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Divorzio in comune senza mantenimento: può chiederlo dopo?

sono divorziato dal 2017 da un matrimonio in regime di separazione dei beni. Io e la mia ex abbiamo usufruito del divorzio breve consenziente in Comune, entrambi eravamo d’accordo di non farci affiancare da un avvocato e non abbiamo stabilito nessuna condizione economica, tipo assegni di divorzio e di mantenimento, in quanto senza figli ed entrambi autonomi lavorativamente parlando. Semplicemente lei si è presa le cose di sua proprietà io mi sono tenute le mie. La mia domanda ora è questa: può la mia ex , alla luce di tutto questo, andare in tribunale e richiedere un mantenimento o un qualsiasi risarcimento? Lei convive con un altro uomo da quando abbiamo ottenuto il divorzio, io invece mi sono risposato. Siamo sempre stati in buoni rapporti finora, ma temo che questo suo nuovo compagno possa indurla a fare tali richieste.

Personalmente, come sa chi segue regolarmente il blog, sono abbastanza sfavorevole alla separazione e divorzio in comune senza alcuna assistenza da parte di un avvocato, proprio perché, al di là dell’operazione in sé, ci sono alcune cose da capire che, senza l’intervento di un legale, sono destinate invece a rimanere oscure e a genere, di conseguenza, dei problemi.

Purtroppo, quando dico che separarsi o divorziare in comune è sconsigliabile, le persone, non conoscendomi e non sapendo che spesso consiglio cose contro il mio interesse, pensano che, al contrario, voglia solo guadagnarci.

In realtà, un buon compromesso, che poi è quello che consiglio in questi casi, potrebbe essere quello di fare separazione e/o divorzio in comune, ma chiedendo al contempo una consulenza di approfondimento ad un avvocato. Con una spesa contenuta di massimo due-trecento euro, si può affrontare la cosa con molta più cognizione di causa.

Detto questo, in linea di principio le condizioni di divorzio possono sempre cambiare, ovvero ognuno dei coniugi può depositare in tribunale un ricorso per modifica condizioni – salvo che non si tratti di modifiche consensuali, che possono essere fatte con un accordo in house.

Quindi in astratto la tua ex moglie questo diritto ce l’avrebbe.

Tuttavia, la nuova convivenza, per giurisprudenza piuttosto costante, fa venir meno il diritto ad un assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge, perché determina la decadenza della solidarietà post coniugale che, se il coniuge ha formato un nuovo nucleo, anche di fatto, con un’altra persona, non ha più ragione di esistere.

Tra l’altro la Cassazione, con la sentenza 6855 del 3 aprile 2015, ha chiarito che la solidarietà post coniugale viene meno per sempre nel momento in cui si è instaurata una convivenza stabile e duratura, anche qualora questa convivenza, in seguito, dovesse venir meno.

In conclusione, credo che molto ben difficilmente la tua ex moglie potrebbe presentare un ricorso per vedersi riconosciuto un assegno di mantenimento.

Per ulteriori approfondimenti, puoi valutare di acquistare una consulenza, anche se non credo che nel tuo caso ne possa valere la pena.

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se la mia ex moglie fa entrare in casa un nuovo compagno devo continuare a pagare il mutuo?

Mi sto separando da mia moglie con formula consensuale. Abbiamo due figli minorenni. Domanda: l’immobile che è intestato ad entrambi ed è pagato da entrambi resta sempre di mia proprietà? La mia ex moglie può iniziare una convivenza in questo immobile con un altra persona? Posso oppormi? Chiaro che avrebbe tutto il diritto ma nn vorrei che vivessero assieme con i miei figli in quella casa soggetta a pagamento ancora del mutuo da parte di entrambi per molti anni.

La casa, ovviamente, rimane di tua proprietà nonostante la separazione. Per cambiare qualcosa al riguardo occorrerebbe un accordo specifico sul punto, a volte alcuni coniugi preferiscono cedere la propria quota o anche la piena proprietà, considerando che comunque non potrebbero godere dell’immobile per un periodo lungo di tempo, ed in effetti la cosa a volte conviene pure.

Per quanto riguarda la convivenza, come dici tu ha tutto il diritto di rifarsi una nuova famiglia, salvo solo la limitata ipotesi in cui il nuovo compagno sia di pregiudizio come figura per i tuoi figli. In questo modo, se continui a pagare il mutuo, sia la tua ex moglie che il suo nuovo compagno verrebbero a godere indirettamente, per effetto della legislazione a tutela dei minori, di un vantaggio cospicuo consistente nella disponibilità dell’abitazione per molti anni. Però è anche vero che una volta che entrambi i tuoi figli saranno maggiorenni e autosufficienti, la proprietà della casa sarà sempre tua.

In conclusione, io valuterei di negoziare nei sensi di cui al primo paragrafo.

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cosa posso fare se il rapporto tra mio figlio e il nuovo compagno di mia moglie diventa imbarazzante?

Da pochi mesi separato, affido condiviso,la mia ex moglie comincia già prima della sentenza una nuova convivenza nella casa coniugale. Mio figlio (2 anni) mi dice più volte di dormire nel lettone con la mamma e il nuovo compagno, e ultimamente mi ha già per 4 volte chiesto se io fossi suo padre. La mia ex moglie ha anche ammesso ciò, solo dopo sentenza, dicendomi che tanto non c’è nessun pericolo. So bene che dopo una separazione non c’è nessuna legge che possa impedire una nuova convivenza, e che solo in caso di danni effettivi e ben dimostrabili si può chiedere al giudice di tutelare il minore. In questo caso bastano questi segnali? Come andrebbero dimostrati eventuali segnali di disorientamento e/traumi? Possibile che in Italia i Giudici si muovano solo quando ormai i danni sono irreparabili?

È pienamente comprensibile che questa situazione, e questi atteggiamenti di tuo figlio, ti diano fastidio, ma a mio giudizio non ci sono i presupposti per fare nulla. A due anni tuo figlio capisce a malapena quello che gli sta succedendo intorno, gli è capitata purtroppo la sfortuna di vedere i genitori separarsi ed un attimo di smarrimento è del tutto normale, se lo aveste voluto evitare avreste dovuto cercare di evitare la separazione, ma questo è tutto un altro paio di maniche e probabilmente un discorso che, anche volendolo affrontare, probabilmente non condurrebbe a nulla dal momento che quasi sempre la responsabilità della crisi familiare è da ripartire, magari in proporzioni diverse ma comunque ad entrambi i partner.

È anche vero quello che dici sul fatto che i giudici in Italia intervengono spesso solo quando si sono verificati danni irreparabili, ma proprio per questo immaginati che cosa succederebbe, in un sistema giudiziario già al collasso da anni come il nostro, se ogni cittadino che avesse semplici “dubbi” come il tuo ricorresse alla macchina giudiziaria.

Parlando ora su un piano più generale, e senza riferimento al tuo caso, dove un minimo di legittimi dubbi oggettivamente c’è, va detto che anche il sistema giudiziario va usato con giudizio e con criterio, alla stregua di qualsiasi altro bene pubblico, perché già troppe volte il prezioso tempo di giudici e funzionari è stato rubato da persone che non avevano alcun motivo per ricorrere alla giustizia, a detrimento di quelli che ne avevano effettivamente bisogno.

In conclusione, io ti suggerirei di attendere e, frattanto, valutare l’evolversi della situazione. Se questa si dovesse aggravare, un primo passo che si potrebbe fare è intanto acquisire il parere di uno psicologo infantile (ovviamente, senza fargli, al momento, esaminare il minore, cosa per la quale sarebbe sempre necessario il consenso anche della madre).