Con il decreto legislativo 2 febbraio 2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 57 del giorno 8.3.2002, l’Italia ha dato attuazione alla direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie di consumo. Si tratta di una importante e profonda rivoluzione, che cambia principi e regole consolidate da lungo tempo, introducendo nuove garanzie a favore dei consumatori. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo, sono stati introdotti otto nuovo articoli nel codice civile, dal 1519bis al 1519nonies, riuniti in un nuovo paragrafo dedicato alla vendita dei beni di consumo, a conferma della centralità e della portata delle nuove disposizioni per la tutela del consumatore.
Le nuove tutele non valgono solo nel caso delle compravendite in senso stretto. Ai contratti di vendita, infatti, sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonche’ quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre. Non è necessario, dunque, per la sussistenza delle garanzie prevista dalla nuova legge, che vi sia formalmente un contratto di compravendita, essendo sufficiente che in qualunque modo, all’interno di qualsiasi rapporto o contesto, siano forniti dei beni di consumo. Un importante limite, invece, risiede nel fatto che le nuove tutele si applicano solo ed esclusivamente quando il contratto è concluso da un consumatore. A tal fine, si intende per consumatore “qualsiasi persona fisica” che conclude un contratto per il quale è applicabile la nuova normativa mentre “agisce per scopi estranei all’attivita’ imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Qui sta la grandezza ma anche il grande limite della normativa di tutela di origine comunitaria, che si basa sul presupposto che il professionista o l’imprenditore sia sempre, al contrario del consumatore, in grado di tutelarsi senza bisogno delle disposizioni di tutela, cosa che in realtà non è sempre vera, anzi non lo è quasi mai, anche perché nel vasto insieme degli imprenditori sono riunite realtà dimensionalmente diversissime tra loro: come si può paragonare ad esempio un piccolo artigiano con una multinazionale?
Ad ogni modo, le nuove disposizioni si applicano non solo alle vendite di cose nuove, ma anche ai beni di seconda mano. Per i beni usati, la legge prescrive solamente che nel decidere circa l’applicazione delle garanzie occorre tener conto del “tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa”. Si tratta, tuttavia, di una formula di interpretazione non facile: sembra che si debba usare quanta più indulgenza nel valutare i vizi tanto più il bene è vetusto ed escludere la possibilità di rivalersi sul venditore in caso si manifestino vizi che sono la conseguenza normale dell’uso del bene. Ma si tratta di circostanze definite in maniera assai vaga e il cui accertamento nel caso concreto è destinato a rimanere in larga parte in balia della discrezionalità del giudice. Questo aspetto è aggravato dal fatto che la nuova legge dispone che, con riguardo alle previsioni in materia di garanzie valevoli per i beni usati, che le parti possono limitare la durata della responsabilita’ del venditore ad un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno. Questo vuol dire che l’unica cosa che le parti possono fare è limitare nel tempo la garanzia che obbligatoriamente deve prestare il venditore di un bene usato, che comunque non può mai essere inferiore ad un anno. Questo, ad esempio, esclude che un bene di seconda mano possa essere venduto con la diffusa formula “as is”, cioè cos’è com’è, o come è visto e piaciuto e questo sembra effettivamente eccessivo: sarebbe stato meglio lasciare questa possibilità, almeno in presenza di un’accertata volontà delle parti di regolare tra loro i rapporti in quel modo. Può essere infatti un onere eccessivo per un venditore di beni usati doverli garantire per addirittura un anno dopo la vendita.
COME FUNZIONANO LE GARANZIE
Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita. Il principio fondamentale, dunque, è che i beni devono essere quelli previsti dal contratto, con le medesime caratteristiche previste dal contratto, dove per contratto non si deve intendere necessariamente un atto scritto, ma un complesso insieme di elementi, tra cui la stessa legge di tutela ma anche la pubblicità che il produttore ha diffuso sul bene per farlo conoscere al grande pubblico, che concorrono insieme a definire le caratteritiche che, di un determinato prodotto, sono state promesse al consumatore. I beni sono considerati conformi quando ricorrono le circostanze indicate di seguito.
1) I beni sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; i beni, quindi, devono innanzitutto possedere le caratteristiche di solito presentano gli oggetti nella cui categoria possono essere classificati. I beni si considerano inoltre conformi quando presentano la qualita’ e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore puo’ ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicita’ o sull’etichettatura; viene quindi attribuita espressa efficacia alle dichiarazioni riportate sulle etichette di confezionamento e addirittura alle promesse fatte in sede di reclàme del prodotto.
2) I beni sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualita’ del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
3) I beni sono idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti. E’ il caso in cui il consumatore si è rivolto al venditore richiedendogli non un prodotto specifico ma rappresentandogli una esigenza e chiedendogli un prodotto in grado di risolverla. Ad esempio, un utente informatico può andare dal proprio negoziante richiedendogli una scheda video idonea per poter giocare con un certo gioco elettronico che richiede prestazioni avanzate. Nel caso in cui la scheda, poi, non funzioni con quel gioco, anche se non presenta nessun altro vizio o problema di funzionamento, il consumatore può ugualmente avvalersi delle garanzie.
In ogni caso, Il difetto di conformita’ che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo e’ equiparato al difetto di conformita’ del bene quando l’installazione e’ compresa nel contratto di vendita ed e’ stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilita’. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione.
