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riflessioni

15 cose sull’aumento ISTAT per separazione, divorzio, affido.

1) L’aumento ISTAT riguarda gli assegni di mantenimento previsti in separazione, divorzio e affido e serve a mantenere il potere di acquisto dell’assegno nonostante l’inflazione.

2) Esso comporta appunto l’aumento dell’assegno o degli assegni ogni anno in dipendenza dell’andamento dell’inflazione calcolato
dall’Istituto di statistica osservando i prezzi di determinati beni e servizi più comuni.

3) La rivalutazione Istat è obbligatoria per legge per gli assegni corrisposti in caso di divorzio, separazione e affido: non è necessario che sia prevista dal titolo, ma si verifica comunque in modo automatico anche appunto dove non prevista.

4) Il soggetto tenuto al pagamento ha dunque l’obbligo di aggiornare l’assegno in modo automatico, senza che la controparte ne faccia richiesta.

5) Può essere escluso dal giudice, l’articolo 5 della legge sul divozio 898/1970 infatti dice: “Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione“. Non mi è mai capitato di vederlo escluso e concettualmente fatico a pensare a situazioni che consentano l’esclusione, ad eccezione di periodi deflattivi, che non ci sono comunque da decenni.

6) Il credito all’aumento ISTAT si prescrive in cinque anni, come i singoli ratei di mantenimento.

7) Per il calcolo dell’importo dell’aumento si può utilizzare una delle tante utility disponibili on line cercandole banalmente con google.

8) Le parti riservano spesso all’aumento ISTAT un’attenzione che sarebbe davvero degna di maggior causa, a volte per 20€ si fanno lettere, ore di lavoro, ecc.

9) É consigliabile, considerando i costi consueti di un intervento legale, che le parti che hanno diritto all’aumento ne facciano richiesta autonomamente, usando le utility disponibili e inviando la richiesta via PEC.

10) In difetto di pagamento, in teoria chi ha diritto all’aumento può notificare un atto di precetto, ma quasi mai ne vale la pena, per ragioni sia di costi sia di opportunità.

11) Se chi deve pagare l’aumento é per il resto un pagatore puntuale, bisogna infatti pensarci due volte prima di mandargli un atto di precetto: per prendere 20€ si potrebbero avere problemi per incassare poi l’intero assegno di importo ben superiore.

12) Per questo, di solito la questione relativa all’aumento ISTAT viene «infilata» in occasione di altre iniziative, dove non costa niente aggiungerla, mentre se la devi coltivare apposta devi valutarne bene la convenienza.

13) In caso di mancata corresponsione della rivalutazione Istat, non c’è responsabilità penale, quindi non si può mai pensare di fare una querela per mancato pagamento dell’aumento Istat.

14) La rivalutazione opera per ogni assegno e cioè quello di mantenimento per il coniuge separato, quello di divorzio e quello per i figli, sia minorenni sia maggiorenni.

15) Un modo per potersi tutelare nonostante il basso importo potrebbe essere quello di disporre di una polizza di tutela legale con copertura estesa a questo genere di vertenze.

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diritto

Pagate le spese legali: e la quietanza?

in una causa civile, il Giudice mi ha condannato a rimborsare le spese legali (+ iva e cpa) sostenute da controparte.
Ho provveduto al pagamento di quanto stabilito dal Giudice.
Non ho mai avuto una ricevuta a “quietanza” di quanto pagato a controparte
ho richiesto all’avvocato di controparte la copia delle parcelle da lui emesse e da me rimborsate ma non mi ha mai risposto.
cosa posso fare per chiudere la questione?

Secondo l’art. 1199 del codice civile, «il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza».

Quindi, ottenere la quietanza è un «diritto» del debitore che adempie alla propria obbligazione.

Non so in che forma tu abbia provveduto a richiederla, se solo oralmente, di persona o al telefono, è il caso di provvedere invece per iscritto, preferibilmente tramite pec.

La richiesta di parcelle del legale, invece, non è una richiesta accoglibile perché la liquidazione delle spese non è avvenuta in base alle stesse, ma su quanto provveduto, in materia, nella sentenza. In ogni caso, queste note spese dovrebbero essere state depositate in giudizio e trovarsi, in copia, nel fascicolo d’ufficio del procedimento, da cui potresti, se proprio ne volessi una copia, estrarle.

La cosa si potrebbe approfondire ulteriormente e si potrebbe anche pensare ad una diffida tramite avvocato per la richiesta di quietanza, ma onestamente per me butta via dei soldi.

