Il giorno 25 giugno 2001, ho effettuato l’iscrizione a “Obiettivo lavoro”, un’azienda sita a Napoli, con lo scopo di offrire lavoro. Questo lavoro consisterebbe, secondo i gestori del sito, nel trascrivere indirizzi e imbucare depliant (http://www.obiettivo-lavoro.com). Dopo due giorni, mi è stato recapitato un pacco postale, come concordato, contenente il materiale per iniziare questo lavoro. Purtroppo, appena ho aperto il pacco, vedendo il materiale che mi era stato inviato, ho notato che nulla coincide con quello da loro detto nel sito Internet. Per iniziare questo lavoro part-time, ad esempio, bisogna versare una quota d’ingresso di 97.000 lire + spese postali rimborsabili dopo l’invio dei primi 500 depliant. Tuttavia, il rimborso delle spese avviene solo se si riesce a far aderire 100 persone a questa iniziativa. Inoltre, sempre sul loro sito, non si parla affatto di inserzioni gratuite di annunci per iniziare questo lavoro part-time. Ho provato a contattare telefonicamente l’azienda ma risponde sempre la segreteria telefonica che m’invita a consultare l’assistenza on-line. Chattando con le operatrici, mi dicono che loro forniscono solo informazioni di base e, a loro volta, m’invitano a contattare telefonicamente l’azienda. Riprovo, pertanto, a instaurare un contatto telefonico, ma purtroppo non riesco a parlare con nessuno perché risponde sempre la segreteria telefonica. Ho inviato un fax con la speranza che non venga subito cestinato senza che gli venga dato un riscontro. Secondo voi, è giusta questa attività messa in atto da queste aziende che promettono “guadagni facili”? Non è che si tratta di un classico imbroglio della “rete”? (Giuseppe Sacco, Napoli)
Si può cogliere subito l’occasione portata dal caso descritto dal lettore per premettere una cosa: la nuova economia altro non è, per non pochi aspetti, che la proiezione della vecchia, realizzata tramite il nuovo strumento offerto dalla rete anziché i mezzi di comunicazione tradizionali ma senza grandi differenze. In altri termini, chi non si è mai imbattuto, infatti, in un annuncio, sul classico periodico locale di inserzioni gratuite, che prometteva facili e comodi guadagni realizzando collanine al proprio domicilio? Peccato che poi, una volta ricevuto il kit di partenza, l’aderente dovesse versare immancabilmente una quota iniziale. Basta prendere in mano uno qualsiasi dei maggiori periodici cartacei di annunci gratuiti per trovare, ancora oggi, diversi annunci di questo tipo, aventi ad oggetto lavori o mansioni simili a quelle indicate dal lettore. Non si tratta quindi di un “classico imbroglio della rete”, ma al massimo di un imbroglio – o trucco che lo si voglia definire – classico e basta
Ad ogni modo, che cosa dice la legge sul punto? Si può dire che questi comportamenti siano delle vere e proprie truffe? Non proprio… in realtà le condizioni contrattuali sono solitamente abbastanza chiare, anche se vengono illustrate in due momenti successivi, appositamente tenuti separati. E’ solo estremamente improbabile che un aderente possa realizzare quanto previsto dalle condizioni contrattuali, ma non è, di solito, impossibile. La scelta spetta al consumatore che, se non è accorto, così come spesso succede, presta la propria adesione e il proprio denaro ad iniziative che evidentemente riescono a prosperare contando sul numero di persone disposte a credere e dare fiducia anche ad opportunità … improbabili come queste, salvo poi, una volta ricredutesi, abbandonare ogni proposito di richiedere la restituzione di quanto speso, vista l’esiguità della somma impiegata.
Questi fenomeni, le volte che sono state portati in Tribunale, non hanno condotto appunto a sentenze di condanna per truffa, ma di assoluzione, dove al massimo il Giudice si limitava a segnalare il fatto al Prefetto o al Questore per l’applicazione di una sanzione, di natura amministrativa, prevista dall’art. 121 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, Regio Decreto 18 giugno 1931, per “ciarlataneria”, una figura di illecito amministrativo sotto la quale, secondo l’art. 231 del regolamento di attuazione, “si comprende ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità, o a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentìa nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose.”.
Questa disposizione che – secondo il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria, chiamato a pronunciarsi circa un caso di cartomanzia, avrebbe addirittura la “finalità di tutela dei soggetti culturalmente più deboli” (sentenza 8 febbraio 1996, n. 61) – è però troppo vaga e generica ed è davvero assai discutibile perché lascia ampio margine di discrezionalità all’Amministrazione che è chiamata ad applicarla, tant’è vero che nei casi in cui le Questure hanno emesso dei provvedimenti di divieto di esercizio di una certa attività è spesso nato del contenzioso, che non ha avuto sempre esiti univoci, anzi.
I giuristi, in conclusione, con riguardo a questi casi dicono spesso che vigilantibus, non dormientibus, jura succurrunt: vuol dire, forse in modo un po’ cinico ma non meno vero, che bisogna stare con gli occhi bene aperti, altrimenti poi se si pecca, per primi, di estrema ingenuità è poi difficile farsi aiutare dalla legge.