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riflessioni

12 cose sulle risorse digitali di avvocati dal volto umano.

1) Prima di tutto, avvocati dal volto umano é un marchio che identifica da decenni contenuti di tipo giuridico divulgativo, cioè destinati ad un pubblico generico di persone, gli utenti finali del diritto, privi di preparazione e studi giuridici, contenuti quasi sempre sviluppati a partire dalla domanda di una persona o azienda.

2) La base di tutti i contenuti di avvocati dal volto umano é, e resterà sempre, il blog, sviluppato su una piattaforma wordpress self-hosted, dove i dati restano di nostra proprietà, possiamo scrivere quello che ci pare e nessuno può rimuovere o censurare nessun contenuto, o addirittura cancellare o sospendere un account, a differenza di quanto avviene coi social.

3) Il blog si trova all’indirizzo https://blog.solignani.it. Esiste da più di vent’anni e contiene oltre 10.000 articoli e un numero ancora maggiore di commenti.

4) Per iscriverti al blog, collegati ora alla home page del blog stesso e inserisci la tua mail nell’apposita casella – ti arriverà una mail alla quale dovrai dare conferma (serve per evitare che altri possano iscriverti contro la tua volontà).

5) Un’altra risorsa di avvocati dal volto umano é il podcast radio solignani. Iscriviti adesso al podcast, apri questa pagina:

https://blog.solignani.it/iscriviti-al-podcast/.

6) Trovi il podcast anche su Spotify: basta aprire l’applicazione e cercare «solignani».

7) Avvocati dal volto umano é anche un canale youtube. Iscriviti adesso, cliccando la campanellina per ricevere le notifiche:

https://m.youtube.com/channel/UCB9cV6aMv_HeJGyUtTtd68g.

8) Sempre a video, c’è anche un account su TikTok, dove metto contenuti esclusivi. Se sei su TikTok, seguimi anche là:

https://www.tiktok.com/@avvocatidalvoltoumano.

9) Ovviamente c’è anche un account instagram:

https://www.instagram.com/avvocatidalvoltoumano.

10) Se vuoi, puoi mandare anche tu la tua domanda, da qui:

https://blog.solignani.it/info/contatti/.

11) Tutte le risorse digitali del franchise «avvocati dal volto umano» sono e saranno sempre completamente gratuite – seguire il blog e le altre risorse é di tutta convenienza per te.

12) Sei un avvocato? Nonostante i contenuti di «avvocati dal volto umano» siano creati per profani del diritto, sono utilissimi anche per molti avvocati, che infatti seguono numerosi i vari account. Iscriviti anche tu, sei il benvenuto. Oltre a queste risorse, cerca anche quelle del gruppo «Fare l’avvocato é bellissimo», che sono contenuti destinati più specificamente agli avvocati.

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pillole

Arrivano le storie anche su wordpress ? …

/nArrivano le storie anche su wordpress ?

Anche su WordPress arrivano le storie. In questo video provo a pubblicarne una per vedere come funzionano.Puoi vederla sul mio blog all'indirizzo blog.solign...
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tecnologia

AlertMe! wordpress plugin

AlertMe!

Oggi ti parlo di un plugin per wordpress, che è stato attivato su questo blog e che può essere utile anche a te, se, come consiglio sempre, tra l’altro anche a tutti i colleghi avvocati nel libro «Fare l’avvocato è bellissimo», gestisci un tuo blog con wordpress, a condizione ovviamente che sia self-hosted – altrimenti non puoi installarlo.

Si tratta di AlertMe!, un plugin che consente ai gestori di un blog di consentire, a loro volta, ai lettori del blog di iscriversi ad un singolo post, in modo da ricevere aggiornamenti tutte le volte in cui quel singolo post viene aggiornato.

Iscriversi al blog, iscriversi a uno o più post.

Un conto, infatti, è iscriversi al blog, un altro conto è potersi iscrivere ad un singolo post.

A) Iscriversi al blog significa ricevere via mail copia di tutti i nuovi post che vengono pubblicati sul blog. I miei abbonati, ad esempio, ricevono il post del giorno, dal lunedì al venerdì, alle sette del mattino, ormai da oltre vent’anni. Se non sei ancora abbonato, a proposito, iscriviti subito per non perdere questi post.

B) Iscriversi ad un post, invece, significa ricevere un avviso ogni volta che quel singolo post viene aggiornato. Naturalmente, ti iscrivi ad un post quando quel post è di particolare interesse per te. Nel caso del nostro blog, ho pensato di attivare questa possibilità solo per alcuni tipi di post, che vengono effettivamente modificati frequentemente, come ad esempio le raccolte. In futuro, se questa possibilità incontrerà il favore dei lettori, non escludo di estenderlo anche ad altri post, tipicamente i post «miliari» come quelli sulla diffida, le schede di approfondimento e così via.

Ovviamente, il mio consiglio per tutti i miei lettori è quello di iscriversi senz’altro al blog. Poi, oltre a questo, iscriversi a tutti i post che sono per loro di maggior interesse.

Come funziona AlertMe!

Adesso passo a spiegare come funziona tecnicamente AlertMe! Questa parte interessa chi gestisce un blog e vuole appunto aggiungere la funzionalità garantita da questo plugin.

