai mittenti, mettendomi se possibile in grado di compilare una risposta preconfezionata, con il quale posso almeno indicare altri recapiti in cui veniva contattato.

Devo inoltre richiedervi sin da ora il risarcimento dei gravi subiti e di quelli patiendi sino al ripristino del servizio, facendo comunque ogni ulteriore riserva.

In difetto di quanto sopra entro al massimo due giorni da oggi, provvederò ad incaricare un legale per agire in giudizio nei vostri confronti, con ulteriore aggravio di spese, competenze, oneri e accessori a vostro carico.

Distinti saluti,

Conserva le ricevute mannaggiagiuda!

Le ricevute che riceverai alla tua pec devi conservarle come segue:

  • nel loro formato nativo, cioè nei file .eml: per sapere come fare, puoi consultare questo post.
  • in un servizio di cloud che ne garantisce il backup e la impossibilità che tu possa perderle come dropbox, google drive, ecc.

Dire queste cose potrebbe sembrare pleonastico, ma quando vedo cosa riesce a combinare la gente preferisco sempre essere preciso fino in fondo. 

Domande?

Se hai delle domande sulla procedura sopra descritta, lasciami un commento qui sotto, risponderò volentieri.

Assicurati di aver capito bene la riga qui sopra: niente mail, whatsapp, Messenger, fax, azzi e mazzi, ma solo un commento qua sotto.

Così anche gli altri possono leggerlo – e leggere la mia risposta.

Conclusioni finali.

Con questo post ti ho messo in grado di difenderti anche da solo e anche senza spendere un centesimo, specialmente se disponi già di una casella pec. 

Ci sono delle cose che puoi fare per evitare di trovarti in futuro in una situazione del genere, più in particolare:

  • utilizzare un servizio di posta elettronica professionale e di qualità (no, mi dispiace, gmail non fa parte del genere);
  • utilizzare un client locale di posta elettronica che conservi una copia dei messaggi in locale in modo da poter accedere agli stessi in caso di down del server.
  • Se sei un avvocato, o un altro professionista o imprenditore, chiama il numero 059 761926 e prenota un’ora del mio coaching in persona presso lo studio di Vignola, se vivi e lavori vicino, oppure via zoom o altro programma di videocall: in questa ora ti insegnerò come fare le cose di cui sopra e tutto quanto ti serve per evitare di restare di nuovo vittima, insieme a tutti i tuoi clienti, di disservizi del genere. 

    Ti risponderà la mia assistente che ti dirà quanto costa (pochissimo, if you ask me) e come funziona.

    The end.

    Bene, adesso ho finito davvero.

    Oggi, non lasciare tramontare il sole senza iscriverti ai miei favolosi, e gratuiti, canali di contenuti di «avvocati dal volto umano».

    Fatti sempre rispettare, un abbraccio.

    Ci vediamo lungo la strada.

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    diritto modello roba per giuristi tutorial

    Istanza di visibilità con slpct: come farla.

    Un breve tutorial su come fare correttamente l’istanza di visibilità temporanea del fascicolo con slpct, con anche un modello relativo.

    Presuppone che slpct sia già stato installato e che ci sia già una conoscenza o almeno una confidenza minima con il programma.

    Come tipo di atto, selezionare «atto generico / Istanza generica».

    Il nome della busta deve, come sempre, essere compilato automaticamente. Noi a studio, a riguardo, seguiamo questa convenzione: mettiamo i nomi delle parti e, di seguito, separato da un doppio trattino, l’oggetto della busta.

    Ad esempio

    Pinco – Pallino — istanza di visibilità

    A volte può capitare di effettuare uno stesso deposito più volte per fallimento di quello precedente, in questo caso aggiungiamo un numero alla fine

    Pinco – Pallino — istanza di visibilità 2

    In modo da non confonderci tra le varie buste che rimangono memorizzate in split

    Come atto principale, devi mettere la tua istanza di visibilità ovviamente.

    Ti metto di seguito un modello in formato word, naturalmente poi una volta compilato devi convertirlo in PDF «leggibile», cioè direttamente dal computer (non stampando e scandendo, insomma).

    istanza di visibilita? temporanea fascicolo.docx

    Una volta impostato l’atto principale, deve essere allegata la procura.

