Qual è il termine per presentare ricorso alla CEDU, cioè alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo?
Il termine è di sei mesi dalla data della sentenza che esaurisce i mezzi di impugnazione interni – di solito è la sentenza di Cassazione.
In futuro, potrà essere previsto un termine inferiore di quattro mesi, in caso di adozione di particolari protocolli, quindi è più prudente comunque controllare volta per volta, come sempre quando si tratta di termini.
Il termine decorre dal giorno dell’effettiva conoscenza del dispositivo della sentenza, che di solito coincide con la notifica via pec della stessa effettuata presso l’avvocato, senza potersi tener conto del fatto che l’avvocato poi l’abbia eventualmente comunicato in seguito, dal momento che il cliente è considerato comunque domiciliato presso l’avvocato.
È onere dell’avvocato, infatti, comunicare immediatamente al cliente la ricezione di notifiche di questo genere, se non lo fa può determinarsi responsabilità professionale per tale omissione, dal momento che il suo cliente non è stato messo in grado di esercitare un suo diritto.
Il termine scade l’ultimo giorno del periodo di sei mesi, anche se tale giorno ricade di domenica o in un giorno festivo, senza slittamento al primo giorno lavorativo successivo come accade a volte per altri tipi di termini.
Il messaggio da portare a casa, dunque, è che, se ricevete un provvedimento giurisdizionale negativo, dovete prima possibile prendere appuntamento con il legale che vi segue, oppure con un altro legale se ritenete opportuno acquisire un secondo parere, per discutere il da farsi. Se sono ancora disponibili mezzi di impugnazione interni, si potranno valutare quelli, mi riferisco ovviamente a appello, ricorso per cassazione, ecc.. Viceversa, si potrà valutare il ricorso alla CEDU.
Non lasciar passare il tempo inutilmente perché il sistema giudiziario presenta sempre dei termini decorsi i quali poi non si può più fare niente!
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Chi si trova coinvolto in una causa civile di solito si trova a dover aver a che fare con questi termini e le relative memorie.
Spess(issim)o mi tocca spiegare di che cosa si tratta, così ho pensato di fare il solito post contenente l’illustrazione dei principali aspetti della cosa, da mandare tramite link a tutti i miei assistiti. Post che, come spesso accade, può essere utile anche ad altri, così lo pubblico anche qui sul blog.
Una «memoria» nel gergo tecnico giudiziario non è altro che un documento scritto, in cui un avvocato sostiene delle richieste e/o porta delle prove a favore. Sì, è un documento come quelli che compone qualunque persona comune con Word, o Google Documenti, ed in effetti anche noi avvocati usiamo spesso quei wordprocessor per scrivere le nostre «memorie», quando non – in casi più avanzati – il markdown.
Processo orale?
Il processo civile, secondo il codice, dovrebbe essere orale.
Un po’ come a forum… Le parti arrivano, con i loro avvocati, si parla a turno, poi il giudice decide.
Nella realtà, nonostante il codice lo preveda espressamente, non funziona affatto così.
Funziona all’esatto contrario.
Il processo civile italiano, salvo rare e circoscritte eccezioni, è per lo più scritto. Anche in Cassazione il rito di default ormai è quello della camera di consiglio, dove le parti non vanno più ma si limitano, anche qui, a depositare delle memorie, come spiego in quest’altro post.
Non ti so dire se questo sia un bene o sia un male, probabilmente, essendo un aspetto di metodo o «supporto», ci sono casi in cui è un bene e casi in cui è un male, a seconda della situazione.
Certamente, quando la lunghezza media di una causa è di sei, sette, otto anni, per il solo primo grado, ognuno capisce che la trattazione non può certo essere orale. Chi si ricorda dopo qualche mese cosa era stato detto dalle parti di una causa? Non se lo ricorderebbero le parti stesse, figuriamoci il giudice che ha centinaia di cause da decidere. Dopo otto anni è evidente che senza documenti da leggere per un giudice sarebbe impossibile ricordarsi alcunché.
Dunque, di fatto il processo civile è scritto.
Per questo, come dico da decenni, nel processo civile sono fondamentali i documenti e cioè le prove scritte.
Per vincere una causa, sono essenziali le prove scritte.
Da ciò consegue che la prima abilità di un avvocato deve essere la gestione documentale. E che il cliente farà bene a prestare la massima collaborazione su questo aspetto, come ho spiegato meglio in questo mio precedente post sugli «obblighi» del cliente di un avvocato.