Dopo l’installazione, nella Bacheca di wordpress, sezione Strumenti, compariranno due nuove voci:

  • AlertMe;
  • AlertMe Subscribers.

Nel primo pannello, si possono configurare le impostazioni generali del plugin. La prima cosa da fare è dire in quale tipo di contenuto, se post o pagina o altro, si vuole che compaia il modulo per consentire agli utenti di potersi iscrivere al post o appunto altro contenuto.

Quello che si può fare è decidere tra far comparire il modulo in tutti i contenuti del tipo prescelto, automaticamente, oppure selezionare la modalità manuale. Selezionando la modalità manuale, si dovrà poi andare nel singolo post, entrare in modalità modifica e mettere il segno di spunta dicendo a wordpress di mostrare, per quel post, il modulino per consentire agli utenti di iscriversi alle modifiche.

Questa seconda soluzione è quella che ho adottato io, considerando che la pressochè totalità dei post di un blog sono statici, cioè vengono pubblicati e non più modificati in seguito. Solo alcuni post sono modificati periodicamente, quindi per questo ristretto gruppo, composto per lo più dalle raccolte, andrò ad attivare manualmente il modulo per consentire l’iscrizione.

In questo primo pannello, si possono anche personalizzare i messaggi da comunicare agli utenti al momento in cui si propone l’iscrizione nonchè quelli, successivi, in cui si invia la mail appunto per dire che il post è stato aggiornato.

Il secondo pannello – AlertMe subscribers – ovviamente mostra tutti gli utenti che si sono iscritti per ciascun post, con la possibilità naturalmente di scaricarli in formato CSV.

Conclusioni.

Iscriviti al blog per non perdere il fondamentale post del giorno.

Iscriviti ai post più gettonati del blog per essere avvertito ogni volta che cambiano. Ti fornirò presto una lista dei post più «caldi» ai quali può valer la pena di iscriversi!

Grazie per seguirmi sempre.

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tecnologia

Stackedit: un nuovo modo di scrivere.

Introduzione

Ti interessa un editor di testo che funziona con markdown all’interno di un qualsiasi browser web, quindi anche su dispositivi mobili, e si sincronizza con account di cloud come #dropbox o google drive, e consente addirittura di pubblicare i testi realizzati in questo modo su piattaforme come #wordpress?

stackedit logo

A me personalmente molto, forse man mano che vedrai meglio come funziona capirai che può essere molto utile anche a te per la tua gestione documentale.

Si tratta, comunque, di stackedit.io.

A cosa può servire.

Mi ci sono imbattuto mentre ero alla ricerca di un sistema che mi consentisse di editare alcuni post «miliari» che ho sul blog, e che quindi modifico spesso, tramite altrettanti files di testo da tenere sincronizzati su tutte le mie periferiche, anche mobili. Ció in modo appunto da poter intervenire, tipicamente inserendo nuovi link, in modo molto semplice, con un linguaggio elementare come #markdown, facendo poi in modo che le modifiche venissero riportate sul blog.

In particolare, questo sistema mi serviva per le raccolte, i post di base per categoria, materia o interesse dove raccolgo i post rispettivamente più interessanti, a beneficio dei lettori del blog, dove, essendoci più di 6000 articoli ad oggi, orientarsi è sempre più difficile.

Per converso, non è agevole modificare i post direttamente dentro a #wordpress, specialmente se si lavora da un dispositivo mobile, dove l’unica soluzione possibile è l’app wordpress, che però è un po’ lenta e farraginosa, mentre quando si ha in mente un ritocco o una modifica “al volo” c’è bisogno di aprire il file relativo velocemente, ritoccarlo e richiuderlo senza perderci troppo tempo.

Stackedit mi consente di fare quello che comunque mi serviva, aggiungendo addirittura un servizio in più che può essere sempre utile quando si deve intervenire su files ma non si può configurare nulla, come ad esempio quando si sta usando un dispositivo di un altro: la possibilità di modificare i files tramite un #browser web. Puoi lavorare agli articoli che stai scrivendo anche dal computer di un amico, o di un luogo pubblico, o facendoti prestare un cellulare o un tablet…

Proviamo a immaginare di scrivere…

Andiamo comunque con ordine, immaginando, per comodità di esposizione, di creare un file di testo, un documento, tipicamente un post di #wordpress (ma ovviamente anche qualsiasi altra cosa una persona desideri), e seguendo il processo di creazione, modifica, sincronizzazione, pubblicazione.

Un esempio potrebbe essere proprio questo stesso post, che appunto ho scritto utilizzando dall’inizio alla fine #stackedit, in parte tramite #browser e in parte editando il file di testo sincronizzato dentro a Dropbox.

Come si deve fare dunque per creare un documento di testo con #stackedit?

Bisogna aprire un browser e collegarsi all’indirizzo stackedit.io, quindi cliccare sulla sezione per l’editing dei documenti. A questo punto io suggerisco di autenticarsi, con il proprio account #google, in modo da poter avere lo stesso ambiente di lavoro anche su tutte le altre periferiche che si utilizzano.

