Come sai, per il processo civile telematico e i depositi digitali utilizzo slpct, un software gratuito che offre diversi vantaggi, tra cui la possibilità di inserire più allegati contemporaneamente, cosa che, specialmente per i fascicoli con molte produzioni, è molto comoda.
Altri vantaggi sono la possibilità di effettuare depositi firmando con firma remota, cosa di cui ti ho parlato nei post precedenti.
Oggi voglio raccontarti di una ulteriore possibilità, cioè quella di utilizzare slpct su più macchine diverse, in modo da avere questi vantaggi:
la possibilità di poter lavorare su un deposito appunto su più macchine
un backup e uno storico di tutti i depositi digitali
Non so come la pensi, ma quando scelgo un software guardo sempre che ci sia o sia implementabile una funzione di sincronizzazione, perché ormai capita spessissimo di dover lavorare ad una cosa, o di aver bisogno dei propri dati, su macchine diverse, cioè sia su propri computer, di cui ad esempio uno a casa e uno al lavoro, ma anche su computer pubblici, tramite un accesso di rete, quando ad esempio si è «fuori», lontano dalle proprie macchine, ma capita di dover lavorare o verificare un dato.
Slpct non implementa nativamente una funzionalità di sincronizzazione, ma, in considerazione di come struttura i suoi dati, è facilmente realizzabile tramite l’utilizzo di un servizio di cloud computing. Personalmente utilizzo Dropbox e sconsiglio Google drive che, almeno fino a poco tempo fa, aveva la dabbenaggine, in alcuni casi, di intervenire addirittura sui nomi dei files – come noto, ad esempio, Calibre, un software di gestione degli ebook, non è utilizzabile con Google drive proprio per questo motivo.
Per avere slpct sincronizzato su tutte le tue macchine, basta dire al programma, nelle impostazioni, di utilizzare una cartella che si trova all’interno del «dominio» di Dropbox e che quindi verrà sincronizzata sia con il server web che con tutte le tue altre macchine.
Considera che ho redatto questo tutorial tenendo presente la versione per mac di slpct, nel tuo caso, se utilizzi windows e linux, alcune cose potrebbero cambiare leggermente. Se riesci comunque a capire la logica del discorso, non sarà difficile per te riuscire a realizzarlo lo stesso anche sulla tua macchina.
Per impostare la cartella di slpct, bisogna andare in File, Impostazioni.
Nel mac, il menu si trova in alto a sinistra, nel menu di sistema.
Cliccando, si aprirà questo pannello.
Come vedi, io stesso ho definito per la mia copia di slpct due cartelle che si trovano all’interno del mio dropbox.
Facendo in questo modo, i dati di slpct e quelli dei depositi vengono conservati in una cartella sincronizzata da dropbox su tutte le tue macchine.
Sarà necessario, ovviamente, ripetere questa impostazione in tutte le macchine su cui si intende utilizzare slpct.
Un ulteriore vantaggio della sincronizzazione configurata in questo modo è la possibilità di lavorare ai depositi da parte di più persone.
Nel mio caso, ad esempio, i depositi vengono fatti quasi sempre dalla mia assistente, mentre io ho la possibilità di vedere tutto quello che ha fatto, da un’altra macchina, che può trovarsi anche altrove, semplicemente aprendo la mia copia di slpct.
Quindi la sincronizzazione può essere configurata sia tra tutte le tue macchine, sia tra le tue macchine e le macchine dei tuoi colleghi o collaboratori. Anzi, questa è proprio la soluzione più consigliabile, a mio giudizio. Slpct, infatti, consente l’utilizzo della stessa istanza del programma a più professionisti: nelle impostazioni del programma si possono definire i vari professionisti che lo utilizzano e all’inizio di ogni deposito è possibile sceglierne l’autore. Slpct, poi, colloca i depositi di ciascun professionista all’interno di una sottocartella denominata con il codice fiscale relativo.
Questa è la schermata per l’inserimento dei professionisti, dove si possono inserire tutti gli avvocati, o altri professionisti, che si desidera.
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Oggi ti parlo di come firmare un deposito telematico con firma digitale remota Namirial e slpct.
Questa modalità è molto comoda quando si è ad esempio fuori da studio e si deve effettuare un deposito telematico. Inoltre funziona come backup in caso di malfunzionamento della chiavetta, per problemi hardware o software o perché magari i certificati sono scaduti e non ci se ne era accorti.
Questo breve tutorial si concentra sulla procedura di firma e, pertanto, presuppone che si conosca già un minimo il funzionamento di slpct e si abbia confidenza con il programma. Se per te non è ancora così, prima di leggere questo tutorial vai a leggere gli altri post che ho pubblicato su slpct e prova a prendere confidenza con il programma prima di tornare qui.
La procedura di firma parte dal bottone «firma e crea busta» che appare una volta impostato l’atto principale del deposito e gli eventuali allegati.
Cliccando questo bottone, si apre il pannello per la firma.
Prima di cliccare «firma tutto» a sinistra, devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma.
Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta.
Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza.
Seleziona dunque dapprima «firma remota» e poi clicca su «firma tutto»
Dopo aver cliccato su «firma tutto», se avrai correttamente selezionato firma remota, si aprirà il pannello relativo all’inserimento delle credenziali per la firma remota:
Nel campo «dispositivo assegnato» occorre inserire appunto il numero di dispositivo assegnato da Namirial al momento della sottoscrizione del servizio. Suggerisco di cliccare su «salva dispositivo» per evitare di doverlo inserire di nuovo in futuro.
