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Separarsi in giro per il mondo: come si può fare?

Sono una cooperante, italiana. Fino all’anno scorso vivevo in Ciad con il mio compagno, francese e nostra figlia, di 3 anni e mezzo.
Insieme decidiamo di trasferirci a Dakar, in Senegal. Lui parte ad ottobre io avrei dovuto raggiungerlo alla fine del mio lavoro con la pupa che resta con me in Ciad. Trasferiamo tutte le nostre cose a Dakar. Poi fine novembre, il giorno prima della nostra partenza dal Ciad per l’italia prima e Dakar poi mi chiama e mi dice che la storia è finita. Baratro. Dopo mesi di decisioni decido, per il bene di mia figlia di raggiugerlo comunque a Dakar per fare in modo che la pupa possa stare con il padre. Arrivo a Dakar a fine febbraio 2020, adesso siamo a Dakar. Io sono alla ricerca di lavoro sul posto ma se non trovo nulla vorrei partire con la bimba. Ognuno vuole che la bimba resti con se. Io ho fatto questo sforzo di venire qui per agevolare la vicinanza. Ma è chiaro che se partissi vorrei farlo con lei. Ho bisono di aiuto per capire come agire.

Ti serve più un percorso di counseling che un percorso di tipo legale, almeno al momento.

A livello legale ci sono degli aspetti che si possono, e per certi versi è opportuno, gestire, ma in questa fare, come hai correttamente intuito tu stessa, devi «capire come agire» e cioè come puoi comprendere che cosa è più opportuno per te e per tua figlia, in una situazione non facile, spalmata tra tanti paesi del mondo, con due genitori di nazionalità diverse e tendenzialmente portati anche a stabilirsi di conseguenza in paesi diversi, anche una volta terminato il lavoro all’estero.

In giro per il mondoA livello fattuale si gestiscono, e mi è anche capito di gestire diverse volte, separazioni di genitori che sono poi andati a vivere addirittura in due continenti diversi. È chiaro che in quei casi, le possibilità di progettare la separazione si restringono notevolmente, concretandosi sostanzialmente nel far stare i figli con un genitore durante il periodo scolastico e con l’altro per quello delle vacanze estive, con tutte le complicazioni del caso.

Tua figlia peraltro è molto piccola, è al limite – di 4 anni – per cui si considera praticabile il pernotto nell’ordinamento italiano, non è ipotizzabile, prima di qualche anno ancora, che possa trascorrere periodi molto lunghi col padre – questo te lo dico io che, pur essendo un noto maschilista, ritengo che i bambini, quando sono molto piccoli, è opportuno, naturale, innegabile che stiano con la mamma, salvo ovviamente casi di mamme gravemente disfunzionali.

A monte di tutto questo, c’è la necessità di definire da parte tua un adeguato progetto di vita, perché se è vero che nelle separazioni, come si ripete stancamente e un po’ burocraticamente, va valutato per di più l’interesse dei minori, come se fosse scollegabile da tutte le persone che ruotano attorno a loro, in realtà l’interesse dei genitori resta fondamentale perché i minori godono del benessere dei genitori e purtroppo ne soffrono inevitabilmente l’eventuale mancanza.

Quindi le domande per te funzionali potrebbero in ipotesi essere le seguenti:
– dove, cioè in quale Stato, stabilisco la mia residenza definitiva?
– se mi stabilisco all’estero, poniamo a Dakar, quale potrà essere il mio lavoro?
– nella medesima ipotesi, quali saranno i rapporti di mia figlia con eventuali miei parenti tra cui nonni, zii, cugini, ecc.?
– quali saranno le possibilità di istruzione, tra poco, lavoro, tra qualche anno, formazione, sviluppo, sanità, ecc. per mia figlia a seconda di dove andrò a stabilirmi?
– se decido di tornare a stabilirmi in Italia come potranno funzionare in concreto i rapporti con il padre che per mia figlia sono preziosi?

Queste ed altre domande a corollario delle stesse sono pre-giuridiche e vanno approfondite appunto con un percorso di counseling.

Se credi, puoi valutare l’acquisto da questa scheda prodotto. Le sedute, ovviamente, si possono fare anche tramite Skype, come spiego meglio in questo post.