    Allegare la procura

    L’allegato deve essere marcato appunto come «procura alle liti» utilizzando l’apposita tendina; non va fatta alcuna dichiarazione di conformità anche perché la procura diventerà subito dopo un originale con l’apposizione della firma digitale. Naturalmente, la procura deve essere firmata sia dal cliente che dall’avvocato; da quest’ultimo viene firmata sia sull’originale cartaceo che, digitalmente, nell’esemplare informatico.

    Una volta inseriti i due documenti – istanza di visibilità (atto principale) e procura alle liti – si può procedere alla firma e alla creazione della busta, facendo clic sull’apposito bottone.

    bottone firma e crea busta

     

    Prima di cliccare questo bottone, se hai, come me, la versione di slpct che consente la firma remota, devi selezionare la modalità di firma che intendi utilizzare: se quella locale, con chiavetta, o quella remota con Namirial. Guarda l’immagine qua sotto, prima di cliccare «firma tutto» a sinistra devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma. Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta. Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza. 

    selezione modalità firma

     

    Clic su «firma tutto», seleziona «solo in necessario» (è indifferente, slpct firmerà comunque entrambi i files, ovviamente), quindi si aprirà la finestra di dialogo obbligatoria per la visualizzazione del confronto

    visualizza confronto

    Basta fare clic su «visualizza confronto», si aprirà la nostra istanza. A quel punto si deve chiuderla e fare clic su «chiudi», dopo aver messo il segno di spunta a sinistra di «conformità verificata e dati strutturati». È solo una formalità, insomma. 

    A questo punto si può procedere con la firma. Non mi dilungo sulla procedura di firma, anche perché esula dallo scopo di questo breve tutorial, ti anticipo solo che a breve pubblicherò un altro post con le procedure specifiche di firma remota, una opportunità interessante fornita da slpct, che può servire sia per comodità che come backup in caso di malfunzionamento di una singola chiavetta.

    Una volta firmato, si deve procedere alla creazione e all’invio della busta, cliccando sull’apposito pulsante in basso a destra:

    pulsante crea busta

    Apparirà una finestra di dialogo di conferma dell’avvenuta creazione corretta della busta. A questo punto, si deve fare clic sul pulsante in basso a destra «invia deposito» 

    pulsante invia deposito

    Fai attenzione a questo punto a selezionare come account mittente della mail con cui invii il deposito quello di posta certificata – un errore comune è quello di inviare i depositi da un account diverso, cosa che genera inevitabilmente un errore.

    Spero che il post ti sia utile.

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    mediazione familiare

    Modelli di mediazione familiare: quello integrato.

    Il quadro generale.

    Continuiamo la nostra importante «serie» di post sulla mediazione familiare passando all’esame dei vari modelli diffusi nella pratica di mediazione, cominciando da quello integrato.

    Sono infatti ormai presenti, anche nel nostro Paese, diversi modelli di mediazione familiare, che si differenziano tra loro per vari aspetti tra cui gli scopi più immediati, le tecniche tramite le quali essi vengono perseguiti e le applicazioni.

    I principali sono almeno sei:

    1. il modello integrato o parziale di Emery, Marlow, Bernardini;
    2. il modello globale o operativo di Heynes e Buzzi;
    3. il modello sistemico di Irving, Ardore, Malagoli, Togliatti e Mastropaolo;
    4. il modello strutturato di Coogler e Roberts;
    5. il modello ecosistemico di Babu e Bèrubè e Parkinson;
    6. il modello transizionale – simbolico di Cigoli e Marzotto.

    Il ruolo del mediatore è ovviamente destinato a variare a seconda del tipo di approccio nel cui contesto si muove, naturalmente dando conto del fatto che ogni professionista interviene in modo diverso nel caso su cui sta lavorando e che, a parte le proprie propensioni personali, derivanti da aspetti formativi o esperienziali, il mediatore può comunque integrare tecniche prese dall’uno o dall’altro approccio, se ritenute più idonee per la situazione da trattare. Così infatti come lo psicologo o psichiatra, pur essendo specializzato in un determinato tipo di metodo, può smussarlo o integrarlo con interventi presi a prestito da altri metodi a lui non congeniali ma che ben possono adattarsi alla personalità del paziente da seguire.