Nel campo del PIN si inserisce invece il proprio PIN, il codice identificativo che funge da conferma della propria identità, proprio come avviene con le chiavette hardware, con la sola differenza che, in questo caso, il PIN non è la conferma finale dell’identità, ma bisognerà anche inserire un codice OTP.
Naturalmente, tutte queste informazioni, tutte queste credenziali, le devi tenere in un gestore di credenziali, come ti spiego meglio in questo precedente post, che ti invito a leggere con attenzione.
Dopo aver inserito i dati e dato la conferma appare il seguente ulteriore pannello per specificare il dispositivo OTP da utilizzare, quello da cui viene generato il codice OTP che conferma ancora la propria identità.
Devi cliccare sulla tendina e selezionare il dispositivo che avevi precedentemente generale nel pannello del sito web di Namirial. Nel mio caso, ho scelto di utilizzare l’app per cellulari di Namirial, Namirial OTP, che genera un nuovo codice OPT ogni 30 secondi.
Dopo aver selezionato il dispositivo con la tendina, appare questo ulteriore pannello dove devi inserire il codice OTP a conferma della tua identità per concludere la firma.
Personalemnte, appunto, ho attivato l’app di Namirial sul cellulare, per cui non devo far altro che aprire l’app e inserire uno dei codici che vengono continuamente prodotti, curando che non stia scadendo temporalmente, perché in quel caso potrei non fare in tempo ad inserirlo.
Una volta inserito il codice OTP e cliccato su conferma, vedrai apparire nell’elenco dei file di slpct le versioni firmate e si alzerà la finestra di dialogo di conferma (nel mio caso è stato necessario fare clic sull’elenco dei file per visualizzarla).
In basso c’è un pulsante con cui si possono visualizzare i files firmati.
Se vuoi puoi selezionare il singolo file che ti interessa e vedere come compare dopo l’apposizione della firma.
A questo punto, si può procedere come al solito con la creazione della busta e l’invio all’organo giudiziario.
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Un breve tutorial su come fare correttamente l’istanza di visibilità temporanea del fascicolo con slpct, con anche un modello relativo.
Presuppone che slpct sia già stato installato e che ci sia già una conoscenza o almeno una confidenza minima con il programma.
Come tipo di atto, selezionare «atto generico / Istanza generica».
Il nome della busta deve, come sempre, essere compilato automaticamente. Noi a studio, a riguardo, seguiamo questa convenzione: mettiamo i nomi delle parti e, di seguito, separato da un doppio trattino, l’oggetto della busta.
Ad esempio
Pinco – Pallino — istanza di visibilità
A volte può capitare di effettuare uno stesso deposito più volte per fallimento di quello precedente, in questo caso aggiungiamo un numero alla fine
Pinco – Pallino — istanza di visibilità 2
In modo da non confonderci tra le varie buste che rimangono memorizzate in split
Come atto principale, devi mettere la tua istanza di visibilità ovviamente.
Ti metto di seguito un modello in formato word, naturalmente poi una volta compilato devi convertirlo in PDF «leggibile», cioè direttamente dal computer (non stampando e scandendo, insomma).
Una volta impostato l’atto principale, deve essere allegata la procura.
L’allegato deve essere marcato appunto come «procura alle liti» utilizzando l’apposita tendina; non va fatta alcuna dichiarazione di conformità anche perché la procura diventerà subito dopo un originale con l’apposizione della firma digitale. Naturalmente, la procura deve essere firmata sia dal cliente che dall’avvocato; da quest’ultimo viene firmata sia sull’originale cartaceo che, digitalmente, nell’esemplare informatico.
Una volta inseriti i due documenti – istanza di visibilità (atto principale) e procura alle liti – si può procedere alla firma e alla creazione della busta, facendo clic sull’apposito bottone.
Prima di cliccare questo bottone, se hai, come me, la versione di slpct che consente la firma remota, devi selezionare la modalità di firma che intendi utilizzare: se quella locale, con chiavetta, o quella remota con Namirial. Guarda l’immagine qua sotto, prima di cliccare «firma tutto» a sinistra devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma. Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta. Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza.
Clic su «firma tutto», seleziona «solo in necessario» (è indifferente, slpct firmerà comunque entrambi i files, ovviamente), quindi si aprirà la finestra di dialogo obbligatoria per la visualizzazione del confronto
Basta fare clic su «visualizza confronto», si aprirà la nostra istanza. A quel punto si deve chiuderla e fare clic su «chiudi», dopo aver messo il segno di spunta a sinistra di «conformità verificata e dati strutturati». È solo una formalità, insomma.
A questo punto si può procedere con la firma. Non mi dilungo sulla procedura di firma, anche perché esula dallo scopo di questo breve tutorial, ti anticipo solo che a breve pubblicherò un altro post con le procedure specifiche di firma remota, una opportunità interessante fornita da slpct, che può servire sia per comodità che come backup in caso di malfunzionamento di una singola chiavetta.
Una volta firmato, si deve procedere alla creazione e all’invio della busta, cliccando sull’apposito pulsante in basso a destra:
Apparirà una finestra di dialogo di conferma dell’avvenuta creazione corretta della busta. A questo punto, si deve fare clic sul pulsante in basso a destra «invia deposito»
Fai attenzione a questo punto a selezionare come account mittente della mail con cui invii il deposito quello di posta certificata – un errore comune è quello di inviare i depositi da un account diverso, cosa che genera inevitabilmente un errore.