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pillole

Oggi c’è un bisogno estremo, anche se quasi n…

Oggi c’è un bisogno estremo, anche se quasi nessuno ne ha
consapevolezza: quello di ricostruire la figura del padre, il grande assente della nostra epoca.

A tale opera, devono dedicarsi innanzitutto i maschi, ritrovando e ricostruendo loro stessi.

Ma è indispensabile anche il sostegno delle donne, senza l’apporto delle quali la figura paterna non potrà mai compiersi.

Occorre uscire dalla stramaledetta prospettiva della divisione e contrapposizione in cui ci ha infilato il pensiero unico e tornare a quella, molto più feconda, della collaborazione e del completamento.

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counseling

Ricostruire la figura del padre.

Ecco il capolavoro della modernità: dopo aver eliminato,
dall’orizzonte dei giovani, il primo padre, cioè Dio, ha messo in secondo piano anche i singoli padri di carne, quelli biologici di ognuno, indebolendone sempre più la figura, in modo che i figli restassero senza uno scudo o un mediatore efficace per opporsi alla grande omologazione collettiva del pensiero unico, che così ha potuto dilagare impedendo al figlio di poter esprimere davvero se stesso.

Ogni uomo cerchi di essere un padre forte, presente, connesso coi propri figli, autentico e in grado di esprimere una personalità distinta e originale, ogni donna cerchi di sostenere questa figura così importante per la famiglia e le nuove generazioni, oltre che esprimere da sé una propria individualità ed originalità, che per lo più oggi si ritrova nel mero essere autentici.


«Soltanto là dove il padre, mediatore tra la famiglia e la società, sa dialogare col mondo difendendo l’ambito delle personalità familiari dagli aspetti invadenti della società di massa, e insegna al figlio a fare altrettanto, questi sarà in grado di riconoscere e difendere i propri desideri, senza temere l’assalto e la distruzione dall’esterno.

In questi sogni infatti sono molteplici i segni della nostalgia per un padre che troppo spesso non c’è e/o comunque non è sufficientemente presente. In uno il ragazzo ascolta all’inizio le canzoni preferite del padre; in altri se ne intravede il ritratto, il bastone da montagna o altri attrezzi sportivi.

Strumenti espressivi di sé, e quindi garanzia di sapersi esprimere creativamente, e non lasciarsi schiacciare dalle pressioni omologanti dell’esterno.

Ma la figura paterna è troppo spesso assente (o fuggita, o cacciata da casa dalle separazioni/divorzi, richieste nella maggioranza dei casi dalla madre cui vengono poi assegnati i figli e la casa)6 o comunque troppo debolmente presente.

Queste immagini non rimandano più dunque a una presenza su cui si può contare, ma esprimono soprattutto una nostalgia.

Troppo debole è la melodia delle canzoni amate dal padre, deposto da tempo è il bastone, e il ritratto (dice l’associazione verbale del sognatore all’immagine) «ricorda parenti morti».

La mancanza di una mediazione paterna fa sì quindi che l’invasione del gruppo collettivo appaia inarrestabile, e porti alla distruzione della casa, che simboleggia l’ambito della propria personalità.»

Claudio Risé – Il maschio selvatico/2. La forza vitale dell’istinto maschile

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pillole

«?Il buddismo cerca Dio con la più grande con…

«?Il buddismo cerca Dio con la più grande concezione che può trovare, l’Om tutto producente e tutto assorbente; il cristianesimo cerca Dio con la passione più elementare che può trovare; il desiderio di un padre… trasforma tutto il grido di un universo perduto nel grido di un bambino perduto.» (G. K. Chesterton, The Speaker, 17 Novembre 1900.)

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Padre che si risposa: come si divide eredità?

MIA MADRE E MIO PADRE SONO SEPARATI .LUI HA AVUTO UN’ALTRA FIGLIA DA UN’ALTRA DONNA. MIA MADRE E MIO PADRE HANNO COMPRATO CASA DURANTE IL LORO MATRIMONIO. ORA SE MIO PADRE CHIEDI IL DIVORZIO E SI RISPOSA CON LA SUA COMPAGNA DA CUI HA AVUTO UNA FIGLIA SUL SUO 50% HANNO DIRITTO ANCHE LORO AD UNA PARTE ANCHE SE LA CASA E’ STATA ACQUISTATA CON MIA MADRE?SE SI IN CHE PERCENTUALE?