Questo è il metodo più diretto e lineare. In realtà, si può anche prendere un file di testo che esiste già nel proprio Dropbox e portarlo dentro a #stackedit facendo in modo che poi da quel momento venga sempre sincronizzato.

La sincronizzazione.

Il documento creato con stackedit da browser potrà essere sincronizzato sia con google drive che con dropbox. Una volta che sarà stata impostata la sincronizzazione con dropbox, ad esempio, tutto quello che avrai scritto nel documento tramite il browser web verrà riportato in un file di testo, appositamente creato, che ti ritroverai dentro al tuo dropbox.

La cosa bella, che rende stackedit superiore almeno in questo ad altri sistemi di creazione e modifica documenti on line come google documents, è che potrai sempre modificare il file di testo sincronizzato che si trova dentro al tuo dropbox e le modifiche verranno riportate nel documento dentro a stackedit. In questo momento, dunque, io sto scrivendo questo post all’interno del mio browser, che è #firefox. Potrei chiudere Firefox e aprire il file di testo sincronizzato corrispondente sul mio #Mac, tablet o cellulare e continuare a scrivere là dentro. Tutte le modifiche fatte da una parte o dall’altra saranno ovviamente sincronizzate e te le ritroverai sia aprendo il documento tramite il browser sia il file di testo di dropbox.

Questo è molto versatile, immagina di essere in un luogo pubblico con un computer con accesso a internet, ma senza i tuoi account o la possibilità di configurarli. Ti basterà aprire la finestra di un qualsiasi browser, autenticarti col il tuo account google e continuare a lavorare sui tuoi testi.

Viceversa, immagina di non avere la connessione a internet: niente browser, niente dropbox, niente google drive. Potrai lavorare sulla copia locale dei tuoi testi, che si sincronizzerà una volta che avrai nuovamente la connessione. Utile ad esempio tutte le volte in cui hai in mente una piccola modifica da fare, sei fuori, hai solo il cellulare e ti trovi in una zona in cui non c’è la rete. La tua creatività può proseguire, senza bisogno di attendere di nuovo la connessione di rete.

Per sincronizzare files di testo con dispositivi mobili, usando dropbox, la cui applicazione nelle periferiche mobili non effettua la sincronizzazione ma consente solo l’accesso, personalmente uso applicazioni di terze parti che fanno la sincronizzazione come dropsync.

Sincronizzazione con Google drive.

Oltre che con Dropbox, i documenti di Stackedit possono essere sincronizzati anche con Google drive. Nelle prove che ho fatto io, il documento sincronizzato non viene convertito in formato Google docs, ma conservato come semplice file di testo, quindi direi resti molto più utile la sincronizzazione con Dropbox.

Per spostare un file, basta tenere premuto a lungo e poi trascinarlo sulla cartella all’interno della quale lo si vuole inserire.

Ovviamente, stackedit può essere utilizzato con la funzione di dettatura vocale, come sto facendo io proprio in questo momento. Personalmente utilizzo la tastiera di Google, cioè Gboard, che secondo me è quella che consente più efficienza sia per la digitazione che per la dettatura e posso confermare che con stackedit funziona benissimo.

Ogni volta che crei un file nuovo devi dirgli che lo vuoi sincronizzare con Dropbox e ho Google drive, non è possibile ad esempio configurare stack edit per sincronizzare tutti i file con Dropbox ma lo devi scegliere volta per volta.

Il supporto alle revisioni.

Stackedit ha anche il supporto per le #revisioni, per cui è possibile risalire a qualsiasi versione anteriore del file.

Al supporto nativo, si aggiunge anche quello offerto da Dropbox tramite la sincronizzazione, per cui dovrebbe proprio essere possibile, seppur magari a volte con qualche sforzo, risalire alle versioni che si desidera del proprio testo.

Pubblicare su wordpress.

Introduzione.

Una volta completata la prima stesura del post, si può effettuare la pubblicazione, o, meglio, anche solo il caricamento in un sito worpress, come questo blog.

Infatti, ogni file di testo creato con stackedit possiede delle sue proprietà tra cui le categorie, i tag, ma anche lo status del post, che può essere impostato anche su pending, per l’ipotesi in cui non si voglia una pubblicazione immediata, ma si voglia intervenire in seguito, magari per inserire un’immagine, o perchè comunque c’è un flusso editoriale da rispettare come nel mio caso – come è noto, il blog pubblica un solo post al giorno dal lunedì al venerdì, per consentire una fruizione migliore a tutti i suoi lettori.

La pubblicazione su #wordpress non funziona come la sincronizzazione con dropbox: quest’ultima è bidirezionale, nel senso che qualsiasi modifica può essere applicata da entrambe le parti, stackeit o dropbox, e si ritroverà sincronizzata dappertutto. La pubblicazione su wordpress invece funziona in una sola direzione: se modifichi il file in stackedit.io (da browser o da dropbox o in altro modo), puoi aggiornare la pubblicazione e il post originariamente pubblicato col testo precedente verrà appunto aggiornato. Se, invece, modifichi il post dentro a wordpress, queste modifiche non verranno riportate in stackedit.io: anzi, se dopo aver modificato il post dentro a wordpress, lo modificherai anche dentro a stackedit.io, effettuando un aggiornamento del post da stackedit, le modifiche che avevi precedentemente fatto dentro a wordpress andranno sovrascritte e, di conseguenza, perse.