Spero che il post ti sia utile.
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Come probabilmente sai, per il processo civile telematico utilizzo da anni ormai slpct, un software gratuito che funziona su piattaforma Java che offre alcuni vantaggi per effettuare i depositi telematici rispetto alle piattaforme online, tra cui ad esempio:
la possibilità di caricare più documenti contemporaneamente;
la possibilità di condividere la cartella dei depositi con altri collaboratori dello studio e tramite dropbox (cosa utile anche per scopi di backup).
Con questo post, voglio darti alcune istruzioni circa l’installazione e il funzionamento sull’ultima versione di macOS, Big Sur, anche perché potresti incontrare un problema a causa di alcune istruzioni diffuse in rete che portano ad installare una versione di java in realtà incompatibile con slpct.
Slpct, infatti, gira su piattaforma java. Java non è più incluso da diversi anni su macOS, per cui bisogna installarlo a parte.
Cercando con google, uno dei primi risultati di ricerca per installare java su Big Sur è questo: questa pagina sembra ben compilata e azzeccata, purtroppo se si seguono queste indicazioni poi slpct non funziona.
Il link corretto da cui installare Java è invece questo.
Tramite il programma scaricabile da quest’ultimo link si possono rimuovere anche versioni precedenti di java installate sul Mac, cosa che ritengo consigliabile e pratico regolarmente.
Dopo l’installazione, si può verificare la riuscita dell’operazione aprendo una finestra di terminale e digitando al prompt
java -version
Si dovrebbe ottenere un risultato come quello nell’immagine che segue.
A questo punto si può procedere all’installazione di slpct, scaricando l’ultima versione direttamente dal sito.
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A seguito di un problema, dappoco e comunque transitorio, con una delle mie due chiavette di firma digitale (1), ho deciso di acquistare una firma digitale «remota» da Namirial, in modo da poter sempre firmare senza dover ogni volta utilizzare apparati hardware che possono presentare problemi.
Ho scelto Namirial come fornitore perché il procedimento di firma con questo gestore è supportato dal software che utilizzo per il processo civile telematico, cioè slpct, in una apposita versione, che si può scaricare qui, , che si chiama slpctfr, dove appunto le due lettere finali sono l’acronimo di «firma remota».
La firma digitale, ovviamente, serve, anzi è fondamentale per il pct (processo civile telematico), il ppt (processo penale telematico) e il pat (processo amministrativo telematico). La firma digitale remota si può utilizzare per i primi due, mentre per il terzo, cioè il PAT, basato sull’utilizzo di moduli PDF, il mio amico Stefano Baldoni mi fa notare che non si può utilizzare.
Il costo, nel mio caso, è stato di 47,58€ IVA inclusa, 39€ + 8,58 IVA; la firma remota dura tre anni, quindi in realtà si acquista l’abbonamento triennale ad un servizio, come ormai sempre più spesso accade.
La firma remota in realtà funziona tramite un dispositivo di firma che si trova presso il gestore, quindi è senza hardware solo per l’utente finale del servizio; in realtà, un dispositivo hardware c’è, viene solo utilizzato da remoto, tramite procedure che consentono di verificare che chi vi accede è davvero il titolare del diritto di usarlo.
Questo, a livello pratico, si traduce nell’assenza di problemi hardware in capo all’utente e rappresenta una notevole semplificazione, dati i numerosi problemi incontrati, anche solo per la necessità di procedere a configurazioni dei software da utilizzare, in passato. Inoltre, consente di firmare documenti anche da dispositivi cui non è possibile collegare, ad esempio, chiavette USB come i cellulari, i tablet e così via.
Acquisto e attivazione
Per il processo di acquisto tieni a disposizione i tuoi dati e il tuo «codice destinatario» per la fatturazione elettronica; personalmente ho pagato tramite PayPal, utilizzando il mio saldo attivo.
Ovviamente, per attivare la firma da remoto devi identificarti correttamente, cioè dimostrare al fornitore la tua identità. Questo può essere fatto in vari modi, come rappresentato nell’immagine successiva. Io ho scelto di usare lo SPID, che mi sono creato di recente (se non sei un avvocato, questo non deve stupirti: per noi avvocati, lo SPID non era così necessario in quanto avevamo già la Carta Nazionale dei Servizi da diversi anni).
Successivamente, dovrai inserire il tuo cellulare e il tuo indirizzo di posta elettronica; entrambi dovranno essere verificati inserendo un codice ricevuto sugli stessi.
In seguito, occorre confermare alcuni dati e fornire ad ogni modo gli estremi di un documento di identificazione. Nel mio caso, ho inserito la carta d’identità cartacea.
Al termine, si procederà alla «firma on line» del contratto, premendo un apposito bottone, premendo il quale si apre un pannello eSign Anywhere.
Una volta completato il processo di registrazione online, riceverai le credenziali all’indirizzo di posta elettronica indicato.
In realtà, riceverai diverse mail. Una con le credenziali della shop on line Namirial. Una con le credenziali per l’accesso al Namirial ID e una con i dati per l’utilizzo della firma remota. Ovviamente, è sempre consigliabile utilizzare un gestore di password per annotare queste e tutte le altre credenziali, come spiego meglio in questo precedente post.
La mail più importante contiene una «busta». La busta con il PIN che ti serve per usare la firma remota è infatti contenuta in un file PDF protetto da password in allegato alla mail. La password viene inviata via SMS al cellulare indicato in sede di registrazione (bisogna fare la richiesta cliccando un link contenuto nella mail stessa).
