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diritto

12 cose sulla polizza di tutela legale.

1) É una forma di assicurazione che ti paga le spese sia legali che tecniche in caso di insorgenza di una vertenza imprevista.

2) Esiste sia per gli individui, che per le famiglie e le aziende.

3) Copre tutte le materie e le situazioni che non sono espressamente escluse.

4) Tra le esclusioni la materia successoria, separazioni e divorzi (anche se alcune forme invece sono ricomprese), le donazioni e altre materie da verificare prima di sottoscrivere la polizza.

5) É una forma di assicurazione molto diffusa all’estero e molto poco conosciuta in Italia.

6) Chi ha questo tipo di assicurazione di solito può scegliersi liberamente l’avvocato.

7) La compagnia paga le spese sia per il lavoro stragiudiziale che per quello giudiziale: in caso di esito negativo della causa, paga anche le eventuali spese di soccombenza.

8) Oltre all’avvocato, paga anche il CTU e i CTP di cui l’assicurato dovesse aver bisogno in corso di causa o anche prima della stessa.

9) Il costo é estremamente contenuto rispetto al valore che si riceve, il preventivo va chiesto al proprio agente sul territorio.

10) Ci sono tre principali compagnie specializzate in tutela legale: UCA, Arag e Das; sono compagnie che fanno solo tutela legale – consiglio di usare queste e non altre compagnie generaliste.

11) Da più di vent’anni predico a tutti di munirsi di e tenersi sempre negli anni una polizza di tutela legale: quando viene da me un cliente che ne ha una che si può usare per il suo caso, posso seguirlo in maniera molto più efficace; io lavoro molto meglio e lui non spende un centesimo.

12) Puoi sapere di più sulla tutela legale leggendo i vecchi post del blog all’indirizzo blog.solignani.it e ascoltando la puntata dedicata al tema di radio solignani podcast.

Appena possibile, acquista una polizza di tutela legale e mantienila sempre senza disdirla mai.

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pillole

– «avvocato, in otto anni di matrimonio mia m …

  • «avvocato, in otto anni di matrimonio mia moglie non mi ha fatto neanche un pompino»
  • «scriviamo solo questo allora, abbiamo già vinto»

vitaforense separazioni divorzi coppia

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counseling

In cerca della persona perfetta? Ripensaci.

A quelli che, tra il serio e il faceto, propongono la creazione di siti con la recensione di ex partner, in modo che il pubblico possa poi scegliere con più consapevolezza, evitando egoisti, immaturi, narcisisti, sfaticati, bamboccioni, isteriche, pazzi e altre carinerie del genere, vorrei dire che la realtà è che ognuno di noi ha qualcosa di disfunzionale.

Ognuno di noi, in altri termini, ha la ferita narcisistica, non uscirà mai completamente dal proprio egoismo, né, tantomeno, dalla propria ipocrisia, per quanto possa sgolarsi a dichiarare «io dico sempre quello che penzoh!!!!1!».

Ognuno di noi ha, dentro di sé, una subpersonalità infantile, da bambino, che ogni tanto prende il sopravvento sulle altre.

L’uomo é stato creato impastando del fango, lo stesso termine indica il legame con la terra e le cose umili.

La scommessa, o l’investimento, di una relazione é proprio quello di andare e far andare l’altro oltre i nostri limiti, la nostra finitezza, e amare significa esattamente proprio riuscire a fare vedere all’altro quella sua bellezza che lui non riesce a guardare o che nemmeno ha mai saputo di avere.

La celebre «persona giusta» non esiste, perché nessuna persona é giusta in generale. Ogni persona, tutto al contrario, ha il compito di costruire se stessa: é un compito destinato a durare tutta la vita – e alcuni non lo cominciano nemmeno mai.

La persona giusta te la costruisci tu, esattamente come qualsiasi altro progetto, perché una relazione, un matrimonio, sono un lavoro quotidiano e costante: un lavoro su di te, l’unica cosa che rientra nella tua sfera di dominio, e, solo indirettamente, sul tuo partner, ignorandone le disfunzionalità e rinforzandone, invece, gli aspetti positivi, cioè la bellezza.

Una relazione in cui non ci si aiuta, non ci si benedice, non ci si ascolta a vicenda, non è una relazione vera e autentica, é solo una coabitazione o, peggio, una farsa. E tutte le coabitazioni alla lunga sono destinate a divenire insoddisfacenti e, da ultimo, insopportabili per estrema insofferenza.

Perché quando non c’è una scelta di fondo, un impegno, una cornice in cui collocare tutto, i difetti dell’altro diventano sempre, regolarmente, insopportabili, non essendoci alcuna ragione per tollerarli, per la mentalità edonistica dell’uomo contemporaneo.

Si sconsidera, in questi casi, che il nostro partner non è solo il nostro partner, da valutare in base a quello che ci fornisce o restituisce (che angustia, che tristezza, valutare i rapporti umani in termini contrattuali, sinallagmatici, di di do ut des), mentre invece lui o lei sono la misura della nostra capacità di amare, la finestra dalla quale guardiamo la nostra capacità di mantenere un impegno, di vivere davvero col cuore e i suoi infiniti spazi, e non con la mente e i suoi angusti calcoli, di lasciare che la nostra anima si connetta per davvero soddisfacendo così il suo più intimo e autentico desiderio.

Qualunque uomo, qualunque donna, se ci guardi bene dentro, sono da buttare.

Ecco perché chi decide di separarsi o porre fine a una relazione ha, ogni volta, sempre ragione e sempre torto allo stesso tempo: i difetti ci sono innegabilmente, ma si tratta di vizi di fabbrica… Tanto che spesso ci si separa e poi si trovano nuovi partner finendo solo per cambiare difetti, passando dal sopportare quelli del precedente al dover tollerare quelli dell’attuale.

Al di là dei difetti, vale poi la considerazione per cui uomo e donna sono, nonostante tutto, incompatibili. I discorsi sugli interessi comuni, i punti di convergenza e gli stessi gusti ed opinioni non hanno alcun valore e nessuna consistenza: fammi capire io dovrei stare con una donna perché a lei piace ad esempio andare in scooter come piace a me? Ma non si può costruire una famiglia o una relazione solida su questo, una famiglia si può costruire, tutto all’opposto, sulla capacità di volersi bene a prescindere, e di sbattersene altamente delle propensioni di ognuno, volendosi bene ed amandosi senza nemmeno la capacità di capirsi, sempre che – ovviamente – ci sia sempre quella di ascoltarsi, anche e soprattutto come enigmi irrisolti

«Se si può divorziare per incompatibilità di carattere mi chiedo come mai non abbiano tutti divorziato. Ho conosciuto molti matrimoni felici, ma mai nessuno compatibile. Tutto il senso del matrimonio sta nel lottare e nell’andare oltre l’istante in cui l’incompatibilità diventa evidente. Perché un uomo e una donna, come tali, sono incompatibili». (Gilbert Keith Chesterton)

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pillole

Ma davvero ti stai chiedendo se la quarantena …

Ma davvero ti stai chiedendo se la quarantena favorirà il
riavvicinamento dei coniugi o al contrario i divorzi? Chi fa il divorzista da 25 anni come me sa che settembre, mese che viene subito dopo le ferie trascorse assieme, è quello con molte più separazioni…

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counseling

Non dividerti da ciò cui sei connesso.

«L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.» (Matteo 19, 6)

L’insegnamento del Maestro più animico e oggi più disatteso di tutti.

Non ci sono solo le separazioni, ma l’aborto, le disposizioni avanzate di trattamento, l’eutanasia, la costante distrazione digitale, che distoglie l’uomo dal «cuore del suo cuore», e, infine, la separazione dell’uomo da Dio.