Inserire le tags.

Come ti dicevo, le tags possono essere inserite nelle proprietà del documento, andando in una apposita sezione. A me però piace marcare come «tag» le singole parole mentre le scrivo, anche perché dopo facilmente non me le ricordo. Per fare questo, si può utilizzare il simbolo del cancelletto tipico degli hashtag che si inseriscono su twitter, facebook, linkedin e altri social e usare un plugin come hasthagger che trasforma tutte le parole contenute in un post e precedute dal cancelletto in un tag del post, inserendo anche un link alla pagina che contiene tutti i post con la stessa tag, rendendo quindi l’hashtag del post sul blog funzionante come sui social. Molto comodo, sia per chi scrive che per i lettori del blog!

Gestire le immagini.

Con stackedit si possono anche gestire le immagini che dovranno comparire nel post su WordPress, proprio come l’immagine che compare in questo post, il logo di Stackedit stesso.

L’immagine va prima caricata nella galleria multimediale di WordPress, dopodiché se ne deve copiare il link.

Tornato a Stackedit, devi poi inserire l’immagine, all’altezza che vuoi, con la sintassi classica di markdown appunto per le immagini, mettendo in tale sintassi il link che avrai copiato.

Nelle proprietà del documento, si può anche impostare l’immagine in evidenza del post, usando lo stesso link che si era copiato precedentemente nella clipboard.

Attento allo status e alla data del post.

Se carichi un post su wordpress con lo stato di pending, definito nelle proprietà del documento, dopodiché dentro a wordpress lo pubblichi se poi, ulteriormente, modifichi il documento originario e vuoi sincronizzare le modifiche da stackedit a WordPress fai attenzione…

Devi modificare anche lo status dentro a Stackedit, altrimenti temo, pur senza aver mai provato, altrimenti, avendolo testato, succede che, sincronizzando, stackedit revochi anche lo stato di pubblicato al post e gli imponga di nuovo quello di post in revisione o pending, con il che il post diventerebbe irraggiungibile. Il post va messo nello stato di «publish» – e non published come si potrebbe pensare.

Un altro aspetto a cui fare attenzione nel momento in cui si modifica un documento dentro stackedit e si vogliono poi portare le modifiche nel post già pubblicato su wordpress è che si deve andare nella sezione appunto di pubblicazione e non cliccare su “publish to wordpress” ma cliccare su “publish now”, che è la voce più in alto attualmente nel menu. Nel secondo caso infatti si verifica una corretta sincronizzazione delle modifiche che vengono portate da stackedit a wordpress, nel primo caso invece stackedit purtroppo creerebbe un post duplicato.

Un’altra cosa.che viene scombinata aggiornando la pubblicazione da stackedit a WordPress è la data, se non la scrivi nelle proprietà del file. Ogni volta che aggiorni la pubblicazione, stackedit aggiorna anche la data e così sposta il post originario, almeno nell’ordine in cui compare in home page – per fortuna non cambia anche la data contenuta nel link altrimenti diventerebbe irraggiungibile.

Dopo la pubblicazione, dunque, è buona norma inserire la data tra le proprietà del documento.

Cosa non mi piace.

  • Ogni volta che cambi browser devi ricollegare tutti gli account ulteriori come Dropbox o WordPress. Stackedit anche se sei autenticato non li collega al tuo account google.
  • Il file system e relative cartelle che costruisci su stackedit si sincronizza con tutti i browser in cui apri di nuovo stackedit ma non invece con dropbox, cioè vengono copiati solo i singoli files che si ritiene di sincronizzare e tutti dentro ad una stessa cartella (o a quella diversa che decidi volta per volta). Nel momento in cui sposti un file in stackedit da una cartella «attiva» ad una cartella di archivio, perché ad esempio si tratta di un file contenente un post del blog che hai già pubblicato e su cui non devi più lavorare in futuro, poi devi andare a fare lo stesso spostamento di «archiviazione» dentro a dropbox. Sarebbe molto meglio se la sincronizzazione fosse impostabile di default per tutti i nuovi files che crei e funzionasse a livello di spazio di lavoro e cioè fosse riferita non solo ai singoli files ma anche alle cartelle in cui sono contenuti.
  • Non funziona bene con Firefox, che è il mio browser preferito per tanti motivi e sopratutto per il fatto che #Chrome è non offre una funzione di leggibilità ed è di molta più difficile lettura del «vecchio» Firefox – il termine «vecchio» è per chi come me ha iniziato ad usare internet ai tempi in cui c’era il glorioso netscape, che poi è in seguito diventato Mozilla Firefox. Netscape è stato il primo, storico browser.

Da usare con Chrome.

Stackedit su #Android, infatti, funziona meglio con Chrome.

Al momento, con Firefox, il browser che uso io, presenta un primo baco fastidioso: a inizio paragrafo spesso si fa fatica a inserire la prima lettera. Un altro baco riguarda il copia e incolla, che almeno su Android non funzione bene.

