La Corte di Cassazione con ordinanza n. 21901/2018 ha ribadito che la pensione di invalidità spetta solo al cittadino residente all’interno del territorio nazionale.
La Suprema corte si è espressa positivamente sul ricorso dell’INPS avverso la sentenza che aveva stabilito la condanna dell’Ente previdenziale a elargire la pensione di invalidità civile agli eredi dell’interessato. La Corte d’Appello aveva bocciato le tesi dell’Inps, condannando l’Istituto a pagare la pensione.
Nel dettaglio, l’Inps aveva eccepito la mancata residenza in Italia, ampiamente provata, dell’avente diritto. Di conseguenza, secondo l’Istituto, l’interessato e i suoi eredi non avrebbero avuto nessun diritto di pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità.
Il fondamento normativo di tale posizione è stato individuato nell’art. 10 bis del Regolamento CEE del 14 giugno 1971 (come modificato dal regolamento n. 1247/1992), il quale stabilisce che la residenza sul territorio dello Stato è un requisito costitutivo del diritto a percepire la pensione in discussione.
Ottiene dunque autorevole conferma il principio che la pensione di invalidità come le altre prestazioni non aventi carattere contributivo sono erogate esclusivamente nello Stato membro dove i soggetti interessati risiedono.
In tal modo la Suprema Corte ha cristallizzato il già affermato principio della “inesportabilità” in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive, derivante dal citato art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247/1992 che sancisce il divieto di esportare in ambito comunitario le prestazioni speciali in denaro, siano esse assistenziali o previdenziali, non aventi carattere contributivo, erogabili quindi solo nello Stato membro ove gli interessati risiedono.