La legge prevede poi una serie di esclusioni delle garanzie. Non vi e’ difetto di conformita’ se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto o non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza o se il difetto di conformita’ deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.
Il venditore non e’ vincolato dalle dichiarazioni pubbliche quando, in via anche alternativa, dimostra che non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza, ovvero che la dichiarazione e’ stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore, o infine che la decisione di acquistare il bene di consumo non e’ stata influenzata dalla dichiarazione.
COSA PUO’ FARE IL CONSUMATORE. In caso di difetto di conformita’, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformita’ del bene ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, che comporta la restituzione del bene verso correlativa restituzione del prezzo. E’ il consumatore che puo’ chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. A questo riguardo, e’ da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto: a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformita’; b) dell’entita’ del difetto di conformita’;
c) dell’eventualita’ che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore. Se uno dei due rimedi è considerabile eccessivamente oneroso rispetto all’altro, il consumatore non può più pretenderlo e il venditore si libera dai suoi obblighi dando corso all’altro: se, ad esempio, è troppo costoso riparare un bene, il venditore può sostituirlo senza che il consumatore possa chiedere a tutti i costi la riparazione.
In ogni caso, le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un “congruo termine” dalla richiesta e non devono arrecare “notevoli inconvenienti” al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. Anche qui ci si trova di fronte ad una disposizione dal contenuto molto elastico, la cui applicazione pratica è demandata in pieno alla discrezionalità del giudice: quand’è, infatti, che un termine può considerarsi congruo? D’altra parte il legislatore non poteva stabilire un termine fisso, vista la varietà dei beni che possono esser soggetti all’applicazione di queste regole.
Il consumatore puo’ infine richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma sesto;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene. Ad ogni modo, dopo la denuncia del difetto di conformita’, il venditore puo’ offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il consumatore non abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
Un difetto di conformita’ di lieve entita’ per il quale non e’ stato possibile o e’ eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da’ diritto alla risoluzione del contratto.
C’è da dire che se il consumatore, nel momento in cui cerca di capire quali sono i suoi diritti, riesce a sopravvivere alla lettura delle disposizioni previste a sua tutela, scopre un sistema che cerca di coniugare le opposte esigenze di una garanzia effettiva con quelle di non gravare eccessivamente sul venditore e “scala” i singoli rimedi previsti in modo da renderli più adatti al caso concreto. In caso di problemi, comunque, il consumatore almeno in un primo momento può limitarsi a denunciarli a controparte, sempre con la solita raccomandata a ricevuta di ritorno, per poi valutare il rimedio effettivo da richiedere, in caso di mancata ottemperanza da parte del venditore, insieme ad un legale di fiducia.
QUANTO DURA LA GARANZIA. Il venditore e’ responsabile quando il difetto di conformita’ si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene. Quindi adesso la garanzia dura, per tutti i beni, sempre che si tratti di contratti conclusi dai consumatori, due anni. Il consumatore però deve fare la sua parte e denunciare tempestivamente i problemi al venditore. Egli infatti decade dalle garanzie se non denuncia al venditore il difetto di conformita’ entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non e’ necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o l’ha occultato. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformita’ che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero gia’ a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformita’. La denuncia può essere fatta anche oralmente, ma ovviamente è di rigore la classica raccomandata a ricevuta di ritorno. Se il venditore, dopo aver ricevuto la raccomandata, “fa l’indiano”, il consumatore non può stare inerte più di 26 mesi: entro questo termine deve decidere se fare causa al venditore o lasciar perdere, restando inteso che se non decide in questo tempo non avrà successivamente più la possibilità di farlo. Sul punto la legge è chiara, rimangono misteriosi i motivi che hanno condotto all’adozione di un termine di ventisei mesi in luogo di quelli, usuali, di uno o due anni.
LE GARANZIE AGGIUNTIVE. Le nuove garanzie si applicano sempre e comunque. I venditori possono ovviamente pattuire garanzie ulteriori, che sono disciplinate dalla legge con il nome di garanzie convenzionali.
La garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalita’ indicate nella dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicita’. La garanzia deve, a cura di chi la offre, almeno indicare i seguenti elementi:
a) la specificazione che il consumatore e’ titolare dei diritti previsti dalla nuova legge e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti;
b) in modo chiaro e comprensibile l’oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della garanzia, nonche’ il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre.
A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile. La garanzia deve inoltre essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue.
Tutte queste disposizioni, però, a ben guardare non integrano nulla di giuridicamente significativo e non rappresentano nulla di più che una mera raccomandazione che il legislatore rivolge ai produttori. Infatti è stato disposto che una garanzia non rispondente ai requisiti di cui sopra “rimane comunque valida e il consumatore puo’ continuare ad avvalersene ed esigerne l’applicazione”. In fatto di garanzie convenzionali, dunque, non ci sono vere e proprie novità: il venditore può continuare ad offrirle al consumatore, ma questo è assolutamente ovvio. Piuttosto, il venditore non può mai ridurre le garanzie riconosciute al consumatore; la legge dispone che “è nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformita’, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti” al consumatore e che la “nullita’ puo’ essere fatta valere solo dal consumatore e puo’ essere rilevata d’ufficio dal giudice”. La legislazione italiana prevale su quella di qualsiasi altro paese straniero: e’ infatti nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilita’ al contratto di una legislazione di un paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente paragrafo, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea.