1) La devi fare quando hai un credito nei confronti di una società o altra impresa commerciale che é stata dichiarata fallita.
2) Sei tu che devi attivarti per chiedere che il fallimento paghi il tuo credito, se non lo fai nessuno te lo pagherà, anche se risulta dai libri contabili: é lasciato alla tua iniziativa.
3) L’istanza di insinuazione deve essere fatta categoricamente entro un certo termine, che di solito é 30 giorni prima quello fissato per l’udienza di verificazione dello stato passivo.
4) Di solito, impari che la società da cui devi avere dei soldi é fallita da una lettera che ti manda il curatore, che ha trovato il tuo credito nei libri contabili.
5) La lettera del curatore contiene tutte le indicazioni per presentare la tua istanza di ammissione.
6) Appena ricevi la lettera o hai in qualsiasi altro modo notizia certa del fallimento della società che deve pagarti é bene che tu prenda un appuntamento con il tuo avvocato di fiducia per mostrargli la documentazione e chiedergli di occuparsi dell’istanza.
7) Può anche darsi che non convenga procedere con la formazione e l’invio dell’istanza: questo é un aspetto fondamentale che potrai valutare insieme al tuo avvocato nel primo incontro e prima di procedere oltre.
8) Alcune persone hanno un privilegio, cioè il diritto di essere pagati coi soldi presenti o ricavabili nel fallimento prima di tutti gli altri, anche a discapito degli stessi altri.
9) L’esempio più conosciuto di persone con privilegio é quello dei lavoratori dipendenti per retribuzione, TFR, interessi e tutte le altre voci connesse al rapporto di lavoro.
10) L’esistenza del privilegio deve essere dichiarata nell’istanza, altrimenti si viene ammessi in via chirografaria, cioè senza privilegio, e si rischia di non prendere quasi niente.
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licenziata dopo 30 anni con una mail. Ho fatto causa. Primo grado perso e vinto. La ditta condannata a reintegrarmi entro 3 giorni oppure a risarcire con 6 mesi di stipendio. Ovviamente non mi hanno ripresa e ho dovuto pignorarli per avere i 6 mesi. Hanno effettuato in Aprile 2018 un bonifico di circa 14.000€ con indicato: pagamento per sentenza X. Non ho ricevuto nessun dettaglio cartaceo. Ho chiesto al mio avvocato cosa fare di queste somme? se e come dichiararle? preciso che sono sempre disoccupata e senza reddito, e il licenziamento risale a 3 anni fa. Nel 2019 come mi devo comportare? faccio denuncia dei redditi? devo pagarci delle tasse? se si a quanto ammontano? come faccio il calcolo? La ditta non avrebbe dovuto inviarmi i conteggi? o versare una Ritenuta Acconto? vi prego aiutatemi… il mio avvocato diceva che i soldi erano netti non da dichiarare, ma mi sono documentata e temo non sia cosi.
Mi dispiace per la tua vicenda.
Come dico sempre, la materia fiscale e previdenziale non è quella che gli avvocati conoscono meglio, per giuste ragioni su cui non mette conto dilungarsi in questa occasione.
Su aspetti del genere, meglio sentire un commercialista o un consulente del lavoro.
In generale, credo che la somma che ti è stata liquidata non corrisponda e non possa essere considerata retribuzione, ma un risarcimento del danno che ti è stato cagionato con il licenziamento.
Se così fosse, ed è una cosa da verificare anche leggendo bene la sentenza, il regime fiscale e previdenziale sarebbe completamente diverso da quello cui sono assoggettate le somme corrispondenti a retribuzione.
Se credi, lo possiamo approfondire, tramite un’apposita consulenza, ma io ti consiglierei di investire prima i tuoi soldi nel parere di un bravo consulente del lavoro, che potrebbe magari sentirsi a riguardo con il legale che ti ha seguito per la causa di lavoro.
Ho appena finito di parlarti di avvocati in difficoltà, dignità della professione forense, lamentele inutili in questo post che ha già avuto molto successo e che ti invito di nuovo a leggere attentamente, che compare questa «lettera», sul Corriere della Sera del 17 maggio 2018 scorso.
Vale la pena di commentarla, perché è un eccellente esempio di un altro avvocato che, a mio giudizio, non ha, almeno in questo caso, capito bene le vere cause dei suoi problemi e di atteggiamento sbagliato per tentare di risolverli.
Non so te, io rimango sempre davvero molto perplesso davanti a lettere e atteggiamenti come questi, specialmente perché provengono da persone che, disponendo di titoli, abilitazioni e percorsi scolastici di successo, dovrebbero avere in teoria qualcosa di particolarmente ben funzionante tra le orecchie…
Vediamo però di nuovo cosa c’è che tocca in ragionamenti del genere, richiamando alcuni concetti di base, anche al limite della brutalità, per chiarire certi aspetti il meglio possibile una volta per tutte.
Il lavoro è un prodotto.
Il lavoro, innanzitutto, è un prodotto, esattamente come tutte le altre cose che fanno parte del mondo dell’economia.