Questa è l’epoca più satanica della storia, quella in cui i livelli di divisione sono altissimi, dove sta trionfando il grande divisore, cioè il diavolo stesso.

È il peso più grande per la nostra anima, che vuole connessioni, che è come un bambino che volge il viso e si protende verso chiunque incroci il suo sguardo, perché la vita premia la vita, la creazione, l’amore e tutto ciò si può avere solo tramite le relazioni e non le cesure.

Viceversa, è solo per momenti egoici che prendiamo decisioni che conducono a separazioni o divisioni: da Dio, da un amico, da un compagno di vita, da un figlio, un fratello, un genitore, che lasciamo ammazzare perché tanto sta soffrendo e allora è meglio cosi – ecco il trionfo della «logica» sul cuore.

Io ti dico che Satana non ha mai goduto così tanto e non ha mai avuto così tanti proseliti, spesso inconsapevoli, come oggi.

Ti lascio con queste domande:

  • questo insegnamento del Maestro serve per una ordinata convivenza civile o per la tua felicità, per quella di ogni uomo?
  • quali sono le grandi separazioni, le divisioni della tua vita?
  • cosa puoi fare per prenderti cura della tua anima e renderla ogni giorno più grande?

Un abbraccio.

«Dio ci rende spesso visita, ma noi non siamo quasi mai in casa» – Meister Eckhart

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Con tutta questa gente costretta a stare sett…

Con tutta questa gente costretta a stare settimane in casa col coniuge sto seriamente pensando di alzare le tariffe per le separazioni…

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pillole

Il post sul tocco del diavolo nelle separazi…

Il post sul tocco del diavolo nelle separazioni e divorzi é stato visto, solo nella giornata di ieri, da 1106 persone, diventando l’articolo più letto, il giorno stesso della sua uscita, di sempre – nei vent’anni che esiste il blog.

I commenti che ho ricevuto sono stati di segno estremamente opposto, da quelli di derisione e scherno a quelli di grande entusiasmo e profonda condivisione, con tante sfumature nel mezzo.

Resta il fatto che l’uomo contemporaneo ha bisogno come il pane di parlare, e sentire parlare, di anima e delle cose relative, anche chi non lo sa o non se ne rende ancora bene conto.

Chi può, non perda occasione per rendere testimonianza, per gettare un seme: sicuramente non tutto attecchirà, anzi, al contrario, solo una minima parte lo farà, ma quella piccola parte farà la differenza per tutti.

Grazie a tutti, un abbraccio!

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cultura diritto

Separazioni, divorzi, crisi familiari: amare è una forma di preghiera.

Le ultime riflessioni dalla trincea separazioni e divorzi sono, innanzitutto, che siamo sempre più fragili.

Se dovesse arrivare veramente l’ISIS, o chiunque l’altro, sarà sufficiente una piccola spintarella per farci cadere e andare completamente in frantumi. Magari, addirittura, non sarà nemmeno necessario, nel frattempo saremo caduti da soli.

Parliamo di noi stessi come di una civiltà e dei musulmani come di «incivili», mentre la realtà è – tutto all’opposto – che qui da noi ormai non c’è più nessuna civiltà (a meno di non ritenere segni di civiltà, ad esempio, le leggi europee sull’obbligo di mettere il cartello «toilette» sui bagni), ma solo una mandria di vacche, mentre quella islamica, per quanto da molti non condivisibile, è una vera civiltà, intesa come comunità osservante con profonda convinzione un nucleo fondamentale di regole comuni.

La mancanza di cose davvero serie e gravi da affrontare ci ha fragilizzato, ha determinato la venuta di una generazione debolissima, inadeguata ad affrontare la vita o anche solo a capirne il senso e, di conseguenza, a darsi significato, che è una cosa, per l’essere umano, irrinunciabile.

Nel grande libro magico, c’è scritta una cosa assolutamente fondamentale che oggigiorno non segue quasi più nessuno: «Per questo l’uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne» (Genesi 2, 24).