Prenditi il tempo di attivarti e annotare con cura tutte le prime credenziali (ce ne saranno altre).
Per completare l’attivazione, dovrai anche scaricare l’applicazione sul tuo cellulare per la generazione dei codici OTP di Namirial, che ti serve per il primo accesso al Namirial ID; ovviamente l’applicazione è disponibile sia per Android che per iOS.
Anche in questo caso, verrà richiesto di definire un nuovo PIN per l’accesso all’app sul cellulare, anche se chi vorrà potrà attivare il riconoscimento tramite impronta digitale.
Una volta installata l’applicazione, accedi al tuo Namirial ID utilizzando il codice OTP generato dall’app stessa. Ti verrà richiesto di cambiare la password.
Annota con cura anche queste nuove credenziali: nuova password, pin per l’accesso all’applicazione in mancanza di autenticazione biometrica, ecc..
Utilizzo della firma da remoto.
Prima di utilizzare la firma, bisogna attivare un OTP dentro al tuo account Namirial ID.
Procedi seguendo le istruzioni, cliccando sul bottone verde.
Fatto questo, il passo successivo è installare sul mac (o sulla tua diversa macchina) il software «firma certa» da questo sito.
Questo è il pannello per la firma dentro l’applicazione «firma certa» per il mac.
Nel campo username va inserito appunto il nome utente scelto durante il processo di acquisto e registrazione, che qui non espongo per motivi di sicurezza.
Una volta inserito il nome utente, bisogna fare clic su reclaim. L’applicazione si collegherà al fornitore del servizio e fornirà l’indicazione della «periferica virtuale» e degli OTP disponibili.
Fatto questo, bisogna inserire l’OTP preso dall’applicazione sul cellulare, facendo attenzione che non stia scadendo temporalmente.
A quel punto, bisogna inserire il PIN – quello ricevuto nella busta cieca allegata in PDF alla mail, per aprire la quale ti eri fatto mandare il codice via SMS.
Questo PIN è del tutto simile a quello previste per le chiavette: serve a mo’ di conferma finale della tua identità.
In realtà, visto che il codice OTP scade, conviene a mio giudizio inserire prima il PIN, visto che è sempre uguale, e solo dopo il codice OTP.
Fatto questo, si può cliccare su OK: il documento verrà firmato.
Di seguito, tanto per completezza, il pannello di slpct per windows che è diverso da quello per il mac: richiede il numero dispositivo e il pin, non lo username (grazie sempre a Stefano per la precisazione).
Conclusioni.
Sono finiti i tempi in cui si poteva fare a meno della tecnologia per gli avvocati.
Oggi non solo bisogna usarla, ma bisogna farlo bene, pena, in difetto, di passare brutti quarti d’ora e magari incorrere in spiacevolissime decadenze, foriere anche di responsabilità.
Con questa firma remota, ho un triplice sistema di sicurezza: due chiavette fisiche, una «chiavetta» da remoto. In questo modo, sono altamente sicuro di non perdere mai un deposito o l’invio di un documento importante.
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Note
(1) Se non hai letto questo mio precedente post in cui consiglio di avere, per ragioni di sicurezza, almeno due chiavette ti invito a farlo.
Stamattina ho mandato via un precetto con sentenza munita di formula esecutiva in via telematica.
Anche questa innovazione, come molte altre del telematico nel processo civile, penale e amministrativo, é piuttosto utile, consente a noi avvocati di risparmiarci accessi presso le cancellerie e di velocizzare i tempi, con il risultato finale di rendere un servizio migliore ai nostri clienti.
Per ottenere una copia esecutiva di un titolo, é necessario depositarne, sempre per via telematica, la domanda relativa. Il tribunale poi nel mio caso ha comunicato tramite PEC l’avvenuta apposizione della formula.
A questo punto, ovviamente, il titolo esecutivo munito di formula, nel mio caso una sentenza di divorzio, ma naturalmente possono essere anche altre cose, nel caso più frequente decreti ingiuntivi, può essere scaricato dal fascicolo telematico.
Nel caso in cui la notifica debba avvenire in cartaceo, come ho dovuto fare stamattina, occorre inserire una certificazione di conformità dell’esemplare analogico cartaceo all’originale che si trova nel fascicolo del procedimento. Analogamente, ritengo, nel caso di notifica via PEC quando si scarica la copia informatica, mentre penserei sia inutile, invece, nel caso di download del duplicato informatico, che non necessita di certificazione di conformità.
Non ho pagato diritti, immagino per il fatto che la certificazione di conformità é stata fatta da me come difensore.
Personalmente, sono molto felice degli strumenti telematici, che consentono di lavorare più velocemente e meglio.
Se solo penso a come si facevano queste ed altre cose appena venti anni fa…
ho ricevuto una citazione in Tribunale per il 28 aprile dal mio vicino per questioni di proprietà, mi è stato notificato l’avviso di giacenza il 13 marzo e ho potuto ritirarlo solo nell’ufficio postale del paese vicino, perché il mio è chiuso causa coronavirus, il 24 marzo. E’ possibile richiedere un rinvio stante la situazione di emergenza in corso? Dovrei depositare atto di costituzione entro il 21 aprile. Ho il sospetto che vogliano approfittare del momento di caos. Può cortesemente consigliarmi un avvocato civilista in zona Vicenza e provincia, con cui ha collaborato o che ha conosciuto? È molto difficile trovare un legale competente e fedele.