Cosa sono i termini e le memorie ex art. 183?
Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa sono questi benedetti termini ex art. 183.
Ma, prima ancora, che cos’è l’articolo 183.
Questa disposizione è quella che, nel codice di procedura civile, disciplina la prima udienza del processo e, coerentemente, si intitola «Prima comparizione delle parti e trattazione della causa».
Leggiamone un estratto velocemente insieme, nel testo attuale:
«Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori:1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali;3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.»
Non è subito chiaro per chi non ha studiato diritto, quello che devi sapere è che, nel 95% dei casi, la prima udienza del processo civile, di ogni processo civile, si svolge con la richiesta da parte degli avvocati di questi tre celebri termini e la loro concessione da parte del giudice.
Poi l’udienza viene chiusa e ognuno va via.
L’articolo che stiamo esaminando si chiama «comparizione delle parti», ma quando il codice parla di «parti» qui intende gli avvocati, non le parti vere e proprie del processo, destinatarie degli effetti della sentenza. Quando il codice, o un giudice, vuole che le parti effettive, i clienti, compaiano in udienza, parla di «comparizione delle parti personalmente».
Insomma, la prima udienza del 183 è un momento meramente burocratico in cui di solito non si discute quasi di nulla, ma ci si limita a prevedere questi tre famosi termini per lo svolgimento delle successive difese nel processo.
Ovviamente, il cliente può partecipare all’udienza ex art. 183, dal momento che si tratta della sua causa e lui può assistervi, ma quando lo fa rimane regolarmente deluso perché, salvo eccezioni, non vede succedere assolutamente niente.
Viene compilato un verbale con questa richiesta di termini e la loro concessione, poi tutti vanno a casa.
Perché fare un’udienza del genere, che è abbastanza inutile dal momento che una cosa così potrebbe ad esempio essere decisa via posta elettronica, senza bisogno di far girare sia gli avvocati che il giudice?
In realtà, potrebbero esserci altre cose da vedere preliminarmente. Ma a parte questi limitati casi, la realtà è che il processo civile italiano non è affatto organizzato razionalmente. Ci sono mille considerazioni che si potrebbero fare al riguardo, ma al momento comunque la situazione deve essere presa per quella che è, anche perché non ci sono alternative, così come per qualsiasi altra legge dello Stato.
Come vengono concessi i termini.
Vediamo adesso cosa comportano più in particolare questi tre termini.
Innanzitutto, i termini possono essere concessi nella misura prevista dal codice di procedura civile a partire dal giorno dell’udienza stessa, come prevederebbe il codice stesso, oppure anche a partire da un giorno successivo.
Questa seconda ipotesi è quella in cui gli avvocati o, molto più spesso, il giudice vogliono modulare il loro carico di lavoro spostando in avanti gli incombenti di cui ai termini. In tale caso, si prevede che i 30+30+20 giorni previsti da questo terzetto di termini inizino a decorrere da un giorno successivo, individuato nello stesso provvedimento, e dal quale dovranno poi essere calcolati.
Ovviamente il giudice potrà concedere i termini direttamente in udienza oppure potrebbe anche, nel caso vi fosse magari qualche altra questione preliminare, riservarsi la decisione, come ho spiegato in questo altro post di ormai dieci anni ma, ma ancora valido. Nel caso in cui si riservi, la concessione dei termini eventualmente avverrà con un provvedimento che verrà comunicato in seguito.
La trattazione del processo dopo i termini.
Una volta concessi i termini, dunque, che cosa succede?
Succede che gli avvocati delle parti dovranno depositare, oggigiorno telematicamente, tramite il PCT, entro il termine previsto le «memorie» relative.
A) La prima memoria del 183 è sostanzialmente un documento in cui si continua il discorso già iniziato negli atti introduttivi, cioè si svolgono considerazioni «di merito» sulle proprie ragioni. Si spiega che cosa si chiede e perché il giudice dovrebbe concederlo. Anche se nulla vieta di anticipare qui contenuti che sarebbero proprio della seconda memoria: anticipare si può sempre, mentre posticipare mai. Personalmente, spesso ad esempio faccio già nella prima memoria delle richieste di prova, quelle che ho già disponibili le inserisco, non aspetto la seconda. A volte questo mi consente di risparmiare il deposito della seconda memoria.