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diritto

Ritardo nei canoni locazione commerciale: che succede?

il locatore del locale commerciale dove siamo da 11 anni mi ha inviato una email intimandoci a tornare regolari al pagamento (nel contratto si paga entro il 5 del mese, noi pagheremo il canone anticipato di Novembre (scadenza contrattuale 05.11.18) il 10 Dicembre, avendo anticipato al locatore copia della contabile del bonifico)…
Ci ha scritto che se dal 5 Gennaio non torneremo regolari non ci intimerà lo sfratto, ma direttamente procederà con lo sfratto esecutivo
Fino a quanti gg di ritardo potremmo ritardare il saldo del canone di locazione per non ricevere l’intimazione allo sfratto? E dopo l’intimazione, si potrebbe estinguere la convalida dello sfratto saldando l’arretrato con le spese legali? Infine, la carenza della sottoscrizione di una eventuale polizza obbligatoria è motivo di risoluzione del contratto? Da notare che altri inquilini non hanno sottoscritto questa polizza, e non hanno ricevuto questa lettera…

La presunta differenza tra intimazione di sfratto e sfratto esecutivo diretto non ha alcun senso, non so che cosa vi abbia scritto in effetti.

Ad ogni modo, lo sfratto può essere intimato quando la morosità supera l’importo di due mensilità di canone, mensilità che può essere dovuta anche per oneri accessori e non per il solo canone, e ciò dal giorno stesso in cui la morosità arriva ad avere questo ammontare, senza che siano previsti termini di alcun tipo.

Una volta che lo sfratto sarà stato intimato, non sarà più possibile alcuna forma di sanatoria. Nelle locazioni commerciali, non è previsto il termine di grazia. Inoltre, anzi soprattutto, vale il principio della cristallizzazione dell’inadempimento, per cui se anche pagate tutti gli arretrati dopo la notifica dello sfratto, lo sfratto viene poi comunque convalidato e dovete rilasciare l’immobile.

In conclusione, se superate le due mensilità di morosità potete ricevere una sfratto contro cui poi potrebbe non esserci rimedio, se non negoziale.

Nel caso, invece, vi rendeste morosi ma non di due mensilità, potreste sempre ricevere un decreto ingiuntivo per il pagamento.

Per quanto riguarda la polizza, bisognerebbe esaminare il contratto. Se questa fosse prevista a pena di risoluzione, la risoluzione non potrebbe tuttavia essere richiesta con lo sfratto, ma con un procedimento per rito locatizio.

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diritto

Soldi prestati a parente: come recuperarli?

ho un problema familiare da risolvere ho prestato 6000 euro a mia zia 6 mesi fa ma continua a rimbalzarmi di settimana in settimana
Io questi 6000 ho fatto un finanziamento con agos al 19% vorrei stabilire in prezzo x la sua difesa

A livello legale, la situazione non cambia per il fatto di essere nata in un contesto familiare o per avere un finanziamento a monte, si tratta di un recupero crediti analogo a tutti gli altri.

Il primo passo per trattare una situazione di questo genere è sempre una lettera di diffida con una richiesta di pagamento.

Sulla lettera di diffida puoi trovare maggiori informazioni in questa pagina.

Sul recupero crediti, più in generale, puoi leggere la nostra scheda approfondita, facendo bene attenzione al concetto di solvenza.

Se vuoi procedere, puoi acquistare questo prodotto del nostro negozio on line.

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Faccio da garante per ex moglie: come mi tutelo?

devo fare da garante alla mia ex moglie (madre di mio figlio di 4 anni) per l’acquisto di una casa dove andrà ad abitare con mio figlio e con la quale abbiamo fatto una separazione consensuale che prevede un riconoscimento di un assegno di mantenimento mensile di 400 euro e che lei vada ad abitare con mio figlio nella nuova casa. Come posso tutelarmi qualora lei in futuro diventasse inadempiente? Posso fare ad esempio una scrittura privata? Che mi consigliate di fare?

Se l’operazione viene svolta come avviene di solito in casi del genere, tu dovresti comparire come fideiussore nel contratto di mutuo stipulato per atto pubblico davanti ad un notaio.

In queste condizioni, non avrebbe alcun senso fare una scrittura privata a parte, dal momento che risulta già da un atto avente maggior valore di prova, l’atto pubblico stipulato davanti ad un notaio, che tu intervieni nel mutuo non in qualità di co-mutuatario, bensì di garante.

Da questa qualità di fideiussore, o garante, discende direttamente per legge che, se il mutuatario, cioè la tua ex moglie, non paga il mutuo e la banca chiede a te il pagamento nella tua qualità appunto di garante e tu effettivamente paghi, poi hai un’azione di regresso nei confronti della tua ex moglie per quello che sei stato costretto a pagare.