Sicuramente ci sono buone basi legali e fattuali per chiedere un rinvio in considerazione dell’epidemia in corso, ma io preferisco sempre non approfittare di circostanze di questo genere e preparare le difese nel termine già previsto, senza confidare su eventuali rinvii che, nonostante la presenza di buoni presupposti, si basano sempre sulla discrezionalità del giudice.
Per preparare una comparsa di costituzione e risposta c’è tempo più che a sufficienza ad andare al 21 aprile prossimo – oggi che scrivo è il 1° aprile, lo dico per i lettori del blog che vedranno questo post successivamente, in base alle regole del nostro flusso editoriale.
Infatti, dopo la memoria iniziale, c’è comunque modo di svolgere ulteriormente le proprie difese, con le tre memorie del 183 di cui parlo in questo altro post che ti invito a consultare per capire meglio di cosa stiamo parlando. Per questi motivi, la comparsa iniziale può essere più succinta.
In conclusione, il mio consiglio sarebbe quello di non confidare su richieste di rinvio e preparare le difese nei termini originariamente previsti, cosa che determina anche una certa «simpatia» agli occhi del giudice, che sicuramente non guasta.
Per quanto riguarda la indicazione di un legale su Vicenza, non fornisco mai indicazione di altri legali, per le motivazioni che indico in quest’altro post che parimenti ti invito a leggere con attenzione. Sono tornato sul concetto anche qui e in una puntata di radio solignani podcast, qui.
La buona notizia è che ti posso seguire direttamente io, se credi. Ho avuto e ho diverse cause a Vicenza e in molte altre sedi giudiziarie italiane. Tra l’altro oggigiorno è estremamente semplice gestire procedimenti fuori zona, con il processo civile telematico e con le udienze telematiche che, a causa dell’epidemia in corso, stanno per iniziare proprio in questi giorni – naturalmente non sarebbe un problema nemmeno dovendo fare le udienze di persona.
Se credi, puoi chiedermi un preventivo compilando il modulo apposito del blog. Per allegarmi la comparsa che hai ritirato all’ufficio postale, in modo che possa esaminarla, e l’altra documentazione che pensi che possa essere rilevante, segui se riesci e se puoi queste indicazioni.
Ricordati di iscriverti al blog per ricevere il post del giorno.
Il mio avvocato mi dice di aver depositato un decreto ingiuntivo, dove mi dice che lo ha fatto orami 6 mesi fa, gli chiedo di darmi prova dell’avvenuto deposito, ma trova sempre scuse, mi aveva chiesto per farlo € 350,00. Poi non mi ha dato mai soddisfazione alle mie molteplici richieste , creando sempre scuse. La mia domanda è: c’è un modo per sapere se ha realmente depositato questo decreto ingiuntivo?
Se è una vertenza di competenza del tribunale – dipende dal valore – allora si deve fare un accesso tramite il terminale per PCT, ma questa è una cosa che può fare solo l’avvocato, forse anche la parte interessata personalmente ma disponendo comunque di una chiavetta di firma digitale per potersi identificare.
Se questo fosse il caso, ti suggerirei di inviare una pec in cui chiedi informazioni a riguardo al tuo avvocato. Trattandosi di una «intimazione» scritta, direi che sia più difficile per lui essere evasivo al riguardo.
Se, invece, la causa fosse del giudice di pace, potresti andare a sentire personalmente in cancelleria. Puoi provare, anche, per la verità in tribunale, ma con il processo civile telematico non so se te lo dicono.
Non dimenticarti di iscriverti al blog e a «radio Solignani» per non perderti consigli utili, che non trovi da nessuna altra parte, per la tua vita.
Questo post è per quegli avvocati che, come me, oltre al civile, fanno anche amministrativo e, abituati al processo civile telematico, devono sfortunatamente imparare come funziona anche un altro processo telematico, quello amministrativo.
Scrivo questo post, infatti, dopo una settimana consumata, sia pure a intervalli, a studiare il PAT, acronimo di processo amministrativo telematico, e una mattinata intera spesa a depositare il fascicolo di un ricorso al Consiglio di Stato a Roma.
Per il PAT, ci sono infatti molte peculiarità, che si manifestano sin da prima dei depositi, già al momento della notifica.
In teoria, chi ha disegnato il PAT avrebbe potuto renderlo corrispondente, o quantomeno simile, al PCT, che ormai quasi tutti gli avvocati conoscono abbastanza bene e con i cui strumenti ormai siamo quasi tutti avvezzi. In realtà, il PAT è stato invece ridisegnato completamente per suo conto, con regole sue proprie, con la conseguenza che è impossibile praticare il processo amministrativo senza studiare completamente daccapo il funzionamento del PAT. In altri termini, la conoscenza del PCT è pressochè inutile e biusogna prendere confidenza con regole e strumenti completamente diversi.
Per il PAT, ci sono già ottime guide on line, alcune delle quali da me ampiamente saccheggiate ed alle quali rimando per praticità. Il senso di questo post è quello di essere un’introduzione d’insieme al PAT, più che altro per quegli avvocati che fanno quasi esclusivamente civile e si trovano solo raramente alle prese con pratiche di diritto amministrativo, al fine di evitare loro di commettere errori che potrebbero costare salati.
Senza, dunque, parlare del PAT in generale, mi limito a segnalare alcune peculiarità «interessanti» e rilevanti da questo punto di vista.