    Ad ogni buon conto, può essere opportuno sviluppare alcuni cenni relativi ai vari metodi di mediazione familiare sopra elencati.

     Il modello integrato o parziale

    In questo modello, il focus è sui problemi relativi all’affidamento e alla gestione dei figli, concentrandosi sulla definizione di un gruppo di regole, atteggiamenti e modalità riguardo al tema, ma lasciando una certa discrezionalità e forse anche libertà alle parti, anche con riguardo ai loro stati emotivi, e ampia discrezionalità di forma e interventi al mediatore.

    La gestione delle sedute, di conseguenza, è abbastanza informale, non essendoci regole precostituite in modo rigido ma solo indicazioni di massima. Questo è probabilmente uno degli aspetti in base ai quali i diversi approcci alla mediazione si differenziano tra loro, ed è fondamentale per il tema che ci occupa in questa sede, che è appunto il ruolo del mediatore familiare.

    Nel modello integrato, come in quello sistemico, la formalità è mantenuta al minimo livello rispetto, ad esempio ad altri modelli che in materia sono molto più rigidi: tra questi ovviamente il principale è il modello strutturato.

    Il punto di riferimento dell’approccio integrato è la ricerca di una soluzione pratica, a prescindere dall’applicazione di regole di diritto, che non vengono più di tanto prese in considerazione nemmeno come riferimento culturale, ciò che causa a volte un certo disorientamento per i protagonisti della mediazione, che sono abituati a far comunque «ossequio» a quello che prevede la legge – peccato che, tuttavia, in materia familiare la legge sia assolutamente generica e limitata per lo più a dichiarazione di principi o di valori, lasciando ampissima discrezionalità agli operatori giuridici; del resto, tuttavia, non potrebbe essere altrimenti, data la molto vasta eterogeneità delle situazioni familiari e relative problematiche, cosa che mal si presta, come tutte le situazioni eterogenee, ad essere gestita tramite l’applicazione di norme di diritto costruite a maglie eccessivamente rigide e dettagliate e dove rimane assolutamente necessaria una discrezionalità attenta del magistrato o comunque dell’operatore, che, proprio in questi casi, non potrà affatto esser la bouche de la loi come avrebbero desiderato gli Illluministi.

    All’inizio della mediazione, in questo tipo di approccio si chiede alle parti di effettuare una piccola «rivoluzione copernicana» rispetto alla mentalità corrente, che vede l’accostarsi alla gestione di una crisi familiare come un conflitto o un agone, dove entrambi i contendenti devono dare il meglio di sé per poter portare a casa il risultato migliore. Alle parti si chiede, tutto al contrario, di pensare a cosa intendono ancora avere in comune con l’altra parte, a quel «nocciolo» di cose in comuni che, nonostante tutti i conflitti e le emozioni negative, le parti si rendono conto di avere ancora e di poter opportunamente gestire insieme, a partire spesso dai figli.

    Per questo si ritiene, generalmente, che per la praticabilità di questo tipo di approccio mediatorio sia necessario un minimo di capacità di collaborazione all’interno della coppia. In realtà, sembra che proprio nel recupero di quel minimo comun denominatore che consenta di iniziare davvero questo percorso si possano concentrare le prime sedute, i primi incontri, che oltre a saggiare meglio la situazione concreta, possono iniziare ad essere utilizzati per cercare di sciogliere le tensioni, i conflitti e vedere se man mano nasce un minimo di spirito collaborativo tra le parti.

    È un dato di esperienza comune che molte persone si accostano alla mediazione con diffidenza verso lo strumento ed inoltre cariche di tensione e conflitti non sopiti verso gli altri protagonisti della mediazione stessa. Ma quando si riesce a «rompere il ghiaccio» (questa espressione, presa a prestito dal linguaggio comune, descrive davvero bene il fenomeno, tanto che difficilmente se ne potrebbe trovare una che per quanto tecnica possa essere ritenuta più appropriata), spesso sgorgano tanto inaspettate quanto abbonandanti aperture e disponibilità collaborative che anteriormente non si potevano nemmeno scorgere.

