“Questo caffè è una ciofeca. E questo Bar non si dovrebbe chiamare “Caffè dello sport” ma “Ciofeca dello sport!”. Chissà quanti consumatori, che si sono ritrovandoti con un monitor, un computer, una stampante o un software che, lodati qualche minuto prima dal negoziante di turno, si sono poi rivelati malfunzionanti, o addirittura incapaci di qualsiasi segno di vita, hanno ripensato alla famosa battuta del principe De Curtis. Che fare dunque quando ci si accorge di non aver acquistato un hardware degno del proprio nome, una ciofeca per l’appunto, o addirittura una cosa che non funziona per niente? E, soprattutto, come fare a prevenire possibili problemi che, come tali, comportano sempre, anche nei casi più fortunati in cui si riesce a risolverli, uno spreco di tempo ed energie che devono comunque essere sottratti al lavoro o al tempo libero?
Non mancano, almeno sulla carta, garanzie di legge piuttosto rigorose. Il venditore, infatti, deve innanzitutto garantire l’assenza di vizi nella cosa; quindi é responsabile del possesso, da parte della cosa, della cosiddette qualitá promesse, cioé delle caratteristiche che sono state indicate come sue proprie; deve, poi, solitamente assicurare non solo che la cosa sia immune da vizi e presenti le caratteristiche concordate, ma che ció duri nel tempo.
Vediamole separatamente.
A) GARANZIA CONTRO I VIZI OCCULTI. Il venditore deve, innanzitutto, garantire che la cosa, appena venduta, funzioni e non presenti vizi che ne diminuiscano il valore o comunque impediscano in tutto o in parte che possa essere utile. Se, quindi, una scheda, un monitor, una tastiera, un mouse o qualunque altra cosa, appena portati a casa dal negozio, non funzionano del tutto oppure parzialmente (ad esempio: un monito ha uno o più pixel bruciati, un tasto di una tastiera non funziona, etc), questa é la garanzia da far valere. Il difetto deve essere denunciato al venditore entro 8 giorni dalla scoperta. In tal caso, é bene, cosí come per le altre garanzie, utilizzare per la denuncia la raccomandata a ricevuta di ritorno diretta alla sede legale del venditore, per conoscere la quale basta rivolgersi allo sportello della Camera di commercio della propria città per fare una visura. Per impianti informatici di un certo rilievo, puó essere opportuno usare, anziché la raccomandata a ricevuta di ritorno, la forma dell’intimazione a mezzo di Ufficiale Giudiziario. Una volta fatta la denuncia, se il venditore non adempie, é necessario agire in giudizio contro di lui entro un anno, altrimenti si perde ogni diritto.
B) GARANZIA DELLE QUALITA’ PROMESSE. E’ quella che si puó far valere quando, ad esempio, viene venduto per modem con velocitá di 28.800 un modem che, in realtá, marcia solo a 14.400; oppure un Pentium 3 che è stato spacciato dal venditore per un nuovo Pentium 4. La differenza con la garanzia precedente sta nel fatto che in questi casi la cosa venduta non presenta in realtá nessun difetto e funziona benissimo. Peró non presenta le caratteristiche che erano state concordate. Anche in questo caso, occorre denunciare la scoperta della mancanza di qualitá entro 8 giorni per poi agire, se del caso, entro un anno dalla denuncia.
C) GARANZIA DI BUON FUNZIONAMENTO. Questa é la garanzia “per eccellenza”, quella alla quale corre automaticamente il pensiero quando si parla di “garanzia” senza ulteriori specificazioni. Spesso il consumatore è portato a confonderla con le altre due e a ritenere che questa sia la sola garanzia esistente, ma in realtà non è così. Se famose “condizioni di garanzia” predisposte dal produttore si riferiscono quasi sempre a questa sola forma di garanzia, ma non intaccano i diritti riconosciuti al consumatore dalle altre due. Ad esempio: può essere che la garanzia di buon funzionamento di un monitor non comprenda la bruciatura di un certo numero di pixel, poniamo sino a tre. Il produttore, in sostanza, non garantisce che dopo un anno di funzionamento il monitor non abbia almeno tre pixel bruciati, ma solo se ve ne sono di più. Questo discorso però non vale all’inizio, al momento della consegna del monitor, per cui se lo stesso presenta un pixel bruciato, il compratore ha diritto alla sostituzione. Un conto è, infatti, quello che viene consegnato al momento dell’acquisto, un altro conto è quello che succede successivamente, magari per effetto dell’uso che nel tempo si fa di quello che si è acquistato. La garanzia di buon funzionamento serve infatti a proteggere dai guasti che si verificano in una cosa che, pur essendo in piena regola al momento dell’acquisto, si deteriora in seguito. Mentre le prime due forme di garanzia sussistono sempre e comunque, quest’ultima peró si ha solo quando é stata espressamente rilasciata dal venditore (salvi gli usi in materia). Solitamente, nella garanzia stessa sono previsti i termini e i modi per farla valere (che spesso prevedono la spedizione di un tagliando alla casa produttrice). In mancanza, la denuncia del guasto deve avvenire entro 30 giorni dalla scoperta e l’azione contro il venditore inadempiente deve poi iniziare entro i 6 mesi successivi. E’ bene specificare che nonostante qualsiasi rassicurazione in contrario del venditore o negoziante, le comunicazioni devono sempre essere fatte con raccomandata a/r diretta alla sede legale del rivenditore o produttore.
I problemi, peró, possono nascere ugualemente quando il venditore chiamato in garanzia intende di fatto sottrarsi ai suoi obblighi; in tal caso, non resta altro che iniziare una causa civile della probabile durata minima di… quattro o cinque anni, nel corso della quale il compratore dovrá anticipare ogni spesa. E’ ovvio, purtroppo, che molti consumatori di fronte all’alternativa tra una spesa di qualche milione per poter far valere i propri diritti a fronte di un componente hardware del valore magari di qualche centinaio di migliaia di lire, rinunciano a tutelarsi. Queste vertenze, infatti, dovrebbero essere gestite a livello di associazioni di consumatore, tramite magari apposite cause pilota, volte a stabilire una prassi di tutela migliore consumatore – impresa. Un buon consiglio, pertanto, può sempre essere quello di cercare di coinvolgere le associazioni dei consumatore per vedere se stesse non siano disposte a sostenere il “caso” sia moralmente che materialmente.