La Camera, nella seduta del 17 ottobre scorso, ha approvato il disegno di legge comunitaria 2002, che si trova attualmente al Senato in attesa del via libera definitivo. Il disegno di legge comunitaria recepisce una serie di direttive in materia di tutela dei consumatori e altre, tra cui anche il trattamento IVA applicabile ai
servizi prestati tramite mezzi elettronici di cui alla direttiva dell’Unione Europea 2002/38/CE. Ma quand’è che le nuove disposizioni in materia di commercio elettronico entreranno in vigore?
Non è facile prevederlo con precisione… La direttiva dovrebbe entrare in vigore, secondo le previsioni di Bruxelles, nel luglio 2003. Bisogna però ricordare che la legge comunitaria è il principale strumento per la trasposizione delle direttive europee nell’ordinamento italiano. Introdotta nel nostro Paese nel 1989 con la Legge 9 marzo 1989, n.86, la famosa legge “La Pergola” dal nome del suo originario proponente, essa regola le modalità e i tempi per la trasposizione delle direttive comunitarie, determinando con quali provvedimenti (decreti legislativi, decreti ministeriali o regolamenti) deve essere attuata ciascuna direttiva, al di fuori delle ipotesi di recepimento diretto. Solitamente, la legge comunitaria contiene una serie di deleghe al Governo, il quale poi ulteriormente dovrà fare i singoli provvedimenti. Attualmente, la comunitaria si trova appunto all’esame del Senato e, se verrà approvata nel testo attuale, il Governo, dal giorno della sua entrata in vigore, potrà emanare un Decreto Legislativo, praticamente una legge di origine governativa, sulla base delle sue disposizioni e della delega ricevuta il quale riformerà il regime dell’IVA del commercio elettronico dando attuazione alla direttiva 2002/38/UE.
La legge comunitaria, in ogni caso, non aggiunge molto a quanto già previsto dalla direttiva dell’Unione, limitandosi a stabilire, all’art. 1, che il “Governo è delegato ad adottare, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B” dove, ovviamente, nell’allegato A è riportata la direttiva IVA in questione.
Per capire quali saranno, dunque, le principali novità si può dare un’occhiata a quanto stabilito dalla direttiva stessa. Intanto bisogna dire che le nuove regole non sono state previste tanto a tutela del consumatore quanto del Fisco che, nei vari Stati, guarda da sempre al commercio elettronico come un preoccupante spiraglio per evasioni ed elusioni. Esse comunque dovrebbero servire anche a garantire condizioni di parità per tutti gli imprenditori che intendono offrire beni o servizi a consumatori che risiedono nel territorio dell’Unione Europea.
La direttiva, in ogni caso, riguarderà sia le transazioni tra gli operatori commerciali (le cosiddette business tu business, B2B) sia quelle con i consumatori (cosiddette business to consumer, B2C). Le operazioni interessate saranno le seguenti:
1) progettazione, realizzazione e amnutenzione di siti web:
2) contratti di web hosting;
3) fornitura di programmi e loro aggiornamento;
4) cessione di immagini, di musica, di film e di giochi;
5) programmi politici, culturali, sportivi, scientifici e di divertimento;
6) formazione a distanza;
7) accesso a banche dati.
Sono esclusi, invece, i servizi relativi a radio e televisione.
La “rivoluzione” della direttiva è, comunque, sostanzialmente che la prestazione viene tassata presso il committente, cioè presso l’acquirente, sia egli consumatore finale o altro imprenditore. Quindi si applica il regime IVA previsto nel Paese in cui risiede il consumatore finale, con la precisazione che se questi risiede in uno Stato non facente parte dell’Unione l’operazione non è imponibile e non si applica quindi l’IVA. Questo meccanismo garantisce alle imprese condizioni paritarie nel momento in cui vendono all’interno dell’Unione e condizioni addirittura di vantaggio nel momento in cui operano all’esterno. Il tutto però anche a discapito del consumatore. Infatti, ad esempio, il consumatore italiano che oggi può rivolgersi alle imprese di quegli Stati in cui non è prevista l’IVA ovvero è prevista con una aliquota ridotta, trovando magari gli stessi beni a costo inferiore, non potrà più farlo quando verrà attuata la nuova direttiva, perché a qualsiasi operazione che si terrà in Italia sarà applicato il regime italiano, indipendentemente dalla nazionalità del produttore. Il produttore, poi, quando andrà a vendere ad un consumatore, ad esempio, statunitense non sarà soggetto ad IVA con la conseguenza che il bene costerà meno e sarà più allettante per il consumatore residente in un Paese che non è membro dell’Unione. Si tratta di innovazioni da seguire, dunque, con attenzione perché destinate ad incidere notevolmente sullo sviluppo e sull’incremento dell’e-commerce. La direttiva dovrebbe inoltre avere una efficacia nel tempo limitata, di tre anni, ma non è difficile che da transitoria, quale è adesso, diventi di fatto definitiva.
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