    La denominazione di questo metodo come «integrato» si riferisce al rapporto che il mediatore deve mantenere con i professionisti che si occupano degli aspetti più propriamente legali, e soprattutto economici, della crisi familiare: il mediatore si incarica di fluidificare la coppia o comunque le parti del rapporto, agevolando la consensualizzazione anche dal punto di vista emotivo e psicologico, mentre il legale e cioè l’avvocato si occupa della parte, a lui più congeniale, istituzionale e burocratica.

    Tipicamente, in un approccio di questo genere, le parti vengono inviate ad incontrarsi, senza la presenza di nessun avvocato, ma personalmente, con il mediatore, per riprendere la collaborazione e il dialogo tra loro; il mediatore definirà un corpus di condizioni per la gestione della crisi familiare, tramite il dialogo con le parti. A quel punto, la palla passerà al legale, o ai legali, delle parti che avrà il compito di trasfondere tali condizioni in una forma legale e giuridicamente valida e vincolante. Compito del legale è anche quello, fondamentale, di controllare la validità di quanto le parti sono arrivare a decidere, con l’aiuto del mediatore, di voler praticare, perché abbastanza di sovente le parti chiedono cose di cui non si può ottenere l’omologazione. Il caso tipico è quello delle compensazioni tra eventuali canoni di affitto o occupazione di immobili e spese di mantenimento di minori, oppure dell’esclusione addirittura di qualsiasi mantenimento a favore di minori.

    In questi casi, nei casi in cui cioè il legale rileva che la negoziazione ha portato alla definizione di clausole che non sono omologabili, sia nel contesto di una separazione consensuale, sia nel nuovo contesto delle convenzioni di negoziazione assistita – che comunque sono soggette al controllo da parte della magistratura tramite deposito in Procura (e va ricordato, al riguardo, che gli avvocati che vi partecipano devono attestare che le convenzioni non sono contrarie a norme imperative di legge, di talché si può affermare che un primo controllo deve essere effettuato proprio dai legali), in tali casi, si diceva, il legale deve informare prima possibile sia il mediatore che le parti della necessità di rivedere gli accordi riformulandoli in modo da renderli compatibili con le disposizioni di legge.

    Spesso, tali circostanze determinano la necessità di rivedere l’intero impianto, perché cambiare una clausola determina uno squilibrio dell’assetto complessivo che le parti avevano peraltro attraverso non poche difficoltà individuato. Per questo è importante che lo «stop» che il legale giustamente e correttamente impone a parti e mediatore in questi casi sia illustrato prima possibile e con chiarezza e abbondanza di motivazioni, in modo che la spinta, anche emotiva, che le parti, con l’aiuto del mediatore, hanno trovato verso la consensualizzazione non vada dispersa, ma anzi, tutto al contrario, venga raccolta e si ricominci a lavorare di nuovo verso una soluzione di ripiego che tuttavia sia conforme alla legge e in grado di passare al vaglio della magistratura.

    Le osservazioni che si possono fare al riguardo in relazione al ruolo del mediatore sono che appunto è opportuna in capo al mediatore stesso una conoscenza di base del diritto di famiglia dell’ordinamento in cui si trova ad operare, per prevenire il più possibile situazioni di «rimpallo» come questa tra la fase di mediazione e quella davanti al legale, che, specialmente se non ben gestite, possono essere perniciose intervenendo in circostanze di crisi familiare in cui gli equilibri sono sempre precari e possono venire a mancare, già addirittura spontaneamente, in qualsiasi momento.

    Queste problematiche sono ovviamente destinate ad avere minor rilievo nei casi in cui il mediatore è anche un avvocato ben preparato in diritto di famiglia, che ha adeguatamente compreso i concetti di base della materia, mentre nel caso in cui il mediatore possegga una formazione non giuridica, come spesso avviene, con anche eccellenti risultati, una integrazione specifica al riguardo non sarebbe male o comunque una particolare attenzione al dato esperienziale maturato di volta in volta nella collaborazione con il legale.