Mancano alcuni dettagli essenziali per capire, innanzitutto, qual’è la situazione proprietaria della casa all’origine, a prescindere dalle vicende intervenute successivamente, e cioè il modo in cui è avvenuto l’acquisto della casa e il regime patrimoniale dei coniugi al momento dell’acquisto, due aspetti intimamente collegati tra di loro e interdipendenti.

Supponendo, seguendo la logica dell’ipotesi più probabile, che la casa fosse stata oggetto di comunione tra i coniugi, non in regime di comunione ordinaria, ma di comunione appunto tra coniugi che, secondo la celebre forma della corte costituzionale è una «comunione senza quote», allora la situazione giuridica potrebbe essere la seguente.

La casa era appunto oggetto di proprietà condivisa sia di tuo padre che di tua madre, ma è appunto una comunione dei beni tra coniugi, quindi il fenomeno è più simile a quello di una società commerciale con un proprio patrimonio sociale, dove al posto della società abbiamo la famiglia e nel patrimonio abbiamo i vari beni entrati in comunione tra cui la casa.

Si tratta di una comunione che si scioglie al momento del decesso di uno dei due coniugi o, come è probabilmente avvenuto nel tuo caso, al momento della separazione, che ha determinato il mutamento di natura della comunione, da comunione tra coniugi a comunione ordinaria.

Dunque al momento la casa, sempre nell’ipotesi che la configurazione originaria fosse quella tratteggiata nei paragrafi precedenti, è oggetto di una comunione ordinaria al 50% dei tuoi genitori.

Se tuo padre, previo divorzio, si risposa con la sua attuale compagna, al suo decesso la moglie, tua sorella e tu sarete chiamati alla sua eredità in ragione di 1/3 alla moglie e 1/3 ciascuno tu e tua sorella – supponendo anche qui che non ci siano altri figli. Dell’eredità farà parte il 50% della casa familiare, quindi alla fine dell’intera casa voi tre «avrete diritto» a 1/6 ciascuno, mentre gli altri 3/6 rimarranno comunque a tua madre.

Attualmente, invece, che non c’è nessuna seconda moglie, ma, in assenza di divorzio, la moglie di tuo padre è ancora tua madre, il 50% della ex casa familiare di proprietà di tuo padre andrebbe diviso come segue:

  • 1/3 a tua madre
  • 1/3 a tua sorella
  • 1/3 a te

Ciò sempre a condizione che non ci sia stata – anche qui manca un dettaglio fondamentale – separazione giudiziale con addebito a tua madre, nel qual caso tua madre non sarebbe chiamata all’eredità di tuo padre, che dunque sarebbe divisa solo tra te e tua sorella.

Se vuoi approfondire ulteriore, anche se non credo che possa valerne la pena, puoi valutare di acquistare una consulenza. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Fornitura intestata al proprietario: chi la paga?

Ho ereditato un appartamento da mio padre deceduto nell’anno 2009. L’apertura di successione è stata fatta nell’anno 2010. Ho locato tale appartamento fino al 2017, anno in cui l’ho venduto. In questi anni in cui l’appartamento era locato l’utenza per i consumi idrici è sempre rimasta intestata a mio padre. L’inquilino negli anni 2016 e 2017 non ha pagato le bollette. Ora il gestore mi chiede il pagamento di tali consumi che non posso chiedere all’inquilino, tra l’altro moroso di diverse mensilità del canone di locazione, perchè nullatenente.
Ho letto da qualche parte che non sarebbero imputabili agli eredi le bollette riferite ad anni successivi al decesso dell’intestatario. Se è vero mi può dare i riferimenti giuridici?

Nel momento in cui si è aperta la successione di tuo padre, con successiva tua accettazione dell’eredità, come si può desumere dall’acquisto della proprietà, tra le altre cose, dell’appartamento, si è determinata confusione tra i vostri due patrimoni.