Il punto irrinunciabile è dunque abbandonare la famiglia di origine, lasciare madre e padre e capire che la famiglia, dopo il matrimonio o la formazione della convivenza, è quella con il coniuge. Prendere questo estraneo, che è il partner, è diventare più che un parente di sangue con lui («una sola carne»).

I miei amici atei sostengono simpaticamente che la bibbia sarebbe solo un testo compilato da pastori ignoranti 8.000 anni fa, in realtà, se così fosse, a quei pastori andrebbe dato atto di aver capito, da ignoranti e 8 secoli fa, una cosa fondamentale, che oggi, che siamo tanto evoluti, non siamo più in grado di comprendere nè, tantomeno, interiorizzare. Quei pastori analfabeti erano molto più saggi dell’uomo occidentale medio, formato da anni di scuola, contemporaneo.

Ma torniamo al punto: abbandonare il padre e la madre. È vero, i nostri genitori ci hanno amato tantissimo, in modo assoluto, ma, per qualche strano mistero, non è a loro che dobbiamo restituire questo debito, bensì ai nostri figli, dando lo stesso amore. Senza esagerare, peraltro, chè se li amiamo troppo finiamo, anche noi, per rovinarli. Forse questo è il motivo per cui chi sceglie di non avere figli finisce poi per riempirsi la casa di gatti, o per prendere un cane e mettergli il cappottino. È per questo che la vita si vive all’avanti, senza guardarsi mai indietro, se non vogliamo diventare statue di sale come la moglie di Lot.

Il secondo punto è che amare davvero è qualcosa per la gente con le palle e purtroppo oggi ce ne sono davvero poche.

Amare non è affatto un rapporto sinallagmatico, io ti amo se tu mi ami, amare è una scelta, una promessa, un qualcosa che ha a che fare con il trascendente e ci mette in contatto con esso. Come ha detto Guillaumet, qualcosa che solo l’uomo può fare, perché l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio. Amare davvero è sicuramente una forma di preghiera, per lo più quotidiana, costante, dolce e vera. Non è per le cose e le persone del mondo che si ama, ma per qualcosa di superiore.

Invece è lunghissima la teoria di gente che mi trovo davanti tutti i giorni che si lamenta del coniuge, perché ha fatto, o non fatto, questa o quell’altra cosa. Il fatto è che per amare non dobbiamo dipendere da nessuno fuorché da noi stessi, o da Dio per chi crede: se vogliamo amiamo, decidiamo di amare, altrimenti pace, vaffanculo, basta, evidentemente non è una cosa per noi, siamo negati, meglio lasciar perdere.

Tutti sono capaci di amare chi li ricambia, tutti. Chi ama davvero prescinde da queste cose, chi è cristiano addirittura deve essere capace di amare il suo nemico; e notare che, tra i propri nemici, spesso bisogna annoverare noi stessi, per cui anche su questo il cristianesimo vince a mani basse.

Un qualche genio ha detto che saremo giudicati per come trattiamo gli animali. Posso dire che lo saremo anche per come trattiamo il nostro coniuge, o compagno, colui che abbiamo promesso di amare, la persona che ci è stata messa accanto nella vita, quella speciale, che può essere solo una, non possono essere né due, né tantomeno tre o quattro o oltre?

E poi basta pensare solo al giudizio o al regno dei cieli. Fare certe cose, fare la cosa giusta, è un piacere e una realizzazione già qui, sulla terra, è ciò che ci dà quel significato di cui oggi abbiamo disperato bisogno, che mendichiamo in continuazione ma che ricerchiamo in cose che non ce lo possono dare, come gli oggetti, come certe ideologie assolutamente demenziali e contrarie alla nostra natura, nelle quali tuttavia ci spertichiamo per credere e alle quali siamo istericamente attaccati.