    Nell’approccio in esame, si considera possibile ed auspicabile il colloquio individuale tra mediatore e parte al fine di sbloccare eventuali situazioni in quel momento ferme in attesa della fluidificazione delle parti. Il colloquio con il singolo protagonista può avere la funzione di rinsaldare il rapporto di fiducia con il mediatore e di consentire alla parte interessata di confidare quel vasto novero di cose e pensieri che sicuramente non si sente di esternare nella seduta di coppia; naturalmente, la parte cercherà di farsi «alleato» il mediatore, ciò, altrettanto naturalmente, potrà avvenire solamente a livello emotivo, nel senso che il mediatore potrà manifestarsi vicino alla sofferenza e alla difficoltà della parte, mantenendo e dichiarando sempre tuttavia la sua equidistanza e non dando mai nemmeno il sospetto di poter favorire una parte rispetto all’altra, cosa che determinerebbe il fallimento pressochè immediato della mediazione. Il colloquio individuale è uno strumento molto delicato, nel corso del quale il mediatore ha molte responsabilità, ma ha anche molte opportunità circa l’efficacia del suo intervento e delle sue sedute. Se opportunamente gestito, questo strumento può determinare l’efficacia della mediazione.

    Vedremo nei prossimi post gli altri modelli di mediazione.

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    diritto

    Allontanarsi dalla casa coniugale: come farlo.

    A volte capita che, mentre si sta organizzando una separazione tra i coniugi, ci sia comunque l’esigenza che uno dei due esca subito dalla casa coniugale, senza poter attendere il deposito del ricorso, o perché il clima è oramai insopportabile, o perché ad esempio ha trovato un’abitazione d’occasione che deve essere confermata subito, o per altri motivi.

    In altri casi, invece, alcune coppie in crisi decidono di vivere almeno per un po’ separatamente, per poi valutare, in seguito, se riprendere la convivenza o invece intraprendere la strada della separazione.

    In tutti questi casi, dal momento che dal matrimonio deriva l’obbligo di coabitazione, è bene, prima di uscire, fare almeno una scrittura privata, che costituisca prova del consenso di entrambi i coniugi all’uscita di uno dei due dalla casa familiare.

    La materia è indisponibile, quindi il consenso vale qui non a livello contrattuale, ma solo, semmai, come scriminante e, sopratutto, può pertanto essere sempre revocato da uno dei due coniugi.

    Riproduco di seguito il modello di scrittura che utilizziamo di solito noi a studio.

    Questo modello può essere arricchito specificando, ad esempio, che cosa deve essere dell’obbligo di fedeltà durante il periodo temporaneo.

    Possono, inoltre, essere eventualmente inserite altre pattuizioni ad esempio sui figli, pagamento di somme dall’uno all’altro e così via, tenendo però presente, in questo ultimo caso che, essendo la materia indisponibile, tutto quanto concordato non è strettamente vincolante ma ha solo valore di «promemoria» tra le parti. Ciò salvo che non si prevedano disposizioni di tipo patrimoniale, nel qual caso la scrittura è perfettamente valida.

    Anche per questi motivi, va sempre tenuto presente che, mano a mano che l’articolato diventa più complesso, è sempre più sconsigliabile per le parti compilare le clausole da sole e parallelamente preferibile che le stesse si facciano seguire da un avvocato competente.

    Con la presente scrittura privata, da valere ad ogni effetto di legge, i sottoscritti coniugi:

    – Tizio, nato a … il giorno …, residente in …, alla via … n. …

    e

    – Caia, nata a … il …, residente in …, alla via … n. …

    si prestano reciprocamente il consenso ad allontanarsi dalla casa coniugale ad a sospendere il diritto/dovere reciproco di coabitazione sino ad eventuale nuova decisione di ripresa della convivenza, ovvero, al contrario, fino alla presentazione di ricorso per separazione personale dei coniugi.

    Letto confermato e sottoscritto in duplice originale, oggi … in …

    (Tizio)

    (Caia)