La prima cosa da tenere bene in considerazione è che, anche per quanto riguarda la notifica, almeno secondo alcune sentenze, la firma non può avvenire in formato Cades, ma deve essere fatta in formato PADeS BES. Anche se alcune pronunce, come ad esempio questa (ma, in tal caso, c’era comunque stata la costituzione avversaria), sono possibiliste sulla validità, comunque, della firma in formato Cades, è preferibile firmare con il formato previsto, per evitare antipatiche eccezioni. Altre pronunce infatti sono più rigorose, come ad esempio questa.
Per firmare in formato PADeS BES si può usare Acrobat, Reader o DC, oppure anche il semplice Dike, selezionando la relativa opzione. La firma in formato Cades era quella che aggiungeva l’estensione .p7m alla fine del nome dei files, rendendoli più difficilmente leggibili, ma consentendo di capire a colpo d’occhio (guardando la cartella dei files) se un determinato file era già stato firmato o meno. Con il formato PADeS, invece, l’estensione del file rimane quella originaria, di solito PDF, e per vedere se un determinato file è stato firmato bisogna aprirlo o verificarlo, sempre con Acrobat o Dike o altri programmi simili. Qui in studio da me abbiamo adottato la prassi di mettere l’hashtag #pades nel nome di un file dopo averlo firmato appunto con il formato PADeS BES, anche se ovviamente prima di usare il file confidando sulla presenza della firma facciamo sempre un apposito controllo. L’hashtag nel nome serve per dirci che probabilmente il file è già firmato, ma meglio sempre controllare.
Una volta fatta la notifica del ricorso, via pec (come faccio ormai da anni, essendo stato un pioniere in questo senso sin dal 2012 con tante notifiche fatte e mai un’eccezione subita) o tramite posta cartacea, bisogna effettuarne il deposito. Questo vale sia per il Consiglio di Stato, di cui mi sono occupato stamattina, che per i TAR: nella giustizia amministrativa le cause si introducono sempre, che io sappia, con il sistema del ricorso, che poi richiede la fase successiva del deposito.
Per il deposito del ricorso amministrativo, non si può, come ormai avrete già capito, usare SLPct ma è stato predisposto un sistema completamente diverso, che si basa sulla compilazione di un modulo messo a disposizione sul sito di riferimento giustiziaamministrativa.it. Si tratta, ovviamente, di un modulo «dinamico», da compilare tramite il programma Acrobat opportunamente configurato e che, alla fine, consente anche di apporre la firma. Il file PDF così ottenuto, tramite compilazione del modulo e successiva firma, deve essere poi inviato tramite pec, ma questo avviene anche con il PCT cui siamo tutti abituati, dall’account pec del professionista, ovviamente l’indirizzo di destinazione dipende dal giudice competente, anche in questo caso l’elenco degli indirizzi va reperito sul sito della giustizia amministrativa.
Qui il lavoro da fare è sia configurare Acrobat per la apposizione della firma sia capire meglio come va compilato il modulo. A riguardo esistono, come cennato, alcune ottime guide tra cui scegliere.
Per la configurazione di Acrobat sul mac, sistema operativo che personalmente utilizzo con soddisfazione da anni, ho utilizzato questa guida. Per la compilazione del modulo di deposito, ho utilizzato invece le istruzioni messe a disposizione sul sito di riferimento, che al momento si trovano in questa sezione.
Una cosa molto importante da dire è che essendo il modulo di deposito un modulo dinamico lo devi scaricare ogni volta che fai un deposito, perché viene costantemente aggiornato e bisogna sempre usare l’ultima versione disponibile. Scordati, quindi, di scaricarne una copia e metterlo in mezzo ai tuoi soliti modelli: puoi conservare il link alla sezione da cui scaricarlo, poi dovrai farne il download volta per volta.
Chi si trova coinvolto in una causa civile di solito si trova a dover aver a che fare con questi termini e le relative memorie.
Spess(issim)o mi tocca spiegare di che cosa si tratta, così ho pensato di fare il solito post contenente l’illustrazione dei principali aspetti della cosa, da mandare tramite link a tutti i miei assistiti. Post che, come spesso accade, può essere utile anche ad altri, così lo pubblico anche qui sul blog.
Una «memoria» nel gergo tecnico giudiziario non è altro che un documento scritto, in cui un avvocato sostiene delle richieste e/o porta delle prove a favore. Sì, è un documento come quelli che compone qualunque persona comune con Word, o Google Documenti, ed in effetti anche noi avvocati usiamo spesso quei wordprocessor per scrivere le nostre «memorie», quando non – in casi più avanzati – il markdown.
Processo orale?
Il processo civile, secondo il codice, dovrebbe essere orale.
Un po’ come a forum… Le parti arrivano, con i loro avvocati, si parla a turno, poi il giudice decide.
Nella realtà, nonostante il codice lo preveda espressamente, non funziona affatto così.
Funziona all’esatto contrario.
Il processo civile italiano, salvo rare e circoscritte eccezioni, è per lo più scritto. Anche in Cassazione il rito di default ormai è quello della camera di consiglio, dove le parti non vanno più ma si limitano, anche qui, a depositare delle memorie, come spiego in quest’altro post.
Non ti so dire se questo sia un bene o sia un male, probabilmente, essendo un aspetto di metodo o «supporto», ci sono casi in cui è un bene e casi in cui è un male, a seconda della situazione.
Certamente, quando la lunghezza media di una causa è di sei, sette, otto anni, per il solo primo grado, ognuno capisce che la trattazione non può certo essere orale. Chi si ricorda dopo qualche mese cosa era stato detto dalle parti di una causa? Non se lo ricorderebbero le parti stesse, figuriamoci il giudice che ha centinaia di cause da decidere. Dopo otto anni è evidente che senza documenti da leggere per un giudice sarebbe impossibile ricordarsi alcunché.