Consiglio quindi di usare Chrome, anche se è un browser che mi piace poco, magari salvando sulla home il collegamento alla pagina di stackedit, in modo da poterlo poi aprire come una applicazione. Anzi, aprendo stackedit con Chrome, il sito viene riconosciuto come una “app” e Android propone di “installarla” tra le altre app: se confermi, poi trovi la app, che poi è solo un collegamento, insieme alle altre e puoi ovviamente metterne una copia sulla home screen.

Installazione su Mac.

Aprendo Stackedit su Mac con Chrome, nel menu «hamburger» di Chrome in alto a destra, quello coi tre puntini uno sopra l’altro, in verticale, compare la sotto voce «Installa stackedit». Se fai questo, Stackedit viene installato sul Mac come se fosse un’applicazione locale, con tanto di icona nel dock.

Consiglio di eseguire questo setup, per poter poi aprire l’editor molto più facilmente, senza bisogno di passare direttamente da Chrome.

Una volta comparsa l’icona nella parte inferiore o destra del dock in Catalina, l’icona stessa va trascinata nella parte superiore o sinistra, dove ci sono le applicazioni che compaiono in modo stabile, altrimenti l’icona scomparirà alla chiusura del «programma».

Se cambi il nome del file in stackedit non si sincronizza. Nemmeno se cambi cartella. Sarebbe stata più funzionale una sincronizzazione di tutto il file system.

Conclusioni.

Ricordati di iscriverti al blog, per non perdere il post del giorno con consigli utili, che non trovi da nessun’altra parte.

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pillole

nuovo plugin hashtagger

Per poter inserire le tag man mano che scrivo un nuovo post in #wordpress. Ma anche per avere i link alle pagine delle tag.

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informatica tecnologia tutorial

WordPress: cambiare l’indirizzo di un post o altro contenuto.

Oggi ti parlo del modo più efficace di cambiare indirizzo ad un contenuto che hai pubblicato con wordpress, come ad esempio un post come questo.

Perchè ti può venire bisogno di cambiare indirizzo ad un contenuto già pubblicato?

Un caso classico è quello in cui cambi il tipo di contenitore, cioè il formato di quel contenuto, ad esempio da post a pagina, perché ad esempio il post è molto letto ed è diventato una «pietra miliare» del tuo blog, oppure viceversa, perché le pagine ad esempio sono diventate troppe e alcune cose si possono mettere più agevolmente nel classico formato del post.

A me, ultimamente, è capitato di farlo passando dal formato «FAQ», ottenuto grazie ad un apposito plugin con cui avevo creato una apposita sezione di Frequently Asked Questions, al formato post, smantellando questa sezione che, alla lunga, si era rivelata una complicazione inutile.

In teoria, wordpress dovrebbe creare di «ricollegamenti» automatici tra il vecchio indirizzo e il nuovo dello stesso contenuto, nel momento in cui cambi il tipo, ma questa cosa non sempre funziona, specialmente quando il formato è speciale come appunto nei casi in cui lo si ottiene con un apposito plugin.

Meglio agire a livello di gestione del sito.

Ma perché è necessario compiere operazioni del genere?

Innanzitutto è una forma di riguardo per i lettori del blog, che possono non trovare un contenuto collegato ad un altro post perché appunto non funziona più il collegamento.

Ma, soprattutto, è una forma di riguardo anche per google che, se non ritrova la roba allo stesso posto in cui si trovava prima, si incazza e penalizza il tuo sito nei risultati di ricerca (SEO), perché giustamente lo ritiene il sito di uno che non sa lavorare con il web e fa pasticci con i contenuti…

Questo ovviamente per tutti coloro che lavorano con il web è da evitare assolutamente.

Dunque, fatte queste premesse, il modo migliore per gestire questa operazione è andare a modificare il file .htaccess che si trova nella radice del blog.

Il modo migliore per fare questa operazione è accedere tramite il vecchio protocollo FTP al server su cui gira il blog. Personalmente, uso sul Mac un client, disponibile anche in ambiente windows, che si chiama Cyberduck e che consiglio di provare anche a te.

Dopo aver eseguito l’accesso, è importante dire a Cyberduck di visualizzare anche i files nascosti, perché di default non lo fa, mentre .htaccess, con il punto all’inizio del nome è appunto un file nascosto. Per farlo, devi andare in Visualizza e selezionare appunto l’opzione «Visualizza files nascosti» oppure premere, con Cyberduck in primo piano, SHIFT+COMMAND+R. Se procedi in questo modo, però, dovrai farlo ogni volta che ti connetti, invece la cosa consigliabile è settarlo direttamente nelle preferenze di Cyberduck, come mostrato nell’immagine che segue:

Una volta entrati nel server ftp e localizzato il file .htaccess si può fare l’editing direttamente senza bisogno di scaricarlo, modificarlo e poi tornarlo a caricare – si occupa in background Cyberduck di tutte queste operazioni in modo da farla sembrare una modifica locale.

Fai quindi a questo punto clic destro su .htaccess, scegliendo «Modifica con…» e scegliendo poi l’editor installato sul tuo computer, nel mio caso quello di default di ogni Mac e cioè TextEdit.