Questo vuol dire che tu puoi avere fatto studi brillantissimi, avere superato ogni cosa col massimo dei voti, avere tre master, sei, persino dodici, quattro lauree, ma se non sei utile alle persone o alle aziende nessuno è disposto a compensare quello che fai.
Pensi di essere sottopagato? Comunque ti stanno pagando una somma che è la misura dell’utilità del tuo lavoro per loro che ti pagano, in relazione alla possibilità di averlo da altri tuoi «concorrenti» nel caso in cui tu non sia più disposto a darlo.
È ingiusto?
Io lo trovo giustissimo, anzi uno dei tanti segni della logica che c’è nel disegno di Dio.
Sei utile agli altri? Ti pago. Non servi a un cazzo? Mi dispiace, non ti pago.
Il problema del nostro Paese, tutto all’opposto, è proprio che a volte si pratica il contrario, si erogano stipendi, retribuzioni, prebende, privilegi a gente che non è produttiva sotto alcun profilo.
Voglio che ti ficchi bene questo concetto nella zucca.
L’Università non serve per il lavoro.
L’Università non serve a rendere il tuo lavoro produttivo. Può essere tutt’al più un misero punto di partenza, soprattutto quando costituisce un titolo che ha valore legale, ma dopo ci devi costruire sopra molto di più e – no, mi dispiace – non certo prendendoti seconde o terze lauree e nemmeno dei master.
Dopo, se vuoi acquisire competenze e professionalità utili alle persone e alle aziende, devi imparare delle cose che – guarda un po’ – non si studiano a scuola, perché l’alta formazione, quella vera, e necessaria, alla scuola pubblica e all’università italiane non le trovi.
L’università ti serve per la tua cultura personale, per la tua formazione come persona, come uomo, come donna.
Se hai creduto che ti facesse diventare una persona il cui lavoro sarebbe stato per ciò stesso richiesto sul mercato, allora non hai capito un cazzo né della formazione né del mondo del lavoro.
Tutto questo – sia chiaro – vale sia a Roma, che a Milano, che al Sud che in qualsiasi altra parte di questo universo; magari non vale in altri universi paralleli, ma in questo funziona così.
L’Italia non deve niente a nessuno.
«Per quale motivo l’Italia rinnega i propri giovani?»
Ma l’Italia non ti deve davvero un cazzo.
Stiamo parlando di lavoro.
È tua responsabilità investire su te stesso, sulla tua formazione, sul modo in cui organizzi la tua azienda o il tuo studio in modo da renderli utili e funzionali per la gente.
Ma me lo spiegate perché, quando uno sta parlando dei compensi che vorrebbe ricavare dallo svolgimento del proprio lavoro, si lamenta dell’Italia e non pensa invece a rendersi utile agli altri, che è il primo indispensabile passo per potersi collocare sul mercato e ottenere dei ricavi?
Non vorrei parlarmi addosso, ma io ad esempio anni fa, faccio un esempio solo, tra i mille che potrei fare, mi sono messo a pensare come avrei potuto dare chiarezza sui costi dei servizi legali alla gente – cosa che rappresentava un problema molo sentito del settore – e mi sono inventato i contratti flat, con cui una persona o una azienda finalmente, quantomeno su base annuale, possono avere certezza sui costi legali.
E da lì ho guadagnato bene. Ma prima di guadagnare ho dato qualcosa.
Non ho lanciato maledizioni al mio Paese, che non c’entra niente: ma insomma voi quando andate a lavorare tutte le mattine ci andate per cercare di fare qualcosa di utile o ci andate per lamentarvi che voi sareste bravissimi e utilissimi però l’Italia non funziona e allora niente?
Di cosa stiamo parlando?
È arrivata la bella figa 🙂
«Eppure ho capacità, presenza e i titoli che mi permetterebbero un lavoro ben pagato».
Titoli: abbiamo già visto che non servono a un cazzo. Il lavoro è un prodotto, se è utile vale e viceversa.
Presenza: ma chi sei, una bella figa? Cioè io ti dovrei pagare e affidarti i problemi legali della mia azienda perché poi arrivi te e Gabriel Garko famme na pippa? Ma di cosa stiamo parlando?
Capacità. È l’unica parola che possa avere un senso. Di nuovo però il lavoro è un prodotto e, come tutti i prodotti, ha bisogno di lead generation. Quindi le capacità innanzitutto ci vogliono, poi ci vogliono sistemi o canali di lead generation. Altrimenti stiamo parlando di nuovo del nulla.
«È normale che un giovane come me abbia questi problemi nel chiedere (e aspettarsi) una retribuzione dignitosa e ragionevole?»
Per i motivi che ti ho già spiegato, è così che funziona il mondo, compreso quello del lavoro, ed io lo trovo persino giusto, anzi giustissimo.
Perché si dovrebbero dar soldi alle persone solo perché hanno delle lauree ma non sono utili agli altri?