Dunque, di fatto il processo civile è scritto.
Per questo, come dico da decenni, nel processo civile sono fondamentali i documenti e cioè le prove scritte.
Per vincere una causa, sono essenziali le prove scritte.
Da ciò consegue che la prima abilità di un avvocato deve essere la gestione documentale. E che il cliente farà bene a prestare la massima collaborazione su questo aspetto, come ho spiegato meglio in questo mio precedente post sugli «obblighi» del cliente di un avvocato.
Cosa sono i termini e le memorie ex art. 183?
Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa sono questi benedetti termini ex art. 183.
Ma, prima ancora, che cos’è l’articolo 183.
Questa disposizione è quella che, nel codice di procedura civile, disciplina la prima udienza del processo e, coerentemente, si intitola «Prima comparizione delle parti e trattazione della causa».
Leggiamone un estratto velocemente insieme, nel testo attuale:
«Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori:1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali;3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.»
Non è subito chiaro per chi non ha studiato diritto, quello che devi sapere è che, nel 95% dei casi, la prima udienza del processo civile, di ogni processo civile, si svolge con la richiesta da parte degli avvocati di questi tre celebri termini e la loro concessione da parte del giudice.
Poi l’udienza viene chiusa e ognuno va via.
L’articolo che stiamo esaminando si chiama «comparizione delle parti», ma quando il codice parla di «parti» qui intende gli avvocati, non le parti vere e proprie del processo, destinatarie degli effetti della sentenza. Quando il codice, o un giudice, vuole che le parti effettive, i clienti, compaiano in udienza, parla di «comparizione delle parti personalmente».
Insomma, la prima udienza del 183 è un momento meramente burocratico in cui di solito non si discute quasi di nulla, ma ci si limita a prevedere questi tre famosi termini per lo svolgimento delle successive difese nel processo.
Ovviamente, il cliente può partecipare all’udienza ex art. 183, dal momento che si tratta della sua causa e lui può assistervi, ma quando lo fa rimane regolarmente deluso perché, salvo eccezioni, non vede succedere assolutamente niente.
Viene compilato un verbale con questa richiesta di termini e la loro concessione, poi tutti vanno a casa.
Perché fare un’udienza del genere, che è abbastanza inutile dal momento che una cosa così potrebbe ad esempio essere decisa via posta elettronica, senza bisogno di far girare sia gli avvocati che il giudice?
In realtà, potrebbero esserci altre cose da vedere preliminarmente. Ma a parte questi limitati casi, la realtà è che il processo civile italiano non è affatto organizzato razionalmente. Ci sono mille considerazioni che si potrebbero fare al riguardo, ma al momento comunque la situazione deve essere presa per quella che è, anche perché non ci sono alternative, così come per qualsiasi altra legge dello Stato.
Come vengono concessi i termini.
Vediamo adesso cosa comportano più in particolare questi tre termini.
Innanzitutto, i termini possono essere concessi nella misura prevista dal codice di procedura civile a partire dal giorno dell’udienza stessa, come prevederebbe il codice stesso, oppure anche a partire da un giorno successivo.
Questa seconda ipotesi è quella in cui gli avvocati o, molto più spesso, il giudice vogliono modulare il loro carico di lavoro spostando in avanti gli incombenti di cui ai termini. In tale caso, si prevede che i 30+30+20 giorni previsti da questo terzetto di termini inizino a decorrere da un giorno successivo, individuato nello stesso provvedimento, e dal quale dovranno poi essere calcolati.
Ovviamente il giudice potrà concedere i termini direttamente in udienza oppure potrebbe anche, nel caso vi fosse magari qualche altra questione preliminare, riservarsi la decisione, come ho spiegato in questo altro post di ormai dieci anni ma, ma ancora valido. Nel caso in cui si riservi, la concessione dei termini eventualmente avverrà con un provvedimento che verrà comunicato in seguito.
La trattazione del processo dopo i termini.
Una volta concessi i termini, dunque, che cosa succede?
Succede che gli avvocati delle parti dovranno depositare, oggigiorno telematicamente, tramite il PCT, entro il termine previsto le «memorie» relative.
A) La prima memoria del 183 è sostanzialmente un documento in cui si continua il discorso già iniziato negli atti introduttivi, cioè si svolgono considerazioni «di merito» sulle proprie ragioni. Si spiega che cosa si chiede e perché il giudice dovrebbe concederlo. Anche se nulla vieta di anticipare qui contenuti che sarebbero proprio della seconda memoria: anticipare si può sempre, mentre posticipare mai. Personalmente, spesso ad esempio faccio già nella prima memoria delle richieste di prova, quelle che ho già disponibili le inserisco, non aspetto la seconda. A volte questo mi consente di risparmiare il deposito della seconda memoria.
B) Con la seconda memoria, detta istruttoria, si indicano le prove che si chiede che il giudice, poi, voglia ammettere. Nel processo civile italiano, non si possono portare tutte le prove che si vuole, a parte le prove scritte o documentali. Per tutte le altre, bisogna dire al giudice che si vorrebbero portare determinate prove, poi sarà il giudice a valutare se ammetterle o meno. Se si dispone di un testimone, o si ritiene che sia interessante fare una CTU, bisogna spiegare al giudice perché queste prove sono rilevanti e formularle nel modo previsto dal codice, dopodiché sarà il giudice a decidere se ammetterle o meno.