La sintassi da usare è la seguente, prendo un esempio reale dal mio file .htaccess:

Redirect 301 /faq/potete-indicarmi-un-avvocato-delle-mie-zone/ https://blog.solignani.it/2008/09/23/potete-indicarmi-un-avvocato-delle-mie-zone/

Bisogna quindi mettere all’inizio della riga il «comando» Redirect 301, quindi il vecchio indirizzo del contenuto, quello che aveva prima dello spostamento, in formato relativo, cioè senza l’indicazione del percorso completo del sito, omettendo quindi la prima parte. Poi bisogna mettere quello di destinazione, che corrisponde al nuovo indirizzo, in questo caso il percorso deve essere assoluto e completo, come nell’esempio.

Una volta fatte le modifiche, si può salvare e voilà, il contenuto sarà raggiungibile nella nuova posizione.

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informatica tecnologia

Come scrivo i testi per il blog.

Molti mi hanno chiesto come scrivo i miei testi per il blog, considerando che questo è il più antico blog giuridico, e non solo, esistente in Italia, che pubblica un post al giorno da oltre due decenni ormai ed ha richiesto quindi un lavoro enorme e costante nel tempo.

Oggi voglio spiegarti gli strumenti che uso, in modo che anche tu, se credi, possa creare un tuo blog o comunque usare questi stessi strumenti per il lavoro con i testi in altri ambiti.

Naturalmente, non ho sempre usato questi stessi strumenti. Quando ho iniziato ad usare il computer, più di venti anni fa, il mio sistema operativo era il DOS, un ambiente testuale e non grafico. Ricordo i primi giorni passati a studiare i comandi di questo sistema su vecchie dispense della mitica casa editrice Jackson – di cui poi anni dopo sarei diventato autore con «Il perfetto cybercittadino».

In quell’ambiente, usavo un wordprocessor sempre testuale, tutto in bianco e nero (non c’erano ancora i monitor a colori), che però funzionava egregiamente e che ancora oggi un po’ mi manca per il suo carattere spartano ed essenziale. Si chiamava Wordstar, bisognava caricarlo tramite floppy disk, su cui poi salvavi anche i tuoi documenti. Con Wordstar ho scritto la mia tesi di laurea. Era un sistema, considerato l’hardware oggi considerabile assurdo dell’epoca, velocissimo.

Ma chiudiamo la parentesi «retrocomputing» e facciamo un balzo in avanti di oltre 20 anni.

Oggi, e ormai da più di 10 anni, non uso più personal computer con Windows, un sistema operativo che ho sempre detestato, ma computer Mac che, pur essendo passato ad Android per quanto riguarda i dispositivi mobili, non abbandono, continuando a ritenerlo sempre il miglior tipo di computer oggi a disposizione.

Il computer, peraltro, ha perso di importanza, perché anche i programmi ormai sono diventati più dei servizi. Non uso più wordprocessor locali, per lo più, ma servizi come google documenti, di cui ho parlato diverse volte già nel blog, che offrono diversi vantaggi.

I miei post per il blog, dunque, nascono come documenti di google documenti. Il primo passo è la creazione di un nuovo documento, cosa che può avvenire sia dal mac che dal cellulare che dal tablet, con molta semplicità e disinvoltura.

Subito dopo la creazione, «sposto» il documento così creato in una cartella blog, per tenere insieme tutti gli articoli che ho in bozza e separarli da tutti gli altri documenti che ho in google, che utilizzo anche a volte per atti processuali, ricerche, appunti vari.

A questo punto, scrivo l’articolo, di solito in una unica soluzione ed utilizzando il mac. A volte, posso usare il cellulare. In questo secondo caso, se è un testo breve facilmente lo scrivo con la tastierina che, devo dire, è davvero efficiente. Se invece è un testo più lungo, lo «scrivo» in realtà utilizzando la funzione di dettatura che, su Android, è molto più efficiente di quanto avvenga su iOS e mi ha consentito di «scrivere» articoli anche molto lunghi con poca fatica o in situazioni che non mi consentivano di scrivere agevolmente – come al mare su uno sdraio ad esempio…

Ovviamente, nel caso in cui io utilizzi la funzione di dettatura, devo poi mettere in conto una successiva fase, abbastanza veloce, di revisione, da fare preferibilmente al mac, per sistemare se non altro la punteggiatura, spezzare i periodi che, dettando, tendono a venire eccessivamente lunghi, controllare eventuali errori e così via. Anche considerando la fase di revisione, comunque dettando al cellulare riesco a comporre il testo dei miei articoli molto più velocemente che se li battessi – e considera che io sono da anni velocissimo a battere, sin dagli anni dell’Università.

Se, invece, scrivo direttamente il testo con la tastiera, senza effettuare operazioni di dettatura, raramente faccio una fase di revisione. Cerco di stendere un periodo dopo l’altro, in modo logico e consequenziale, pensando bene a quel che devo scrivere, per cui alla fine mi basta una rilettura molto veloce e sporadica per poi passare alla pubblicazione.

Per quanto riguarda, specificamente, la pubblicazione, come avrai visto attualmente il mio blog, dopo essere passato per numerosi siti, piattaforme e software di gestione, tra cui anche il glorioso Plone, si trova su una versione di WordPress in self-hosting, cioè su un «mio» server, che è poi un server presso un fornitore di servizi terzo.