C’è un piacere squisito nel fare quello che crediamo giusto, piuttosto che quello che ci piacerebbe fare secondo gli istinti, o che sarebbe più comodo e conveniente. È il piacere di chi si vuole bene e dà significato a sé stesso, accettando la sofferenza che serve a qualcosa e dimostrando a sé stesso che vale, che è qualcosa di diverso da una bestia; o, detto in altri termini, non è il solito povero coglione che va dove lo porta il suo cuore (salvo aver regolarmente bisogno, poco dopo, che il suo cervello lo vada a riprendere).

Amare è una scelta assoluta e senza compromessi. Non è possibile giustificarsi dicendo cose come «No, ma perché lei, quando io sono stato ammalato, non è andata nemmeno a prendermi la Tachipirina!». Se facciamo così, subordiniamo noi stessi, la nostra identità e il nostro significato a delle cazzate, ma soprattutto finiamo per rendere la nostra stessa vita una cazzata. Potete dire quel che volete, ma è così.

Non è giusto nemmeno dire «Io ho le mie colpe, ma anche lei/lui…». Va bene solo, ed esclusivamente, la prima parte: occupiamoci delle nostre colpe e lavoriamo su noi stessi. Se vogliamo convincere il nostro coniuge, continuiamo a guardare nella direzione che desideriamo, ma non facciamo altro. Quanto agli altri, infatti, dovranno essere loro ad occuparsi delle proprie eventuali colpe, sono cazzi loro.

Dio non ama e non aiuta chi si lamenta, questa è un’altra cosa che la nostra generazione di immaturi, abituati a lamentarsi per invocare l’aiuto di mamma, papà e, spesso, del coniuge – coniuge che nell’immaginario malato di molti li deve sostituire -, non capirà se non in rari casi e difficilmente.

Dio aiuta chi si aiuta da solo e per primo, secondo il noto, e verissimo, adagio. Ma anche secondo il Vangelo: a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quel poco che ha (in questo passo c’è la chiave della vita, ci torneremo sopra).

Una volta che si sceglie di amare, comunque, bisogna farlo per sempre e fino in fondo a prescindere da quel che si riceve indietro, dalla meritevolezza dell’altro. Basta metterci sempre al centro, basta dire «Io», io ho fatto questo e quell’altro e anche lei o lui ha sbagliato. Ovviamente anche lei o lui ha sbagliato, grazie al cazzo, tutti sbagliano, non è questo il punto, il punto sono le palle che hai tu o non hai.

Le tue palle dipendono solo da te stesso, mai da nessun altro.

Non aspettate nessun altro per essere come vi sembra giusto, altrimenti la vostra vita sarà solo una processione di giustificazioni, intervallata da lamentele.

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diritto

I figli maggiorenni non autosufficienti possono chiedere la modifica delle condizioni di separazione?

vorrei sapere se le mie due figlie maggiorenni ma non economicamente indipendenti, possono chiedere con loro azione autonoma, la modifica delle condizioni di separazione consensuale omologata, nelle quali si è stabilito un contributo al mantenimento a carico del padre di €. 150.00, divenuto insufficiente.
Tale richiesta si rende indispensabile infatti, alla luce sia del protrarsi del corso universitario di una delle figlie con conseguente iscrizione come fuoricorso e sia per l’iscrizione al primo anno universitario dell’altra figlia, all’epoca della separazione ancora studentessa liceale. Qualora proponibile, come va proposta l’azione con ricorso o citazione ?

Direi di sì, a prescindere dalla convivenza o meno con l’altro genitore, si tratta se ben ricordo di una ipotesi di legittimazione concorrente in capo sia al figlio non ancora autosufficiente sia al genitore (eventualmente) convivente.

L’atto introduttivo con cui si propone la modifica delle condizioni è solitamente il ricorso, ma questo è un aspetto tecnico che comunque dovrà valutare il legale che si occuperà della vicenda.

Ovviamente, più che questi aspetti, bisognerà valutare la situazione nel merito.