Per questo motivo, l’utenza per la fornitura di acqua è come se fosse stata intestata a te. Tale contratto, infatti, se era intestato a tuo padre, per effetto della successione è venuto ad essere intestato in capo a te. Avresti dovuto effettuare la disdetta dell’utenza, pretendendo dall’inquilino la voltura della medesima.

Non avendo fatto la disdetta, ora la società fornitrice può legittimamente chiedere il pagamento delle bollette insolute nei tuoi confronti. Resta da valutare solo l’eventuale prescrizione, che da codice civile era di cinque anni, mentre per la legge di bilancio 2018 è stata abbreviata a 2 anni.

Non credo che possa valer la pena approfondire, ma se vuoi procedere ugualmente valuta l’acquisto di una consulenza.

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Voglio fare testamento: come si procede?

Evita di fare un testamento invalido.

Avrei bisogno di fare testamento… Come posso procedere?

Le forme principali di testamento sono due:

  1. testamento olografo;
  2. testamento pubblico.

Nessuno di questi due testamenti è fatto da un avvocato, ma può senz’altro essere redatto con l’assistenza e la consulenza di un avvocato, specialmente nei casi in cui il patrimonio di cui si vuole disporre è di una certa entità o anche semplicemente per evitare di fare, come purtroppo molto spesso succede, un testamento invalido, che poi può essere impugnato.

Nel nostro paese, la libertà di disporre per testamento è peraltro molto limitata. Se una persona ha un coniuge e/o dei figli, la quota delle proprie sostanze di cui può disporre per testamento è molto limitata. Tutto il resto va necessariamente agli eredi necessari, persone cui la legge riserva comunque una quota dell’eredità.

testamento documento legale

Un figlio, ad esempio, è sempre un erede necessario e il padre o la madre non possono «diseredarlo», come prometteva costantemente di fare zio Paperone con Paperino…

La parte di cui si può disporre per testamento, in questi casi, è appunto limitata e dipende dalla presenza o meno, e, nel primo caso, dal numero di eredi necessari.

Un discorso a parte vale per le aziende, per le quali le esigenze di continuità delle medesime hanno fatto sì che la legge abbia riconosciuto all’imprenditore il potere di decidere, ad esempio, a quali tra i suoi svariati figli destinare l’azienda di famiglia, restando agli altri solo una liquidazione. Questo serve per evitare che una azienda di pregio, che magari costituisce una importante risorsa per l’economia, anche solo locale, finisca in malora per liti tra eredi. È una riforma recente, peraltro.

Va notato, peraltro, che un testamento redatto in violazione dei diritti degli eredi necessari e quindi delle quote di legittima è perfettamente valido ed efficace. Può ovviamente essere impugnato da parte degli eredi pretermessi, ma finché non viene eventualmente impugnato continua a produrre i propri effetti e diventa anche definitivo se non impugnato entro i termini di legge. Da ciò consegue che alcune persone redigono testamenti che sanno essere impugnabili, confidando sul fatto che chi è legittimato ad impugnarli difficilmente lo farà o che, nel caso in cui ciò avvenisse, sarebbe poi facile per le persone interessate raggiungere un accordo.

Ma chiudiamo la parentesi e torniamo ai testamenti.

Scegli un tipo.

Quello olografo è un testamento scritto di proprio pugno, cioè a mano, dal testatore, da lui datato e sottoscritto. Tutti questi tre elementi, la scrittura di pugno, l’indicazione della data e la sottoscrizione sono essenziali per la validità del testamento. Chiaramente, il testatore può farsi scrivere la «bozza» del testamento da un avvocato, anzi, se non è scemo, specialmente nel caso in cui ci siano cose di una certa importanza da gestire, come ad esempio immobili, se la farà sempre scrivere da un avvocato competente. Il testamento olografo viene poi conservato senza particolari formalità in casa, naturalmente comunicando a persone di fiducia la sua esistenza, oppure presso lo studio di un professionista, in questo secondo caso bisognerà pagare per il servizio di deposito e gestione che verrà effettuato dopo l’apertura della successione e cioè il decesso.

Il nostro prodotto a forfait per l’assistenza per la redazione di bozza di un testamento olografo si trova qui

Il testamento pubblico è invece quello raccolto da un notaio e fatto presso lo stesso.

