ACQUISTARE ALL’ ESTERO. E’ sempre più frequente l’ acquisto di apparecchiature informatiche all’ estero, grazie alla diffusione di strumenti quali le reti telematiche, che consentono anche a piccole aziende di essere presenti in qualsiasi parte del globo, e a sempre più comodi sistemi di pagamento internazionalmente accettati quali le carte di credito, usate largamente oramai anche nel nostro Paese. I prezzi, poi, sono spesso più bassi rispetto a quelli praticati in Italia. Ma la differenza di costo rende effettivamente conveniente acquistare all’ estero? Non c’e’ ad esempio, in altri termini, il rischio di perdere, come contropartita, la possibilità di far valere la garanzia di buon funzionamento del prodotto in caso di suo malfunzionamento e di ottenerne la riparazione gratuita, come si può invece solitamente fare per i prodotti che si acquistano in “patria”? Gli strumenti informatici, sia hardware che software, sono infatti notoriamente prodotti particolarmente delicati e le fasi dell’ assistenza e della garanzia post-vendita sono tutt’ altro che trascurabili.
In effetti, i problemi per chi acquista all’ estero e non è assistito dalla fortuna possono essere diversi. Il fatto è, innanzitutto, che non sempre quando si stipula un contratto con un’ azienda estera la legge applicabile è quella italiana: se si acquista, ad esempio, una scheda madre in Belgio, per le modalità con cui è stato concluso il contratto, potrebbe risultare applicabile allo stesso la sola legge belga con il risultato che il consumatore italiano si troverebbe “spiazzato” nel dover invocare l’ applicazione di una legge che non conosce e nel non poter invece far conto sulle regole di garanzia, assistenza e così via poste dal nostro codice civile su cui solitamente si fa affidamento.
In materia, la legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato richiama le disposizioni della Convenzione di Vienna sulle obbligazioni contrattuali. Questa contiene alcune disposizioni particolari per i contratti conclusi dai consumatori, quindi anche per gli acquisti di hardware e software. In questi casi si possono avere due ipotesi: o le parti del contratto scelgono direttamente la legge da applicare al contratto, nel senso che indicano in modo esplicito che il contratto, ad esempio, deve essere regolato dalla legge francese, oppure non effettuano alcuna scelta. Nel primo caso, la Convenzione stabilisce che, pur applicandosi (seguendo l’ esempio), la legge francese, il consumatore può sempre invocare l’ applicazione delle norme fondamentali poste a sua tutela. Nel secondo caso, invece, il consumatore è più tutelato perchè è stabilita l’ applicazione della legge dello Stato nel cui territorio il consumatore risiede.
Bisogna quindi innanzitutto fare attenzione alle clausole dei moduli d’ ordine che indicano la legge applicabile al contratto e, se possibile, inserire direttamente la legge italiana in luogo della diversa legge prevista; in mancanza della possibilità di inserire una legge, si può sempre fare affidamento sull applicazione di quella italiana. In ogni caso, il consumatore è tutelato perchè anche in caso di scelta di una legge straniera il giudice deve applicare le norme italiane fondamentali in materia di tutela del consumatore che, come abbiamo detto, sono per l’ Italia state introdotte con la legge comunitaria 1994.
I giudici di tutti gli Stati che hanno firmato la Convenzione di Vienna sono obbligati a seguire le sue prescrizioni: ciò comporta che se un italiano acquista a Parigi un computer e successivamente cita davanti al Tribunale della stessa città la ditta venditrice per malfunzionamento dello stesso, il giudice francese deve applicare la legge italiana (così come avverrebbe per un consumatore francese che acquistasse un prodotto informatico a Roma: il giudice italiano dovrebbe applicare il diritto francese). Lo scopo, infatti, della Convenzione è proprio quello di tutelare il consumatore facendo sì che egli, anche negli acquisti internazionali, possa sempre fare affidamento sulle regole giuridiche a lui familiari.
Con questo però si vengono alle c.d. “note dolenti”: nonostante i notevoli progressi e le garanzie previste, rimane sempre un problema instaurare una causa all’ estero o in Italia contro uno straniero. Infatti, il problema è sempre quello dei costi della giustizia e, quand’ anche si riesce ad ottenere una decisione favorevole, quello dei modi in cui far sì che essa sia rispettata, non potendo certo gli ufficiali giudiziari italiani (cioè gli organi competenti a ottenere l’ esecuzione delle sentenze quando i destinatari non vi si conformano spontaneamente) esercitare i loro poteri al di fuori dello Stato che glieli ha conferiti.
Per questi motivi, spesso si preferisce, nonostante prezzi e imposte maggiori, acquistare in ambito nazionale e la fornitura all’ estero viene per lo più utilizzata da chi se la sente di fare affidamento sulla fortuna, ritenendo che un po’ di rischio in più valga la contropartita di un minor prezzo.