A questo punto, piuttosto, il problema potrebbe essere quello della solvenza della tua ex moglie, come spiego meglio nella scheda sul recupero crediti, che ti invito a leggere con attenzione, mentre a livello documentale, come contratto, non credo ci sia molto altro che si possa fare.

L’unica cosa che ti consiglierei è quella di far vedere ad un avvocato il testo del contratto di mutuo che andrai a sottoscrivere insieme alla tua ex moglie, in modo da verificare bene ed in concreto che il quadro sia effettivamente quello sopra delineato e non vengano impiegate formule o clausole che potrebbero far pensare, anche solo in parte, a conclusioni diverse. Se vuoi far fare a noi questo lavoro di controllo, assistenza e consulenza, puoi acquistare una consulenza dalla voce apposita nel menu principale del blog.

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diritto

Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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diritto

CTU: se una parte non lo paga, paga tutto l’altra?

mio padre ha attualmente in corso una causa con un architetto che a seguito di lavori svolti presso la sua abitazione, ha provato ad estorcergli 6mila€. Nel corso della causa il giudice ha nominato un perito che ha effettuato una perizia presso l’abitazione di mio padre ed al seguito di quest’ultima si è visto richiedere dal tribunale il pagamento di € 900 quale somma dovuta al perito. Mio padre ha regolarmente pagato entro i termini prefissati, ma pochi giorni dopo è stato contattato dalla banca perché il tribunale ha eseguito un pignoramento di €2900 e rotti in quanto la controparte non ha pagato il perito, essendosi dichiarata nullatenente (un architetto che gira con un mercedes da 90 e più mila €). Vorrei sapere se questa cosa fatta dal tribunale è giusta e se ci sono mezzi per opporsi al pignoramento. Di certo sto vivendo in prima persona lo schifo del sistema giudiziario italiano.

La giustizia di questa cosa ognuno deve valutarla da sé, qui non discutiamo, generalmente, di cosa è giusto o meno, ma di quello che è legittimo o illegittimo, cioè previsto e consentito dalla legge, o meno, a prescindere dall’eventuale giustizia o ingiustizia.

A questo riguardo, ti devo dire che la cassazione, ad esempio, ha più volte ribadito la regola secondo cui l’obbligo di pagare la prestazione eseguita dal consulente tecnico d’ufficio, o CTU, ha natura solidale ex art. 1294 c.c., in considerazione del fatto che la sua prestazione viene svolta nell’interesse di tutte le parti del giudizio (Cass, n. 6199/96 ed altre ivi citate; 2262/04; 17953/05; 20314/06; 23586/08).

Quando una obbligazione è solidale, il creditore, nel nostro caso il CTU, può richiedere l’intero pagamento ad uno qualsiasi dei condebitori, mentre saranno poi i condebitori a regolare gli obblighi tra loro mediante l’esercizio dell’azione di regresso.

Quando in una obbligazione ci sono più debitori, peraltro, la solidarietà è la regola e la soluzione diversa, che si chiama parziarietà, rappresenta l’eccezione; un esempio di obbligazioni parziarie sono quelle successorie: qui il creditore può chiedere ai singoli eredi solo la rispettiva parte di ciascuno di essi e non l’intero.

Quindi tutto quello che è accaduto è legittimo ed è previsto così perché il CTU, che viene chiamato a prestare la propria opera lavorativa all’interno di un processo senza avere alcuna colpa di eventuali malefatte compiute dall’uno o dall’altra parte, è bene che abbia le maggiori garanzie possibili di ricevere il proprio compenso, anche perché, come ricorda la cassazione, lui lavora cercando di agevolare l’accertamento della verità, cosa che dovrebbe essere nell’interesse di entrambe o tutte le parti del giudizio.

Sotto un altro profilo, comunque, tuo padre non avrebbe dovuto apprendere del pignoramento dalla telefonata della banca, perché, se è vero che il decreto di liquidazione del CTU è titolo esecutivo, è anche vero che la notifica del precetto resta pur sempre necessaria. Tuo padre, dunque, prima del pignoramento avrebbe dovuto ricevere la notifica del precetto. Se l’ha ignorata, purtroppo, deve imputare a sé l’aver fatto andare avanti il pignoramento, con la successiva crescita esponenziale delle spese legali e correlativa figura non eccezionale con la banca.

Per quanto riguarda la causa attualmente pendente, direi che sarebbe stato meglio procedere, in un caso del genere, con un ricorso ex art. 696 bis cpc per CTU preventiva, ma ormai il discorso, essendo la CTU stata fatta, è superato.

Potete valutare l’azione di regresso nei confronti dell’architetto, e magari un esposto disciplinare, per dire di più bisognerebbe vedere la documentazione del pignoramento e quella anteriore e successiva.