La differenza tra i due testamenti è grossomodo che l’olografo costa molto meno del pubblico, ma, avendo natura sostanzialmente di scrittura privata, offre minori garanzie di tenuta rispetto ad un testamento pubblico, che può comunque essere contestato sotto molteplici profili, compresa la capacità di testare e quindi di intendere e di volere del suo autore, ma più difficilmente, dal momento che tutto è avvenuto davanti ad un pubblico ufficiale.

Nel caso, dunque, di persone che non presentano particolari problemi di lucidità e non dispongono di un grande patrimonio, il testamento olografo può andare benissimo. Anche perché, come vedremo subito dopo, essendo un testamento più informale, è anche più facile modificarlo e si presenta dunque più elastico rispetto a quello pubblico. Quest’ultimo, il testamento pubblico appunto, può essere invece interessante se ci possono essere problemi di possibili contestazioni o se il patrimonio è molto importante, cosa che giustifica l’adozione di maggiori formalità.

Per i costi del testamento pubblico, non sono in grado di aiutarti: devi chiedere un preventivo ad un notaio. Di solito costa circa 7/8 volte di più di un olografo, grossomodo.

Come accennato, il testamento è sempre revocabile. Si può revocare tout court oppure si può modificare, sostituendolo con un nuovo testamento. Vale la regola per cui prevale sempre il testamento successivo. La libertà di testare permane pienamente sino al momento della morte, cosa che gli antichi giuristi romani esprimevano con l’immagine plastica usque ad extremum vitae exitum. Il testamento, dunque, non è un contratto: non si può fare alcun affidamento su quanto disposto in esso, nemmeno se si svolgono delle prestazioni che, da parte di chi le pone in essere, vengono sentite come in rapporto di corrispettività. Se io ad esempio ti lascio tutte le mie sostanze in cambio del fatto che tu ti prendi cura di me durante la vecchiaia, tu lo fai per anni, ma poi io, gli ultimi tre giorni di vita, cambio idea e lascio tutto ai miei gatti, il secondo testamento a favore dei gatti (diciamo una onlus che protegge i gatti) è validissimo e non può essere impugnato per il lavoro svolto, per il quale semmai spetterà un’azione per il conseguimento della retribuzione o per arricchimento senza causa.

Cosa fare adesso?

Se vuoi direttamente che ci mettiamo al lavoro sulla redazione del testamento, puoi acquistare il prodotto relativo da qui.

Se invece pensi che prima di procedere sia più opportuno approfondire puoi valutare una consulenza da questa pagina.

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diritto

Mio padre non mi ha mai riconosciuto: cosa posso fare?

sono un ragazzo di 19 anni. Al momento della mia nascita non sono stato riconosciuto da mio padre e sono stato mantenuto esclusivamente da mia madre per tutta la mia vita. Volevo sapere, ho il diritto di chiedere a mio padre gli alimenti arretrati? Se si, cosa debbo fare per far si che ciò avvenga?

Il primo passo è verificare con cura la sussistenza dei presupposti per fare l’azione di riconoscimento della paternità, di cui all’art. 269 cod. civ., rubricato «Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità».

Se ho ben capito, infatti, tuo padre al momento è «solo» il tuo padre biologico, mentre a livello giuridico e legale non esiste alcun accertamento e, pertanto, nessun rapporto di filiazione.

Per poter chiedere qualcosa al tuo padre biologico, il presupposto indispensabile è che venga accertato, anche legalmente, il rapporto di paternità.

Per questo tipo di azione sono previsti dei presupposti, in sostanza occorre trovarsi in una situazione in cui sarebbe ammesso il riconoscimento. Un esempio di caso in cui questa azione non sarebbe ammessa sarebbe quello in cui tu fossi stato adottato da un altro uomo, oppure risultassi figlio «legittimo» (diciamo così per praticità, anche se il termine non esiste più) di un altro uomo, perché ad esempio tua madre al momento del concepimento era sposata con costui – faccio esempi astratti perché se dici che ti ha mantenuto sempre tua madre non è questo il tuo caso. Nella prima di queste ipotesi non si potrebbe fare nulla, nella seconda bisognerebbe prima fare un’altra causa di contestazione della legittimità – anche qui dopo attenta verifica dei presupposti – e poi l’azione di riconoscimento in capo al «vero» padre.