Per pubblicare su wordpress un testo contenuto su google documenti esiste un componente aggiuntivo, un plugin, che si chiama WordPress.com for Google Docs, che consente di salvare direttamente il testo creato con google docs dentro a WordPress come bozza, impostando la categoria e i tags.

A questo punto, dunque, invoco questo plugin, che determina l’apertura di un box a destra di google documenti, in cui posso impostare appunto la categoria del post e i tags del medesimo. Fatto questo, lo salvo come bozza in wordpress.

Una volta che è stato salvato come bozza, lo apro in anteprima in modo da fare le ultime modifiche, tra cui essenzialmente il salvarlo come «in sospeso» o pending review.

A questo punto il mio lavoro sul testo è finito. Il post finirà in una «coda» o elenco di post «in sospeso». Un apposito plugin installato su wordpress, chiamato Auto Post Scheduler, automaticamente, in base alle mie impostazioni, «pescherà» da questa coda o elenco un post al giorno, pubblicandolo.

L’unica cosa che faccio, per completare a questo punto il lavoro, è spostare di nuovo il documento di google docs, questa volta dalla cartella «blog» alla relativa sottocartella «blog/archivio», in modo da avere nella cartella principale «blog» solo le bozze di post ancora in attesa di completamento.

Buon lavoro, se vuoi chiedermi chiarimenti su questi strumenti lascia pure un commento risponderò volentieri!

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tecnologia

Moderare i commenti nei blog multiautore WordPress: come fare.

Oggi voglio insegnarti come si fa, in un blog multiautore WordPress come questo, a consentire ad altri utenti di moderare i commenti.

I commenti sono molto importanti a livello SEO, perché iniettano nuovo contenuto in una pagina, e google se ne accorge facendola salire di grado, indicizzando comunque anche il nuovo contenuto.

Inoltre sono importantissimi a livello di interazione con gli utenti, perché creano spesso un legame con i gestori del blog e un senso di comunità con tutti gli altri utenti dello stesso.

Purtroppo, i commenti spesso sono tantissimi e non è facile rispondere, in modo un minimo decente, a tutti. Questo è vero specialmente in un blog giuridico, dove i lettori magari affidano ad un commento storie complesse e molto lunghe, difficili da definire con poche righe di risposta – tanto è vero che spesso prendiamo un commento e lo rendiamo oggetto di un post apposito, con adeguata risposta da parte nostra, per la sua complessità, ma anche per l’interesse generale, dal momento che i post del giorno vengono fatti circolare tramite la newsletter, il gruppo Telegram e i social (a proposito, se non sei ancora iscritto, fallo al più presto per non perdere contenuti interessanti ed utili tutti i giorni).

Una ulteriore soluzione è ovviamente quella di consentire ad altri utenti di moderare i commenti e darvi risposta.

Per fare questo, devi lavorare con un po’ di plugin, anche perché le soluzioni semplici purtroppo non funzionano, come da me sperimentato.

Devo premettere che gli altri autori che scrivono sul mio blog hanno il ruolo e i permessi di «collaboratore», per molteplici ragioni legate alla possibilità di un intervento editoriale da parte mia su alcuni aspetti più che altro stilistici e alla gestione del flusso editoriale da parte di un plugin che «pesca» tra gli articoli in attesa di revisione o pending review.

Gli stessi miei colleghi preferiscono che il blog funzioni in questo modo, preferiscono cioè di solito non avere permessi di pubblicazione diretta, anche considerando che questo blog non funziona come gli altri che «buttan fuori» in qualsiasi momento nuovi articoli, ma c’è un flusso editoriale preciso che vede pubblicato un solo articolo al giorno, dal lunedì al venerdì, cosa che è essenziale per le persone per poter seguire come si deve un blog, senza essere costantemente sopraffatti da nuovo materiale e trovandosi nell’impossibilità di decidere, alla fine, cosa leggere.

Gli utenti, dunque, con ruolo di «collaboratore» non hanno i diritti di modificare i commenti.

Per dargli questo permesso, bisogna installare prima un plugin che consenta di assegnare più ruoli ad un medesimo utente, cosa che di default WordPress non consente, poi un ulteriore plugin che crea un nuovo ruolo, quello di moderator, che comprende il permesso di amministrare i commenti.

I plugin appena citati sono i seguenti:

In teoria, Members dovrebbe essere sufficiente. Con Members, si può definire un nuovo ruolo, cui attribuire la possibilità di moderare i commenti. Purtroppo, se provi a fare questo, vedi che non funziona. Non si sa il perché.

Quindi Members lo installi solo per consentire ad un utente WordPress di avere più ruoli, cosa di default possibile, poi installi anche Moderator role.

A questo punto, prendi l’utente cui vuoi assegnare il permesso di moderare i commenti e gli aggiungi anche il nuovo ruolo «moderator», rendendolo quindi un utente con il duplice ruolo di «Collaboratore», che gli consente di continuare a mandare post in revisione, e di «Moderator», che gli consente di moderare e rispondere ai commenti.