B) Con la seconda memoria, detta istruttoria, si indicano le prove che si chiede che il giudice, poi, voglia ammettere. Nel processo civile italiano, non si possono portare tutte le prove che si vuole, a parte le prove scritte o documentali. Per tutte le altre, bisogna dire al giudice che si vorrebbero portare determinate prove, poi sarà il giudice a valutare se ammetterle o meno. Se si dispone di un testimone, o si ritiene che sia interessante fare una CTU, bisogna spiegare al giudice perché queste prove sono rilevanti e formularle nel modo previsto dal codice, dopodiché sarà il giudice a decidere se ammetterle o meno.
C) Con la terza memoria ogni avvocato svolge delle riflessioni sulle prove richieste dall’altro e può opporsi alle stesse, dicendo ad esempio che sono irrilevanti, inutili, eccessive, ecc. ecc.
Quindi, in conclusione, dopo la concessione dei tre termini, il giudice chiude il fascicolo, gli avvocati tornano a casa e si mettono a scrivere questi tre documenti, cominciando ovviamente dal primo e proseguendo con gli altri, anche perché per scrivere i successivi dovranno prima leggere quello che hanno scritto gli avvocati degli altri.
Da ciò si vede molto chiaramente che la trattazione del processo civile italiano, almeno nella sua forma ordinaria, è quasi interamente scritta, con molte formalità rispetto alla formazione dei documenti e al loro deposito.
Come gestisco io i tre termini del 183.
Personalmente, dopo l’udienza o il provvedimento di concessione dei tre termini del 183, calcolo i termini sulla base delle norme del codice di procedura civile e poi segno la relativa scadenza in google calendar, con un evento «tutto il giorno» e, soprattutto, una notifica via mail almeno 20 giorni prima della scadenza, mettendo, quando posso, come invitato all’evento, il cliente stesso.
Se sei mio cliente e nella causa che sto seguendo per te hanno concesso i tre termini del 183, ti arriveranno mail da google calendar indicanti un “evento” del calendario; se anche tu usi google calendar, potrai aggiungere questo evento anche al tuo calendario. Altrimenti puoi tenere semplicemente la mail come promemoria, ma non preoccuparti: penseremo noi a gestire in tutto la scadenza e a ricordarti quando ci sarà bisogno di qualcosa da parte tua, come ti spiego meglio tra poco. Tutto come nell’esempio di cui all’immagine seguente:
Queste tre scadenze inserite in google calendar hanno una duplice valenza e richiedono un duplice tipo di lavoro, uno da fare prima e uno da fare dopo il loro verificarsi:
da fare prima: sotto un primo profilo, riguardante il periodo anteriore al giorno in questione, sono scadenze che richiedono appunto un mio intervento prima del loro verificarsi, per tale motivo c’è una notifica che mi arriva via mail 15/20 giorni prima del giorno in questione, in modo che in questo spazio di tempo possa scrivere la memoria e depositarla;
da fare subito dopo: sotto un secondo profilo, vengono invece in rilievo come termini che valgono anche per la mia controparte e che mi impognono un intervento non solo prima, ma anche dopo la loro scadenza. Dopo la loro scadenza, infatti, devo connettermi la processo civile telematico per vedere che cosa ha depositato il mio «avversario».
Ovviamente, il lavoro più impegnativo è quello da fare prima del loro verificarsi. Anche dopo c’è del lavoro da fare, ma trattandosi solo di esaminare quanto scritto dalle altre parti del processo, salvo colpi di scena che sono rarissimi, si tratta di lavoro minore, che peraltro solitamente rientra nel lavoro di preparazione della mia memoria successiva: ad esempio, quando esamino la memoria 183 n. 1 del mio avversario devo tener presente tali contenuti, e replicarvi, nella mia memoria 183 n. 2.
Per la stesura, solitamente preferisco organizzare un apposito appuntamento, quasi sempre di due ore, con il cliente stesso, in modo da ragionare insieme sui contenuti della causa, sulle possibili prove, e scrivere «in diretta» la memoria. Ti ricordo che scrivo tutti gli atti processuali insieme al cliente, anche a distanza via Skype. In generale, mi attengo ai criteri che ho delineato in questo altro post.
Quando riesco, inserisco appunto nella prima memoria anche le richieste istruttorie, cioè le richieste di prove da assumere, in modo da risparmiare a me, e anche al mio cliente, di dover rifare un nuovo appuntamento e un nuovo deposito il mese successivo. In questi casi, può essere più interessante fare la terza memoria, con le deduzioni sulle prove richieste dal mio «avversario».
Una volta terminata la stesura, provvedo al deposito telematico, se possibile due o tre giorni prima della scadenza per evitare possibili errori di trasmissione o comunque avere abbastanza tempo per porvi rimedio.