Se ci fossero adeguate basi legali per l’azione di riconoscimento della paternità, si potrebbe, in quella sede, chiedere un risarcimento del danno, che secondo i giudici viene determinato in via equitativa (Corte d’appello di Lecce, sentenza 07-07-2016) e «indennitaria» in capo a colui che sarebbe poi, eventualmente, accertato essere il tuo vero padre.

Il punto è anche che il mantenimento dovuto per la tua sussistenza non è mai stato adeguatamente liquidato da un giudice prima di adesso, cioè quantificato nel suo preciso ammontare. Ulteriormente, è impossibile da liquidare, anche a posteriori, perché oltre al mantenimento ordinario ci sono anche tante spese straordinarie che, dopo quasi vent’anni, non si può pretendere di ricostruire minuziosamente – la sentenza sopra citata dice ad esempio che essendo «impossibile pervenire ad una esatta determinazione del dovuto atteso che non è pensabile che la madre conservi scontrini o ricevute di tutte le spese sostenute nell’interesse della figlia, anche in considerazione del lungo tempo trascorso tra la nascita di quest’ultima e l’introduzione del giudizio di primo grado (anni 32)» si è ritenuto preferibile e legittimo «fare riferimento al criterio equitativo».

Peraltro, se si parlasse di mantenimento vero e proprio, ci sarebbe anche un altro problema. È vero che il diritto al mantenimento è imprescrittibile, ma le singole rate si prescrivono dopo 5 anni, se non richieste. Per cui, se ragionassimo nell’ambito di questa logica, se tu ottenessi il riconoscimento giudiziale potresti richiedere il mantenimento solo andando indietro di 5 anni dalla sentenza che accerta la paternità, cosa che sarebbe abbastanza iniqua, in fondo.

Per fortuna, i giudici di solito ragionano abbastanza diversamente, inquadrando la cosa più come un risarcimento del danno che come un mantenimento arretrato.

Se vuoi approfondire maggiormente questa situazione puoi acquistare una consulenza da questa pagina. Se invece vuoi direttamente un preventivo per l’azione relativa puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Divorzio e trasferimento da USA a Italia: si può fare?

Mia figlia risiede in Florida, Stati Uniti, divorziata legalmente, con doppia cittadinanza, ha una bambina di 5 anni, purtroppo ha nostalgia della famiglia, essendo sola, vorrebbe tornare in Italia vicino ai propri genitori, chiedo: può il marito, essendo stato lui a volere il divorzio perché accompagnatosi con altra persona, impedire che madre e figlia possano venire stabilmente in Italia, preciso che nulla osta che lui possa venire a trovarla o la piccola se accompagnata andare dal padre come avviene attualmente.

Il presupposto implicito del problema è che il marito di tua figlia è statunitense e, se lei si trasferisse in Italia, le visite e le frequentazioni della figlia con il padre sarebbero notevolmente compromesse.

Prima ancora di fare considerazioni di merito su una situazione di questo genere, bisogna dire che la problematica non è di facile trattazione, perché probabilmente in materia si ha innanzitutto comunque la giurisdizione dei giudici degli Stati Uniti, prima ancora che quella dei giudici italiani, che va verificata attentamente.

In generale, gli Stati Uniti interpretano peraltro molto largamente le disposizioni a favore dell’esistenza della loro giurisdizione e spesso emettono provvedimenti in anche in situazioni al limite, o dove ci sono già provvedimenti italiani – mi è capitato svariate volte di assistere a cose del genere.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe un adeguato approfondimento per vedere se sussiste la giurisdizione italiana sul punto, cioè il diritto dei giudici italiani di regolamentare la situazione, cosa che per tua figlia rappresenterebbe molto probabilmente un vantaggio.

Ma chiudiamo questa parentesi molto avvocatesca, ma necessaria e completamente «reale», e parliamo un po’ del merito della vicenda.

Chi abbia chiesto il divorzio e per quali motivi non ha alcuna influenza su dove debba o possa stare la bambina, dal momento che è un aspetto relativo ai rapporti della stessa con i genitori.