Quello che, a dire la verità, non trovo normale io è che una persona che ha goduto di borse di studio, superato brillantemente gli studi e l’esame di abilitazione alla fine dei conti non arrivi a voler capire ed accettare queste cose che persino chi ha studiato alla famosa università della vita capisce molto bene.
L’importante è dare la colpa a qualcosa?
«Vorrei che questa storia venisse raccontata per dare voce a tutti quei ragazzi che, come me, non sono figli di professionisti, non appartengono a famiglie facoltose, sono privi di conoscenze importanti e vengono da un Sud che esclude e non dà opportunità: non tutti hanno almeno la fortuna d nascere e crescere in città come Roma e Milano».
Con questa conclusione, abbiamo di fronte a quanto pare l’ennesima persona che non solo comprova di non capire, almeno in questa occasione, quali sono le reali cause dei suoi problemi – e questo, da chi aspirerebbe ad essere un professionista, cioè una figura che sta sul mercato per dare consigli a privati e aziende, è particolarmente significativo – ma si occupa della sua situazione solo, in fondo, per lamentarsene.
Esattamente come ho descritto nel mio post già richiamato, dove ho parlato proprio di chi adduce come scusanti per il proprio mancato successo i clienti che non pagano, le tasse, la cassa, e preferisce trascorrere il suo tempo a lamentarsene anziché svegliarsi, capire quali sono le reali problematiche e iniziare a lavorarci davvero sopra.
Io sono figlio di due impiegati, non vengo affatto da una famiglia facoltosa o con conoscenze importanti, ma la gente mi cerca e mi paga per il semplice fatto che sono in grado di dare solo un servizio utile e che, per questo servizio, svolgo tutti i giorni attività di lead generation.
Tutto il resto sono cazzate.
Cosa vuoi fare?
E tu?
Vuoi stare a lamentarti con Tony o vuoi stare con me ad investire su te stesso e cercare di prendere in mano efficacemente la tua vita?
Se vuoi stare con Tony, mandagli una mail al suo smaltante indirizzo at hotmail.it. Fondate un’associazione e magari chiedete all’Italia un reddito di cittadinanza speciale per avvocati di bella presenza delusi dal kattivoh mercato.
Se vuoi stare con me, invece:
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E… se tu sei Tony, l’invito vale anche e soprattutto per te.
Sono certo che sei una persona con delle vere capacità, semplicemente non hai mai incontrato nessuno che ti abbia proposto certe riflessioni che invece sono quelle che ti potrebbero a mio modo di vedere servire.
Mi sono licenziato da una ditta di trasporti il 16 settembre del 2011 per giusta causa in quando il titolare non mi pagava puntualmente e ho circa 9 stipendi arretrati. Ho sollecitato piu’ volte il mio datore di lavoro affinche mi pagasse la liquidazione e gli arretrati ma a tutt’oggi quasi non mi ha ancora pagato, non rispondendo alle mie raccomandata e email inviate. La mia mansione era quello di impiegato e gli stipendi mi venivano pagati attraverso contanti, assegni della ditta e assegni di clienti che io giravo apponendo la firma del mio titolare su sua autorizzazione solo verbale. Faccio presente che dal 1994 data della mia assunzione al 2006 gli stipendi mi sono stati pagati solo escluisivamente attraverso contanti e assegni di clienti intestati alla mia ditta che io poi mi giravo, apponendo la firma del mio titolare su sua autorizzazione verbale. Solo a partire del 2006 poiche’ gli incassi erano molto pochi anche con gli assegni del mio ex datore di lavoro. Adesso il mio ex datore di lavoro nega di avermi mai autorizzato verbalmente alla girati degli assegni e mi accusa di denunciarmi per aver firmato quegli assegni di cui l’ultimo risale ad aprile 2008, solo perche’ non vuole pagarmi la liquidazione e gli arretrati. Vorrei fargli causa per il mio Tfr e gli stipendi arretrati, ma la mia paura e quella che mi denunci per falso materiale. Cosa mi consiglia di fare io ero in buona fede intascando gli assegni dei clienti e solo per pagarmi lo stipendio.
Ovviamente, in un pasticcio del genere una risposta sicura per te non esiste. Come sai, per fare le operazioni che hai fatto avresti dovuto farti dare una delega dal tuo datore di lavoro e poi firmare gli assegni a tuo nome, non falsificando la firma del datore di lavoro. È ovvio, e risaputo, che cose di questo genere accadono in quasi tutte le aziende tutti i giorni, ma questo non fa venir meno necessariamente il reato. A tuo favore, sta il fatto che sicuramente il datore fa fatica a sostenere di non averti mai autorizzato, dal momento che poi avrà sicuramente visto le operazioni compiute tramite quegli assegni sul suo conto e che i medesimi venivano utilizzati per pagarti lo stipendio, che era un suo obbligo preciso. Però non so se questo possa convincere un giudice dell’assenza dell’elemento soggettivo nella falsificazione…
L’unico consiglio possibile, a mio giudizio, in una situazione del genere è quello di cercare di negoziare, altrimenti potreste farvi male entrambi. Ti consiglio di farti seguire da un legale degno di fiducia.