Il primo requisito di queste memoria è la sintesi, come ho già spiegato in altri post del blog alla cui lettura rimando.
Ovviamente, al cliente trasmetto sia copia delle memoria da me redatte, sia copia delle memorie avversarie, in modo che ne prenda conoscenza e possa farmi le sue eventuali osservazioni nel corso dell’appuntamento in cui redigere le nostre o in altra occasione.
Che cosa ti devi aspettare alla fine?
Per la gestione di queste tre memorie:
riceverai innanzitutto tre mail con altrettante scadenze google calendar, che potrai inserire se credi nel tuo calendario, anche se saremo sempre noi a occuparcene;
verrai contattato dalla mia assistente per fissare un appuntamento di due ore in cui redigere innanzitutto la prima memoria e poi eventualmente, man mano, le successive – questa telefonata, se i termini decorrono dal giorno dell’udienza (a volte il giudice può stabilire che decorrano da un giorno successivo), la riceverai il giorno stesso o i giorni successivi all’udienza;
riceverai sempre via mail le memorie depositate dalla o dalle controparti, insieme con alcune mie brevi note e/o richieste di chiarimenti eventualmente utili per le difese successive;
Molto probabilmente, per la redazione delle memoria dovrai fornirmi dei documenti. Se vuoi, segui le indicazioni raccolte in questo post.
Se sei un avvocato, probabilmente, anzi sicuramente, utilizzi una firma digitale, dal momento che oggigiorno si fa tutto tramite il processo civile telematico. A meno che tu non faccia esclusivamente penale, nel qual caso comunque la possibilità di firmare digitalmente atti e documenti potrebbe comunque servirti.
Hai mai pensato alla opportunità di avere due chiavette?
Io sì, e onestamente trovo la cosa pressoché obbligatoria per diversi motivi.
Innanzitutto, una seconda chiavetta serve per ragioni di backup.
Può capitarti, infatti, di perdere la chiavetta o che la chiavetta venga persa da un collega o dal personale amministrativo. In questa eventualità, non è così immediato ottenere una nuova chiavetta. E se hai un atto che ti scade, ad esempio, il giorno dopo, cosa fai?
Molto meglio avere un duplicato.
A parte le ipotesi di smarrimento, o rottura della chiavetta (pur sempre possibile), c’è anche la situazione di chi ha più studi, magari uno in provincia e uno in città. Oppure, ancora più comunemente, quella di coloro che lavorano in parte da casa – come ad esempio sto facendo io adesso – e in parte da studio. In queste situazioni, avere due chiavette, da tenere ognuna nella location in cui si lavora, è opportuno e la seconda chiavetta serve comunque anche come backup.
Il mio consiglio, dunque, è quello di avere un duplicato.
Quello che ti consiglio, tuttavia, non è di comprare due chiavette insieme, ma di comprare la prima chiavetta, aspettare 3 o 6 mesi e poi acquistare la seconda chiavetta.
In questo modo, anche la scadenza di ogni singola chiavetta sarà sfalsata rispetto all’altra e, in caso di scadenza della prima, si potrà continuare ad utilizzare la seconda intanto che si procede al rinnovo della prima, cosa che potrebbe non essere immediata.
Un altro discorso potrebbe essere quello di avere due chiavette di tipo differente, una ad esempio da utilizzare con il computer windows che, ad esempio, si usa a casa e un’altra, sempre ad esempio, da usare con lo studio dove si collabora, dove hanno magari solo mac. Non tutte le chiavette, infatti, funzionano con Mac (io, che uso notoriamente Mac, utilizzo una chiavetta di Aruba, anzi… due).
Considerati tutti questi aspetti, mi sentirei di dire che per ogni avvocato intenzionato a svolgere il proprio lavoro in modo sicuro, avere due chiavette sia obbligatorio. Anche perché una chiavetta costa al massimo 80/100€, anzi ce ne sono anche da molto meno, che, per un backup, potrebbero anche andare: per non spendere poche decine di euro, vuoi rischiare di depositare tardivamente un atto? O di fare chilometri per andare a prendere una chiavetta che ti serve e che hai lasciato nell’altro studio o a casa?