Se il padre nega il consenso al trasferimento all’estero della madre, l’unico sistema è ottenere l’autorizzazione da parte del giudice.

Prima di arrivare a questo, con tutti i conseguenti problemi di giurisdizione e costo della giustizia (specialmente negli Stati Uniti), è il caso di fare tutti i tentativi possibili di realizzare questa cosa in via consensuale, magari tramite alcune sedute di mediazione familiare.

In effetti, non è poi un caso così raro: seguo un’altra famiglia disgregata con figli che stanno per la pressoché totalità dell’anno in Italia e per le vacanze estive interamente con l’altro genitore a Miami. Pertanto, una soluzione in qualche modo è sempre possibile trovarla.

Un assetto consensuale avrebbe peraltro molti altri vantaggi cioè molta più collaborazione in seguito tra i genitori nonostante la situazione difficile.

Se, tuttavia, nonostante ogni sforzo prodigato in questo senso, non si riuscisse a raggiungere un accordo, non resterà che valutare il ricorso alla magistratura.

Da questo punto di vista, a mio giudizio il «primo passo» da individuare a riguardo, la prima cosa che è opportuna da fare, è un adeguato approfondimento per vedere se possibile adire, in luogo della magistratura statunitense, quella italiana.

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Galeotto fu l’aeromobile: e mo’?

Il padre del bimbo è cittadino italofrancese che vive in Francia. Conosciuto in aereo nel posto a fianco, in viaggio dalla Francia in Italia e frequentato in Italia. È poi ripartito per la Francia dopo una settimana. Dalla breve relazione nasce un bimbo. Del padre si conosce solo nome di battesimo e numero di telefono che poi è cambiato quindi non si riesce a contattare. Come ottenere i dati anagrafici dalla compagnia aerea conoscendo numero del volo e posto in aereo per poter contattare il padre ed eventualmente ottenere riconoscimento del bambino? Abbiamo scritto alla compagnia aerea ma fa resistenza per la privacy. Possibile che il diritto di un bimbo di sapere chi è suo padre sia superato dalla privacy? C’è un modo per tutelare questo bimbo?

Ci sono svariati modi per riuscire ad individuare le generalità precise del padre del bambino, cosa necessaria per le azioni a tutela dello stesso, che dovranno essere dapprima stragiudiziali e, in seguito, in caso fosse necessario, anche giudiziali.

Innanzitutto, si può tentare molto semplicemente tramite un’agenzia di investigazioni che a volte riesce ad avere accesso a informazioni come queste, sia pure solo di fatto, cioè senza poter produrre un documento ufficiale, ma ciò nel tuo caso sarebbe sufficiente.

Un altro sistema è il ricorso al garante per la privacy contro il diniego della compagnia di volo. Prima di inoltrare questo ricorso, tuttavia, occorre esaminare con attenzione sia la richiesta originaria che hai inviato alla compagnia, specialmente se l’hai formulata senza adeguata assistenza legale, sia la risposta della compagnia stessa. Insomma, bisogna continuare la trattazione, ma facendola in modo tecnicamente corretto. Queste sono cose delicate in cui non ci si può affatto improvvisare, non so se tu abbia tentato di fare la richiesta da sola, nel caso a mio modo di vedere non hai fatto bene, avresti dovuto farti seguire fin da subito da un avvocato.

Una terza possibilità è ottenere un provvedimento del giudice che obbliga la compagnia aerea o gli altri soggetti in possesso delle informazioni necessarie alla comunicazione dei dati relativi. Per questa terza strada, si può pensare ad un ricorso d’urgenza. Oppure forse si potrebbe pensare anche all’azione di accertamento della paternità, che tuttavia nell’impossibilità al momento di identificare il convenuto andrebbe fatta nei confronti di un curatore speciale, una cosa tutto sommato troppo complicata.

In conclusione, il mio consiglio è quello di provare a trattare stragiudizialmente ancora con la compagnia aerea, riscontrando la lettera di diniego dei dati, sulla base delle normative applicabili alla situazione e delle circostanze di fatto. Solo in caso tale trattativa non avesse esito positivo, si può tentare con il ricorso al garante. In entrambi i casi non puoi assolutamente fare da sola, devi farti seguire da un bravo avvocato.

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