C) Con la terza memoria ogni avvocato svolge delle riflessioni sulle prove richieste dall’altro e può opporsi alle stesse, dicendo ad esempio che sono irrilevanti, inutili, eccessive, ecc. ecc.
Quindi, in conclusione, dopo la concessione dei tre termini, il giudice chiude il fascicolo, gli avvocati tornano a casa e si mettono a scrivere questi tre documenti, cominciando ovviamente dal primo e proseguendo con gli altri, anche perché per scrivere i successivi dovranno prima leggere quello che hanno scritto gli avvocati degli altri.
Da ciò si vede molto chiaramente che la trattazione del processo civile italiano, almeno nella sua forma ordinaria, è quasi interamente scritta, con molte formalità rispetto alla formazione dei documenti e al loro deposito.
Come gestisco io i tre termini del 183.
Personalmente, dopo l’udienza o il provvedimento di concessione dei tre termini del 183, calcolo i termini sulla base delle norme del codice di procedura civile e poi segno la relativa scadenza in google calendar, con un evento «tutto il giorno» e, soprattutto, una notifica via mail almeno 20 giorni prima della scadenza, mettendo, quando posso, come invitato all’evento, il cliente stesso.
Se sei mio cliente e nella causa che sto seguendo per te hanno concesso i tre termini del 183, ti arriveranno mail da google calendar indicanti un “evento” del calendario; se anche tu usi google calendar, potrai aggiungere questo evento anche al tuo calendario. Altrimenti puoi tenere semplicemente la mail come promemoria, ma non preoccuparti: penseremo noi a gestire in tutto la scadenza e a ricordarti quando ci sarà bisogno di qualcosa da parte tua, come ti spiego meglio tra poco. Tutto come nell’esempio di cui all’immagine seguente:
Queste tre scadenze inserite in google calendar hanno una duplice valenza e richiedono un duplice tipo di lavoro, uno da fare prima e uno da fare dopo il loro verificarsi:
da fare prima: sotto un primo profilo, riguardante il periodo anteriore al giorno in questione, sono scadenze che richiedono appunto un mio intervento prima del loro verificarsi, per tale motivo c’è una notifica che mi arriva via mail 15/20 giorni prima del giorno in questione, in modo che in questo spazio di tempo possa scrivere la memoria e depositarla;
da fare subito dopo: sotto un secondo profilo, vengono invece in rilievo come termini che valgono anche per la mia controparte e che mi impognono un intervento non solo prima, ma anche dopo la loro scadenza. Dopo la loro scadenza, infatti, devo connettermi la processo civile telematico per vedere che cosa ha depositato il mio «avversario».
Ovviamente, il lavoro più impegnativo è quello da fare prima del loro verificarsi. Anche dopo c’è del lavoro da fare, ma trattandosi solo di esaminare quanto scritto dalle altre parti del processo, salvo colpi di scena che sono rarissimi, si tratta di lavoro minore, che peraltro solitamente rientra nel lavoro di preparazione della mia memoria successiva: ad esempio, quando esamino la memoria 183 n. 1 del mio avversario devo tener presente tali contenuti, e replicarvi, nella mia memoria 183 n. 2.
Per la stesura, solitamente preferisco organizzare un apposito appuntamento, quasi sempre di due ore, con il cliente stesso, in modo da ragionare insieme sui contenuti della causa, sulle possibili prove, e scrivere «in diretta» la memoria. Ti ricordo che scrivo tutti gli atti processuali insieme al cliente, anche a distanza via Skype. In generale, mi attengo ai criteri che ho delineato in questo altro post.
Quando riesco, inserisco appunto nella prima memoria anche le richieste istruttorie, cioè le richieste di prove da assumere, in modo da risparmiare a me, e anche al mio cliente, di dover rifare un nuovo appuntamento e un nuovo deposito il mese successivo. In questi casi, può essere più interessante fare la terza memoria, con le deduzioni sulle prove richieste dal mio «avversario».
Una volta terminata la stesura, provvedo al deposito telematico, se possibile due o tre giorni prima della scadenza per evitare possibili errori di trasmissione o comunque avere abbastanza tempo per porvi rimedio.
Il primo requisito di queste memoria è la sintesi, come ho già spiegato in altri post del blog alla cui lettura rimando.
Ovviamente, al cliente trasmetto sia copia delle memoria da me redatte, sia copia delle memorie avversarie, in modo che ne prenda conoscenza e possa farmi le sue eventuali osservazioni nel corso dell’appuntamento in cui redigere le nostre o in altra occasione.
Che cosa ti devi aspettare alla fine?
Per la gestione di queste tre memorie:
riceverai innanzitutto tre mail con altrettante scadenze google calendar, che potrai inserire se credi nel tuo calendario, anche se saremo sempre noi a occuparcene;
verrai contattato dalla mia assistente per fissare un appuntamento di due ore in cui redigere innanzitutto la prima memoria e poi eventualmente, man mano, le successive – questa telefonata, se i termini decorrono dal giorno dell’udienza (a volte il giudice può stabilire che decorrano da un giorno successivo), la riceverai il giorno stesso o i giorni successivi all’udienza;
riceverai sempre via mail le memorie depositate dalla o dalle controparti, insieme con alcune mie brevi note e/o richieste di chiarimenti eventualmente utili per le difese successive;
Molto probabilmente, per la redazione delle memoria dovrai fornirmi dei documenti. Se vuoi, segui le indicazioni raccolte in questo post.