Personalmente, come cennato, ho due chiavette di Aruba. Per il rilascio della prima, peraltro, ho dovuto seguire una procedura molto burocratizzata e lenta, al termine della quale il postino mi ha identificato. Per avere la seconda, invece, ho potuto sfruttare la titolarità della prima chiavetta, con la quale ho firmato la documentazione senza bisogno di farmi identificare da altri.
sono stata querelata dalla mia ex nuora per il reato di cui all’art. 612 c.p. con l’accusa di averla minacciata di un male ingiusto contattando al telefono il padre della medesima, alla cui telefonata rispondeva il fratello, dicendole ” sbrigati a venire a riprenderti tua figlia prima che finisce male ..se ne deve andare perchè altrimenti la riempiamo di botte”. Ma io ho parlato veramente col padre in modo civile, senza minacce, pregandolo di incontrarci per cercare di capire e calmare la figlia, invece si è messo in mezzo il fratello sostenendo di aver risposto lui alla telefonata e riferendo alle autorità le minacce suddette per potermi denunciare. A seguito di ciò Le pongo due domande: 1) Perchè il suo legale ha presentato una DENUNCIA-QUERELA nei miei confronti. 2) I fatti si sono svolti il 24-8-2016 e la denuncia è stata presentata il 24-11-2016. Ma non è fuori dai termini di un giorno?
Non bisogna confondere la possibilità di presentare una denuncia querela con il fondamento della stessa, che sono due cose completamente diverse.
Ognuno di noi può denunciare all’Autorità i fatti che ritiene penalmente rilevanti, indicando i responsabili.
Sarà poi l’Autorità stessa, dapprima tramite la Procura e in seguito, qualora l’accusa venisse portata avanti, la magistratura, a valutare il fondamento della querela presentata.
La querela può essere ritenuta così infondata da determinare una responsabilità per chi l’ha presentata per il reato, abbastanza grave, ad esempio di calunnia.
Al momento, è impossibile prevedere quale potrà essere l’esito del procedimento penale che è divenuto pendente a seguito del deposito di questa querela. L’unica cosa sicura è che devi incaricare un legale di definire una apposita ed adeguata strategia difensiva.
Ti conviene farlo prima possibile. Se vuoi un preventivo da parte del nostro studio, puoi compilare il modulo apposito che trovi nel menu del blog.
Per quanto riguarda i termini di presentazione della querela, credo che sia tempestiva perché i tre mesi si computano non come «90 giorni» ma secondo il calendario comune, quindi andava rispettata la data del 24 «tre mesi dopo».
ho l’auto peugeot 207 2011, pignorata dall’aprile 2015 ed è ancora in mio possesso. Ormai sono 3 anni, la rimozione forzata non è potuta avvenire per mia assenza, saprebbe dirmi cosa si può fare? I termini sono scaduti?
Può essere che ci sia qualche termine che ha determinato, con la sua decorrenza nell’inerzia del creditore procedente, la decadenza del pignoramento, ma va accertato in concreto.
Secondo l’art. 497 del codice di procedura civile, ad esempio, «il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata chiesta l’assegnazione o la vendita».
Nel caso del pignoramento mobiliare, che è quello che direi ci interessi nel caso caso, trattandosi di un bene mobile registrato, il termine decorre, in base a norme successive dello stesso codice più specifiche, dal giorno del compimento delle relative operazioni.
Come accennavo, questa prima «possibile decadenza» va però accertata in concreto, andando a visionare e, se del caso, estrarre copie, del fascicolo del procedimento, per vedere se, dopo il pignoramento ad esempio, e nei termini previsti, il creditore procedente ha depositato la istanza di vendita o assegnazione.
Puoi tentare di andare anche personalmente, in quanto parte del procedimento, presso la cancelleria del tribunale, per visionare il fascicolo, ma ovviamente sarebbe molto meglio incaricare un avvocato, che questo fascicolo è in grado di «leggerlo» e capirlo bene, di andare a fare questo accertamento.
Naturalmente, l’avvocato che incaricherai potrà verificare non solo questo aspetto, ma, più in generale, tutta la situazione del procedimento esecutivo, perché possono in ipotesi verificarsi altri problemi o situazioni che ne determinerebbero la inefficacia o estinzione.
Ti consiglierei quindi di incaricare un avvocato di svolgere questi accertamenti. Naturalmente, chiedi prima un preventivo per questa prima parte di lavoro da svolgere. Qualora il procedimento fosse ancora valido, con questo avvocato potrai valutare un’eventuale diversa strategia di risoluzione del problema, che ad esempio potrebbe essere quella di un accordo con il creditore, che, peraltro, sino ad oggi mi sembra di capire che sia rimasto insoddisfatto.