Ovviamente, se vuoi puoi anche creare un utente con la sola possibilità di moderare i commenti, ma non è il nostro caso, dove tutti gli utenti sono anche «autori» di post.

Ecco fatto.

Ti raccomando di nuovo, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Open graph nei facebook ads: come sistemarli.

Una cosa in cui mi è capitato di «specializzarmi» di recente sono i facebook ads.

Vi ho detto diverse volte che, in fondo, sono un eclettico, avendo curiosità che spaziano dalle materie più umanistiche a quelle matematiche o economico-giuridiche.

In realtà, nel marketing e nel copy vedo la possibilità per una persona innamorata del linguaggio e delle sue potenzialità, che crede moltissimo nel potere della parola, di poter avere grandi soddisfazioni…

Ad ogni modo, gli annunci di facebook sono la realtà del momento. Hanno superato quelli di google, dal momento che la pubblicità sul social gestito da Zuckerberg, che ha profilato miliardi di utenti, finisce giocoforza per essere molto più mirata ed efficace.

Gli ads di facebook possono essere utilizzati per moltissime cose e, nella mia attività di counselor (quante cose si incrociano nel mio lavoro!) mi ritrovo a proporne la valutazione in diversi casi, specialmente a persone, anche privati, che devono risolvere problemi che comportano la vendita di un immobile oppure anche trovare un lavoro.

Creare un buon annuncio su facebook è sicuramente una forma d’arte, dalla definizione di un buon copy, cioè di parole efficaci contenute nell’annuncio stesso e poi nella successiva «landing page», alla definizione delle persone che devono essere obiettivo della campagna, cioè target, cioè ulteriormente le persone cui l’annuncio deve essere mostrato.

Parleremo in diversi post ulteriori di questi vari aspetti, oggi mi voglio concentrare sulla definizione degli aspetti open graph dell’annuncio da pubblicare. Questi riguardano il modo in cui un link, inserito all’interno di un annuncio facebook, compare per quanto riguarda l’immagine, il titolo, il breve riassunto sotto al titolo.

Se trascuri questi aspetti, l’annuncio appare senza immagine (malissimo!) e con stringhe di testo non adeguate, spesso relative ad aspetti tecnici della landing page che colleghi all’annuncio.

Per configurare, invece, questi aspetti bisogna usare le funzioni offerte dal plugin di creazione della landing page ovvero dal plugin di gestione degli aspetti SEO di wordpress – sto dando per scontato per comodità di esposizione che usiate wordpress, ovviamente il discorso vale mutatis mutandis anche per altre piattaforme.

Una cosa importante da sapere al riguardo è che facebook, nel momento in cui qualcuno vi condivide un link, conserva una cache di immagine, titolo, riassunti per quel link, per cui è bene che gli aspetti open graph siano sistemati e ben configurati al momento della pubblicazione della landing page.

È possibile dire a facebook di cancellare questa cache, nel caso in cui ad esempio la pagina sia stata editata o si vogliano cambiare gli elementi open graph.

Per fare questo bisogna usare lo strumento messo a disposizione da facebook a questo indirizzo.

In questa pagina, si può vedere come facebook presenterà il link della nostra landing page e controllare che tutti gli aspetti grafici e testuali siano corretti e come li desideriamo noi.

È inutile spendere dei soldi in una campagna se tutto quello che possiamo dimostrare con essa è la nostra sciatteria.

Ti consiglio di affidarti sempre a qualcuno esperto per la realizzazione delle tue campagne e di non improvvisarti perché l’immagine e l’autorevolezza tua o della tua azienda potrebbero addirittura esserne compromesse.

Se vuoi un preventivo, puoi chiederlo compilando il modulo apposito nella voce principale del blog.

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Google Docs to WordPress: per pubblicare sui blog da google drive.

Oggi vi presento un componente aggiuntivo che può essere molto utile a chi, come me, scrive molto e, come tale, si trova ad usare due strumenti fondamentali come google drive Documenti e WordPress.

Si tratta di Google Docs to WordPress.

Grazie a questo componente aggiuntivo, installabile dentro al nostro google drive, potremo pubblicare direttamente un documento di drive in wordpress, o immediatamente oppure anche, come faccio io, salvandolo come bozza, in modo da programmarlo poi insieme agli altri.

Personalmente, uso google drive Documenti quando devo scrivere un testo tendenzialmente collaborativo, cioè sul quale richiedo ed ottengo la partecipazione di altre persone che intervengono sullo stesso, modificando il testo, se fornisco loro i permessi, oppure con commenti, suggerimenti e cose del genere. Se, invece, devo scrivere un post da solo, preferisco usare cose più semplici come Byword in markdown. Anche Byword ha una funzione che consente di pubblicare direttamente poi su wordpress e anche in questo caso faccio affidamento su questa.

Il componente non è una estensione di Chrome, a dispetto di alcuni avvisi sulla home page che potrebbero farlo pensare, quindi non è necessario installare questo browser ma si può usare benissimo da Safari, come faccio io. È infatti un componente aggiuntivo di google drive, che è come noto una applicazione web.

Nel mio caso, questa web app ha sempre funzionato bene, spero sia utile anche per voi.

Buon lavoro.